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Gay & Bisex

L'AFFARE CALABRESE


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
29.08.2023    |    9.573    |    7 9.6
"Muovendo su e giù la mano, come ipnotizzato, guardavo il glande con attenzione anche quando, mentre portavo la pelle verso l’alto, veniva ricoperto..."
Sui trentacinque anni, magro, abbronzato, labbra carnose, capelli e occhi neri quasi da orientale. Sembrava l’emblema dello stile tamarro, uno di quelli la cui vita si articola fra discoteche e saloni di bellezza. Abbigliato in maniera vistosa, si atteggiava e si muoveva in modo sfacciatamente virile con il suo giubbino corto, stringato in vita, e una camicia a fantasia Versace, sbottonata fino a mostrare un petto maschio e villoso sul quale luccicavano diverse e pesanti collane d'oro. Un paio di jeans aderenti ostentavano, oltre a una nota griffe, un pacco notevole.
Mi chiese se volessi bere un caffè ed io, ammiccando, risposi: “Perché no?”
Il calabrese mi portò nel bar dove, di solito, faceva pausa, da cosa non era ben chiaro, visto che non mi aveva voluto dire cosa facesse per permettersi quel tenore di vita se non “Sono in affari!”
“Insomma, Salvatore, serataccia ieri?” chiesi per rompere il ghiaccio - “Sarà stata dura rimanere tutta la sera con i miei due amici a parlare di contratti, affari…”
- “Ma no, me ne sono tornato subito a casa a guardare la televisione con mia moglie.”
- “Quindi contratto firmato?”
- “La barca mi interessa, veramente interessa più a mia moglie, ma devo ancora valutare dei dettagli e poi firmo…”
Andammo in una stanza posteriore, a suo dire meno frequentata durante il giorno, una stanza dove avevano accesso solo gli uomini per parlare o giocare a carte senza essere disturbati dalle mogli. Era una specie di regola non scritta.
Oronzo, il gestore, ci servì quanto richiesto e, andatosene, quello subito mi baciò. Bravo, ci sapeva fare sul serio e, quando sentii pienamente la sua lingua in bocca, ebbi un brivido violento.
- “Oh, ma che fai? Non pensavo ti piacessero gli uomini.”
- “Uomini? Ma pazzo sei? Sai come si dice da queste parti? Che l’agiallu va duve truva granu.”
- “E io sono “un grano” che parte domani, giusto?”
- “Giusto. E poi ho sentito belle cose su di te! La barca dell’amico tuo ha un sacco di cose da raccontare.”
Aveva saputo quanto mi piacesse succhiare il cazzo, ingoiare lo sperma, prenderlo in culo. Mezzi ubriachi i miei amici gli avevano confidato che ero una gran troia, che avevo sempre una gran voglia di scopare, che mi facevo fare in tutte le posizioni più strane ogni volta che ne avevano voglia.
- "Capiamoci: non sono ricchione! Ho inculato mio cugino quando avevo sedici anni per fare esperienza, a lui gli piaceva. Mi sono detto, meglio io che sono di famiglia, no? Poi qualche ragazzino quando sto a nord per lavoro, qualche trans... con gli amici non mi potevo tirare indietro".
Quindi, con la massima disinvoltura, mi sbottonò la camicia e cominciò a succhiarmi un capezzolo. Con le mani intanto continuava a frugare sul mio corpo. Senza bisogno che mi guidasse, gli palpai il pacco, stringendo il suo bel cazzo in mano, già duro e caldo e stretto nei jeans. M’infilò le dita attraverso la cinta dei pantaloni, cominciando a toccarmi il buco del culo. “Nculu a tia…Che figona che c’hai, calda e aperta” - e si aprì la patta, liberando il cazzo bello duro: “La vuoi provare la ciolla calabrese?”
-“Smettila, su, adesso basta, fai il bravo che può entrare il tipo del bar.”
-“Tu fai quello che devi fare, al resto ci penso io.”
Fissando quella sua gran minchia, sorridendo, me la mise nella destra ed io, quasi inconsciamente, iniziai un lento su e giù: “Abbiamo già fatto troppo.”
Si fermò, mi strinse il capo tra le mani e mi sorrise con denti perfetti e bianchissimi: “Ancora non abbiamo fatto niente. Dai, vai sotto al tavolo, piglialo bene stu minchiune.”
Cominciai il mio lavoro orale, arrivando con le labbra fino alle palle. Salvatore apprezzò: “Chida puttana ‘i mammata…Bravo veramente sei!”
Mi scostò da sé. Si accese una sigaretta e m’infilò di nuovo la mano nei pantaloni, cominciando a masturbarmi analmente, quasi con violenza, e facendomi ansimare.
- “Ti piace essere trattato così eh, ricchiuni?”
- “Si..”- risposi boccheggiando.
- “Allora è vero quello che dicono gli amici tuoi…” – poi, spingendomi la testa in basso mi diede il ritmo della pompata. Continuando a farsi succhiare il cazzo, urlò il nome del gestore del bar: “Oronzo! Vieni!”
Entrò invece un ragazzo sui venticinque anni che cambiò canale alla tv, sincronizzandola sulle partite di calcio. Alto, magro, con una maglietta grigia, si sedette di fianco a me. Carino, non molto alto, moraccione. Calzava un cappello dal quale fuoriuscivano capelli mossi e neri che gli arrivavano fino al collo. Un beccuccio nerissimo era contornato da una barba non rasata da un paio di giorni e circondava due labbra carnose. Rivolgendosi a Salvatore: “Dopo deve venire papà, che sta mamma alla cassa e ora non può. Mi ha detto che vostra moglie sta fuori a passeggio col bambino…”
-“Allora io devo uscire. Approfiita intanto, no?”
-“Domani mi devo sposare!”
-“Pure meglio è! Approfitta, senti a me, che quandu a tavula è conzata, cu no mangia perdi a spisa. Oh, non me lo ingravidate! Sai cosa voglio dire...”
Pensando che il ragazzotto volesse incularmi, mi sistemai sulla sedia, ma il nuovo arrivato si collocò davanti a me e cominciò a masturbarsi, lasciando solo che guardassi desideroso il suo cazzo. Avevo voglia di prenderlo, ma quello si accese una sigaretta e mi disse: “Sucami veloce la ciolla tesoro, che devo andare al banco!”
Feci scorrere la saliva con le mani chiuse intorno al pene. Strinsi la mano umida e durante la masturbazione lo guardai negli occhi. Impugnai il pene al di sotto del glande, afferrandolo come un bastone. Muovendo su e giù la mano, come ipnotizzato, guardavo il glande con attenzione anche quando, mentre portavo la pelle verso l’alto, veniva ricoperto completamente. Lo presi in bocca e succhiai con forza, una, due tre volte...e di nuovo...Intanto con la mano libera afferrai i testicoli. Pompai con intensità finché sentii vibrare i testicoli pelosi. Il cazzo sussultò.
- “Ummhh… Ncul’a cu t’è vivu, vai più veloce che ci sono…”
Diedi alla mia mano un ritmo intenso ed evidentemente piacevole! Lo feci venire, così tanto che lo sperma, oltre che sul mio viso, andò sul tavolino.
Provai a pulirmi alla meglio con la tovaglia, mentre sentivo qualcuno sire sulla porta: “Bravo figlio mio. C’è poco da fare, porci e figghijoli cumu i ‘mpari i trovi.”
Il ragazzo si allontanò e il padre, un bell’uomo sulla cinquantina, si stravaccò sulla sedia e cacciò fuori dai pantaloni un cazzo niente male: “Ti piace pure la mìnchja mia? Purtroppo c’è mia moglie di là, ma almeno voglio sentire pure io come lo suchi. Ho detto a mio figlio di distrarla, che qui oggi non si capisce un cazzo.”
M’inginocchiai. Lo presi in mano, tirandogli in dietro la pelle per guardargli la cappella. Era rosso vivo, ben fatta. Glielo menai avanti e indietro, picchiettando la cappella con la lingua. Me lo spinse contro le labbra. Subii, allargando la bocca. Così, ricevetti quasi tutto il suo cazzo, tenendogli le palle. Non era ancora duro, ma lo sentivo crescere gradualmente. Strinsi le labbra attorno alla capocchia, con una mano gli strinsi di nuovo i coglioni e con l’altra gli feci una sega da manuale. Guardai in su, incrociando i suoi occhi scuri.
Era estasiato: “Si, continua….Tra poco ti affogo di spucchio.... ca tu fazzu teniri a mente.”
E mantenne la promessa: tale padre, tale figlio. Mi prese la testa e cominciò a scoparmi la bocca con violenza, mentre mi aggrappavo alle sue natiche. Con un mormorato gemito animalesco mi eiaculò in gola. Trattenni tutto in bocca e la cosa mi fece quasi soffocare. Quando lo tolse, tossii e sputai saliva. Chiusosi la patta, tirò su col naso e si allontanò.
Salvatore ricomparve di nuovo, aumentando il volume del televisore. Salutò il gestore prossimo ad uscire dalla stanza che sembrò rassicurarlo: "Sta pulito, come piace a te".
Mi prese e mi girò a pecorina sul tavolino, con le gambe larghe. Sorrise soddisfatto: “Cu pecura si faci, u lupu sa lo fotte!”
Si sputò sul palmo, due volte: “Apri bene che ti ruppu u culu.”
- "Chiudi la porta..."
- "Lo so...lo so.... Ma non mi sporcare a terra!"
Me lo passò sull’ano, ci giocò con le dita e lo piantò in tre colpi fino ai coglioni: “Ummmmh… La senti bene? Questa è una ciolla vera non quella degli amici tuoi!”
Incominciò a scoparmi con dei colpi dal basso verso l’alto, sempre più forti e profondi. Mi riempiva l’intestino e mi pompava con un ritmo energico, facendomi sussultare ad ogni affondo. Godevo, sentendo il suo palo riempirmi tutto e incominciai a incitarlo sempre di più. Cominciò a incularmi senza pietà - “Ti fotto la pilusa come a una cagna” – mi disse come impazzito, afferrandomi per le spalle e poi per i capelli. M’infilò un dito in bocca, mentre martellava fino in fondo, ogni volta facendomi sentire i coglioni sbattere tra le chiappe. “Siii...Ti voglio mprenàre come una vacca!” e mi scaricò un fiume di sperma calda nell’ano mentre io, perso, mordevo la tovaglia.
Tolse il cazzo da me dopo alcuni istanti. Si piegó e allargò il buco con le dita - “Devo valutare la merce…” - ammirando il suo sperma che oscenamente mi colava dall’ano.
Andò a sedersi su un mobile a parete e allargò le gambe. Era splendido. Nudo, virile, maschio. Si accese e aspirò la sigaretta. Emise il fumo verso di me e, pensieroso, mi chiese: “Che ci fai con quelle mezze seghe degli amici tuoi? Una che batteva sulla Statale qualche anno fa, mo’ lavora in appartamento per me e fa la signora. Chi ha sordi fa sordi, chi ha piducchi fa piducchi. Vieni a vivere qua che ti metto in un bel giro a Reggio o a Catanzaro, dove vuoi…”
Sornione, mi ordinò di avvicinarmi: "Vieni qua."
Mi prese per i capelli e mi baciò. Mi afferrò il pene e cominciò a masturbarmi, leccandomi il collo, le orecchie, i capezzoli. Mentre procedeva, mi sussurrava inaspettate parole d'amore nell'orecchio sinistro, finché, ansimando, non venni sulla sua mano. Quindi, m’infilò le dita sporche in bocca, facendomele succhiare: "Tieni amore mio".
Lo feci di gusto, cosa che gli fece ritornare su il sesso. Sorrise: “Peccato che devo andare. Allora? Che hai deciso?”
- “No, non sono adatto a fare certe cose!” - ribadii convinto che uno così avrebbe potuto veramente farmi andare fuori di testa sentimentalmente.
- "Certo che sei adatto!” – mi garantí, mentre si tirava su i jeans. Si sistemò i capelli poi m'afferrò per la nuca e mi baciò in bocca appassionatamente di nuovo, più a lungo e intensamente. Quindi, mi spinse lontano, si ripulì con l'avambraccio - “Pensaci!”
Si ricompose e uscì.




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