trio
Calore Partenopeo - II
di Doctor_S
02.09.2021 |
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"Colsi il momento per recuperare un po’ di lucidità..."
Martin fece capolino dalle scale, facendomi segno di salire. Mi condusse al buio in questo appartamento al primo piano, facendosi luce con la torcia del cellulare. Su un lungo corridoio si affacciavano le varie porte – quattro o cinque camere – e il piccolo banco della reception, mentre in fondo si intravedeva la piccola cucina col tavolo per le colazioni. L’ultima porta sulla sinistra era socchiusa e lasciava trapelare un sottile fascio di luce che mi permetteva di orientarmi nella quasi totale oscurità. Aspettai che lui mi aprisse la porta e lo seguii all’interno. La camera era piuttosto piccola, simile a molte altre che avevo già visto, ma nel complesso curata: sulla destra, giusto accanto alla porta d’ingresso, trovava posto il piccolo bagno con doccia. Al lavandino c’era Adele intenta a togliersi gli orecchini davanti allo specchio illuminato.
Due passi oltre, la camera si allargava e vi trovava posto un matrimoniale, molto basic, la cui testiera in legno chiaro poggiava su una parete bianca decorata con un colorato motivo astratto. Sul comodino la lampada accesa diffondeva una soffusa luce calda.
Sulla parete opposta alla porta d’ingresso si apriva un ampio balcone con i classici infissi di legno che caratterizzano tutti gli edifici del centro di Napoli. In mente mi tornarono le poche battute scambiate nel pomeriggio a riguardo e compresi subito che l’incapacità di insonorizzare era semplicemente dettata dall’età del legno.
< Credo che non sia possibile evitarvi il rumore > dissi a Martin indicandogli il balcone.
< Lo penso anche io… Ma prego, accomodati > mi fece indicandomi una sedia libera ai piedi del letto < Vado un attimo in bagno e poi puoi pulire i tuoi pantaloni >.
Io avevo quasi rimosso il motivo originale per cui mi trovavo lì, così gli risposi con un semplice < Va bene >.
Di lì a poco Adele uscì dal bagno e Martin prese il suo posto, chiudendosi la porta alle spalle.
Non ero imbarazzato, già altre volte mi era capitato di avere a che fare con coppie, ma stavolta era tutto improvvisato e non sapevo fin dove avessi potuto spingermi. Così decisi di farmi trasportare dagli eventi e di agire con leggerezza. Nel frattempo Adele mi superò sorridendomi e chiuse i battenti del balcone, oscurando i vetri con il pesante tendaggio.
< Accendo l’air conditioning così non fa caldo > disse.
< Fai bene, fa abbastanza caldo >.
< Martin potrebbe metterci un po’… Potresti iniziare a togliere i pantaloni bagnati, così almeno puoi asciugarti > ed accompagnò le ultime parole avvicinandosi di un passo, mentre mi guardava come se attendesse qualcosa da me.
Con calma mi tolsi le scarpe senza staccare lo sguardo da lei e mi alzai per sfilare i pantaloni.
Lei mi precedette, si inginocchiò davanti a me, sciolse il nodo della cintura intrecciata e me li abbassò insieme agli slip, mettendo in mostra la mia già evidente erezione pulsante.
Si avvicinò e, senza staccare i suoi occhi dai miei, prese a leccarmelo dalla base tenendosi con le mani alle mie gambe. Lentamente. Affamata, ma desiderosa di assaporarlo a dovere, lo percorse fino alla punta, dove prese a giocarci bloccandolo tra le labbra e picchiettando ritmicamente con la lingua sul prepuzio.
Mi parve tutto surreale. Ero lì, nel bel mezzo di una situazione abbastanza paradossale, ad un metro dal fidanzato di una sconosciuta che mi stava succhiando via l’anima dal cazzo e tutto sembrava naturale. Probabilmente stavo sognando. Ma riuscivo ad avvertire chiaramente ogni sensazione, ogni colpo di lingua, ogni carezza che quelle labbra sottili riservavano alla pelle tesa del mio pene… Com’ero arrivato a questo? Il consueto flusso di pensieri prese a dissiparsi mentre lei me lo prese con una mano, mentre con l’altra accarezzava i miei testicoli.
Le presi la testa fra le mani e cominciai guidare il gioco, scopandole la bocca piano e bene, un po’ per volta, fermo e preciso nel movimento, con studiata calma. Le parve piacere perché inizio a mugugnare qualcosa, mentre le divaricavo la mandibola con i miei movimenti fluidi, affondando e ritraendomi con estrema lentezza. Percepivo la cappella scorrerle lungo il palato, passare tra le labbra socchiuse che poco dopo tornavano ad allargarsi, avvolgendosi attorno a me alla successiva penetrazione. Non mi permetteva di scendere fino in fondo, avrei voluto vederle mancare l’aria mentre affondavo in lei, ma con la mano manteneva il controllo sulla profondità delle mie penetrazioni. Dentro e fuori di lei, mi perdevo nel blu dei suoi occhi. Il suo sguardo era cambiato: non più bramoso di passione, ma docile. Come di una preda consapevole di essere finita tra gli artigli del predatore. Rassegnata al suo destino e desiderosa che si compisse il prima possibile… ma non troppo presto.
Ancora dentro e ancora fuori, un po’ più veloce. Non volevo limiti. Così le presi le mani e gliele bloccai dietro la nuca mantenendole ferme con le mie, in questo modo ero io a decidere ampiezza e profondità della penetrazione e muovendomi a ritmo serrato ne gustai i vantaggi. Era docile e la cosa mi stuzzicava: l’avrei piegata al mio volere e ne sarebbe stata felice.
Andai avanti ancora e ancora, trovando gusto nel vederla in difficoltà mentre emetteva qualche gorgoglìo quando scendevo un po’ più in fondo, colpo dopo colpo. Dopo un po’ allentai la presa e le permisi di prendere lievemente fiato.
Colsi il momento per recuperare un po’ di lucidità. Non mi ero accorto che nel frattempo la porta del bagno si era aperta e voltando la testa mi resi conto che Martin era fermo accanto allo stipite, masturbandosi guardandomi mentre mi scopavo la bocca della sua ragazza. Lo guardai in faccia con un’espressione forse troppo decisa, poiché mi sorrise facendomi segno di continuare senza problemi. Ecco l’ultimo tassello. Avrebbero anche potuto dirlo fin da subito… ora però era diventata una sfida: avrei dovuto dare il massimo per stampargli un ricordo di cui difficilmente avrebbero perso memoria.
Rivolsi di nuovo le mia attenzione ad Adele. Mantenendole la testa, feci segno a Martin di avvicinarsi e lo condussi tra le sue labbra. Gestivo io il ritmo della penetrazione, con affondi lenti e lunghi, e lui parve apprezzare. Delicato ma deciso, la guidavo. Dentro e fuori dalla sua bocca, lui traeva enfatico piacere dalla probabilmente nuova esperienza.
Alternativamente passava da lui a me e viceversa, mantenendo ognuno di noi con una mano. Portò le cappelle a toccarsi e iniziò a leccarle assieme, provando a farle entrare assieme tra le sue sottili labbra.
La guardavo con ferino desiderio e lei sembrava non attendere altro al mondo che essere totalmente abbandonata al mio volere, così la staccai da lui ed iniziai a penetrarla di nuovo, stringendole i capelli in modo da garantirmi una presa adatta.
Aumentai il ritmo e lacrime calde iniziarono a rigarle il volto arrossito per lo sforzo. Quegli occhi mi facevano impazzire! Mi guardavano in obbediente attesa di nuove istruzioni, nuovi comandi che la guidassero su questo terreno che avevo l’impressione fosse nuovo anche per lei. Martin continuava a masturbarsi, così presi una mano di Adele e la strinsi di nuovo attorno al suo pene eretto, senza staccare la sua bocca da me. Lei iniziò a segarlo e con l’altra mano provava a gestire i miei affondi mantenendomi il cazzo alla base. Dopotutto non era così obbediente… molto male. Glielo avrei dovuto far capire a modo mio.
Mi staccai da lei e iniziai a colpirle la faccia con la cappella, mantenendole la testa leggermente piegata all’indietro. Lasciai la presa, mi abbassai per sfilarle il vestitino dalla testa, facendolo cadere lì per terra.
Mi chinai e la sollevai di peso, lasciandola poi cadere sul letto. Stetti lì a guardarla per un momento mentre mi sbottonavo la camicia. Voltai lo sguardo verso Martin e gli feci segno di fare ciò che doveva.
Lui mi intese senza parole: si avvicinò a lei e le sfilò delicatamente le mutandine a pois che avevo già avuto modo di apprezzare, lasciandole cadere sulla pila di vestiti che si era accumulata sul pavimento. Poi prese a baciarla, di lato rispetto a lei.
Misi la camicia su una sedia e mi distesi su Adele iniziando a leccarle il seno, piccolo e morbido, giocando con i suoi capezzoli turgidi e arrossati dal sangue pulsante che li irrorava. Con la lingua ne seguivo la forma, soffermandomi a picchiettarla sulla punta dei capezzoli. Lei ansimava, così le sfiorai l’addome la punta delle dita, allungandole poi la mano tra le gambe e la esplorai. Era estremamente bagnata mentre giocavo col suo clitoride, massaggiandolo controllando la pressione delle dita, e all’aumentare del ritmo mi mise una mano attorno alla nuca spingendomi con forza sul suo seno, mentre Martin le stringeva l’altro con la mano.
La leccavo e la gustavo. Aveva un ottimo sapore e un profumo delicato, era bagnata al punto giusto da permettermi di scivolare tra le sue grandi labbra garantendomi comunque la giusta presa sulla punta del clitoride. Più ne avvertivo il piacere e più ne godevo io stesso, così decisi di staccarmi dal suo capezzolo e percorsi con la lingua il tratto che mi separava dal monte di venere. Mi inginocchiai ai piedi del letto, tra le sue gambe, e le dischiusi le grandi labbra facendomi largo tra di esse con la lingua. Un piccolo fremito la percorse e il suo flusso di umori aumentò.
Martin si era staccato da lei per prendere il cellulare e aveva iniziato a filmarci. Trovai la cosa interessante, così gli diedi del materiale valido: con il pollice stuzzicavo il clitoride di Adele, mentre con la lingua la penetravo leccandole ogni anfratto. Le piaceva decisamente a giudicare dal ritmo affannato del suo respiro. Di tanto in tanto apriva leggermente gli occhi ed io ero lì a fissarli, ed era palese che la cosa l’eccitasse mentre mi passava la mano tra i capelli. L’assaporavo, la facevo mia, la gustavo e le regalavo brividi. La percorrevo dal basso verso l’alto, mi insinuavo in lei e, a ritmo sempre più incalzante, leccavo il suo tutt’altro che timido clitoride.
Quando il climax si avvicinò al suo apice, lei aprì gli occhi ed io presi a penetrarla ritmicamente con due dita e iniziando a stimolarla sincronizzandomi agli schiocchi della lingua. Adele inarcò la schiena e mi strinse la testa tra le gambe, così accelerai fin quanto mi era possibile, senza frenare la lingua. Dentro e fuori, su e giù, in una tempesta di sensazioni ad intensità crescente. Avvertì il suo corpo irrigidirsi sotto le mie attenzioni ed iniziò ad ansimare più affannosamente. Era prossima a venirmi tra le dita, intuì.
Ci volle qualche istante ed improvvisamente strinse con più forza la mia testa tra le sue gambe, spingendomela vigorosamente sul suo clitoride con le mani. Non mi fermai fino a quando un tremore diffuso l’assalì mentre emetteva un gemito acuto accompagnato da varie esternazioni in slovacco. Dopo poco esplose in un urlo sommesso e tremò incontrollatamente per un tempo che mi sembrò decisamente lungo. Era stato non troppo veloce e abbastanza faticoso, ma soddisfacente. Brava la mia piccola Adele.
Quando i tremori ebbero fine, lei allentò la presa così mi scostai e mi asciugai la faccia con una mano. Aveva gli occhi chiusi e Martin le era accanto tenendole la mano.
Così, quasi inerme, non era in grado di opporsi a nulla e colsi l’opportunità: mi alzai, infilai il preservativo, e le allargai le gambe. Martin mi guardò, quasi incredulo del fatto che non le avessi lasciato un attimo per riprendere fiato. Non mi fermò.
Continuando a guardare Martin, mi inumidii le dita e me le passai lungo tutto cazzo, puntai le ginocchia sul materasso e la penetrai. Era particolarmente stretta. Di nuovo Adele inarcò la schiena e spalancò la bocca per prendere aria. Così affondai un colpo. Lei alzò la testa e mi guardo con gli occhi spalancati. Mi ritrassi ed affondai un altro colpo. Abbandonò la testa sul letto ed io affondai ancora. Un gemito. Ancora a fondo, con decisione. Un altro gemito. Ancora un colpo, un altro, un altro ancora. Un po’ alla volta presi il mio ritmo costante, affondando colpi in maniera sinuosa e profonda, uno dopo l’altro.
Lei gemeva sempre più forte. Non volevo destare l’interesse di tutto il palazzo così dissi a Martin: < Falla stare zitta, mettiglielo in bocca! >. Lui annuì e seguì le mie indicazioni. Si mise in ginocchio sul letto di fianco a lei e le prese la testa tra le mani, infilandole il cazzo tra le labbra aperte e bramose di accoglierlo. Lei accompagnò il lavoro delle labbra con le mani e Martin apprezzò particolarmente. Prendemmo a penetrarla in sincrono e, a giudicare dai versi che emetteva, anche lei doveva apprezzarlo decisamente. Il mio bacino la colpiva con forza e la pelle schioccava sotto ogni colpo. I suoi seni andavano su e giù e la cappella di Martin le rigonfiava la guancia ogni volta che andavo a fondo. Sentivo i miei testicoli sbatterle su culo schiaffeggiandolo mentre le tenevo le caviglie divaricate e vederla prenderlo in bocca accrebbe la mia eccitazione.
L’intreccio di corpi e movimento, il ritmo incalzante, le gocce di sudore che imperlavano la mia schiena sotto lo sforzo fisico, sancivano un dinamismo erotico che poche altre volte mi era capitato di vivere. I miei pensieri non mi distoglievano, però, dal mio operato. Mantenevo il ritmo, ma iniziavo ad avere caldo. Non mi fermai, colpo dopo colpo. Sentivo che arrivavo a toccarla fino in fondo con il glande e l’istinto quasi mi spingeva ad andare ancora oltre.
Dopo un po’ Martin si scostò: aveva la fronte costellata di goccioline di sudore ed il suo volto chiaro era paonazzo. Io rallentai il ritmo e mi fermai, restando dentro di lei.
< Volete fare una pausa? > chiesi un po’ affannato.
< Io vado un attimo in bagno, tu non ti preoccupare > fece lui.
< Stai bene? > chiesi rivolgendomi ad Adele.
Annuì. Così mi staccai da lei, scesi dal letto e presi un po’ d’acqua dal frigobar. Mi sfilai il preservativo e lo lasciai cadere a terra.
< Vuoi bere? >.
< Si > fece lei con un filo di voce.
< Vieni qui, allora >.
Esitante puntò i gomiti sul letto e piano si mise a sedere. Io la osservavo in piedi, ancora in erezione, mentre si avvicinava guardandomi negli occhi. Si scorgeva una nota interrogativa nel suo sguardo, come se si stesse chiedendo cosa avessi in mente senza, però, esserne spaventata. Era più curiosità, come l’attrazione per il fuoco o il richiamo del vuoto. Scese dal letto e si mise di fronte a me.
< Mettiti in ginocchio. On your knees, babe > le dissi avendola vista esitante. Lei ubbidì. < Apri la bocca >. Di nuovo eseguì i miei ordini. Le poggiai il glande sulla lingua e feci scorrere un filo d’acqua lungo il mio pene fino alla sua bocca. < Brava Adele. Così mi piaci. Quando hai finito, me lo asciugherai per bene e poi lo sentirai scendere fino in fondo alla tua gola, come l’acqua che stai bevendo >. A quelle parole nei suoi occhi comparve una nota di inquietudine, ma non si sottrasse. Come rassegnata al suo destino.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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