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Gay & Bisex

L’UNIVERSITA’ - SFONDATO SUL BALCONE


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    3.785    |    0 9.5
"In fondo mi faceva piacere quel contatto con una durezza maschile..."
C’era un caldo insopportabile. Dovevo studiare comunque e non mi andava di mettermi ai fornelli.
I miei coinquilini, all’uscita dal turno in fabbrica (erano due magazzinieri e un elettricista), erano usciti “per bere una birra fresca”. Erano tutti e tre lavoratori fuori sede con fidanzate lontane, ed essendo dei gran bei maschi cazzuti, avevo pensato che in realtà fossero andati a puttane. La mattina, quando li vedevo uscire dalle camere con il cazzo puntualmente in tiro, stentavo a trattenermi. Si erano fatti fare pompini e mi avevano inculato, ma separatamente. Quindi, non potevo esplicitare i miei desideri senza che sapessero uno dell’altro. Inoltre, speravo che ciascuno pensasse di essere l’unico ad avere la mia disponibilità sessuale. Comunque, il fatto di essere l’unico studente in quell’appartamento mi faceva sentire escluso in serate come quelle. Ma avevo un esame da lì a poco e non me l’ero sentita di seguirli. Inoltre, non mi avevano neppure invitato.
Avevamo fatto amicizia con i dirimpettai che, tra l'altro, erano i proprietari di casa nostra.
Il marito della coppia era un uomo sulla quarantina che frequentavamo spesso anche per andare a giocare a calcetto. Non era un granché di volto, ma aveva un fisico niente male a parte un po’ di pancetta, e in doccia, quando andavamo a giocare, avevo ammirato il suo bel cazzo.
Ormai lo conoscevo. Si eccitava tantissimo a mostrarsi nudo. Girava per casa spesso senza nulla, col cazzo per aria e più di una volta aveva lasciato l'uscio aperto per lasciarci osservare. Non nego che, poco dopo, spesso iniziavo a toccarmi. Capitava a volte, per gioco, che in doccia ci trovavamo nudi uno di fronte all’altro e ci masturbavamo parlando di donne, ma osservandoci. Non ci mettevo un granché a sembrare credibile. Gli piaceva essere osservato e a me guardargli la superba dotazione, non tanto in lunghezza, ma in circonferenza. Alla presenza di tutti noi, forse reputandoci dei provinciali segaioli, diceva in continuazione di saperlo anche usare bene di essere un vero porco e che, a differenza della mogliettina, amava il sesso esibizionistico. Avrebbe voluto cercare sempre posti nuovi strani e, soprattutto, dove c’era sempre gente che lo vedesse scopare. Grazie ai suoi racconti, un paio dei miei coinquilini mi avevano spesso chiesto di essere spompinati nel cesso del campo di calcio e, tornati a casa, a volte avevamo continuato nel mio letto.
Quella sera Lino mi venne a trovare a casa con una lettera, che disse di aver ritirato per conto nostro dal postino, e dei biglietti per una partita di calcio amatoriale di quartiere. Lo vidi entrare a torso nudo, con il suo folto pelo, e con addosso solo i pantaloni del pigiama di cotone nella cui patta ciondolava il suo bel cazzo a mezz’asta.
Ci sedemmo sul balcone e gli diedi una bottiglia di birra ghiacciata. Scherzammo un po’, finché non mi poggiai alla ringhiera e lui mi venne dietro.
Poggiandosi a me, parlando del più e del meno, il suo cazzo cresceva a contatto con le mie chiappe. Era una sensazione strana, tra imbarazzo e lasciar fare. Sarà stato il contesto, l’imprevedibilità della situazione, sarà che da parecchio non avevo a che fare con un cazzo estraneo alla casa, certo è che lo lasciai fare. In fondo mi faceva piacere quel contatto con una durezza maschile. Feci pressione all’indietro convinto che ogni piccolo movimento avrebbe sollecitato quell’affare che si era disteso lungo il solco del mio culo. Lo sentivo per intero che si strusciava.
La mia mano scese ad afferrare la stoffa leggera del pigiama. Avvertii tutto il suo spessore, ne percepii profilo e venature, distinguendo nettamente il glande pulsante. Non portava neanche gli slip, il porco!
La mia mano era sempre più stretta a quel cazzo che si masturbava usandomi. Strinsi con più decisione e mi gustai le sue dimensioni. Andai oltre, trattenendo il respiro e affondando la mano nel pigiama.
Ce l'avevo in mano. Lo palpai, lo strinsi: era caldo, grosso. Lo masturbai lentamente con malcelato piacere mentre Lino grugniva sommessamente. Senza che nessuno dicesse nulla, affondai la mano fra i suoi peli e gli strinsi le palle sudate, pesanti. Doveva essere in arretrato da parecchio.
Probabilmente dovevo avere in viso un’espressione beata. Lui, immagino, non da meno! Non osai voltarmi quando mi confessò che sognava di farsi spompinare da me a ripetizione, fino a non farcela più.
Mi girai e lui mi guardò: “Cosa aspetti?”
Con la mano sulla spalla mi diresse giù. La cosa mi eccitava parecchio, anche se l’azzardo era altissimo. Si andò a sistemare sulla sedia e io mi guardai intorno. Molta gente era in vacanza e molte finestre erano chiuse. Quindi, decisi di prendermi cura della situazione, gattonando per arrivare con la testa in mezzo alle sue gambe.
Tolti i pantaloni del pigiama, il cazzo balzò fuori come se altro non stesse aspettando. Nelle narici sentii il fortissimo odore del suo sesso. Mi presi del tempo prima di imboccarlo e con la lingua salii sul suo petto. Mi fermai. Scesi e gli succhiai prima un coglione, sentendone la consistenza. Poi l’altro. Li succhiai insieme avidamente, mentre con una mano mi afferrava i capelli dirigendomi verso il cazzo: “Dai, pompa che ho voglia di scaricare i coglioni.”
L’asta grossa e tozza era bollente, piena di grosse vene, e la cappella faceva capolino dalla carne, lucida di liquido prespermatico. Presi a scappellarla, appoggiai le labbra, la succhiai, la insalivai: “Sei proprio una zoccoletta in cerca di cazzo!”
Girai la lingua sulla saliva e andai a finire sul buchetto. Ricominciai a prendere in bocca la cappella, mentre lo fissavo negli occhi. La mordicchiai. Lo sentii sobbalzare un po’.
Proseguii andando su e giù, prima lentamente, poi sempre più veloce. Continuava a a ripetermi che se fosse entrato qualcun altro, sarebbe stato tutto più divertente! Mi muoveva la testa avanti e indietro e spingeva con il bacino. Mentre mi penetrava la bocca, glielo succhiavo e leccavo, glielo risucchiavo e rileccavo, sbavando.
Mi riversò in gola tutto il suo piacere senza alcun preavviso. Strozzato dalla sborra, bevvi, continuando a sbocchinarlo.
Soddisfatto, mi alzai e mi concessi una doccia fresca e rigenerante.
Lino entrò in casa, si accese una sigaretta, e ritornò a sedersi fuori.
Riapparvi in maglietta e mutandine. Sorridendo mi passò la birra che era quasi finita e mi disse che, se avessi voluto, mi avrebbe offerto di nuovo il succo dei suoi coglioni. Quindi, ricominciai, ma le mie slinguate diventarono più decise. Lui prese a spingere con il bacino, scopandomi in bocca. Gli strizzai i coglioni, ripresi la nerchia in gola e spinsi anch’io.
- “Sei la migliore delle troie…Dai, così! Fammi godere, dai!”
Avevamo un ritmo perfetto, io lo pompavo sempre con maggiore sicurezza, respiravo a fatica. La consistenza di quel cazzo mi faceva diventare matto. Con una mano mi accarezzai il seno, scesi sul ventre ed iniziai a masturbarmi con passione. Le gambe divaricate, mostravano chiaramente la sua figa anale rasata, liscia e pulsante. Cominciai a penetrarmi con due dita.
Tra pompini e birre si erano fatte le ventitré. Squillò il telefono.
- “Di sicuro è mia moglie!”
Con il cazzo duro, Lino entrò in casa e rispose. Infatti, era sua moglie che gli chiedeva che fine avesse fatto: “Amo’, cazzo! Quanto rompi. Stiamo facendo chiacchiere tra uomini…Stai tranquilla che non ti sveglio al rientro.”
Stavo per venire da solo da com’ero eccitato, ma il mio padrone di casa premuroso mi chiese di resistere. Mi voleva carico e perché la serata era ancora lunga. Guardammo la televisione per un po’, andò in cucina e portò un paio di bottiglie di birra, che bevemmo d’un fiato.
Indicando il balcone disse: “Usciamo. Fa troppo caldo! Prova a farmelo rizzare di nuovo”.
- “Dici sul serio? Ma non sei stanco?”
- “Muoviti, dai!”
Lo seguii e lui si stravaccò sulla solita sedia. Cominciai a trastullarglielo. Lino si alzò, ponendosi con il suo cazzo a mezz’asta davanti al mio volto. Mi afferrò i capelli e spinse giù la testa. Il messaggio era chiaro e inequivocabile. Voleva che mi sottomettessi in ginocchio a succhiargli il cazzo. Ma io cominciai ad aver paura delle conseguenze: “Cazzo! Siediti! Così ci vedono di sicuro perché sei più alto della ringhiera”.
Dalla finestra del palazzo di fronte qualcuno spiava. Ma Lino: “Che cazzo te frega?”
Sorridendo me lo strusciò sul viso e me lo rimise in bocca.
Succhiai e succhiai... Dopo una decina di pompate gli tornò duro. Eccitato dall'idea di dare spettacolo, iniziò a colpirmi la faccia, le guance, le labbra, il naso, gli occhi e la lingua che avevo tirato fuori per leccarglielo.
Mi fece alzare, mi calò gli slip, facendomi restare solo con la maglietta di cotone bianco. Mi mise a gambe larghe e con le braccia sulla ringhiera e aggiunse: “Anzi…guarda tu che è meglio”.
Era divertito all'idea di esibirmi a tutti quelli che abitavano difronte: "Sei un maiale!"
- "Eh, che ci vuoi fare? Godo a mettere in mostra le mie puttane".
- "Ah, e allora chiavami e fammi godere".
Mi prese da dietro per i fianchi, mi sputò sull’ano e poi, dopo averla sorseggiata, mi spruzzò tra le chiappe della birra. Senza alcun preavviso, con un solo colpo m’infilò il collo della bottiglia in culo. Sentii il liquido scivolarmi dentro. Cercai di ribellarmi, ma lui mi zittì dicendo che ci avrebbero sentiti.
Io risposi incazzato: “Ma mi stai prendendo per il culo?”
E lui, sghignazzando: “Non ancora!”
Quindi, levò la bottiglia, si spostò in mezzo alle mie gambe, cominciando a muovere la lingua sul mio ano. Faceva entrare la lingua fino in fondo, quindi mi dava delle pesanti leccate che mi cingevano entrambe le chiappe, facendomi gemere come una puttana. Muovendo il bacino portò la punta del cazzo a strofinarsi fra le mie natiche e poi finì con il premere sul mio buchetto. Quindi, mi scivolò dentro senza problemi e iniziò a fottermi, mentre dalle finestre qualcuno spiava...
Mentre Lino mi sfondava senza vergogna e in favore di pubblico, ero imbarazzato, ma godevo e ansimavo: "E fottimi, dai rompimi il culo! Fammi godere, vienimi dentro, riempimi tutto!"
Mi massaggiava la prostata e mi s’intostò il cazzo. Lo sentivo spingere, ascoltavo il rumore delle palle contro il mio culo sudato e bagnato di birra: "Oh Lino, quanto mi piaci! Tienilo tutto dentro, ficcalo tutto in culo!"
Mi strinse con una mano la nuca, schiacciandomi contro la ringhiera del balcone. Con l’altra mi strinse le mani che ricambiarono la stretta ed era l’unico gesto umano in quella sodomizzazione. Spinse a fondo il bacino: "Tie'!Troia!"
Lino era un animale arrapato che montava la sua femmina in calore. Il ritmo regolare e possente del suo stantuffare mi stava schiantando. Ero usato a piacimento, non poteva succedermi niente di meglio e glielo feci capire a mio modo: "Dai sfondami... Dai, ancora! Riempimi di sborra."
- “Cazzo che gran troia che sei! Adesso ti farcisco, ti inondo la fica".
Al suono di - “Guardate, segaioli di merda! Guardate la mia troia! Troia! Troia!” - con un paio di stantuffate violente, sentii un’ondata di calore riempirmi.
Lui si sfilò da me, lasciandomi svuotato e sventrato. Chissà come appariva il mio culo squarciato da quella bestia di carne che lo aveva fottuto alla grande. Mi immaginai il mio buco rosso, oscenamente aperto, sentendo rifluire il suo sperma che mi colava lungo le cosce.
Si risollevò il pigiama. Eravamo fradici di sudore ed entrambi puzzavamo di birra.
Rientrai in casa, in silenzio, cercando di ripulirmi. Trovai i miei coinquilini seduti sul divano: “A questa grandissima zoccola piace da morire il cazzo in culo. C'avevate ragione! N'altre tre o quattro volte e l’affitto pe’ ‘sto mese ce l’avete pagato! Ciao raga’.”
Guardai i miei coinquilini, sbigottito.



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