Lui & Lei
Verde e azzurro - I
di Doctor_S
29.07.2021 |
4.111 |
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"Tutto sfocato, i suoni ovattati, l’inquadratura che lentamente si stringe e al centro… lei..."
L’annata era stata complessa. I problemi legati al lavoro, come i granelli di sabbia che scorrono nella strozzatura di una clessidra, avevano lentamente prosciugato le energie che con fatica avevo accumulato durante l’inverno. Dovevo staccare la spina e rilassarmi. Ed era proprio quello che avrei fatto, pensai, mentre chiudevo la valigia.Mi ha sempre fatto strano quella sensazione di ansia ed impazienza che l’avvicinarsi del giorno della partenza genera. Quel giorno sembrava sempre così lontano mentre ne parlavo con i soliti “dodici apostoli” del sabato sera… e invece ecco. Fra poco si parte! Finalmente. Il pensiero di lasciarmi cullare a pelo d’acqua, steso appena sotto lo specchio della superficie con lo sguardo perso tra le cime degli alberi che circondano il laghetto, era così reale davanti ai miei occhi che non mi ero reso conto dell’imminente vicinanza dell’ora “X”. Non feci nemmeno in tempo a pensarlo, che il cellulare iniziò a squillare. Fabian.
< Sono giù da te, che fai? Scendi? > esordì una voce femminile dall’altra parte del telefono.
< Anna! Certo, sono pronto. Un minuto e scendo! >. Devo sbrigarmi. Le chiavi? Prese. Valigia, documenti, portafogli… spazzolino. Pronto. Che fortunato Fabian ad aver trovato Anna. Il fato aveva fatto sì che in una delle nostre classiche pasquette, la nostra comitiva e quella di Anna si trovassero a dover condividere lo stesso barbecue alla pineta e… niente: ormai sono due anni che siamo diventati praticamente come una famiglia, ma per scelta.
Presi il trolley e la felpa e scesi al parcheggio.
< Buonasera fanciulli! > esordii.
< Andiamo, su! Ti dobbiamo sempre aspettare, Cenerentolo? > Mi fece ridendo Fabian che, mentre mi aiutava a caricare la valigia nella mia macchina, aggiunse < Ah! Quasi dimenticavo di dirti che a Marco hanno cambiato il turno a lavoro e viene la settimana prossima. Per te è un problema se questa settimana viene la cugina di Anna al suo posto?>.
Ovviamente per me non faceva alcuna differenza, dato che avevo spazio in abbondanza a casa. < Certo che no! Appena arriviamo decidiamo come organizzarci con le stanze, ma per me non ci sono problemi >.
< Allora possiamo partire. Ti seguiamo >.
Il viaggio fu scorrevole, anche grazie a Simone e Luca che non la smettevano di parlare con le loro battute infelici, supportati dalle loro ragazze. Bastavano loro due per fare il casino di dieci! Fuori dal finestrino si rincorrevano le nuvole che sembravano volersi nascondere dietro i crinali delle colline, dove svettavano imponenti le turbine eoliche. A perdita d’occhio il verde dei prati e delle chiome boscose si alternava all’oro dei campi di grano pronti per essere raccolti. Di tanto in tanto, greggi di pecore si scorgevano mentre oziosamente brucavano l’erba sotto l’occhio vigile dei cani da pastore. Qua e là masserie e case in pietra punteggiavano il panorama, cingendosi attorno ad antichi campanili.
Non vedevo l’ora di respirare l’aria pulita, ricaricarmi nella natura e svegliarmi tardi, con il cinguettio degli uccelli.
Eccoci. Ultima svolta. Il sentiero, le siepi, il cancello. Finalmente arrivati.
Adoravo la mia casetta di campagna, persa nel verde delle colline.
Qualche anno fa era stata davvero un affare: per una cifra irrisoria avevo acquistato questa vecchia masseria diroccata su due livelli, circondata da qualche ettaro di terreno pianeggiante, e con qualche sacrificio ero riuscito a ristrutturarla con gusto. Gli unici vicini erano rappresentati da qualche capo di bestiame che pascolava libero attorno allo steccato di confine. Un ruscello limpido e placido attraversava la proprietà , creando una piccola insenatura che ospitava un laghetto di acqua ghiacciata contornato da un grazioso boschetto di pini. Nei weekend mi ero dedicato ad attrezzare quell’area: avevo montato una piccola baita in legno nello spazio tra due enormi pini e ne avevo ricavato una piccola camera con bagno e doccia che potevo sfruttare per rilassarmi e cambiarmi dopo una nuotata nel lago. All’esterno avevo aggiunto un piccolo patio col tetto a spiovente e un barbecue in vista delle numerose occasioni conviviali condivise a quel variegato gruppetto. Il mio piccolo paradiso terrestre.
< Io voglio quella vista lago! > si impose Grazia, la ragazza di Simone, interrompendo il divagare dei miei pensieri.
< Mi dispiace bella mia, ma l’ho prenotata da prima che nascessi! > ribatté prontamente Fabian.
< Guardate che il lago è coperto dagli alberi, non è che ci sia tanto da vedere… > feci io, praticamente a vuoto.
< Chi prima arriva, meglio alloggia! > urlò Sara, la ragazza di Luca, e tutti scattarono verso la porta con le valigie.
< È come portare i bambini sulle giostre > mi disse, fintamente sconsolata, Anna < Comunque questa è Roberta, mia cugina >. E lì fu la fine. Mi voltai verso Anna e… Bam. Come nei film. Tutto sfocato, i suoni ovattati, l’inquadratura che lentamente si stringe e al centro… lei. Bellissima. Il viso di una di quelle modelle israeliane che nemmeno nelle foto ritoccate delle riviste di moda puoi trovare. I capelli chiari, di chissà quale sfumatura di biondo, racchiusi in una coda che la luce del crepuscolo tingeva a bronzo. Pelle appena abbronzata e probabilmente morbidissima, in un incarnato nordeuropeo. E loro. Loro che rubavano prepotentemente la scena: due perle cerulee al posto degli occhi, che, con un taglio quasi felino, sembravano incastonate in quel volto da copertina. Il vestitino azzurro polvere, leggero sulle sue forme, non dava indizi sulla sua figura, ma quel volto magnetico non avrebbe comunque permesso a nessuno sguardo di staccarsene.
< Piacere, Roberta > timidamente disse lei, tendendomi la mano. Tornai in me con non poca difficoltà, senza sapere per quanto tempo fossi stato lì muto a guardarla.
< Piacere mio, Andrea >. Stringendole la mano, morbida, fine e affusolata, non riuscii a distogliere gli occhi dai suoi. Anna sembrò intuire qualcosa, tant’è vero che disse sorridendo .
< Hai ragione! Ho portato qualcosa per la brace, dici ai baldi giovani di avviare il fuoco mentre prendo le borse dal bagagliaio > conclusi e mi voltai verso la macchina. Le due ragazze si diressero in casa ed io dovetti resistere dal girarmi a guardarla ancora per non lasciar trapelare ulteriore interesse. Ma che bella sorpresa.
Dopo aver portato le borse con le vettovaglie in cucina, salì in camera a svuotare la valigia. Ripassavo a mente le cose da fare prima di cena, ma in continuazione l’immagine di quegli occhi mi distraeva.
Riposi la valigia vuota accanto all’armadio e scesi di nuovo in cucina a dare una mano.
La serata passò spensierata e tranquilla. La cena era stata nel nostro tipico stile rustico, dai toni molto poco formali. Mentre tutti si rilassavano sorseggiando un liquore artigianale che la nonna novantenne di Grazia produceva in casa, un venticello fresco soffiava lieve tra gli alberi e contribuiva ad alimentare una particolare atmosfera , quasi surreale. Soltanto le risate alle battute dei due soliti individui mi riportavano alla realtà.
Per tutto il tempo avevo cercato di non farmi scoprire mentre lanciavo sguardi fugaci a Roberta. Facevo di tutto per non farmi notare mentre la studiavo, ne seguivo i movimenti, ne ascoltavo i ragionamenti e ne apprezzavo il modo di porsi. Anna aveva decantato con fierezza le doti della cugina, definendola “la genietta della famiglia”. Ogni tanto coglievo qualche suo sguardo nella mia direzione, mentre sorrideva a qualcosa che Roberta le sussurrava.
Era strano. Per un’intera serata non ero stato in grado di trovarle un difetto. Era curata, composta, con un’aria romantica da intellettuale, senza mai darsi arie di superiorità. Era la classica persona con la quale passare intere serate stesi sul prato a guardare le stelle, per poi perdersi rapendosi a vicenda con discorsi sull’universo e il senso della vita. Era stata in grado di essere sempre opportuna in ogni intervento e di lasciare spazio ad ognuno di dire la sua, anche quando il solito Simone se ne era uscito con castronerie riguardo gli alieni che costruivano piramidi in Egitto.
E quel sorriso... Gli occhi magnetici non mi avevano permesso di coglierlo quando Anna ci aveva presentati, ma ora, nella luce soffusa del patio, otteneva di diritto la mia attenzione. Non era tanto la dentatura, curata sì, senza dubbio, ma l’atteggiamento mentre la mostrava. Era puro. Quasi fanciullesco nel suo inarcarsi creando due piccole fossette ai lati della bocca, appena accentuate mentre gli occhi si socchiudevano. Era una cerbiatta. Dovevo parlarle. Ma di cosa? Aiuto!
Desideravo con tutto me stesso di prenderla per mano e ammirare con lei la via lattea che si stagliava nel celo notturno attraverso la limpidezza dell’aria pura. Ma come? Non dovevo farmi prendere dall’impulsività o sarei passato per il caso umano di turno. Dovevo studiare attentamente parole e azioni per non ferirla e per non farmi fraintendere. Aspettare che si creasse un minimo di feeling e permetterle di capire che anche io su cui avrei puntato.
Si era fatto tardi. Tutti assieme finimmo presto di sparecchiare. La stanchezza stava ormai avendo la meglio, così ognuno si diresse alla propria stanza.
Al piano inferiore, varcato l’ingresso, si apriva un bell’ambiente open-space che racchiudeva il salotto, col camino e il divano-letto ad elle, e la cucina all’americana in perfetto stile industriale. La parete del camino, ricoperta di pietre naturali, conferiva uno look “Alaska” che sposava perfettamente con la libreria di noce e il tappeto di fibre intrecciate. In fondo, dietro la cucina, un piccolo bagno era stato ricavato accanto alla rampa di scale che portava al piano superiore, giusto di fronte alla prima stanza degli ospiti. Decisi che al suo arrivo, Marco, si sarebbe dovuto accontentare di quella.
Al piano superiore, le quattro camere si affacciavano sul corridoio col pavimento in parquet che terminava con il bagno padronale, un’altra delle mie tanto studiate chicche. Aperta la porta si ci trovava proiettati in un quadro: una vetrata ricopriva la maggior parte della parete di fondo, aprendosi in una finestra a sbalzo sui boschi, sulle colline e sui prati che delineavano il paesaggio della vallata. Mille sfumature di verde e azzurro. Le nuvole che si rincorrevano, gareggiando con gli uccelli. Sembrava dipinta. Sotto di essa, due larghi gradini permettevano di accedere alla grande vasca idromassaggio che lì trovava la più adatta collocazione al mondo. Poesia.
Anche le stanze erano state oggetto di un’attenta ricerca estetica. Ciascuna aveva uno stile semplice, ma curato, ispirato all’arredamento nordeuropeo. I mobili di legno laccato nero, dalle linee geometriche regolari, definivano gli spazi in perfetta combinazione cromatica col blu petrolio della parete di fondo e il bianco delle altre. Sembrava di vivere in un set di un film, ed era proprio quello l’obiettivo che mi ero prefissato quando l’avevo scelta e arredata.
Le prime due camere era state prese d’assalto da Luca, Simone e rispettive compagne. A Fabian ed Anna era toccata quella di fianco alla mia e Roberta si era sistemata al piano inferiore. Ottimo, pensai, lontana da orecchie indiscrete. Entrai in camera, e mi preparai per andare a letto. Finalmente potevo rilassarmi un po’.
Ma non avrei potuto sbagliarmi di più: prendere sonno fu tutt’altro che semplice. L’escursione termica della notte ci aveva piacevolmente costretti a tirar fuori qualche trapunta leggera, il tepore del letto aveva coadiuvato l’effetto rilassante della doccia calda – ah, i vantaggi del bagno in camera – ma, mio malgrado, tutto ciò non era stato capace di sopperire al ritmico rumore ovattato che proveniva dalla camera accanto. Non credevo che Anna gemesse in quel modo, ma era interessante. Talmente interessante che le mie lenzuola lasciavano ben poco spazio all’immaginazione riguardo la mia eccitazione, mentre la testiera del loro letto continuava a emettere tonfi netti contro al muro, scanditi dai gemiti di Anna. Sarebbe stata una lunga notte. Dura, soprattutto.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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