Prime Esperienze
Verde e azzurro - XI
di Doctor_S
27.01.2023 |
4.112 |
6
"Quei due sembravano dei robot..."
Gli alberi e i ciottoli avevano lasciato spazio ai sanpietrini e alle case in pietra grezza. Silenzioso e immobile, il caratteristico borgo si incastonava nel verde esprimersi della natura circostante, riempito dalle nostre voci e risatine. Ormai eravamo giunti davanti al ristorantino “da Mario”. In un paesino tra le montagne di poco più di duecento abitanti, molti dei quali d’estate andavano a colonizzare i lidi sulla costa, trovare un ristorante aperto in quel periodo sembra un’impresa ardua. Ma Mario, anziano titolare dell’omonima trattoria, non la vedeva allo stesso modo.Il clima familiare, il pergolato all’ombra dei fichi ed il menù casereccio rendevano l’atmosfera particolarmente godibile. In pieno stile “dolce vita” anni ’50, gli arredi dimostravano fieramente la propria età. Il nostro tavolo in legno piallato si allungava a ridosso di un muro contenitivo, all’ombra, occupando un angolo del rustico patio nel cortile interno del ristorante. Fabian prese posto a capotavola, mentre le ragazze, ad esclusione di Anna seduta accanto a me, si accomodarono lungo il lato del muro. Le sedie di legno, tutte diverse tra loro, sembravano aver oltrepassato da tempo il proprio momento di gloria, fungendo, tuttavia, perfettamente allo scopo. Ma Roberta, per gli ormai noti motivi, non era dello stesso parere.
< …e non ti nascondo che sono ancora un po’ dolorante. > confidò a Grazia, versandosi da bere.
< Ci credo, le prime volte è sempre così. Man mano inizi a conoscerti e capisci come evitarlo ed inizia a piacerti davvero. Ma non ti eri preparata un po’? > le fece lei.
< Sì, ma a dirla tutta non ho molta esperienza… Ho provato con le dita.Tu? L’hai mai fatto? >.
< Io? Sempre! In genere uso i dilatatori. Con Simone ho capito che così mi piace di più ed è tutto più semplice: non dobbiamo stare attenti a troppe cose e senza, ormai, mi sembra di non riuscire più ad essere soddisfatta. E poi è meglio dare il culo a lui che a Luca. Luca ce l’ha davvero largo ed è già difficile da solo, immagina assieme a Simone. > .
Roberta le riservò uno sguardo interrogativo, che poi divenne di stupore una volta compreso a fondo il senso di quelle parole. chiese genuinamente interessata.
< Si, mai provato? Diciamo che è… Particolare, ecco. Non te lo so descrivere, ma ti fa sentire “piena”. Con loro, poi, è bello perché si conoscono da una vita, da prima che io e Simone ci incontrassimo. Riescono a farlo davvero bene: sanno esattamente come muoversi, senza intralciarsi. E Luca, nonostante tutto, sa essere gentile. Forse proprio perché sa di essere fuori misura, sa come fare per non farci male. > disse cercando con gli occhi il consenso di Sara < Sono una macchina da guerra assieme. > concluse, dedicando uno sguardo di fiera approvazione a quei due, intenti a discutere delle ultime notizie di calciomercato.
Sara ascoltava compiaciuta i complimenti che Grazia riservava al suo Luca, osservava le espressioni di quasi ingenuo interesse che tradivano i pensieri di Roberta e sorrideva.
Le pappardelle fatte a mano dalla moglie di Mario erano sempre una garanzia e, nonostante il caffè, continuavano imperterrite a solleticare la voglia di pennichella in tutti i commensali. Tutti tranne una. Anna.
Non la smetteva di giocare col mio cazzo sotto al tavolo. Rivolta verso le altre, senza tradire il proprio divertimento, percorreva la mia erezione con calma al riparo della tovaglia mostrando interesse ai discorsi di quelle tre. Fabian, nella sua polo arancio, sedeva accanto a me a gambe divaricate e con la schiena sciattamente poggiata allo schienale della sedia. Guardava attento i miei calzoncini gonfiarsi e tendersi al passaggio della mano della propria ragazza. Contemplativo.
Rilassato, mi godevo la situazione. Letteralmente. Il piacere mentale che quella atmosfera mi donava era intenso. Il sole mi accarezzava il volto, insinuandosi appena tra le foglie dei fichi sopra la nostra testa. La digestione che convogliava strenuamente le forze residue verso lo stomaco. Il tocco delicato di Anna. Leggero. Sentivo di essermi liberato dell’oppressione dell’etichetta che il vivere nella società ti costringe a seguire, fin dalla nascita. Uscita dal bozzolo, la crisalide assaporava l’ebrezza del volo libero da farfalla. Potevo chiaramente seguire il flusso di ossitocina che pulsava nelle vene nel suo analgesico interferire con il naturale evolversi dei miei pensieri.
< Manchi solo tu, Saretta! No? > continuò Grazia, scrutandola con i propri occhioni verdi.
< Si, ma il mio culetto fatato non si tocca! >.
< Come mai? Non ti piace? > le chiese Roberta.
< Hai sentito quello che ha detto Grace, no? Con Luca va a finire che non cammino per una settimana! > concluse pensierosa. Poi scoppiarono a ridere tutte e tre assieme, distogliendo l’attenzione di quei due dai loro discorsi sportivi.
< Che vi ridete? > chiese Luca.
< Niente! Si parlava della tua… GRANDE passione per il calcio. Forse anche troppo GRANDE, cuore. > ridacchiò Sara.
Luca guardò Simone interrogativo, senza trovare una valida interpretazione a quelle risate nemmeno in lui.
Fabian, accaldato non solo per la temperatura, propose: < Che facciamo ancora qui? Perché non paghiamo e andiamo a stenderci al fresco alla rocca? >. Da tutti venne ritenuta una buona idea e così ci alzammo, lasciando Anna con un po’ di amaro in bocca per aver dovuto frettolosamente interrompere il proprio divertimento. E, devo ammettere, anche il mio.
Ebbi qualche difficoltà a mettermi in piedi, maledicendomi di non aver indossato i boxer. Almeno mi avrebbero potuto dare una mano a camuffare la situazione, ma vabbè: ormai era fatta.
Lo sguardo di Roberta continuava ad alternarsi tra i miei occhi ed il rigonfiamento dei miei pantaloncini, lasciando ben poco mistero su quali fossero i suoi pensieri mentre si mordeva il labbro inferiore. Il che non mi era affatto d’aiuto. Era incredibile. Le bastava così dannatamente poco per farmi eccitare.
Pagammo e salutammo calorosamente i nostri anfitrioni, dirigendoci al sentiero che portava alla rocca.
Decisamente ai confini della realtà, la rocca medioevale trovava da secoli appropriata collocazione su un impervio spuntone di solida roccia. Lo scorrere del tempo ne aveva intaccato la sommità e l’interno, ma i tre livelli che la componevano erano ancora accessibili. Man mano che ci avvicinavamo alla sommità, il panorama sconfinato della vallata si impossessava prepotentemente della scena e, in quel clima di desolazione estiva, il nostro essere gli unici occupanti del bastione contribuiva a rendere il tutto ancora più suggestivo.
Saziavamo la vista così come avevamo saziato lo stomaco poco prima.
Cullati dalla brezza, decidemmo che la sommità del terrapieno sarebbe stata il posto ideale su cui rilassarci. Così tirammo fuori le lenzuola dagli zaini e le stendemmo sull’erba, all’ombra della rocca. Pace.
Quella giornata, nella sua assoluta semplicità, mi donava una sensazione di pace assoluta. Lì, disteso ad occhi chiusi, abbracciavo Roberta appisolata sul mio petto e sonnecchiavo placidamente, senza desiderare nulla al di fuori di ciò che già avessi.
Passò del tempo. Un’ora. Forse dieci minuti. Non avrei saputo dirlo, ma quello che certamente conoscevo era l’origine di quel rumore sordo che mi destò.
Nell’assoluto silenzio della sentinella di pietra, interrotto solo dal cantare delle cicale, una serie di schiocchi sordi si diffondeva tra i blocchi secolari. Sembravano schiaffi, attutiti dalla distanza, ma la loro frequenza lasciava intuire che non fossero delle mani a produrli, ma dei corpi. Qualcuno stava scopando lì. Questo pensiero diradò rapidamente l’ottundimento del sonno e mi spinse ad aprire gli occhi. Roberta dormiva ancora profondamente con la testa poggiata sullo zaino. Anna, giusto accanto a lei, giaceva nelle medesime condizioni con Fabian, russante, di fianco. Ai miei piedi, lì dove me li aspettavo, c’erano gli zaini di Luca e Simone. Ma né di loro, né delle ragazze c’era traccia. Non ci avevo messo troppo a trovare i “colpevoli”.
Non so per quale motivo, forse la mia naturale curiosità, ma fui magneticamente attratto dal pensiero di concretizzare alla vista ciò che quegli schiocchi materializzavano nella mia immaginazione. Così mi alzai lentamente, per non svegliare Roberta, e mi diressi nella torre. Che sciocco, pensai salendo i gradini smussati dalle intemperie. Cosa mi aspettavo di vedere? Come se non avessi mai visto scopare qualcuno. Dalle feritoie intravedevo Roberta, Fabian ed Anna lì dove li avevo lasciati. Forse sarebbe stato meglio tornare da loro? Ma continuai. La curiosità era troppa. Ma di cosa ero curioso esattamente? Non potevo nascondere a me stesso che le forme generose di Sara stuzzicavano il mio interesse e che Grazia, nei suoi colori “esotici”, era decisamente una bella ragazza. Ma forse, quello che realmente mi attraeva era il percorso della mia immaginazione: i discorsi che avevo seguito a tavola, tutt’altro che distrattamente, avevano acceso in me il forte desiderio di farne parte in qualche modo, di essere presente nel momento in cui la realtà attuava la fantasia. Un gridolino femminile sommesso provenne dal piano superiore. Ero ormai vicino. Ormai sentivo chiaramente ansimare e gemere. Ero certo che tutti fossero coinvolti nell’azione, poiché ad ogni gradino si facevano sempre più distinguibili anche gli animaleschi versi di Simone e di Luca.
Animalesco, forse, era proprio il termine più adatto a descriverli poiché la scena che mi si aprì davanti sicuramente lo era: Sara in piedi, piegata in avanti, veniva saldamente posseduta da dietro da Luca, mentre Simone le scopava la bocca. Lei si teneva alle gambe di Simone emettendo gorgoglii e gemiti senza riuscire a contenersi. La pelle delle gambe e del culo arrossata, lì dove gli schiaffi avevano lasciato il segno, e il seno, prosperoso e morbido, oscillava sotto gli sferzanti colpi inferti da Luca. A terra, come uno straccio, era stato lanciato il vestitino arancione, testimone dell’irruenza con cui la passione era divampata.
Di lato, poggiata con le spalle al muro, Grazia godeva della scena da spettatrice. Lo sguardo concentrato, la bocca socchiusa ed il respiro affannato. Il vestito, arrotolato in vita, le dava la possibilità di darsi piacere senza impedimenti, mentre si stringeva violentemente il seno nudo tra le dita. Partecipava, ma non interferiva.
Dalla mia prospettiva, un po’ defilata, mi riempivo gli occhi di quello spettacolo senza che nessuno facesse caso a me. Seminascosto dall’arco di pietra della porta, come seduto nella penombra della platea a teatro, davo nutrimento alle mie fantasie attraverso la stupefacente performance degli attori in scena. Affascinante. Carica di pathos ed erotismo, come frutto degli scritti di un autore ellenico. Un colpo dopo l’altro. Una penetrazione dopo l’altra. La schiena di Luca che si inarcava per amplificare la violenza conferita ad ogni affondo. I capelli, trattenuti dalla mano di Simone, si tendevano mentre lui se ne serviva per guidarsi più a fondo nella gola di Sara. Sembrava mancarle il respiro, rossa in volto, con le guance rigate dalle lacrime. Stremata, forse, ma certamente bramosa. Bramosa di accogliere il cazzo di entrambi ad ogni colpo. Violenta nel suo tirare a sé Simone, stringendogli le gambe. Irruenta nello spingere il proprio bacino contro quello di Luca per sentirlo più a fondo. Lo schioccare della pelle contro la pelle, il vibrare della carne.
Quei due sembravano dei robot. Non mancavano un colpo. Sincronizzati, si alternavano nella penetrazione. Dentro l’uno, fuori l’altro. Con foga, come fiere affamate mosse dalla frenesia alimentare. Simone affondava e Luca le colpiva il culo con possenti schiaffi. Non le davano tregua. Ma non avevano alcun potere.
Nonostante fossero in posizione di vantaggio, non erano loro a comandare. Come incudine e martello tra le mani nodose di un fabbro, liberavano violentemente energia in un tripudio di forza bruta, ma restavano solo strumenti. Era Sara a gestire il gioco, a regolarne l’intensità e a decidere chi dei due sentire meglio dentro di sé. Emetteva gemiti acuti che scandivano il ritmo delle penetrazioni. Con urla strozzate attraverso la gola piena, testimoniava l’intensità del piacere che riusciva a darsi usando quei due contemporaneamente.
Avvertivo l’eccitazione divampare in me. Sentivo l’impedimento del cotone che si opponeva al naturale esprimersi della mia erezione, ma ero come ipnotizzato. Non riuscivo a staccare gli occhi dalla coreografica espressione di ferino erotismo di quei tre.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.