trio
Verde e azzurro - XIV
di Doctor_S
04.10.2023 |
149 |
2
"Conoscendoli, non ci vorrà molto per innescarli..."
< Non ti ricordavo così troia, devo ammettere… > fece Simone, guardandoci. Poi si avvicinò a noi, le prese una mano dalla mia gamba e se la strinse attorno al cazzo. Con un gorgoglio di piacere, lei aprì gli occhi e guardò entrambi. Allentai la presa che avevo su di lei e le permisi di allontanarsi da me per condividerla con Simone. Rossa in volto, si staccò giusto il tempo necessario ad ingoiare lui. Fino in fondo, con la sua caratteristica naturalezza, si dimostrava esperta in ciò che faceva. Leccava e succhiava, senza fermarsi, mentre con la mano libera si assicurava che la mia erezione restasse a sua disposizione. Su e giù veloce, imprimendo una lieve rotazione al polso, si divertiva a tenermi stretto tra le dita. Si staccò da Simone con uno schiocco della lingua e prese di nuovo a gustare me, con la stessa velocità, dedicando, contemporaneamente, a lui le medesime attenzioni che aveva riservato a me. Ci guardava soddisfatta, consapevole di avere la situazione in pugno. Letteralmente. < Si, così! Brava! > la incitava lui. E lei apprezzava, dava il massimo, come attrice su un palcoscenico su cui stava dando spettacolo. Ci guardava negli occhi, poi si concentrava su un cazzo e poi ancora su un altro. Lasciava me, per prendere lui e viceversa, in un vorticare di saliva ed umori di entrambi.
D’un tratto si allontanò da noi e alternò lo sguardo tra me e Simone, tenendoci saldamente stretti nelle sue mani, come a voler cercare la smorfia sul nostro volto che tradisse il nostro animalesco godimento. Veloce e sinuosa. Avanti e indietro, con il nostro glande ad un palmo dalla propria bocca, sulla quale un sorriso languido era comparso, ci percorreva in tutta la nostra pulsante durezza. Rapida. Come a voler testare la nostra capacità di resisterle.
Non sembrava contrariata dal fatto che riuscissimo a farlo, a domare le nostre pulsioni. Sembrava, anzi, piuttosto divertita, come una gatta che gioca con un topo: pienamente consapevole di darci l’ingannevole sensazione di essere noi a disporre della nostra totale libertà, nei limiti in cui lei era disposta a concedercela.
L’aria risultava caldamente pervasa da un turbinio di energico dinamismo sessuale. I nostri respiri affannosi, i suoi gemiti. Il fluido schiocco della nostra pelle umida tra le sue mani, accarezzata dalle labbra.
Rallentò nella sua foga, tramutandola in un docile abbraccio di dita. Un susseguirsi di carezze a due mani. Così ci avvicinò a sé, mettendoci a contatto, glande contro glande, e con la lingua prese a leccarci in punta assieme. Aiutandosi con le mani ci teneva premuti l’uno contro l’altro, permettendosi il piacere di gustarci a pieno. Divina. Dal basso verso l’alto, da sinistra a destra, ogni millimetro veniva accarezzato dalle sue papille, eccitate dai nostri umori che si fondevano ad ogni suo passaggio. < Che troia che sei! > la incitò ancora Simone < Facci venire, dai!>.
Come non aspettasse altro, il suo sguardo si ravvivò di famelica bramosia. Dischiuse le labbra il più possibile e le avvolse in un caldo abbraccio attorno ai nostri cazzi, spingendoseli in bocca assieme il più che poté. Le sue mani percorrevano fino ai testicoli le nostre erezioni, premute l’una contro l’altra nella sua bocca. Su e giù. Ancora ed ancora. Tenendoci stretti tra le sue labbra, ci accompagnava con la lingua nel nostro farci spazio in lei. Sempre più veloce. Godeva nel vederci concentrati ed eccitati, nel tenerci entrambi, in bocca e in pugno, dando sfogo alle sue perverse pulsioni. Senza freni.
I suoi versi di piacere, ovattati nella sua bocca piena, testimoniavano la sua eccitazione nel sentirsi al centro dell’attenzione, in posizione di comando.
Un fiotto caldo mi investì il glande all’improvviso. Lei trasalì, inizialmente sorpresa. Non si fermò. Un altro getto ancora. Capii. Così mi lasciai andare e la inondai anch’io del mio seme, mentre tentava ancora di ingoiare quello di Simone. Le mancò il fiato per un attimo, sbarrò gli occhi ma non si staccò. Entrambi le tenevamo la testa, passandole le dita tra i capelli e talvolta incrociandole per sbaglio. Ancora io ed ancora lui, ci svuotammo tra le sue labbra, lungo la sua gola, accarezzati dalla sua lingua e dalle sue morbide mani. Il nostro seme colava sulle guance, rigandole il collo, non trovando più spazio nella sua bocca ormai piena. Lei tossì, lasciando cadere sul pavimento parte del nostro cremoso dono, ma non si staccò. Chiusi gli occhi ed un brivido mi percorse la schiena. La mia immaginazione mi riportò agli eventi del pomeriggio alla rocca, di cui rivivevo le medesime sensazioni in quel momento, ma da un diverso punto di vista. Grazia tossì ancora sordamente, ma ostinata nel non sprecare neanche una goccia del nostro denso dono. Ancora un getto, caldo, di Simone andò a sommarsi al mio ultimo, frutto d’ennesimo spasmo di godimento.
Restai fermo un secondo, mentre percepivo la forza affievolirsi nelle gambe. Grazia continuava, ora lentamente, ad accarezzarci e leccarci. Quasi teneramente. Aspettando che il nostro piacere si assopisse del tutto negli ultimi timidi densi fiotti, mentre leccava via dal glande di entrambi i segni del nostro orgasmo.
Silenzio. La tensione erotica che aveva fatto vibrare l’aria fino a quel momento, sembrava essersi diradata come nebbia al sole, sostituita da una sensazione di calore e ottundimento che mi attorniava la testa e il basso ventre. Ad occhi chiusi assecondavo il fluire del sangue nelle vene tra le mie gambe, il pulsare delle tempie, la lingua di Grazia stuzzicarmi ancora, dolcemente, ed il mio respiro tornare a poco a poco regolare. Sentivo che anche Simone, accanto a me, faceva lo stesso. Questa immagine, lentamente mi schiarì la mente. Le sensazioni del pomeriggio precedente confluivano in quelle che provavo in quel momento. Cosa era appena successo? Mi imposi di non pensare troppo e trovai la forza di aprire gli occhi.
Guardai in volto Grazia, ancora in ginocchio ai nostri piedi, intenta a leccarsi via dalle dita il seme che le era colato ovunque. La accarezzai e sorrisi. Lei ricambiò e disse: < Non era giusto che ieri fossi rimasto a guardare… Mi è sembrato ti piacesse >. Non fui in grado di risponderle. Come darle torto?
Poi si alzò e diede un bacio colmo di passione a Simone, prima di lasciar cadere l’asciugamani sul pavimento e infilarsi in doccia. Nessuno dei suoi movimenti felini sfuggì al nostro sguardo, entrambi concentrati sulle ipnotiche geometrie delle sue forme stellari. < Mi fa arrapare troppo! > sbiascicò lui, prima di farmi l’occhiolino. Poi andò a farle compagnia in doccia.
Per un po’ restai lì. Non riuscii a distogliere lo sguardo da quei due, dalle mani di Simone che accarezzavano col sapone il corpo di Grazia. Il seno premuto contro al vetro, il volto all’indietro e gli occhi chiusi mentre lui la cullava col tocco. Provai quasi invidia, della loro complicità e affiatamento, ma in senso positivo: desideravo farne parte per bruciare anch’io con la medesima intensità. Ma ricordai di averne avuto una parte e gliene fui silenziosamente grato. Raccolsi l’asciugamani e me la rimisi in vita.
Mi feci coraggio e uscii dal bagno, chiudendomi la porta alle spalle.
Gemiti, ovattati dal legno della porta, fluirono nel corridoio alle mie spalle e la mia immaginazione proiettò davanti ai miei occhi la nitida immagine di Grazia che godeva con Simone. Ma quei due non si stancavano mai?
In ogni caso, che bel modo di iniziare la giornata!
In camera mi vestii in tenuta da casa e scesi a fare colazione, trovando la cucina stranamente deserta. Presi la moka, la poggiai sul lavello e iniziai a riempirla di acqua, poi di caffè. La misi sul fuoco e tirai fuori dalla dispensa il pane. Facevo tutto in automatico, preso ancora dalla moltitudine di pensieri eccitanti che si contendevano la mia attenzione. Quasi non riuscivo a concentrarmi su altro, nonostante i miei sforzi. Il sesso era diventato il fulcro di quella vacanza e l’inaspettato scenario di tutta quella serie di triangoli mi stimolava fortemente. Mi resi conto di sentirmi più energico, più vivo. Affrontavo le mie giornate con spensieratezza, con euforia e rilassatezza, forse in preda a quella ritemprante overdose di ossitocina. Anni e anni di vita trascorsi in uno stato di inconsapevolezza, ora mi sembravano lontani nel passato e non più appartenermi. Avvertivo che qualcosa era cambiato in me, che una nuova fase della mia vita era iniziata, che avevo sbloccato una buona parte del mio essere della quale ignoravo completamente l’esistenza. Non riesco a trovarci nulla di sbagliato, pensai, mentre mi versavo il caffè. Quel nuovo concetto di coppia allargata, di condivisione e di empatia sessuale. Tanti mattoncini che andavano ad incastrarsi perfettamente nei vuoti che il substrato di buonismo della società aveva contribuito a nascondere in me. Addentai il pane che avevo ricoperto per bene di marmellata. In fondo era tutta una questione di rispetto: non avevo fatto nulla di mia iniziativa, erano stati loro a coinvolgermi nelle loro fantasie ed io avevo scoperto di trovarmici a mio agio quasi fossero mie. Era come se fossi un bambino che avesse appena imparato a camminare, ma con la consapevolezza dell’aver raggiunto un traguardo importante di un adulto.
Finalmente feci profondamente mio il concetto che non c’era nulla di male in ciò che avevo fatto. Consapevolezza, ecco cos’era. Mi sentii sollevato. Non era per nulla sbagliato condividere, se tutti erano d’accordo. Il sesso va di pari passo con i sentimenti, è vero, ma dov’era scritto che non potesse andarci anche con l’amicizia? Ed in fondo di quello si trattava, di una consolidata amicizia che aveva assunto inaspettate e piacevoli sfaccettature erotiche. Ero stato forse fortunato io o erano tutti gli altri ad essere troppo ciechi di fronte alla realtà?
< Stasera giochiamo a Cocorido, ci sei? > proruppe all’improvviso Sara alle mie spalle. Trasalii e per poco non mi versai il caffè sui calzoncini. < Uh, scusa! Non mi ero accorta che stessi bevendo il caffè! > ridacchiò lei.
< C’è mancato poco! Mi sarei dovuto rifare la doccia! > la rimproverai ridendo.
< Come se poi ti dispiacesse tornarci ora… > mi fece lei con un sorriso civettuolo.
< Cosa sai? >.
< Non cosa so, cosa ho visto! > la buttò lì, facendo finta di essere concentrata a versarsi il caffè, e continuò languida < Peccato che tu abbia già finito la panna di sopra, perché sul caffè mi piace molto… >.
< Forse avrei dovuto chiudere la porta… >.
< Ma no! Come facevo a toccarmi, altrimenti? > ridacchiò nuovamente.
Per l’ennesima volta le immagini del giorno prima mi si stagliarono chiare davanti agli occhi. Ero di nuovo eccitato. Quasi non ricordavo più che significasse non averlo in tiro. < Hai ragione, come ho fatto a non pensarci? > feci con tono ironico. Per un attimo calò il silenzio. Sara mi guardava pensierosa, mordendosi il labbro. Dentro me sapevo bene a cosa stesse pensando, ed anche nei miei calzoncini l’idea sembrava piuttosto limpida.
< Comunque per me va bene Cocorido stasera, anche perché con questo tempo non credo che possiamo andare in giro. > dissi per raffreddare l’atmosfera.
< Ok, allora siamo d’accordo. Mancano solo Grazia e Simone all’appello, ma devo aspettare che finiscano in bagno. Chiedi tu a Roberta? > concluse lei e sorseggiò il suo caffè guardandomi il cavallo dei pantaloni oltre il bordo della tazzina. < Va bene! > risposi < Fabian e Anna? Non li ho ancora visti >.
< Non te l’hanno detto? Ieri sera li ha telefonati la vicina. Ha detto che il maltempo ha fatto danni al seminterrato e sono andati a controllare di persona stamattina prestissimo. Forse tornano domani. >. Il rumore dell’asciugacapelli acceso di sopra attirò la sua attenzione. < Eccoli, forse hanno finito. Magari vado un attimo a chiedergli di stasera. A dopo! > e uscì dalla cucina.
Mi soffermai su quello sguardo fugace. Ma perché tutte avevano improvvisamente questo interesse verso il mio cazzo? Probabilmente anche per loro era un traguardo come lo era per me, immaginai. Altrettanto probabilmente ero da tempo al centro dei loro discorsi, realizzai, mentre seguivo il culo di Sara scomparire su per le scale. E se fosse stato così, allora significava che gli avvenimenti degli ultimi giorni erano frutto di una serie di comuni fantasie a cui tutti puntavano a dare concretezza. Cosa avrei dovuto fare ora? Decisi che era il momento di spostarmi dalla parte del regista: se proprio dovevo realizzare delle fantasie di tutti, che almeno fossi io a scegliere come!
Era ora di mettere a punto una strategia, pensai. Lavai le tazzine e il coltello in automatico, senza prestarvi molta attenzione. Mi dissi che avrei dovuto partire con l’analizzare ciò che già conoscevo.
Di Roberta potevo facilmente stuzzicare la fantasia coinvolgendo Anna, in primis, e magari Sara e Grazia in un secondo momento. Il suo lato bisex giocava a mio favore e mi apriva un ampio ventaglio di opportunità. Decisi di lasciarla per ultima.
Anna mi dava l’idea di voler essere partecipe in qualcosa di coinvolgente, ma non sembrava essere in grado di prendere l’iniziativa. Forse per timidezza o perché frenata dal non voler ferire o deludere gli altri. Andava guidata. E lo stesso poteva dirsi di Fabian, almeno in gran parte. Probabilmente l’idea di non coinvolgere troppe persone nelle loro fantasie, almeno all’inizio, mi parve nuovamente preferibile.
Sara, prorompente e determinata, alla rocca era sembrata tutt’altro che dispotica. Magari utilizzava questo suo modo di porsi deciso per nascondere la sua indole da sottomessa e forse Luca lo aveva capito, ma non abbastanza da fare quel passo in più. Andava studiata la situazione, magari avrei potuto indagare quella sera stessa.
Simone e Grazia, infine… Beh, erano entrambi, per certi versi, animaleschi e ben disposti a condividersi con altri. Magari avrebbero potuto apprezzare un coinvolgimento “collettivo” per così dire, il che avrebbe potuto richiedere meno tempo.
Il tempo. Quello iniziava a scarseggiare. Forse mi sarebbe servita una mano… E se qualcuno mi avesse fatto da “aiuto regista”? Mi sembrò una buona idea. E quel ruolo, mi parve ovvio, doveva appartenere a Roberta.
Giunto a questa conclusione, mi sentii soddisfatto. Non avevo nulla di concreto, ma almeno avevo un piano.
Presi il tavolino da letto in bambù, spalmai la marmellata su due fette di pane, versai un bel bicchiere di succo d’arancia e portai tutto di sopra per svegliare Roberta.
In camera, fino ad ora di pranzo, la nostra conversazione fu poco meno che un summit di guerra: l’idea di coinvolgerla l’aveva resa euforica e determinata e aveva innescato una valanga di proposte, estrose, fantasiose e tra le più disparate, curate minuziosamente nei dettagli e tutte ugualmente porno. Sembrava aver preso dannatamente sul serio il ruolo che le avevo proposto e la cosa non mi dispiaceva. La sua euforia era contagiosa!
< La vasca di sopra è una bella idea, cuore, ma pensa: se a qualcun altro dovesse servire il bagno? Dovrebbe scendere di sotto o usare questo qui in camera tua? È un po’ scomodo… Se gli altri non ci fossero, potremmo anche immaginare di farlo ma quando? > mi riportò alla realtà.
< Hai ragione. A prescindere bisognerebbe far coincidere troppe cose ed il risultato potrebbe essere poco naturale. Tu cosa suggerisci? >.
< Dopodomani è bel tempo. Fai fare a me… > sentenziò. Mi ricordava me stesso. Decisi di fidarmi. < Per i quattro moschettieri, invece? > mi chiese.
< Per loro ho già in mente qualcosa di speciale. Ci sono molti giochi da tavolo che possono facilmente togliere i freni inibitori… E stasera potrei dartene un assaggio. >.
< Stasera? Cosa facciamo stasera? > disse inarcando il sopracciglio destro.
< Hai ragione, preso dall’eccitazione ho dimenticato di dirti che i ragazzi stasera volevano giocare a Cocorido. Ed io stavo pensando di aggiungere un po’ di pepe lasciando solo le carte migliori. Conoscendoli, non ci vorrà molto per innescarli. Che ne pensi? > lei annuì velocemente sorridendo e la cosa parve mettere d’accordo entrambi. Così andai a prendere la scatola del gioco ed iniziai a separare le carte.
Il nostro segreto fu difficile da mantenere al sicuro, a causa dell’elettrizzante sensazione che l’essere complici ci dava. Il pomeriggio sembrò scorrere troppo lentamente mentre provavamo maldestramente a tenere nascosta la nostra euforia, alimentata dal pensiero che qualcosa sarebbe accaduto di lì a poco. Ma non sapevamo cosa. E forse era proprio questo a rendere l’attesa, appunto, elettrizzante.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.