Lui & Lei
prime esperiene2

20.02.2016 |
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"In quell’attimo avrei dovuto bloccarmi in modo di arrestarne il riflesso eiaculatorio prima che avesse raggiunto il punto di
non ritorno..."
maliziosi, sorprendentemente acuti e malandrini. Aveva il musetto bagnato con le labbra che portavano le tracce del lavoro svolto: mi venne in mente una micina dopo aver leccato i suoi gattini.Decretò con + bhee’ ti sei persuasa di essere normale? Funzioni! Eccome se funzioni. + Tentennai, ma poi le dissi. - Non so come avrei fatto senza di te - + Ma figuratimi + Aveva ribattuto lei. - Non so come sdebitarmi - le risposi. + Vedrai che un modo lo troveremo + ribadì. Mi sollevai con le braccia e mi resi conto di essere nuda con le gambe aperte ostentando tutte le mie delizie, provai imbarazzo. Dovevo ricompormi, e alla svelta. Discesi dal letto, le mie ginocchia erano flaccide al punto di non reggermi, ma poi dopo qualche lieve movimento mi ristabilii. Ogni tanto mi veniva in mente sua madre che poteva rientrare per cui mi rivestii. Lei era tranquilla e restò nuda. Avevo una domanda da porle e non trovavo l’ardire di farlo, tuttavia ero troppo meravigliata da quanto avevo provato, e, sibilando, con un equilibrio emotivo spezzato le chiesi. - - Sa,. grazie a te sono stata tuffata in una specie di vertigine inebriante. Finalmente l’ho provato, ho avuto il mio primo orgasmo e una cosa mi stupisce. Come mai ancora così giovane, perché sei tale e quale a me, hai una così grande esperienza dei sensi? Non avrei mai neppure supposto che esistessero tutte queste “ stravaganze “, da dove ti viene tutta la tua scienza? La tua passione mi ha confusa, anzi direi che mi ha persino spaventata. La natura non ci ha mica fatte tutte così. - - + Vuoi dunque sapere? Ebbene ti racconterò. Lo sai che ho un cugino più grande di me? + -- si! mi pare di si. -- + bene, sono solita andare da lui, a casa sua quando ho dei problemi di compiti, specie in matematica dove ho qualche difficoltà di comprendonio. Un pomeriggio mentre ero da lui, nel suo studio, si è assentato per qualche minuto e io rimasta sola ho sbirciato tra le carte che teneva sulla scrivania e all’improvviso mi è apparsa una rivista: mai vista! incuriosita l’ho aperta, rimasi schioccata per quanto vidi. Compresi subito di cosa si trattava: era una rivista pornografica. Nel momento in cui lui ritornò, sgomenta, cercai invano di nasconderla, ma ormai mi aveva beccata con le mani nei mirtilli. Lui mi disse , < è nuova e non l’ho ancora vista, se vuoi ce la guardiamo insieme> + Io, allocchita, non riuscii a pronunciare una sola parola e si sa che il silenzio a assenso. Se la folgore mi avesse colpita avrebbe avuto minor effetto di quello che fecero quelle immagini su di me. Foto a colori nitidissime, ricche di particolari, membri maschili, donne completamente nude, penetrazioni di ogni genere, eiaculazioni. Vedevo ma non capivo. Era più di quanto avessi mai immaginato. Una cosa da far accapponar la pelle! Io ero completamente sbottata, lui invece mantenendo un sorriso sornione mi chiese se non ne avessi mai visto uno dal vero, dal vivo. Ero sbigottita, non compresi a fondo né seppi cosa rispondere ma capii quel’era il suo scopo e intuii la sua mossa successiva. Dentro di me si alternavano sensazioni diverse e confuse, la faccia mi avvampava, mentre lui mi guardava con lo sguardo compiaciuto come facevano i Prof. quando mi interrogavano e mi trovavano preparata. Ebbi la consapevolezza della sua padronanza e di non avere nessuna voce in capitolo tanto da non rammentare quello che risposi né se lo feci, ma lui spavaldo, si abbassò i pantaloni e sfoderò l’attrezzo. Era rosso, turgido, grosso, troppo grosso e girava all’insù. Se l’era preso in mano e se l’era scappellato. A quel punto mi spaventai e me la diedi a gambe, inciampai e per poco non cadetti sul pavimento, arrivata alla porta mi richiamò ad alta voce ricordandomi lo zainetto e i libri. In verità non potevo lasciarli, tantomeno potevo fuggire, sua madre era al piano terreno e sarebbe stato imbarazzante dover giustificare una fuga così precipitosa. Con timore mi avvicinai alla scrivania mentre lui continuava a menarselo quando all’improvviso gli partì un guizzo seguito da un alto e un altro ancora di un liquido che si sparpagliò dappertutto. Lo stavo guardando con attenzione quando se lo pulì con un fazzoletto di carta. Ce l’aveva ancora duro quando si ricompose, mi aveva fatto un po’ schifo, ma era mio cugino e alla fine, pur avendo il cuore che mi batteva ad una velocità da gran premio, ci facemmo una risata. Puoi immaginare il turbamento di quel giorno e quanto fu difficile tornare alla matematica, ma lo facemmo. Quando me ne andai mi mise nello zaino la rivista del mese precedente. < così ti farai una cultura. > Mi disse. E me la sono fatta, poiché poi, ogni volta che andavo da lui me ne forniva una nuova. Con quell’ultima frase aveva convalidato una teoria che mi aveva articolata mia madre in un momento di sconforto alcuni anni prima, secondo la quale: tutti gli uomini erano porci. Ascoltai a bocca aperta il suo racconto seguendone il filo che trovai anche troppo plausibile. Per quanto discreta cercassi di essere non riuscii a trattenermi di domandargli, - - eeee non ti ha mai toccata? - - + Macché sei matta? Non voglio finire nei casini! + - - casini? - - ripetei. + sì! Nei casini, quello è tanto focoso che se mi mette le mani addosso magari mi mette incinta. + - - dai, non esagerare. - -esclamai. + si! tu dici così perché non lo conosci. + - -quanti anni ha tuo cugino? - le domandai. + quasi 18, è fervente per la patente. + --Ha! capisco-- esclamai. Qui gatta ci cova, pensai, ma questo lo tenni per me. Con quella confessione si schiarirono molte cose. Credevo di conoscerla bene, ma poi mi chiesi se la conoscevo davvero. O meglio la conoscevo come amica, ma compresi che entrambe avevamo una parte di noi che tenevamo segregata. Come la luna che ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno. Se io fossi stata leale avrei dovuto confidarle la storia che avevo con mio fratello, ma non potevo coinvolgerlo e poi ero inibita da quel ostico senso di colpa che mi bruciava dentro. A differenza delle storie che chiedono loro stesse di essere raccontate, certi particolari intimi li tenevo conservati nello scrigno della memoria come se rivelandoli perdessero il loro valore. Avevo una continua girandola di domande da porle ma non riuscii a comporne nessuna, ero ancora velata e confusa, per cui decisi di starmene zitta. Parlammo d’altro, mi disse che a fine mese sarebbe partita per le vacanze estive e non ci saremmo riviste per una quindicina di giorni. Mentre si stava rivestendo mi consolò dicendomi che v’era ancora tempo e mi avrebbe passato tutte le riviste ricevute da leggere, le quali sarebbero state un appassionate diversivo e in più mi avrebbero arricchita di importanti e interessanti nozioni, e, quando sarebbe tornata avremmo sperimentato insieme nuovi trastulli. Mi rianimò dicendomi che un paio me le avrebbe fornite subito. Mentre me ne tornavo a casa in testa mi vorticavano mille pensieri e ognuno si concludeva con un punto di domanda. Alla fine di luglio anche mio fratello aveva in programma di partire come assistente e educatore dei boy scout, l’unico modo che aveva per procurarsi una vacanza. Io, il mare l’avrei visto nelle cartoline che mi avrebbero inviato le mie amiche. Eravamo una famiglia di modeste possibilità e le vacanze era un lusso che non potevamo concedersi, inoltre gli animali dovevano essere governati anche in agosto, per Natale e Pasqua. Sarei rimasta sola e non avrei potuto nemmeno uscire la sera. Mentre gli altri si divertivano a me attendeva un periodo di clausura. Ma, grazie a Dxxx sarei stata fornita di un bottino che avrei ben camuffato, composto di riviste vietate ai minori di diciotto anni e ne avrei fatto buon uso. Non nutrivo particolari sentimenti né attrazioni per Dxxx, direi che ne ero succube, la sublimavo, ma in quel momento appresi di provare invidia. Lei aveva tutto, avrebbe dovuto ringraziare la natura per quanto le aveva donato, e la famiglia per quello le sopperiva. Era figlia unica e piuttosto benestante. Il suo racconto per quanto esaustivo non mi aveva convinta completamente, avevo la sensazione che avesse tralasciato la parte più saporosa. Mi chiesi se il cugino dalla cerniera facile non fosse stato tanto convincente da farle assaggiare il suo salsicciotto. Anche se così fosse stato l’arcano sarebbe stato per me chimerico svelarlo e, almeno per il momento avrei vagato nel dilemma.
Mentre pedalavo la immaginai sul letto stesa con il destriero di fianco che le leccava i capezzoli, scendeva giù per la pancia, si fermava sul bottoncino prelibato e prendeva a succhiare. Scendeva più giù le infilava la lingua dentro come lei aveva fatto con me, poi la mulinava come un forsennato. Poi con le dita le allargava bene i petali, ci avvicinava la testa del suo grosso pistacchio e con tutto il vigore possibile glielo ficcava dentro, proprio in mezzo alle gambe. Immaginavo Dxxx che cacciava un grido, prima di dolore e poi di un piacere immenso. Poi più niente perché non avevo nessuna idea di come potesse essere avere in corpo uno di quei cotechini. Ero furiosa, mortificata e mi veniva da piangere, non era un trasporto nuovo, ma non l’avevo mai provato così intenso. Sapeva di invidia, bruciava come un morso di vipera, ma non volevo ammettere la mia rabbia adolescenziale. Volevo uscire dal dubbio, feci ricorso a tutta la mia logica, ma invano: non giunsi mai a una conclusione. Con il cuore in subbuglio raggiunsi casa mia, ero sola, mancava circa mezzora prima che il moccioso rientrasse e con lui l’esaudimento di quanto mi ero accollata. Decisi di avvalermi di quello spazio di tempo per dare una sbirciata a una delle due riviste. Aprii una pagina a caso HOOO le immagini che mi apparvero furono per me un lampo, foto nitidissime di una voluttà inaudita, lascive all’eccesso, di una lubricità forsennata. Era troppo! Decisamente troppo! Il mio sangue s’infuocò, i miei sensi urlarono, caddi stordita sulla sedia. Dovevo riprendermi da quell’emozione: e presto.
Frugai nella parte del cervello che mi era rimasta ancora in funzione. Sfogliai la rivista sommariamente per avere una idea polposa sul suo contenuto che avrei successivamente visionato e mi soffermai su una foto che sembrava rispecchiarmi. Vidi me stessa con la bocca piena di quella crema bianca: “ne sentii persino il sapore”. Decisi che valeva la pena leggerne la dettagliata descrizione.
Fu una delle uniche fotografie nelle quale potetti confrontarmi e che mi permise anche di impadronirmi di nuovi elementi. Lessi e appresi annotazioni nelle quali decisi di applicarmi e di sperimentare la sera stessa. Raggiunta l’ora solita mi portai al piano alto e entrai in doccia. Lui l’avevo sentito rincasare e ritirarsi nella sua stanza. Dopo alcuni minuti ne uscii e come d’abitudine, lui, era ad attendermi per la mungitura. Quella sera aveva mantenuto la camicetta e nudo dalla vita in giù si era seduto sul coperchio chiuso del wc: poverino, forse era stanco, pensai. In fondo alla camicetta aperta spuntava il suo tartufo che a confronto con quelli che avevo da poco visto in foto non mi sembrò più tanto esuberante. Era comunque bello turgido e come sua abitudine se lo menava delicatamente con due solo dita.
Non stetti neppure ad asciugarmi, mi coprii con un asciugamani e misi all’opera le mie qualità di ricamatrice.
Accovacciatomi davanti, sostituii la sua mano con la mia e incominciai il balletto. Dapprima lo infervorai con piccoli e delicati colpetti che li feci più incisivi fino a farlo divenire il più duro possibile, poi fu la volta della lingua e poi delle labbra per poi inghiottirlo fino alla laringe. Era giunto il momento di applicare gli insegnamenti letti e il primo stava nell’inghiottire le palle che immaginai fossero dentro al saccoccio che portava sotto. Me lo sfilai dalla bocca e lo ripresi con la mano, lo girai verso l’alto e feci scorrere la lingua sotto il paletto fino a raggiungere la borsa. Non ero tanto comoda, ma dopo qualche acrobazia riuscii a riempirmi tutta la cavità orale di quella bisaccia e del suo contenuto. Mentre mi davo da fare con la mano strinsi i denti come se volessi nutrirmi di quel ghiotto boccone, sbranarlo come un lupo divora l’agnello. Ebbe un fremito non so se di piacere o di spavento ma si rilassò quando comprese che era una solo una
simulazione. Dopo qualche minuto di risucchi e masticamenti decisi di liberarmene e tornare all’asta. Feci scorrere le labbra su tutta la sua lunghezza fino alla punta che ripresi a succhiare, leccare senza indugi. Il piacere che provava doveva essere intenso poiché lo sentivo trasalire, manifestava fremiti straordinari. Il suo corpo si agitava stimolato dal mio solletico diabolico. Mantenendomi la bocca piena della sua carne, con una mano gli presi la saccoccia alla base della verga e la strinsi con l’intento di percepire alla semplice palpazione i muscoli interni quando, all’estremo dell’eccitazione si fossero contratti. In quell’attimo avrei dovuto bloccarmi in modo di arrestarne il riflesso eiaculatorio prima che avesse raggiunto il punto di
non ritorno. In seguito, dopo aver atteso il momentaneo rilassamento, riprendere, ripetere fino a quando incapace di trattenersi sarebbe esploso. Più lo sforzo fosse stato penoso, più fosse stato protratto, ributtato, più il godimento sarebbe stato vivo e prolungato e l’eruzione straripante di lava infuocata. Un arte magica da non divulgare. Poche ora prima avevo provato un orgasmo e anche se era stato il primo mi ero fatta un’idea di come si evolveva, così con molto impegno riuscii a rimandare l’evento esplosivo per ben tre volte, alla quarta fu lui ad impedirmi il proseguo, si alzò e senza liberarsi dalla mia cavità mi afferrò per i capelli e con spintoni terribili, con grida penetranti da fargli esplodere il respiro nei polmoni si scarico con tre, quattro, cinque fuoriuscite che come un acquazzone tropicale diluviarono in fondo alla mia gola. Ebbero dentro di me l’effetto di scosse elettriche e quando si spensero mi ritrovai con la bocca stracolma del suo magma. Esultai per l’ottimo traguardo raggiunto, ma ero consapevole che il compito era svolto solo per metà: avrei dovuto decidere se espellere o trangugiare. Non era la prima volta che bevevo ma mai in tanta eccedenza.
Decisi di mettere alla prova il mio apparato digerente. Bevvi e deglutii e bevvi ancora, mi sentii gelare e bollire allo stesso tempo, una vampata di calore mi salì dalla gola alla radice dei capelli, il petto mi si strinse: ma ormai era andata giù. Non avrei saputo dire quanto tempo era passato ma ce l’avevo ancora tra le labbra ormai molliccio si stava ritirando. Ma prima che l’avesse ritratto volli dargli un’ultima leccatina e quando lo mollai era ancora bagnato ma incontaminato. Lui tornò a sedersi dov’era, sul wc, era esausto, non l’avevo mai visto tanto straziato. Per mia fortuna o disgrazia, era un tipo da annegarsi in uno sputo. Dimostrava per me lo stesso interesse che riservava alle previsioni del tempo. Tuttavia, ponderato e riflessivo, o così io lo giudicavo e consideravo. Se quella sera mi avesse palpata, se mi avesse pungolata sarei stata una preda adoperabile ad azzardare cose molto, di gran lunga più degenerate. Nonostante la mia accondiscendenza e
la mia solerzia, non provai nulla di quel salace piacere provato con Dxxx poco tempo prima: nemmeno il suo insorgere. Avevo semplicemente esperimentato la mia ingegnosità e la mia padronanza, i miei attributi, le mie attitudini. Quella notte quando tornammo, spensi la luce e mi infilai tra le lenzuola, mi girai e rigirai senza prendere sonno. Prigioniera degli eventi accumulati della giornata le immagini e i motivi che li avevano generati mi sfilavano nella mente come in un film visto al rallentatore. Mi addormentai ponendomi infinite domande e dormii di un sonno agitato. Il mattino seguente mi alzai e esauriti gli adempimenti mattutini mi ritirai nella mia stanza e recuperate le riviste mi misi allo studio. Le immagini che vidi furono disorientanti, esse mettevano in evidenza tutta la mia ignoranza in materia. Ma come poteva una bambina conoscere cose del genere senza aver letto, visto, origliato o provato? Leggevo divorando le parole conglobando tutte le nozioni in un angolo del mio cervello. Voltai pagina, le immagini che seguirono attirano ancora di più tutta la mia attenzione, il petto mi si strinse, le budella mi si torsero. A una ragazza che, glabra come quando ero io ero ancora infantile, agghindata per farla apparire una ingenua bambina, un uomo negro aveva infilato un dito in quel posto dove a me anni prima infilavano le supposte. La sequenza di immagini che seguirono erano disposte, come in un film visto fotogramma per fotogramma, nel proseguo in cui sparito il dito, le appoggiò una verga spropositata davanti a quel buchino stretto e angusto.
Era troppo! Orrendamente troppo! Impossibile! Mi dissi, invece il fotogramma che seguì il serpentone era entrato per metà, e in quello successivo tutto, fino a sbatterle contro le chiappe, lei con occhiali da vista e bocca spalancata in un accademico latrato, lo aveva ricevuto tutto, dentro, nel deretano. Una goccia di sudore mi scivolò lungo la schiena. Il fotogramma che seguiva rappresentava il gran finale, quando lui ormai saziato l’aveva cavato dal buco di lei che per dimensioni aveva superato la sua resilienza e a lei era rimasto rilassato, bello aperto, un cerchio da vederci dentro il rosa delle budella. Non credei a quelle ripugnanti immagini, mi convinsi che fossero fotomontaggi per i babbei che acquistavano quel tipo di rivista. Tuttavia, mi venne alla mente un appellativo, “allora per me senza senso”, che sovente udivo pronunciare dai ragazzi di scuola rivolto a noi ragazze loro coetanee... “quella è un culorotto...” al pensiero trasalii, e comunque vero o fittizio che fosse, mi promisi che mai e poi mai mi sarei fatta cavare le interiora.
Arrivata alla fine ritornai daccapo e la rilessi, poi nel pomeriggio passai all’altra rivista. Mi ero erudita di vocaboli lussuriosi arricchita di nozioni vergognose, istruita da un lessico indecente, assuefatta da immagine oscene, edotta da modalità e posizioni varie e fantasiose, mi sentii laureata, ma non completa poiché avrei dovuto affrontare il praticantato. I giorni e le notti che seguirono furono fotocopie dei precedenti. Dalla mia amica andai una sola volta a trovarla, ma non era sola per cui non concludemmo niente. Passarono i giorni e il momento della sua partenza, tristemente, per me arrivò. Andai il pomeriggio prima della partenza da Dxxx per un ultimo saluto e farmi rilasciare un pacchetto di “libri da studiare” Anche il porcello partì due giorni dopo, e in tutta onestà non ne soffrii più di tanto. Una mattina, ormai rimasta sola, mentre leggevo mi venne una strana voglia. Erano giorni che fantasticavo su ogni oggetto che avesse la forma di un membro maschile e immaginavo come sarebbe stato se lo avessi avuto infilato tra le gambe. Troppo piccolo, troppo grosso troppo lungo troppo ruvido e così via. Ero tormentata da questi pensieri libidinosi: eppure io, la dentro, qualcosa dovevo infilarci! Decisi di provare un cetriolo, era l’unico oggetto del quale avrei potuto sceglierne la misura appropriata. Andai nell’orto e ne staccai uno dalle dimensioni che mi apparvero ideali, andai in bagno e lo lavai numerose volte avendo cura di lisciare i suoi minuscoli pungiglioni. Me lo misi in bocca per provarne la misura e la scivolosità. Era liscio: perfetto! Tornai a lavarlo con acqua bollente per disinfettarlo e anche scaldarlo. Con la bocca tornai a provarne la punta: era bella arrotondata. Andai nella mia stanza e mi sdraiai sul letto, mi tolsi le mutandine, aprii le gambe e presi a passarmelo sopra la
fessura. Non era male quel corpo estraneo e duro che si muoveva la sotto. Ma forse era troppo presto, me lo infilai sotto la maglietta e raggiunsi i capezzoli, prima uno e poi l’altro e me li strofinai per qualche minuto. Tornai a mettermelo in bocca e lo bagnai per bene, scesi di nuovo per tentare una vera penetrazione. Ero nervosa e le mani mi tremavano, avevo la gola secca. Provai a spingere, con una mano mi accarezzai il contorno del buco e con l’altra spinsi il cetriolo. Dentro e fuori lentamente, poco poco alla volta. Ma ero troppo nervosa, con tutta la tensione che avevo addosso la vagina sembrava non volesse allargarsi. Non era grosso, eppure non passava e mi faceva male. Non era proprio un divertimento, così mi fermai. Tornai ai capezzoli e sembrava che in mezzo alle gambe qualcosa si fosse dilatato. Riprovai con più determinazione, entrò per due o tre centimetri poi si bloccò, con più spingevo più mi faceva male.
Per niente soddisfatta andai in bagno, lubrificai con crema alla vaselina per le mani l’ortaggio, chiusi il wc, aprii le gambe e mi ci accavallai sopra, posizionai il vegetale in verticale e mi ci appoggiai sopra in corrispondenza della crepa. Scivolò dolcemente per alcuni centimetri nella tana, poi di nuovo l’intoppo! Mi lasciai andare di peso e avvertii una fitta lacerante Haii che ci sarà mai lì dentro! Perché era così refrattaria? Un rompicapo su cui mi arrovellavo. Non ce la faccio! - Mi ero detta- qui divento pazza.- Faceva troppo male, un tremore mi attraversò il corpo, battevo i denti dalla paura, mi si gelò il sangue nelle vene. Ben presto mi convinsi che la mia non era stata una buona idea fin da quando la formulai, e per quel giorno desistetti. -Aspettiamo, - mi dissi, meglio chiedere a Dxxx, quando sarebbe tornata. Di lei avevo imparato a fidarmi e non avrei smesso di contarci su e di ritenere validi i suoi suggerimenti. Intanto la immaginai sulla spiaggia con le chiappette al sole attorniata da uno sciame di ragazzi che la stavano contemplando.Trascorsi i restanti giorni leggendo. Quello che mi piaceva di più erano i racconti, mi piacevano perché descrivevano leccate, pompini, bocchini, scopate, succhiate e, dulcis in fundo inculate a sangue, donne con donne e roba del genere con una precisione e una ricchezza di particolari da saggista. - Presi nota e annotai. - Oramai conoscevo più di quanto avrei voluto sapere, mi mancava la pratica e l’esperienza. Ho vissuto quei giorni di attesa presa da una attrazione trainante dall’effetto stupefacente. Una suspense, uno stato di attesa motivato dall’incertezza di come sarebbe stato il mio imminente futuro. Mi chiesi spesse volte se quelle letture avessero almeno una parvenza di realtà o fossero elucubrazioni narrative. Mi ponevo dubbi su quelle immagini esasperate, su quegli individui sia maschi sia femmine con requisiti da superdotati se fossero vere o solo messinscena. Mi sembrava impossibile che i miei genitori fossero tanto spudorati e avessero nella loro intimità tanta aberrazione. Poi, a forza di leggere ci feci l’abitudine. Mi sforzavo di trovare qualche racconto che mi avvincesse, ma era sempre la stessa solfa che pur essendo condita con salse diverse incominciava ad annoiarmi. Abbozzavo l’idea che, forse, bocca, tette, figa e culo erano acqua dello stesso pozzo e andavano usate senza disquisizioni di sorta. Forse, pensai, era difficile scrivere di sesso senza diventare noiosi. Il tempo trascorse celere. Quei giorni di carestia li trascorsi tra le mura domestiche con il concetto di persuadere quanti mi conoscevano di essere anch’io lontana, magari ai mari tropicali. Per accentuare l’inganno mi esposi al sole a volte anche nuda per abbronzarmi e consolidare la burla.
Quando il tempo fu scaduto e le vacanze per gli eletti furono finite tornai a trovare la mia amica Dxxx. Arrivai a casa sua con tanta agitazione addosso che avrei potuto dare due mani di vernice a tutta la sua casa. Suonai e lei venne ad aprirmi. Furono saluti e baci in una quantità da saldi di fine stagione. Lei era nera come la pece, io ero solo un po’ annerita. Non ero attratta dai corpi femminili ma in quel momento desiderai visceralmente vederla nuda e di mostrarmi a lei. Con malizia, gli chiesi se aveva preso il sole in topless. + Non in spiaggia, però lo feci qualche volta sul balcone dell’albergo.+ Mi rispose, inoltre mi disse che ne era attratta, ma sua madre la vegliava e anche lei davanti a tanti sconosciuti che la guardavano avrebbe provato imbarazzo. Proprio lei! pensai. --Ha! allora hai ancora i seni bianchi-- le dissi. + Bhe!, sì, solo un po’ anneriti, anche tu sei abbronzata, ma dove sei stata?+ Avrei potuto dirgli qualsiasi frottola, ma preferii dirle la verità. -In nessun posto, dietro casa mia, tra i cespugli, solo che io lo preso nuda.-- + Ha! Allora sono proprio curiosa di vederti.+ Mera ipocrisia scandita dal tempo che era trascorso e entrambe avevamo la stessa titubanza: che lo stesso avesse mutato le cose, invece avevamo ancora entrambe lo stesso anelito. bene, molto bene. Salimmo di corsa le scale ed entrammo nella stanza dei bottoni. Entrate, lei si gettò sul letto supina, si aprì la camicetta e mi mostrò le tette: + Eccole, + Mi disse. Mi gettai a bocconi al suo fianco e per qualche attimo la contemplai. Una voce dietro di me gridò: ecco! Due lesbiche! Falso! Avevo solo un impellente necessità di risolvere un quesito che mi angustiava da giorni e l’unico modo per farlo era ispezionare il suo corpo per confrontarlo con il mio. E per corpo intendevo quello che cera dentro a quella che tenevamo tra le gambe, che, viste dall’esterno erano diverse, ma all’interno dovevamo essere identiche. E, sul dato di fatto che fossimo femmine non avevo dubbi. E poi, a chi facevamo del male? Eravamo solo due coeve bramose di erudirsi. E, con lei, per la prima volta presi io l’iniziativa. Mi girai su un
fianco accanto a lei e con una mano le accarezzai un capezzolo e le dissi - -Sei bizzarra con queste due poppe bianche-- + Bene, vedile come una novità.+ -Risposta azzeccata! - Le strinsi il capezzolo e mi misi succhiarle l’altro. Lei si irrigidì ed emise un rantolo. + Più forte, stringi più forte.+ Lo feci, lo sentii inturgidirsi, continuai per alcuni minuti. Continuando a succhiare. Feci scivolare la mano giù per suo il pancino e la infilai sotto i jeans passai sotto le mutande e arrivai fino alla topina. Era umida. Era arrivato il momento delle grandi manovre. Mi staccai da lei e mi appostai ai suoi piedi, le slacciai
la cintura e le abbassai nel contempo jeans e mutandine. -- Hooo! Ma ti sei depilata! -- Tutta la sua peluria era sparita, le era rimasto solo una sottile linea di circa un centimetro di peli corti che partivano da sotto l’ombelico e scendevano in giù e le coprivano a malapena la fossetta. -- Ma quanto è graziosa la tua passerrotta, sembri tornata una bambinella.--Ti piace? Così me la puoi leccare senza che ti vada di traverso qualche pelo.+ Fu un’ ottima osservazione e la interpretai come un invito a procedere. Non avevo esperienza con quella cosina ma lei con me era stata una buona docente, per cui non dovevo fare altro che uguagliarla. Dopo averle sfilato del tutto i pochi indumenti le aprii le cosce e mi ficcai con la faccia tra di esse. Con la lingua centrai subito lo spiraglio e gliela spinsi il più in fondo che mi fu possibile, poi la feci fremere dentro per alcuni minuti. Lei mi afferrò per i capelli e mi guidò affinché le mi labbra non fossero a contatto del punto più vitale che possedeva, appena l’ebbi individuato, strinse le gambe e premette la mia testa. Non avevo percepito il quell’organo erettile del quale non ne avevo dimestichezza per cui operai a caso nel tentativo di centrarlo. Lei sembrava gradire quindi mi diedi da dare e continuai su quella strada. Io miravo oltre che a farla godere, a un altro fine, ed avevo raggiunto il luogo e il momento in cui attuarlo. Sempre usando bocca e lingua le infilai, da sotto, il pollice dentro la vagina. Scivolò dentro liscio come l’olio, lo spinsi finché ce n’era, e anche di più. Lo feci roteare al suo interno, lo spostai dall’alto al basso, la tana era scivolosa, morbida e vellutata e non percepivo nessun intoppo. Di quell’ esame non ne ero rimasta soddisfatta: niente quadrava. Lentamente sfilai il pollice e lo sostituii con due dita. Ripetei la stessa procedura, ma anche le dita ben più lunghe entrarono fluidamente e non ne trovavo il fondo. Lei sembrava struggersi, rantolava e si torceva come un’ossessa: non era ancora giunto il momento lasciarla godere. - Più lo sforzo dura, più è penoso, più il godimento è vivo e prolungato. - Abbandonai quella zona di delizie consapevole che per lei sarebbe stato nefasto, ma nel contesto sarebbe stato essenziale. Prima di partire per casa sua, avvalsa dell’esperienza fatta nei giorni precedenti, mi ero fornita di un cetriolo prematuro, era lungo una ventina di centimetri e almeno quattro di diametro, leggermente superiore a quello che avevo adoperato su di me. Lo scelsi più lungo perché non volli rischiare che lei lo risucchiasse dentro. Mancando di esperienza era meglio non correre rischi. Lavato più volte, levigato con spugnette abrasive e disinfettato, scaldato, avvolto dentro al domopak me lo infilai lungo la schiena sostenuto dalla cintola della sottana: come avevo visto fare ai poliziotti con le pistole nei film, che poi la camicetta lo nascose. Il calore del mio corpo l’avrebbe, secondo le mie teorie, mantenuto caldo, o almeno tiepido. Rapidamente mi tolsi le mutandine e le salii sopra. Mi sedetti sopra il suo inguine, tra le sue cosce con le gambe dirette verso il suo corpo. Lei spalanco le sue e le nostre prugne si congiunsero ancora una volta. Incomincia a dimenarmi e a strofinami sulla sua senza misericordia, mi allungai e le strinsi le tette, continuai a stringere fino a quando lei si fosse lamentata dal dolore, ma per quanto, non lo fece, sembrava che più io stringevo più godesse. Dedussi che il dolore le causasse piacere. Lei emetteva rantoli e gemiti soffocati e quando mi parve che stette per godere mi staccai da lei. Sembrò molto impermalita e si ficcò subito le mani tra le gambe. Tornata alla posizione strategica le tolsi di forza le mani e tornai a mordicchiargliela, con una mano recuperai il vegetale e lo liberai dalla protezione: era caldo, bene, molto bene: pensai. La sua tana era talmente fradicia che non ritenni utile lubrificarlo. Guidata dalle dita cercasi il suo orifizio, lo appoggia davanti e provai a spingere. Saliva senza difficoltà. La sentii mugolare e il suo bacino incominciò a torcersi, i muscoli delle gambe irrigidirsi, la liberai della mia bocca: volevo vederla smaniare. Si era portata le mani ai capezzoli e sbatteva la testa a destra e sinistra, la guardai tra le cosce, dell’arnese ne era entrato circa un quarto. Per la prima volta le vidi il clitoride che gli era spuntato. Gli spasmi della sua vagina si ripercuotevano sulla mia mano. Mi distrassi un attimo e subito venni richiamata da una sua richiesta. Mormorò penosamente. Spingi! Spingi! Lo voglio più su! Mentre il cetriolo la pungolava di dentro il mio pollice la solleticava fuori. Ad ogni spinta avevo cura di affondarlo ulteriormente! In poco tempo glielo avevo infilato quasi tutto dentro! La guardai mentre godeva, le espressioni del suo viso mi fecero impazzire. Faceva ancora caldo, eravamo entrambe sudate, la sentivo fremere e tendersi quando glielo muovevo dentro e lei sembrava risucchiarlo, il vederla in quello stato febbrile mi affascinava. Con un lamento che sembrò una supplica bisbigliò. Non fermarti! Spingi! Più in fretta! Mi misi a pomparla velocemente, con un ritmo crescente, sempre più deciso e veloce, fino a che non la vidi contrarsi del tutto, le pareti della vagina avevano preso a pulsare, lei gridava: sembrava una povera disperata! Poverina... la bambinetta...sentirla mi commosse! Rilasciò un gran sospiro e precipitò in una folle soddisfazione. Trasecolata dal piacere provato restò immobile e io la lasciai riposare con tutto l’attrezzo dentro. Le chiusi le gambe affinché non ne uscisse nemmeno un centimetro, poi quando sarebbe rinvenuta le avrei chiesto come una fanciulla illibata potesse sorbirsi un gnocco, non organico ma pur sempre naturale di quelle dimensioni, senza batter ciglio, anzi, pure godendo come se fosse una autentica troia. Trascorsi alcuni minuti tornò nel mondo reale, si mise seduta e subito si vide un cilindro di colore verde spuntargli tra le gambe. Le aprì e lo raggiunse per sfilarlo, non l’aveva ancora visto per bene e non ne conosceva le dimensioni. La precedetti, o meglio arrivammo insieme a toccarlo. -Lascialo a me- Le dissi. Non sembrava essersi infastidita per il mio esperimento, sembrava aver mantenuto il suo bell’aspetto sorridente. Mentre lo sfilavo mi guardava incuriosita e esclamò! + Hai letto le riviste! + -Si, tutte e più volte. Mi hanno molto incuriosito tanto che una mattina mi insorse la curiosità di provare a infilarmi qualcosa dentro, ma ebbi la sorpresa che niente ci passava, non convinta mi sono detta: poi le cose hanno superato le intenzioni. Io ero convinta che fossimo tutte uguali, come mai tu non te ne sei nemmeno accorta? Ti è entrato tutto, e anche bello grosso per giunta, e ti è anche piaciuto, me l’hai persino chiesto,
non capisco. Una volta tanto la vidi imbarazzata. + Ti devo rivelare un segreto, ma giura che lo terrai per te, giura!+ Con due dita feci il segno della croce e risposi -Lo giuro- + Non sono più vergine! Mi disse concisa. + Fui sorpresa, fui amaramente sorpresa, ma evitai che la mia voce vibrasse di delusione.- -Ma da quando!?-- Esclamai. + E’ una storia pietosa, ma se vuoi te la racconto.+ - -Si! la voglio conoscere.-- + Ero al mare e il giorno che mia zia ci raggiunse si fece accompagnare per sicurezza dal figlio, mio cugino.+ --Haa! il furioso!-- + Si proprio lui. Arrivarono il pomeriggio e stando al programma lui sarebbe tornato in pulman il giorno dopo: lo sai che non ha ancora la patente. Accadde che l’albergo fosse al pieno e non è stato possibile avere un stanza per una sola notte, così decise di trascorrerla in auto, tanto il giovinastro non ne avrebbe certo sofferto. Quella sera ci lasciarono uscire da soli, sai mia madre e sua sorella avevano un milione di cose da fare e da dirsi. Io non mi sentivo molto in forma, mi stavano arrivando le mestruazioni. Inventai un pretesto per tornare presto e andare a dormire.+ Io, ascoltai in silenzio. + Arrivati all’albergo mi chiese pietosamente di fargli un po’ di compagnia. Per lui era troppo presto per mettersi a dormire. Non ci vidi nulla di male. Andammo sull’auto di sua madre della quale aveva lui le chiavi, parcheggiata nello spazio a lei riservata. Ascoltammo un po’ di musica parlando del più e del meno. Poi esordì dicendomi che quella musichetta glielo aveva fatto diventare duro e mi chiese spudoratamente se non ne avessi mai preso in mano uno vero. Immagina la mia sorpresa, “ma neanche finto”, gli risposi, e continuai con altri improperi. Ma lui rimase del tutto indifferente, anzi continuò chiedendomi se l’avessi aiutato a scaricarsi poiché era stata la mia presenza, la mia minigonna, il mio profumo che l’avevano eccitato e con una carica così intensa, se non si fosse scaricato non sarebbe riuscito a rilassarsi. Io mi convinsi che scherzasse e cercai di persuaderlo che il desiderio quando non si può esaudire da le sue pene. Invece lui, si slacciò la cerniera e se lo tirò fuori.+ Mi venne in mente sua madre la quale si era preoccupata delle vicine volpi e non sospettava che le galline nel pollaio gliele stava sottraendo il guardiano. + Vidi che ce l’aveva proprio duro. Una stalarmite gigantesca che svettava nella penombra. Lo implorai di coprirsi, qualcuno poteva vederci. Lui impudentemente, come un’ombra di mezzanotte, si spostò dalla mia parte, in un attimo il sedile si abbassò e lui mi fu sopra. Si abbassò i pantaloncini corti, mi cercò una mano e l’avvolse attorno al suo pistone. Io sbalordita, stupida e sciocca, non feci niente e non dissi niente. Quel momento mi fece conoscere la convulsione, un turbamento improvviso e profondo. Avere un uomo sopra di me, che mi palpeggiava, un corpo vivo, agitato, fremente, spasimante, e lo era solo per me, ero io che gli davo tutta quell’energia, quella passione, essere sottoposta a quel tipo di vessazione mi sentii soffocare dall’emozione. Poi non saprei dirti, rimasi attonita dalla sua solerzia. Gli eventi si susseguirono più veloci di quanto la mia volontà potesse seguirli. Mi sembrava di assistere a una scena dove io non ero l’interprete ma una estranea spettatrice. La mia immobilità catatonica fu per lui un consenso e con la velocità della folgore la mia sottana scivolò in alto, molto in alto e le mie mutande finirono sulla pedana. Con un appetito terrificante si infilò tra le mie gambe e in quel momento incominciai a preoccuparmi e compresi la gravità della situazione, ma ormai la testa del suo nerbo aveva raggiunto l’ingresso della mia tana e compresi che il mio imene stava per essere infranto. In quel attimo gridai: No! Non farlo! Sono vergine! Immaginavo impossibile persuadere un ragazzo infuocato di desiderio allo stremo di arrestarsi mentre sta entrando nel sesso di una adolescente. Quella sera avevo dolori al basso ventre e non ero predisposta a quel’imprevisto e improvviso ricevimento. Neppure il mio corpo ebbe il tempo di prepararsi. Mi contrassi allo spasimo, strinsi tutti i muscoli nel mero e spontaneo tentativo di osteggiarlo. Puntellandosi coi piedi sul fondo dell’auto diede una spinta e entrò dentro di me sparato. + Io continuavo imperterrita ad ascoltarla, era tanto franca, assorta che non volli interromperla, nello stesso tempo godevo di un piacere sottile, guastato qua e la da una venatura di astio e di invidia, se non di gelosia. Lei, sempre lei, aveva tutto, più bella, ricca, era stata al mare, abbronzata e ora aveva anche scopato. Ma ero anche agitata da quanto ascoltavo. + Emisi uno forte strillo. Era entrato per metà, un’ altra spinta e l’operazione fu compiuta. Gridai Fermati! Haia! Mi fai male! Fu tutto inutile, ansimava incredulo di quel piacere affrettato e imprevisto, incurante e sordo di ogni lamentazione non mi concesse requie per alcuni minuti. La mortificazione mi aggredì allo stomaco. Bruciavo sotto, avevo il fuoco dentro, mi agguantò sotto il culo e mi affondo le unghie nelle natiche. Fece pressione sul mio pube, infilandomelo proprio tutto, non ne aveva più, la sua capoccia mi aveva raggiunto l’ alveo. La vagina mi si era allargata e nonostante fossi illibata l’aveva ricevuto senza troppo sforzo. Se non fosse stato per il bruciore infernale, a essere sincera mi piaceva sentirmi riempita da quel muscolo pulsante. Se fosse stato più moderato avrei anche potuto godere. Avevo dentro solo una appendice di lui, eppure sentirlo fervere, fluire in direzioni diverse, annaspare nel grembo come un corpo vivo mi sembrò di essermi fusa con lui in anima e corpo.
Poi, ad un tratto si fermò, io presi fiato e con una voce mozzata gli chiesi che gli succedeva. Lui non fiatò, così tentai di liberami di lui. Al primo movimento mi disse di non muovermi. E anche lui stava fermo come una statua. A me mi si mozzò il respiro. Lo sentii prendere fiato e tornare a pompare. Terrorizzata pensai che stesse venendo, gli ordinai di tirarlo fuori. Un gemito soffocato e sbalzo fuori accasciandosi sulla mia pancia dove lo sentii strusciarsi e con gemiti che non ti dico, scaricarsi di tutto il suo sperma. Conclusa la sua epica e, per lui, gloriosa battaglia, mi faceva un male cane e ero arrabbiatissima. Incomincia a piagnucolare, come fa una bambina che si accorge di aver sbagliato e tenta di rimediare.
Lo redarguii con infida cattiveria per il suo comportamento scriteriato. Gli chiesi se si rendeva conto di quello che mi aveva fatto o se proprio era un incosciente cretino. Serafico, mi rispose che era uscito prima di venire e non me ne aveva fatto dentro nemmeno una goccia. Non aveva capito che mi aveva sverginata e glielo dissi. Sembrò non capire, non sapere nemmeno cosa significasse la parola, ne quanto la verginità fosse una materia così fragile e facilmente deteriorabile. Nel frattempo, lui si era tornato al suo posto e io mi ero messa una mano sulla pancia dove trovai tutto il suo sperma chiazzato di rosso. Solo allora, guardandoselo si rese conto di averlo maculato del mio sangue. Esplorammo in giro e sul sedile, c’era sangue dappertutto. Lui si preoccupò più del sedile che di me, se sua madre se ne fosse accorta sarebbe stato un bel guaio. Poi sembrò contrito, pentito, mi chiese mille volte perdono, si giustificò dicendomi che lui non ne aveva mai trovata una vergine e non sapeva. Accettai le sue scuse che mi parvero sincere, ma lo rimproverai nuovamente assicurandogli che le sue lagne non me l’avrebbero ricucita. Ho quasi finito la mia storia, ora sai come è andata. Sono stanca e non mi va di dirti tutto il casino che poi avvenne quella notte. Ma tu mi capisci? ++ Avevo sentito quello che mi aveva raccontato ma avevo imparato che per capire le cose bisognava esserci dentro, del resto non capivo nemmeno me stessa. Solo un paio di mesi prima avrei reputato la vita che conducevo una allucinazione. Finito il suo sconvolgente racconto sospirò, rimase in silenzio e abbozzò un smorfia. Una specie di sorriso trattenuto nel quale non vidi malizia o trionfo.
Avrei voluto consolarla ma non sapevo come, allora le dissi --Bhe almeno è fatta, ora la potrai usare. --
+ Si questo è vero, tu l’hai già fatto, col cetriolo. + -- E ti è piaciuto? -- + Cosa? Il cetriolo o quello vero +
- - Quale è il meglio?-- + Non c’è confronto quello vero è mille volte meglio, a quello c’è attaccato un uomo vivo.+ Mi sentii rifiutata. - - Allora noi due?-- + Stiamo solo giocando è solo un surrogato, sempre meglio di niente, i nostri giochi sono una preparazione indispensabile alla vita + Non riuscivo a trovare le parole per tutte le domande che mi premevano ma che non osavo farle. La sentivo franca e la vedevo leale, tuttavia provai una punta di rancore e di gelosia. Non riuscii più a trattenermi --Ti è piaciuto almeno e ti ha fatto molto male? Quanto tempo sei stata con lui? Quanto ce la grosso, e-- + e e e Ma che sei diventata balbuziente, va bene ho capito, ho capito. Mi ha presa come un animale, mi è stato dentro troppo poco tempo e non sapeva, o ha finto di non sapere che ero vergine per cui mi ha fatto molto male, dopo ho scoppiata in un pianto dirotto, non ho capito come possa essermi successo in quel momento, proprio a me! Capisci? Come poteva lui capacitarsi che per me fosse la prima volta se non l’ho propugnata: proprio per niente! Lui è un bel ragazzo e ha già una fidanzata se la scopa e ti assicuro che ce l’ha bello grosso, molto più del tuo cetriolo.+ Ero precipitata in fregola, forse, lei si era deliziata di quell’amplesso subito, ma non era stato niente a paragone di quello che stavo provando io. Mi sentii venire meno dall’ebbrezza comunicatomi nell’immaginarla mentre lui sul sedile se la fotteva. Avevo la necessità impellente di farle altre domande ma la voce mi morì nella gola. + Ma che hai? Ti senti bene? +
Biascicai --è è che a sentirti sono andata in fregola -- + Hoooh, la coniglietta è in calore, è proprio il caso che ti restituisca il favore del cetriolo, ma come ti è venuta questa idea! + --Non te l’ho detto? Mentre leggevo le tue riviste mi è venuta un’improvvisa idea e ciò provato: ma non ci è passato. -- Fece una smorfietta e subito attaccò.+ Vuoi che ci provi io.+ -- Se vuoi, tanto non ci passa. -- + Vediamo, forse eri troppo tesa. + Lo prese in mano, se lo mise in bocca e lo lubrificò con la sua saliva. Io, mi appoggiai sui gomiti, alzai le ginocchia e davanti a lei le aprii le gambe, oltre che sentire volli anche vedere. Mi mise una mano davanti all’imboccatura sulla parte superiore e il cetriolo lo appoggiò appena sotto, al centro. Fece una leggera pressione e se ne perse dentro qualche centimetro, poi si arrestò. Tornò a spingere ma come avevo previsto incontrò l’intoppo. + Si! Pare proprio che non entri, adesso provo a spingere.... diede una spinta, emisi un gemito di dolore e retrocedetti veloce come uno schiocco di frusta. + Come... sei... sensibile... pare proprio che tu sia ancora vergine. + -- Non è una novità, lo sapevi. -- + Già, certo, certo, intanto che sei avvampata vuoi che ti svergini? + -- Macché sei matta? Togliti dalla testa questa idea perversa, quando avverrà ne voglio uno vero, la prima volta non voglio sprecarla.- - + Come ho
fatto io? + Ero stata incauta e insensibile, rimediai con -Il tuo è stato vero, e a sentirti anche bello consistente! - + Si, è vero, allora trovati un fidanzato + - - Cosi mio padre mi ammazza - + Allora mettiti in fila e attendi il tuo turno senza abbrustolirtela troppo. + --Sai, sono invidiosa, tu li dentro potrai infilarci tutto quello che vorrai, io invece dovrò accontentarmi di quello che mi passerà il convento-- Provai un momento di disagio, a lei non avevo mai menzionato le libertà incestuose che mi concedevo, ma non potevo infangare mio fratello, che era ben diverso da un cugino. + L’ho compreso che trasudi collera, ma ciò che posso dirti è che io non ce l’ho da dartelo, e chi s’accontenta gode! + Aggiunse lei. così dicendo si distese al mio fianco, e una di fronte all’altra incominciò a solleticarmi, se mai ce ne fosse stato bisogno. Mi mise una mano tra le gambe e mi esplorò con un dito nella vagina. + Lo senti qui? + -- Altro ché, certo che lo sento--
+ E’ questa membrana che dovrà andare in frange, se proprio sei decisa di farlo forse un modo ci sarebbe.+
La sua voce rese le parole come carezze e il mio sguardo si accese e scintillò entrando nei suoi occhietti acuti. --Quale?-- Risposi subito con una incontrollabile fiducia. Con gli occhi ardenti fissi su di me mi impose di giurare che il tutto sarebbe rimasto un celato suggello tra di noi. --Ho già giurato una volta-- + Fallo ancora, sui tuoi occhi... Giuralo!+ - -Va bene, lo giuro sui miei occhi, che io restassi cieca, tranquilla ora. -- + Sto compiendo un grave illecito, un sopruso del quale non vorrei pentirmi + Oddio cosa sarà mai. Pensai. + Ho incontrato casualmente mio cugino e tornò a commiserarsi del suo folle comportamento. Si giustificò dicendomi che aveva perso la testa e che non riesce tutt’ora a spiegarsi cosa gli sia
accaduto in quel momento e vorrebbe potermi dimostrare che lui non è così.
Io, ascoltai con meraviglia e stupore. --Non posso crederci, e tu hai accettato!-- + Cosa dovevo fare? Ormai il danno è fatto, restare in collera non mi avrebbe giovato a niente, almeno saprò cosa vuol dire fare una scopata fatta bene. + Pensai a una seduzione ben orchestrata. Le sue dita insistevano nelle mie parti basse, ma nonostante il mio trasporto mi raggelai. --Va bene, ma io cosa centro in questa tua decisione.- + Quando, pochi minuti fa, ti ho vista risentita mi è insorta l’idea di coinvolgerti + -Ma come? Non capisco, non ti nascondo che sono confusa.- + Non so come ancora, ma pensandoci un piano si potrebbe organizzare, se sei d’accordo e se ti interessa perdere la verginità con un maschio vero: non è il desiderio che hai appena espresso? + -Tu mi confondi, due amiche rovinate dallo stesso ragazzo tuo parente che ha già un fidanzata, veramente diabolico: roba da romanzi!- Sul parente mi morsi la lingua, ma la sua proposta mi stava coinvolgendo notevolmente. -Quando, dove e come dovrai trovarti con lui.-- + Tra due giorni, tre con oggi, a casa mia. Mia mamma incomincerà a lavorare con il turno dalle quindici e ne avrà fino alle venti, il papà sarà fuori fino a venerdì sera, per cui avremo, luogo e tempo. + L’aspettativa fu attraente, seducente, allettante allo stesso tempo e incominciò ad avvincermi. --Tu mi provochi!-- + No! Ti sto solo esponendo una possibilità.+ --E come, ne sei sicura che lui si assumerà quella briga?-- + Tesoruccio! Ma certo che lo farà, nessun uomo rifiuterà un simile fiorellino.+ -Tu mi aduli!- + No! Non è vero, però dobbiamo organizzarci, affinché funzioni dobbiamo prevedere anche l’imponderabile. Io ho già deciso che lo porterò in questa stanza, proprio su questo letto, e lui verrà attrezzato di profilattici. Mi ha rivelato di averne acquistato di speciali: eccitanti e stimolanti per me e ritardanti per lui, questa volta non mi farà male e lui potrà concedermi tutto il tempo necessario che mi servirà per farmi godere. + --Dxxx! tu sei una intrigante ruffiana!-- Ero così fiacca per il desiderio che a malapena riuscivo a seguire il filo del discorso. Ci stimolavamo reciprocamente rovistando ogni millimetro dei nostri luoghi proibiti: mi dimenavo come se mi bruciasse. Le sue dita, la sua fiaba mi fecero tremare, le sue parole furono rese piccanti e ravvivate da quel reciproco, taciuto eccitamento. E quando la passione ebbe il sopravvento mi persi in un delizioso stato di torpore, persi ogni cognizione del tempo e dello spazio e vagai leggera... leggera... fino a perdermi tra spazi siderali e infiniti silenzi. La luna dorata mi fece luce per il viaggio che mi accompagnò in paradiso. Quando tornai, ancora ansimando aprii gli occhi e lei mi disse, + Ben tornata! Ti ricordi di cosa stavamo parlando? + --Si! Certo, ora mi sento più sollevata, eri arrivata ai profilattici, continua.- + Mentre tu stavi venendo l’idea ha avuto un progresso. Ora, fai attenzione; tu arriverai prima di lui, indosserai una mia minigonna molto sexy, un po’ di rossetto in viso, una camicetta aperta, poi ti nasconderai in attesa nella stanza dei miei genitori, non in bagno perché potrebbe usarlo lui.-Appena noi avremo dato inizio alla nostra schermaglia, tu ti porterai nell’atrio e non dovrai farti scorgere per nessun motivo.Io avrò cura di lasciarti la porta socchiusa in modo che tu ci possa adocchiare e origliare. Dovrai attendere, non ho idea di quanto, ma fino a quando capirai che la scorribanda sarà terminata.+ La interruppi. -E come farò a capirlo?- + Lo capirai,
lo sentirai gemere come un moribondo, e se tutto andrà come mi auguro che vada, anch’io guairò, ormai mi conosci!+--Ascoltavo in un silenzio pesante. + A quel punto, se avrai deciso di partecipare al banchetto ti precipiterai nella stanza con il pretesto che mi stavi cercando, ma prima di farlo dovrai meditare perché una volta entrata non potrai uscirne indenne...+ Ancora stordita dal godimento recente dissi -Ma tu mi metti paura!- + Non ce ne il motivo di averne, se farai le cose a puntino. La relazione tra di noi due, “lui e me”, e lo sai bene anche tu, è sotterranea e tale deve restare. Sarebbe una tragedia familiare se venisse scoperta. Per cui il fatto concreto che tu ci abbia scoperti in fragrante resterà una minaccia che ci perseguiterà per sempre. Anch’io in quel momento, dovrò fingere di essere terrorizzata per essere stata sorpresa da te, per cui o ti strozziamo o ti sigilleremo la bocca facendoti nostra complice. Dal canto tuo dovrai solo fare l’allocchita, la ragazzina che resta fulminata da un abbaglio improvviso, immersa in un quadro sensuale e piccante al quale non riesce a reagire perché nella sua intimità vuole esserne partecipe.
Se è successo a me per quale motivo non potrebbe accadere anche a te? E lui ci cascherà perché gli farà piacere credere che le stupide ragazzine stramazzino ai suoi piedi messe davanti al suo dio “Priapo”. + Fu come convalidare... come mia mamma un giorno mi disse...gli uomini sono come le fiere, hanno sempre bisogno di carne fresca.+ Se passerà questo messaggio il gioco avrà inizio e per la tua imene sarà cominciato il conto alla rovescia. E se lui dovesse restare terrorizzato, annichilito, impotente sul da farsi, sarò io a spronarlo suggerendogli l’idea di fotterti come unica rassicurazione per il nostro futuro. Così, io potrò godermi nel vederti sbattere da lui! Esattamente come tu l’avrai appena fatto spiandomi prima. Se invece deciderai di non entrare, quando lo riterrai opportuno te ne andrai senza, “ per nessun motivo al mondo “ farti scoprire. Bada bene che mi sto esponendo, eccessivamente, “ a un gioco pesante,” per cui cerca di non fare errori di sorta. Uno sbaglio e ci dovremmo tutti pentire amaramente. Se funzionerà, in seguito potremo godere di momenti idilliaci a tre. Una tresca che ci accompagnerà nel tragitto che ci condurrà nel mondo degli adulti. + Capivo che affinché potessimo procedere in segreto e in tutta tranquillità si fosse reso necessario un progetto, ma lei il tumulto del bisogno l’aveva portata a vedere più in là. Il tempo per me si fermò! Il mio cuore smise di battere pur sentendolo picchiare forte nel petto. Dovetti boccheggiare di stupore per la sua determinazione e la sua audacia, ma sapevo anche che vi era un tempo per ogni cosa e come nei campi si doveva attendere la stagione giusta. Era arrivata la mia? Ero gelosa di lei e non sopportavo l’idea che lei si concedesse a lui. La figura del suo nerbo mentre la stava penetrando mi assillava e mi perseguitava. No! Era troppo! non potevo sopportarlo. Ero mortalmente spaventata, non comprendevo a fondo se mi considerava cera da plasmare a suo piacere o ancora una pedina sulla sua scacchiera o se semplicemente volesse accontentarmi. Sembrava essere indifferente se avessi accettato o se avessi rifiutato. Una voce saggia mi suggerì di attendere prima di gettarmi in una avventura accettata solo perché spinta dall’entusiasmo e dalla quale, poi, non avrei potuto ritirarmi. Col cervello barcollante come se fossi ubriaca le chiesi -Se decidessi di entrare in questa stanza tu resteresti sempre con me?
Se tu resterai abbracciata a me mi sembrerà di farlo con te, e sarebbe molto più facile.- + Cicci, ci sono cose che non si possono dire, altre che non si possono insegnare, altre che non si possono trasmettere. Io resterò con voi due, non potrò andarmene perché, come ti ho già detto, voglio vedervi mentre starai con lui. Poi voglio essere certa che tutto proceda come previsto. E, fatto principe ci sarai tu sotto i ferri, e io non potrò aiutarti in nessun modo. In certi momenti si e soli, ed è giusto che sia così. + Quindi, sarei stata io, solo io, in quel momento, in quel preciso momento ad avere il compito di deliziare come una pari il mio disinvolto e occasionale ma autorizzato stupratore. Immaginai che il piano potesse funzionare ma c’era una falla, e la feci notare. -Che ci facevo io in casa tua quando tu sapevi di avere un appuntamento con lui? +Giusto! E’ un dettaglio al quale ci penserò e lo risolveremo insieme agli ultimi particolari prima del momento cruciale.+( continua 3)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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