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Lui & Lei

L’ animale


di Membro VIP di Annunci69.it cummmming
09.01.2025    |    1.518    |    2 9.0
"Ciò che importa è la vita, il magnetismo, il dinamico potere che riesce ad infondere in quelle parole..."
Non sono mai riuscito a domarlo nel passato, non riesco a domarlo oggi e, a questo punto, riconosco che mai riuscirò a domarlo in futuro.
Anzi, oggi mi rendo pienamente conto che anche il solo tentativo o il solo pensare di domarlo sono un assurdo a priori.
Il fatto è che io sono pienamente consapevole di avere in me un animale. Un animale che proprio non ne vuole sapere di essere imbrigliato, limitato, represso.
Egli finge. Frequentemente finge.
“Vabbè ! Farò come dici tu”, mi sussurra.
“Starò alle regole!”, mi dice con una flebile vocina.
E, in effetti, visto dall’esterno, è proprio un bravo cittadino. Non salta la coda, cede volentieri il posto a sedere sull’autobus, si veste come si deve, lavora duramente, paga le tasse…
Ma io so bene che è un essere potente. Un essere la cui autentica voce ha la capacità di ammutolire in un istante tutto ciò che c’è di falso, di artificiale, di innaturale.
Perchè questo animale è perfetta espressione della natura, come lo sono il mare tempestoso, gli alberi in un bosco, gli uccelli nel cielo.
Ed egli adorava Veronica. Proprio l’adorava. Meravigliosi, luminosi occhi azzuri. Luminosi come le stelle che si stagliano contro un cielo terso. E biondissima.
L’adorava e, naturalmente, la desiderava, la voleva. Voleva che fosse sua.
A quel tempo frequentavo la facoltà di medicina a Modena…e così lei.
In un fine pomeriggio di primavera, dopo gli esami invernali, ci trovammo soli sull’ascensore, all’interno dell’istituto di chimica in via Campi.
Le lezioni erano terminate e stavamo scendendo.
Sono sempre stato piuttosto timido. Per mia fortuna, l’animale in me, no.
“Sei proprio carina oggi! Anzi, proprio bella. Sei sempre bella, ma oggi in particolar modo!”, ovviamente era la voce di quell’essere che parlava. Io, impotente, con semplicità mi feci da parte.
“Grazie !”, disse lei, ammiccando e sorridendo.
Naturalmente, quell’unica parola ebbe sul mio amico il medesimo effetto che il canto delle sirene doveva aver avuto su di Ulisse. Ma, mentre Ulisse era legato, impossibilitato ad agire, così non era per l’atavica creatura in me. Che si scatenò del tutto.
“È venerdì sera. Domani niente lezioni. Ti va di bere qualcosa?”.
Sembrava ammaliata. Gli occhi fissi, scrutando quelli di lui. Tuttavia…
“Non so. Sono indietro con gli esami. Devo studiare…”, rispose, ma non ci credeva manco lei ed egli, puro istinto, lo sapeva. E affondò il colpo.
“ E dai !”, esclamò quell’essere.
Dovete sapere che, con lui, ciò che importa non sono le parole . Ciò che importa è la vita, il magnetismo, il dinamico potere che riesce ad infondere in quelle parole.
E così ella cedette, affascinata dal quell’eloquio ed eccitata da uno sguardo dinnanzi al quale si sentiva già nuda.
Vi risparmio i particolari del locale in cui la portò e su quanto e quale vino avessero bevuto.
Fatto sta che, a un certo punto, ci trovammo tutti e tre nella stanza di lei, all’interno di un appartamento per studentesse, proprio nel centro di Modena.
Mi sembrava imbarazzata. Imbarazzata perchè mi conosceva da un pò. Certamente, mi conosceva, ma non così a fondo da concedersi tanto facilmente. Eppure era lì. Lì di fronte a me. E dinnanzi a lui.
Ma dinnanzi a lui, lui che invece non conosceva imbarazzo, lei non era un mero oggetto di desiderio, lei era la più pura, cristallina personificazione di una brama antica. Antica quanto il mondo. Brama davanti alla quale la mente si annienta e rimane solo il sentire.
Le si avvicinò a pochi centimetri. Inspirò profondamente e altrettanto profondamente espirò. E la toccò. E immediatamente percepì il corpo di lei fremere e, come risucchiato da una calamita, appiccicarsi al suo.
La baciò, le afferrò le natiche, sollevandola. Le cosce avvolte intorno al suo bacino. L’ adagiò sul letto.
L’ aiutò a disfarsi di tutto ciò che impediva al suo sguardo di nutrirsi di lei tutta intera, affinchè rimanesse come natura l’aveva fatta.
Dopodichè, nudo anch’egli, rimase per un pò a contemplarla.
Si! Era proprio bellissima. Corpo di femmina, da poco emerso dall’adolescenza. I seni piccoli, gonfi, stupendi. I capezzoli rosei, turgidi. La pelle di seta, bianchissima. Divorò con gli occhi i suoi meravigliosi fianchi, le sue cosce affusolate, i sui piedi minuti, le sue mani serrate, in trepida attesa.
E ancora, i suoi capelli di sole, le sue labbra socchiuse, i suoi occhi di luce.
La baciò profondamente, giocando con la sua lingua . Sentiva la propria saliva colarle abbondantemente dentro la bocca. E lei che gradiva. E deglutiva avida.
Poi, mordicchiò le sue orecchie, baciò il suo collo, si impossessò dei sui seni. Si abbeverò lungamente dai suoi capezzoli. Leccò il suo addome. Morse l’interno delle sue cosce morbide.
E finalmente si concentrò sul clitoride gonfio. Con la mano si aiutò a scoprirlo completamente, cominciando al contempo a leccarlo e a succhiarlo.
I gemiti di lei si facevano più intensi e lui, continuando a stimolare quel magico bottone, penetrò dolcemente con le dita la sua vagina bagnata, pronta ad accoglierlo.
Continuò così per un pò, ma non voleva che lei venisse. Prima toccava a lui.
Così si alzò. E toccò a lei contemplarlo. Ma ella fu subito attratta dal suo pene eretto. Immediatamente cercò di ingoiarlo, senza aiutarsi con le mani, ma senza riuscire completamente nell’intento. Era troppo voluminoso.

Ma non si diede per vinta. Continuando a succhiarlo si ritrasse un poco da quel palpitante bastone di carne, finchè in bocca ne rimaneva solo la punta, che intanto continuava ad avvolgere con la lingua e da cui sentiva uscire un liquido gelatinoso e dolce.
E di nuovo cercò di ingoiarlo, riuscendo a ficcarsene dentro un centimetro o due in più.
Lui la sentiva rantolare, come se stesse soffocando. Ma i brividi e i sussulti del corpo di lei erano un indice di piacere.
Su e giù, su e giù…e, alla fine, lui decise di afferrarle la nuca e, con una spinta dei fianchi dolce ma decisa, le ficcò il membro interamente in gola. E si fermò. Dopo qualche interminabile secondo, lei si ritrasse violentemente, tossendo e sbavando. Con le lacrime agli occhi.
Poi, divertita da quella sensazione, lo ingoiò di nuovo e di nuovo.
L’animale sentiva l’eccitazione crescere. Così la invitò a sdraiarsi. La sovrastò, le afferrò le cosce e se le posizionò sulle spalle.
Dopodichè, conficcò la verga nel suo ventre caldo, agganciò le sue caviglie con le mani e incominciò a spingere prima dolcemente, poi sempre più violentemente.
La sentiva godere, gemere, gridare e ciò lo eccitò ulteriormente.
Si sdraiò completamente sopra di lei, le cosce nuovamente sulle spalle, afferrandole e strizzandole i glutei, penetrandole contemporaneamente la bocca con la lingua.
Adorava quella posizione. Era la sua preferita. In quel modo riusciva a dominarla e a penetrarla del tutto. E, del tutto, la sentiva sua.
Non resistette a lungo. Ansimando, affondò completamente il fallo, che già incominciava a pulsare, e le scaricò dentro il suo copioso seme.
Ma non smise di baciarla. Si ritrasse, afferrò il cuscino e glielo collocò sotto i glutei. Con il viso tra le sue cosce, le prese i piedi e se li posizionò sulle spalle. Osservò il bianco liquido caldo, appena deposto dentro di lei, e che stava fuoriuscendo. Con l’indice ed il medio della mano destra ne recuperò un poco e con quello cominciò a massaggiarle il clitoride.
Davanti a quella scena lei trasalì. Mentre lui iniziò a leccarle lo spazio tra le natiche, verso cui tutto il suo eiaculato stava scivolando e, leccando da quel punto, risalì e con la bocca piena di sperma, riprese a stimolare con la lingua il clitoride ormai del tutto fradicio.
Lei osservava con gli occhi sbarrati. Poi, la sensazione e l’eccitazione divennero più intense. Serrò le palpebre, gli afferrò la parte posteriore della testa , attirandolo ancora più fortemente contro la vulva.
E anche lei eiaculò. Eiaculò più copiosamente di lui, ma con un liquido meno denso, più etereo. L’animale bevve avidamente di quel liquido, più che poteva, quasi a voler placare, attraverso una divina ambrosia, una primeva ed implacabile sete.
Poi egli risalì e la baciò, con la bocca ancora satura degli umori di entrambi.
Si accoccolò accanto a lei. Lui e la sua dea . E le afferrò la mano, stringendola a sé, sazio, in una dimensione al di là dello spazio e al di là del del tempo.
È così che il mio animale sottomette, possiede, domina anche me.
Lasciandomi talvolta una vaga illusione di essere io al comando, è lui che tira le fila. È lui che dirige i giochi.
In verità, con grande soddisfazione di entrambi.

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