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Verde e azzurro - XVII


di Doctor_S
24.01.2024    |    107    |    0 9.0
"Si staccarono da quell’abbraccio di lingue e si scambiarono uno sguardo d’intesa..."
Era da inizio partita che conservavo gelosamente una carta. Sapevo che sarebbe servita in un momento specifico, nella combinazione giusta per renderla devastante. Di per sé era quasi certamente sinonimo di vittoria, ma con quella particolare carta domanda che Sara aveva pescato, alla luce dell’evolversi della partita, mi parve chiaro che potesse regalarmi il punto istantaneamente.
Così aspettai. Lessi le reazioni dei presenti mentre facevano la propria giocata, gustandomele. Roberta non sembrava soddisfatta o perlomeno aveva scelto di scartare qualcosa, a giudicare dal numero di carte che si era rigirata tra le dita prima di calare la giocata. La fronte corrugata di Grazia indicava che, probabilmente, si era trovata nella stessa condizione ma con meno scelta. Luca, invece, aveva giocato rapido, senza quasi pensare, segno di impazienza nel voler ottenere un punto che, allo stesso modo, anche Simone sembrava desiderare. Chi non avrebbe voluto vincere in quella situazione? Non potevo nascondere che il mio sguardo venisse calamitato da Sara e dal suo seno prosperoso lì, nudo davanti a me. E prigioniero di quella distrazione, feci la mia giocata, speranzoso di poterlo finalmente stringere.
Sara raccolse tutto in un mazzetto e cominciò a leggere: < La serata perfetta: pizza, birra e… Un nano rosso incazzato > poi, inarcando un sopracciglio, continuò < Qui mi sa che qualcuno aveva finito le cartucce, vero? > affermazione a cui seguirono vari cenni d’assenso. Non si dilungò a riguardo: < La serata perfetta: pizza, birra e … > sorrise < Un threesome! > e distrattamente si morse il labbro.
< Direi che calza particolarmente bene! > commentò Grazia, ignorando Luca e Simone nel loro consueto ululare animalesco.
< Con cosa? Con la domanda o con me? > chiese Sara, sensuale.
< Con te, ovviamente! > le rispose strizzandole l’occhio e facendole la linguaccia.
< Guarda un po’ che zoccola di amica che ho! > prese la carta successiva e le si accese di nuovo lo sguardo < Allora ditelo che lo fate apposta! > fece fintamente indignata, mentre sventolava ‘la doppia penetrazione’ a mo’ di ventaglio.
< Cosa c’è? Mi è sembrata azzeccata. Non dirmi che non ti piace! > la stuzzicai. Gli altri si allungarono nella sua direzione per leggere quella risposta e ridacchiarono tra loro.
< Ero certa fosse la tua! Ormai non puoi più nascondere che sei un porco, proprio come questi due qua > rispose facendo un cenno nella direzione di Luca e Simone. < Certo che mi piace, ma Luca c’ha quel coso in mezzo alle gambe e non è facile! Comunque, è inutile leggere le altre dato che in un solo colpo ne faccio vincere due! > e così dicendo, lanciò le carte sul tavolo e si alzò. La seguimmo tutti con lo sguardo, mentre nuda si avvicinò a me ancheggiando sulle punte.
Mi si fermò giusto davanti, con il seno ad un palmo dal mio naso. Allungò, poi, la mano per prendere la mia e, come una maestra d’asilo che accompagna un suo piccolo alunno alla scoperta delle meraviglie del mondo, mi tirò suadente in direzione del divano.
Scelse con cura il tragitto in modo da costeggiare la sedia di Luca, scambiando con lui uno sguardo magnetico, dicendosi tutto senza emettere alcun suono. Anche io feci lo stesso con Roberta, che mi guardava con l’espressione soddisfatta di chi sa di avercela fatta. Era palese che avessimo innescato con successo la reazione che avrebbe portato a compimento i nostri piani del pomeriggio e la cosa mi riempiva di una strana energia.
Ormai a destinazione, si fermò a pochi centimetri da me. Con gli occhi in su, dritti nei miei, mi calò prima i calzoncini e poi gli slip fino alle caviglie. Senza esitazione. Senza permettermi di interrompere il contatto visivo se non per sfilarmi la maglietta, in previsione di sudare di lì a poco.
Lei, mordendosi le labbra, mi accarezzò prima le palle, delicata, per poi proseguire lungo tutta l’asta che le premeva contro il ventre. Stava saggiandomi, per la prima volta, per capire come fossi, come una bambina alle prese con un nuovo giocattolo, impaziente di apprenderne il funzionamento. Ma non era lì per perdere tempo, era lì per giocare! Così, con decisione, mi spinse a sedere.
Mi lasciai cadere senza opporre resistenza. Sara si leccò le dita, mi lubrificò accuratamente e poi prese posto a cavalcioni su di me. Feci per allungare la mano per guidarmi dentro di lei, ma la scostò con fare prepotente e, con un movimento fluido del bacino, mi lasciò scivolare dentro di sé senza aiuto alcuno. < Mmmh! Ora ti capisco! > disse in direzione di Roberta, dopo avermi calzato a fondo, come un guanto. < Divertiti! > le rispose lei, strizzandole l’occhio. Poi poggiò la fronte sulla mia, come a volermi impedire di distrarmi, e prese a cavalcarmi con foga, senza alcun preavviso, come se qualsiasi azione preliminare fosse superflua.
La trovai decisamente appagante mentre mi avvolgeva. Era stretta e non me lo aspettavo, ed anche meno profonda di quanto avessi immaginato, e trovavo particolarmente delizioso il modo in cui sentivo le sue grandi labbra dilatarsi quando arrivavano a contatto con le mie palle.
Attraverso la morbida pelle percepivo i muscoli delle sue gambe contrarsi e distendersi ritmicamente sotto alle mie dita, mentre approfittavo dell’umido tepore dentro di lei. Sinuosamente avvertivo il glande accarezzarle ogni millimetro che quell’abbraccio di sesso ci metteva a disposizione, caldo. Mi irrigidii per garantirle una solida presenza. < Oh sì! Così! Bravo! > disse più volte ansimante, provando a spingermi sempre più a fondo ad ogni passata. Gli occhi socchiusi e le labbra spalancate, la pelle lucida alla calda fiamma del caminetto.
Iniziavo già a sudare, non per la fiamma che scoppiettava davanti ai miei piedi, ma a causa del calore che in così poco tempo Sara aveva preso ad irradiare. Il suo alito, caldo e affannoso, mi accarezzava il volto ed il suo seno pieno mi premeva contro al petto. Le mie mani le accarezzavano la schiena, affondavano nella carne dei suoi fianchi, la stringevano e la coccolavano. Le sue, strette contro lo schienale, trasmettevano a tutto il divano le vibrazioni che i suoi affondi producevano. Nella mia vita, per fortuna o per merito, le ragazze non erano mancate, ma quelle di cui ricordavo pirotecniche doti sessuali erano piuttosto poche. Tuttavia, pensai che in quel gruppo tutto sommato esiguo di amiche, nessuna si era rivelata al disotto delle più erotiche fantasie che un uomo potesse possedere: ognuna riusciva ad alzare, a modo proprio, l’asticella sempre più in alto. Dote innata? Pratica collaudata? Non avrei saputo dirlo, forse un po’ di entrambe le cose, ma era certo che all’infuori di loro non avrei mai potuto provare una tale intensità nel fare sesso con qualcuna. Soprattutto già alla prima volta!
Dopo un tempo che non fui bene in grado di quantificare, Sara interruppe il mio flusso di pensieri staccando il volto dal mio e, senza smettere di cavalcarmi, ordinò < Vieni! Muoviti! > perentoria in direzione di Luca.
Mi gustai la vista di quelle forme prorompenti oscillarmi davanti al naso per tutto il tempo che Luca impiegò ad avvicinarsi, fino a giungere alle mie spalle.
Sara si allungò verso di lui, gli abbassò i calzoncini e glielo afferrò saldamente con la sinistra. Con la destra, invece, mi prese la nuca e mi premette la faccia contro il seno. Autoritaria.
Presi a leccarle il capezzolo, avvolto dalla morbidezza che caratterizzava le sue carni, stuzzicandolo in punta e succhiandolo con gusto. Lei mugugnò compiaciuta e prese in bocca Luca con qualche difficoltà, inghiottendone il glande allo stesso ritmo con cui io giocavo con lei. Nodoso, provava a farlo scomparire nella sua bocca, ma i conati glielo impedivano. Ma non per questo si arrese.
Così concentrata a deliziarsi, mi aveva lasciato abbastanza libero di prendere il controllo sulla penetrazione e ne trassi immediato vantaggio: puntellato sulle gambe, affondai colpi netti e distanziati. Come mia prassi, cercai l’angolo perfetto per raggiungere il mio scopo e, descrivendo un arco abbastanza ampio, dispensai piacere intenso e continuo. Con decisione e costanza, come una macchina ben rodata.
A bocca piena, gemeva. Le dita strette attorno alla mia testa, si contraevano ogni volta che raggiungevo il fondo. Ad ogni passaggio, vibrava e si spingeva contro di me col bacino, come a volermi far andare oltre. Come se non le bastasse sentirsi piena.
Luca intanto, stranamente silenzioso, le teneva la testa per la coda e ne accompagnava i movimenti. Ne intravedevo appena l’espressione di concentrato godimento, intento a gustarsi la situazione, assecondando a sua volta gli affondi con il bacino.
Con i miei movimenti, riuscivo a controllare quelli di Sara e Luca ne traeva indirettamente vantaggio. La cosa mi piaceva.
Serrati. Rapidi. Costanti. I colpi si concatenavano cadenzati e profondi, sferzando l’aria con sonori schiocchi, pelle contro pelle.
Tenevo stretta la vita di Sara tra le mani, morbida, come capitano al timone della nave. Mi davo forza con le braccia, tendendo i muscoli quanto possibile per assestare ogni colpo. I miei capelli stretti tra le sue dita, la mia testa schiacciata contro il suo petto. A stento riuscivo a respirare mentre la guidavo nel suo piacere.
Schiocco dopo schiocco. Gemito dopo gemito. Un susseguirsi di sussulti e grida strozzate, di gorgoglii a bocca piena e respiri affannosi si miscelavano nell’aria ormai pregna degli odori del sesso.
D’un tratto, con lo schicco di lingua di coloro che stanno gustando la prelibatezza preferita, Sara si staccò da Luca: < Vieni di qua ora > gli disse, stavolta meno autoritaria e più suadente nonostante la voce vibrasse per i colpi che riceveva da me. Lui fece un passo all’indietro per divincolare le caviglie dai pantaloncini e nel tempo che impiegò ad aggirare il divano, sfilò la maglietta seguendo il mio esempio. Lei tornò a guardarmi negli occhi. Una nuova luce li illuminava ed io la conoscevo bene. Era lo sguardo di una bambina che ha appena preso il barattolo della marmellata ed è pronta ad affondarci le dita dentro, consapevole che la mamma non vuole.
Luca si posizionò alle sue spalle, poi, delicatamente, la prese per la gola e le chinò la testa all’indietro per baciarla. Con passione. Con fame. Con la voglia di stampare a fuoco nella memoria quel momento. Come se io non fossi stato lì e lei non stesse scopando con me. Intenso.
Si staccarono da quell’abbraccio di lingue e si scambiarono uno sguardo d’intesa. Lui si allontanò e lei portò alla bocca le dita, così come aveva fatto poco prima.
Le leccò per bene, stavolta rivolgendo a me quello stesso sguardo, poi le passò lentamente lì, tra il culo e la figa, accarezzandomi le palle mentre imperterrito continuavo a scoparla.
Incrociai gli occhi di Luca, giusto oltre la spalla di Sara, e ci intendemmo: rallentai, piano piano, fino a fermarmi. Le presi tra le mani il culo, sodo e generoso, e glielo mantenni ben largo per rendere più semplice il compito a Luca.
< Fai piano con quel coso! > gli intimò lei.
Lui mugugnò un cenno di assenso ma non tardò oltre e, deciso ma delicato, premette il glande contro l’anello anale di Sara fino a quando, con qualche impedimento, ne fu accettato ed accolto.
Lei chiuse gli occhi e spalancò la bocca, emettendo un acuto non appena Luca varcò quella soglia, divaricandola. < Piano! È grosso, stronzo! > gli urlò contro.
Lo percepii chiaramente affondare dentro di lei, farsi spazio e attraversarla fino in fondo scorrendo fianco a fianco alla mia presenza, schiacciandomi verso il basso contro le pareti di Sara. Rimasi sorpreso della facilità con cui era avvenuto, come se fosse normale routine. Con un colpo netto del bacino giunse a termine del proprio percorso e sentii Sara irrigidirsi, con le sue mani strette attorno alla mia testa nell’intento di sostenere l’intensità di quel momento. Riuscivo chiaramente a percepire quanto piena dovesse essere viste le nostre dotazioni e attesi che si prendesse il suo tempo per accettarci. Rimanemmo lì, fermi, per qualche istante fino a quando lei non prese a baciarmi. Incandescente passione. Come benzina alla mercè di una fiamma libera. Divampò quasi esplosiva, schiacciandosi contro l’addome di Luca. Strette tra le sue, mordeva le mie labbra mentre con tutta sé stessa provò a spingerci il più a fondo possibile, assieme, in quell’abbraccio guantato dalla sottile membrana che separava i nostri sessi. E diede inizio alla sua performance.
Capace cavallerizza inarcava la schiena per darsi lo slancio, mentre col bacino descriveva movimenti ampi e sinuosi. Fermo, per via di quella sua maestria ineguagliabile, potevo sentire entrambi noi entrarle ed uscirle in perfetta sincronia, come il prodotto di una eccellente meccanica di precisione. Ad ogni arco faceva affondare Simone ed uscire me, per poi fare l’inverso al ciclo successivo con velocità sempre crescente. Fruiva del piacere che entrambi potevamo darle, come se fossimo un’unica entità a sua completa disposizione.
L’adrenalina fluiva in me, come alla guida di un’auto da corsa. Una purosangue da competizione, abituata a gareggiare senza briglie, riusciva a controllare i movimenti di tutti e tre e a decidere quanto intensamente percepire me riempirle la figa e quanto Luca il culo.
Lui, d’altro canto, provava a stare al passo, con i suoi capelli stretti in una mano e il seno nell’altra, provando a domarla ma con scarso successo. Io tentavo di fare lo stesso, tenendola stretta in vita e mordendole le labbra, cercando la sua lingua e danzandovici sfrenatamente. Tutto inutile, per quanto indomabilmente ci costringesse ad obbedirle, ma non avevamo intenzione di arrenderci.
Ci mettemmo un po’, ma una volta compreso il suo ritmo, fu naturale per noi tentare di ribaltare l’equilibrio di potere che lei esercitava e con veemenza, come una squadra rodata, entrambi prendemmo a sferzarla a dovere. In sincronia, a tratti alternandoci. Nessuno di noi ebbe bisogno di parlare. La piacevole sensazione che quello spazio, ormai angusto per la presenza di entrambi, quasi passò in secondo piano per quanto più appaganti fossero le urla che Sara ormai non era più in grado di contenere.
gridava, con la testa all’indietro poggiata al petto di Luca.
< Ti piace eh? > incalzò lui.
< Sii! Ti prego! Più forte! > gridò ancora.
Luca non se lo fece ripetere e prese a scoparle il culo come fosse la figa, senza se e senza ma, con irruenza. Non le dava il tempo di respirare, di reagire. Potevo sentire la prepotenza con cui si faceva largo in lei ed il contrarsi delle sue gambe strette attorno ai miei fianchi. Io non ero in grado, nella mia posizione, di fare più di quanto non stessi già facendo, ma in ogni caso non sarei potuto essere all’altezza di quelle vigorose penetrazioni. Al suo posto avrei forse avuto timore di poter essere eccessivo, magari di poterle fare del male, ma lui non sembrò essersi posto interrogativi del genere. Aveva messo le sue mani poco sopra le mie, attorno alla vita di Sara, e aveva preso a darsi forza così come avevo fatto io prima.
Le urla erano ormai divenute assordanti, stridule, prolungate, vibranti nella voce rotta. Sintomo di un piacere intenso almeno quanto violento. < Sì! Così! Non ti fermare! > continuava ad incitarlo < È bellissimo! >.
C’era una reciproca e collaudata consapevolezza di quell’atto, probabilmente frutto di precedenti esperienze, dimostrata dallo sprezzo di qualsivoglia istinto di conservazione di entrambi nei confronti di Sara. Di tanto in tanto, con violenza, Luca le assestava sonori schiaffi sul culo senza smettere di affondarvici dentro.
< Sfondamelo, non ti fermare! Così! > lo incitava lei, come se lui non riuscisse ad essere abbastanza animalesco per i suoi gusti.
< Pure tu! Forza! Fammelo sentire! > urlò nella mia direzione < Sfondami! >. Ed io provai a darle quanto chiedeva. Con tutto me stesso. In preda all’eccitazione, divampante, alimentata dalla vogliosità di Sara, cercai di imporre il mio ritmo. Aspettavo che Luca mi lasciasse un po’ di spazio, per affondare i miei colpi ed attendevo pazientemente il mio turno quando lui tornava a penetrarla. Una danza di carni e umori che innalzava la temperatura e faceva sudare copiosamente tutti e tre. Fino in fondo io. Fino in fondo Luca.
< Siete bravi, vi amo! > ci ringraziò Sara con un filo di voce. < Mi piacciono troppo i vostri cazzi grossi! > continuò, con voce ormai rauca per le urla.
Lo prendemmo come un segnale per recuperare le forze, per riprender fiato. Rallentai, ma senza fermarmi, gustandomi lente penetrazioni. Luca fece lo stesso. Sentivo il mio respiro affannoso confondersi con il loro, senza poterne distinguere nettamente la provenienza.
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