Lui & Lei
Risposta a una email.

08.02.2017 |
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"Le mie peregrinazioni all’inizio gli dettero fastidio, ma poi il buon senso prevalse..."
segue da --un sogno-- email ricevuta.A te come va? Dormito bene? Altri sogni? Non mi racconti nulla? Sei quella che sei, niente di più e niente di meno. Puoi sempre fare qualcosa in più, non credi? Sbilanciati un po’ e raccontami di te.
Risposta.
Proverò a descriverti quanto ricordo di mio padre in modo semplice e divulgativo. Nel modo che riterrò più conciso e eloquente possibile. Le più alte priorità ritengo siano che egli come uomo era un grande lavoratore onesto e leale. La terra e gli animali sembravano essere il suo unico motivo di vita. Lavoratore indefesso, uno stacanovista nel vero senso della parola. La terra richiedeva una continuità dei lavori che non gli permettevano vacanze. Gli animali non conoscevano le festività. Per lui non v’era Natale, Pasqua, o capodanno. Una sola volta mi schiaffeggiò per un motivo che non compresi e non ne seppi mai la vera ragione. Supposi in seguito di aver pronunciato parole sconce o bestemmie, parole che io avevo udito e ripetute per schietto psittacismo, senza conoscerne il mero significato. Parole che devo aver rimosso e che posso solo immaginare perché non mi sono mai più riaffiorate alla mente. Un altro particolare che mi è rimasto profondamente impresso nella memoria fin dalla mia infanzia, risale a quando mi costipavo e soffrivo di mal di pancia. Metodicamente, a stagioni mi somministravano supposte di glicerina della Carlo Erba, una scatola di colore verde che ricordo benissimo. Era mio padre che me le infilava nel sederino. Cosa che inizialmente mi infastidiva perché oltre al disagio mi bruciava. In seguito, dopo i miei costanti piangi steri e robe varie, si esperì di lubrificare il farmaco. Non provando più fastidio mi adeguai e in seguito, ero arrivata al punto di simulare per farmelo fare. Un particolare molto nebuloso che ricordo era che oltre alla supposta avevo la parvenza che mi infilasse tutto il dito lasciandomelo dentro anche più del necessario. Successivamente mi vennero somministrati blandi lassativi e col tempo, crescendo l’inconveniente si dissolse fisiologicamente. Nella mia educazione mio padre usci di scena fin dalla prima adolescenza.
Le sue attenzioni erano rivolte a mio fratello maggiore che considerava il reuccio, quello destinato al proseguimento dell’azienda. Fatto che in seguito si verificò. Preferivo i lavori mascolini alle faccende domestiche e per questa anomala tendenza mia madre mi considerava una ragazzaccia, e non comprendeva che il mio comportamento era da attribuire all’invidia, alla gelosia, all’invano tentativo di emulare mio fratello, al desiderio di essere considerata. Insomma: c’ero anch’io. Una volta ricordo di aver tentato di pisciare in piedi come un maschio cercandomi il pisello, che ovviamente non trovai. Il primo orgasmo lo provai sui tredici anni con la complicità di una mia amica. Un’amica molto intrigante. Compagne di banco, mi confidò di essere stata stuprata dal cugino e con un elaborato, stuzzicante macchinazione mi propose di sottopormi alla stesso trattamento . Io per non essere da meno e eguagliarla accettai. Cosi, sempre all’età dei 13 anni persi la verginità.
Per avere alcuni vantaggi o benefici come dir si voglia negati a una ragazza di giovane età, stimolai mio fratello offrendogli le mie grazie in cambio della sua collaborazione . Cortesia che lui apprezzò e dopo un periodo di apprendistato, dopo una pratica continua, l’esperienza, gli accorgimenti nel fare, hanno dato come esito una sorta di inventività continua. Io mi davo da fare per rendere più agevoli le manovre mettendo in uso gli strumenti necessari. Con l’avanzare delle sperimentazioni arrivò ad esercitare su di me una forte influenza fino al punto di considerami un suo giocattolo privato, uno zerbino da pulirsi i piedi. Tre anni più grande di me, invece di farsi le seghe come alla sua età abitualmente accadeva ai giovani polloni, lui si divertiva ad usare il mio corpo per sfogarsi. Anche due volte al giorno. Io mi concedevo alle sue voglie, unico requisito imprescindibile era che usasse il profilattico. Vivevo nel terrifico timore di restare pregna o di essere scoperta dai nostri genitori. Una vergogna a cui non sarei sopravissuta. L’incestuosa litania continuò per alcuni anni. Fino a quando un pomeriggio mia madre che a quell’ora abitudinariamente aiutava mio padre, tornò dai campi imprevedibilmente perché si era ferita una mano e solo per pochi minuti non ci scoprì in fragranza di reato. La batosta fu talmente improvvisa e violenta che mio fratello, pur avendo la sensibilità di un elefante e il campo visivo di una zanzara, non riuscì mai più ad avere una erezione: almeno nei miei confronti. Così il mercimonio ebbe un ribaltone, ma ormai io avevo raggiunto l’età dei 16 anni e mi ero fatta una mia vita privata segretissima e parzialmente indipendente. Ero maturata e non necessitavo più dei suoi favori pertanto l’interruzione fu per me come una vera liberazione, e, continuo a chiedermi come sia stato possibile il compimento di una ignominiosa, esecrabile condotta. Vieppiù lui si era fatto una fidanzata ma non ho mai saputo se contemporaneamente scopasse anche con lei. Che dire: acqua passata non macina più. Ma ho anticipato i tempi e ritengo necessario ritornare indietro, a quando avevo ancora 13 anni. Anno in cui si decise il destino della mia vita. Fuori dall’ambiente familiare ero timida, insicura, estremamente emotiva. Una deliziosa ragazzetta con il candore dell’età e dell’ingenuità, trapelavo la figura di una ninfetta fresca e invogliante. Solo in ambienti e compagnie con le quali ero affiatata e certa di essere accettata, esprimevo le mie capacità che spesso emergevano dalla media. In quel fatidico anno accadde un fatto eclatante. Un giorno per un puro caso incontrai un uomo, un idraulico, con cui già in un recente passato avevo avuto a che fare, un uomo adulto che mi aveva tutelata e suggerito preziosi consigli. Approfittai dell’evento fortuito per esprimergli la mia riconoscenza dicendogli che non sapevo cosa fare per dimostrargli la mia gratitudine. (sarebbe troppo complesso spiegarti di cosa sto scrivendo, ma con un po’ di immaginazione puoi arrivarci da te, oppure puoi andare nel sito e leggere le mie prime esperienze) Sta di fatto che senza esitazione mi rispose che non dovevo preoccuparmi, che potevamo continuare quello che lui aveva cominciato. Mi disse che in me aveva fiducia in quanto avevo saputo tenere la bocca ben chiusa su quell’atto esecrabile nel quale si era lasciato trasportare, e che doveva essere lui a ringraziarmi. Sconvolta e sorpresa restai lì perduta in me stessa. Mi sentii sollevata da terra come se stessi venire meno. Tutto avvenne così all’improvviso! Mi lisciai la fronte con un gesto teatrale e dopo un profondo respiro cercai di dominarmi. Con un filo di voce squittii che ero troppo giovane, che avevo intatta ogni mia virtù fisica e morale, che mai mi sarei abbandonata a simili sconcezze, specie con un uomo molto più grande di me. Per concretezza affrontò subito lo scoglio, così mi confidò la sua età, ebbene, non ci crederai, ma aveva esattamente trent’anni più di me. Sebbene ormai il mio corpo fosse stato ampiamente usato e fossi ormai esperta di sesso ne rimasi folgorata. Egli non finì di sorprendermi iniziando un lungo discorso esprimendomi la sua logica sulla virtù. Mi disse che giacché ero una ragazza ben fornita di materia grigia, non sarebbe stata la scelta della strada della rettitudine che mi avrebbe giovato. In un mondo sano me l’avrebbe consigliata, ma in un universo marcio in cui tutti vivevamo non poteva che indirizzarmi che verso l’immoralità. Che era sciocco non fare tutto ciò che possa riuscire utile e gradevole, qualsiasi siano le dighe che occorre abbattere per riuscirci. Lusingato per aver già detto abbastanza per persuadermi avanzò le sue offerte e idee concretamente. Zittita e attonita ascoltai le sue proposte. Mi disse che poteva procurarmi un lavoro nella sua azienda, poco impegnativo, fittizio, atto a dissimulare il nostro occulto intrallazzo, aggiungendo che sarebbe stato ben redditizio per la mia giovane età. L’azzardo lo incorreva lui poiché aveva moglie e una figlia e fatto minatorio io ero una minorenne, ma avendo fiducia in me era disposto a rischiare. Come un torrente in piena continuò col dirmi che poteva farmi avere la pillola anticoncezionale, con i profitti e le sue “laute mance” avrei potuto iscrivermi nelle scuole che più preferivo senza più dipendere dai miei genitori. A quelle proposte di meretricio arrossii e mi sarei risolta volentieri alla fuga: ma qualcosa mi trattenne e restai. Mi limitai a borbottare che mi sentivo onorata dal rischioso e temibile sacrificio con cui intendeva onorarmi, ma che non potevo accettare e che comunque ci avrei meditato sopra. Tuttavia per qualunque decisione avessi optato sarebbe servita l’approvazione dei miei genitori, (ovviamente solo per quanto riguardava il lavoro). In pectoris avevo già accettato. Ma che dovevo fare? L’idea di avere la pillola era stato determinante. Avere a disposizione del danaro tutto mio era una circostanza talmente allettante che non potevo rifiutare. Alla mia vista era solo un attempato, con in testa molti capelli grigi, ma che differenza potava fare? Avrei solo dovuto aprire la bocca, aprire le gambe e tutt’al più chiudere gli occhi.
Mi misi a pensare cosa avrei provato quando per la prima volta mi sarei abbandona al vizio. Mi vidi subito trascinata via dalla corrente, senza poter raggiungere la riva. L’orrendo stato di necessità in cui mi trovavo (mio fratello si stava dissanguando per l’acquisto dei profilattici), la gratitudine e diciamolo pure il profitto che avrei avuto da questa nuova occasione, sfumarono in qualche modo i miei scrupoli e favorirono la mia decisione. Certo che dovevo tenerlo sulle spine per qualche tempo e rettificando la mia precedente reazione, rinfrancata, replicai che al momento ero disorientata e dovevo organizzarmi mentalmente. Descriverti per filo e per segno quanto e seguito negli incontri successivi sarebbe un’impresa da scrittrice provetta, una storia sicuramente prolissa che richiederebbe un capitolo a parte. Per cui ti descriverò la cronaca secca in un riassunto succinto e spero a te comprensibile. La conclusione fu che dopo un paio di mesi divenni ipso fatto la sua amante e puttana. Per il lavoro ci vollero alcuni mesi, il tempo necessario per concludere l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Con lui provai grandissime soddisfazioni e non solo nell’ambito della terra delle scopate. In lui trovai un perfetto gentiluomo, molto colto, educativo, mi istruì nella contabilità, mi diede sicurezza, ordine e metodo. Aveva scoperto in me la ragazzina che chiedeva affetto e attenzione e per averlo era disposta a ingannare e ad abbagliare chiunque. Certamente non eviterà di stupirti che una campagnola tutta burro e marmellata come ero io potessi prendermi come amante un uomo con il triplo dei miei anni. Tuttavia avvenne. Devo ammettere che dapprincipio lo trovai repellente e ne subii i toccamenti solo in considerazione del profitto che ne avrei ricavato. Questo un po’ mi umiliava perché ero costretta a fingere, ma poi il suo corpo, la curiosità di provare come sarebbe andata a finire un’avventura tanto nuova per me, mi lasciai rimorchiare sul suo furgone e finimmo nel suo ufficio adattato a casa di piacere.Egli mi considerava una pulzella di primo pelo e devo riconoscere che fu molto comprensivo e per non traumatizzarmi procedette gradualmente. Quello che mancava a lui come giovane era compensato dai vantaggi dell’esperienza, dolcezza, buona educazione, e, soprattutto da una straordinaria capacità di capirmi. Da lui imparai, con tanta soddisfazione, che anche io meritavo delle attenzioni. Da allora migliorai quel tanto che mi rese sicura di me stessa dandomi delle direttive su quello che volevo e cercavo. Fu lui a farmi capire che il sapere fa bene quanto il piacere fisico e che le due cose non sono incompatibili. Fu lui a indirizzarmi alla scuola che più riteneva congeniale al mio carattere e alle mie attitudini. Dopo alcuni incontri del tutto “amichevoli,” si era reso conto che mi sentivo a mio agio e avevo acquisito la sua fiducia, e, a poco a poco i discorsi divennero più frizzanti. Vedendomi rilassata e serena, mi ritenne pronta e solo allora incominciò con primi palpeggiamenti. Poi la curiosità di vedere come ero fatta sotto mi convinse a togliermi qualche indumento. Uno dopo l’altro fino a che restai completamente nuda. Stesa su di un tappeto, lui mi contemplava facendomi assumere tutte le posizioni immaginabili. Solo nell’incontro successivo, dopo essermi denudata, incominciò a baciarmi dappertutto e a toccarmi con una tale e squisita malizia che mi sentii morire di rabbia e di eccitazione quando trascorso il tempo utile dovetti rivestirmi e risalire sul furgone, ove, nascosta nel vano attrezzi tra tubi e attrezzi, mi ricondusse nel parcheggio del cimitero che, tra auto parcheggiate ne sgusciai fuori dalla porta laterale rendendomi invisibile anche al più abile segugio. Nell’incontro successivo dopo avermi lui stesso denudata, mi chiese se gradivo la cioccolata. Trovai la domanda bizzarra, ma non capendone il fine gli risposi con un semplice --certo!-- A quel punto prese un cioccolatino da un cestino che teneva sul tavolo per la clientela e senza esitazioni si slacciò la cintura e si abbasso i pantaloni. Non conosco le parole per descriverti la mia teatrale messa in sena. Feci l’arrabbiata e l’indignata per la sua volgarità, ma lui sembrò non farci caso. Si posò il cioccolatino sulla testa rossa corallo del cazzo e lo schiacciò facendone uscire il succo per poi spalmarlo impastato al cioccolato su tutta la sua lunghezza. Mi afferrò per i capelli senza tante cerimonie mi disse, *ora prendilo in bocca e leccalo* - - ma, ma, io non, non,-- *va bene, ho capito! Segui le mie istruzioni* Sentenziò. Credendomi una novizia mi diede le prime direttive che seguii con tanta devozione che poté avviare e concludere soddisfacentemente quello che fu il nostro primo bocchino. Inginocchiata davanti a lui, immobilizzata sentii il suo dardo pulsare. Sapevo bene cosa stava accadendo, così, mugolando, mi preparai a ricevere la mia dose mi melassa, ma resistetti impassibile fino a quando percepii il suo graduale sgonfiarsi. Non fu una novità trovarmi con la bocca piena del viscido liquido che mi aveva iniettato e esitante non seppi che fare. Per non palesare le mie abilità e conoscenze in materia mi limitai ad alzare gli occhi in un implorante sguardo,- come per dirgli- --cosa mi hai fatto? Cosa mi hai schizzato in bocca? E cosa devo farne? -- Mentre, con ancora il cazzo tra le labbra alzai il volto, una parte del suo sperma al cioccolato mi andò di traverso e non ebbi altra scelta che tossire. Una cascata di brodaglia mi uscì dalla bocca e una parte la ingoiai. Alcuni colpi di tosse -vera- mi fecero diventare rossa il viso ancora di più di quanto già lo fossi. Lui non riuscì a trattenere una risatina, sudato e apparentemente prostrato si dimostrò molto soddisfatto. L’illusione fu completa, non dubitò mai di essere stato il primo a ficcarmelo e a venirmi in bocca. Si scusò per il disagio che mi aveva causato, ma ormai, -mi disse- che avevo imparato e da quel momento non avrei più incontrato difficoltà. Io accettai senza commentare il suo per così dire: punto di vista. In amore e in guerra chi si ferma è perduto. Ancora una volta il tempo mia disposizione stava scadendo e non era ancora giunto il momento propizio di estinguere l’incendio che aveva alimentato tra le mie gambe. Ancora una volta, dopo essere divenuta zuccherosa, calda e ben disposta, frettolosamente dovetti prepararmi per il viaggio del ritorno. Successivamente, come promesso arrivarono le pillole anticoncezionali che non mi fu mai dato a sapere come e da dove arrivassero. Arianna: 28 pillole con tanto di istruzioni rigorosamente dettagliate e avvertimenti da eseguire in caso di vomito o diarrea. Non ebbi nessun effetto collaterale, così arrivò il momento di incastrare l’ultimo tassello. L’episodio che lui anelava raggiungere. Con l’ansia di un nuovo inizio le preghiere si smorzarono davanti a un uomo molto eccitato dalla verginella tredicenne che gli stava davanti. Credendomi ancora illibata si era preparato ad una azione incalzante sapendo bene che aprirmi la strada avrebbe triplicato il suo divertimento. Le parole non sempre possono spiegare. Descriverti i preparativi, lo stratagemma che inventai per non pregiudicare la mia integrità verginale sarebbe una odissea nella quale non intendo cimentarmi. Tra l’altro, quello che è accaduto in quella che io definisco “nella terra della scopata” mi è difficile da ricordare. Quello che ho fatto, quello che ho detto, quello che ho urlato. In quel momento le parole rotolarono fluide, mi uscirono a fiotti tra le labbra, parole che ora non riesco più a ricordare. In quel momento la mia vita era alterata e mi servirebbe una intera stagione per ricomporla. Una fatica che forse un giorno tenterò di scandagliare e allora la conoscerai anche tu. Sono uscita dal solco ed è tempo che concluda il mio racconto. Quando alla fine delle scuola media incomincia la mia prima attività lavorativa come sua dipendente -anche se a poche ore alla settimana-, con quel pretesto non dovevamo più occultare la nostra cospirazione. Così invece di dedicarmi alle scartoffie come convenuto e senza temere le conseguenze spiacevoli che i nostri incontri potessero fare insorgere congetture. Erano ormai alcuni mesi che trascorrevo con il mio maestro di lussuria, dotato di una incredibile facondia, con un motore di tutto rispetto -di quelli che sapevano mantenere una buona andatura senza fondere a metà gara- e un particolare interesse per le ragazzine. Fu un periodo trascorso molto piacevolmente tra i divertimenti più disparati e lui pagava bene la mia compiacenza a ogni suo capriccio. Gli piacevo tantissimo, diceva che trovava in me la varietà che aveva inutilmente cercato in altre, cessando così l’abitudine di cercare sempre novità in altre femmine. Quando tornavo a casa cadevo tra le grinfie del mio consanguineo che a sua volta abusava di me. In certi giorni mi trafiggeva quando ancora ero grondante dei precedenti amplessi. A tutt’ora mi chiedo se non ero io che mi facevo abusare. Quando lo facevamo non avevamo l’ardire di guardarsi in faccia, cosi mi prendeva dove capitava, ma da dietro. Accovacciata come una gattina o a 90 gradi appoggiata a un tavolo o aggrappata al bidè o al lavandino. Non mi portava riguardi come se fossi un oggetto, una bambola, un animale addestrato a scopo sessuale. E, ambedue, con l’orecchio teso, avevamo molta fretta di concludere. Io non provavo niente, semplicemente lo lasciavo fare: era solo una sega che invece di farsela a mano usava la mia fessa. Io, chiudevo il rubinetto e scappavo con la mente altrove sperando che venisse il più presto possibile. Lui non seppe mai del mio amante né che assumevo la pillola. Lo prendevo solo con profilattico (l’uso della pillola era un mio segreto ed è comprensibile che facessi ogni cosa per mantenerlo tale.) e siccome lui tirava avanti con le solite esili mance dovetti pure sovvenzionarlo con i miei lauti proventi perché potesse continuarne l’acquisto. Poi, in seguito, avvenne quello che già ti ho già descritto e le nostre vite divennero indipendenti. - Ma è tempo che torni al mio racconto. - Nell’estate mi iscrissi, seguendo il consiglio del mio amante, evinto dalla considerazione che avessi più propensione per la manualità che dedizione allo studio, a una scuola professionale. Fu uno sconvolgimento radicale. La mia amica di merende, Dxxx, complice delle più svariate marachelle, proseguì per scuole superiori andando a nord, io invece mi diressi verso il sud. Fu una prova titanica, da sola non sarei mai riuscita a superarla. Mio fratello che tanto mi doveva, -roso dai sensi di colpa nella convinzione di avermi depredata della mia purezza- ancora una volta mi fece da scudiero e riuscii a superare i primi scogli: poi una volta ambientata avvenne tutto da se. L’impegno scolastico durò tre anni e alla fine conseguii il diploma di qualifica professionale di modellista. A17 anni trovai lavoro in una piccola fabbrica nel Modenese. Nella mia vita le occasioni e gli eventi sono sempre capitati come per magia, così accadde che nei miei 18 anni la mia dea protettrice compì un altro prodigio. Un imprenditore di una rinomata fabbrica del settore tessile e della produzione di articoli di moda, si presentò personalmente sulla soglia di casa mia a propormi un impiego nella sua grande ditta. Offerta che accettai con entusiasmo. Appena mi fui adattata al nuovo ambiente avvalendomi della mia libertà sentimentale mi scelsero per sguinzagliarmi in trasferte per le varie mostre e fiere a cui la ditta partecipava. Esse si effettuavano con programmazioni stabilite in varie città, come Parigi, Milano, Torino. Io accettai euforica, a patto di non dover affrontare da sola i primi approcci. La mia insicurezza era viscerale e non mi aveva ancora abbandonata. Mi fu risposto che non sarei mai stata sola in quanto avrei avuto l’appoggio di un/una collega già esperto/a e nei viaggi avrei avuto la compagnia dei camionisti incaricati del trasporto delle merci da esporre. La mia vita ebbe una svolta. Lo stipendio con le trasferte si raddoppiò. Ma fu anche una gran fatica! Conobbi nell’ambiente gente di ogni genere. Lesbiche, gay, gigolò, avventurieri di ogni tipo.
Come una ingenua pollastra che la sera vien dalla campagna per rifugiarsi sulle pertiche del pollaio, persi le prime piume. Non conoscevo le conseguenze che potevano avere le cenette e certi prelibati spumanti, né ero avvezza ai loro effetti insidiosi, né alle confusione che avrebbero influito a tarda notte sulla scelta delle proprie stanze. Impossibile descriverti quello che accadeva tra quelle pareti, se cerco di scriverlo mi tremano le mani e riesco a buttar giù solo banalità. Ma come mi diceva mio nonno -in ogni nuova esperienza avrei dovuto pagarne il fio-. e continuava dicendomi che la “sviluppina” non la vendevano in farmacia. Ti assicuro che imparai presto l’antifona.
In quel mitico periodo tutti mi cercavano e mi coprivano di grandi elogi, molti mi facevano regali costosi che io poi vendevo perché in contrasto con la mia modesta persona. Io ringraziavo con l’unica cosa che possedevo. A quel tempo le scopate che pigliavo erano troppe per poterne trarre il conto. Non mi preoccupavo delle malattie, anche se avrei dovuto farlo, confidavo nella fortuna e mi lasciavo chiavare: nel vero senso della parola. Vorrei dirti di più ma le espressioni più profonde non riesco a esprimerle. Invece i rapporti con il mio anziano spasimante non cessarono mai. Le mie peregrinazioni all’inizio gli dettero fastidio, ma poi il buon senso prevalse. La grande differenza di età non ci permetteva altro che incontri clandestini: anche se eravamo entrati in una tale confidenza che tutti si erano abituati a vederci insieme senza che qualcuno ci trovasse qualche cosa di scandaloso. Si rassegnò e divenne mio complice. Gli raccontavo quello che mi facevano gli altri uomini con cui stavo, e lui si eccitava, gli si innescava la reazione rabbiosa e diventava aggressivo, poi in un crescendo di accuse e insulti reciproci mi fotteva con una violenza che rasentava la barbaria . E mi scopava, scopava e scopava. I nostri incontri non hanno mai conosciuto la fine, e ancora oggi -nonostante la sua avanzata età- (e quella muta ogni cosa) ci vediamo o ci sentiamo quotidianamente essendoci ormai consolidati elusivamente sulla fiducia reciproca e reconditi segreti indicibili. Segreti che ora ardo dalla voglia di raccontarli a tutti. E siccome tu sei il primo a conoscerli, mi risponderai: “perché nel profondo sei la madre di tutte le troie”. Le incognite sono talmente difformi che, anche se lo farai, non mi turberai. Quel genere di vita resistette per quasi una ventina di anni, nei quali guadagnai più quattrini di mio nonno, mio padre e mio fratello sommati assieme. Grazie alla mia origine contadina vissi più da formica che da cicala e ora posso vivere senza preoccupazioni economiche. Ho conosciuto la frenesia del successo, poi la crisi economica, una conduzione sbagliata e andò a finire che la ditta fu costretta a fallire. Ora resta il palazzo abbandonato con macchine e mobilio che si erge come uno spettro. In quella fabbrica mi ero consacrata con tutte le mie capacità dando il meglio di me stessa senza alcuna riserva e se prima conobbi l’ebbrezza del successo, alla fine ho conosciuto l’isolamento, la frustrazione, la depressione. E tu sai che le persone depresse vengono allontanate perfino da chi vuole loro bene, perché il loro stato può rivelarsi insopportabile. Ma che ci posso fare? Mi servirebbe un compagno, ma gli uomini che si presentano sono divorziati con complicazioni di moglie, tribunali e figli da mantenere in cerca di un alloggio gratis. Un’altra categoria è fatta di imbroglioni, specialisti addestrati all’uso del cazzo e nell’arte di scopare che mentre mi stanno fottendo pensano già all’altra con cui stanno chattando. Altri, sodomiti incalliti sempre alla costante ricerca dell’inculata, come se fosse la panacea di tutti i mali o l’elisir di lunga vita. Una bella lubrificata, un bel servizietto, un po’ di bruciore e: la messa è finita: figliuola, ora puoi anche andare, depauperata, sottomessa, umiliata come una schiava: ma in pace! Non mancano quelli pieni di complessi che non hanno mai avuto una donna vera, o quelli che cercano tra le mie braccia e le mie poppe l’affetto materno un tempo a loro negato. Gli uomini per bene sono timidi o mi ritengono lercia e se ne stanno lontani. Uomini dai mille volti, ma tutti figli di Adamo, non avrete il mio culo. Ora sono così distanziata da quella vita che mi sembra di vivere su di un altro pianeta. Sono quella che qualcuno ha plasmato, che ha costruito con tutto quello che ho fatto e tutto quello che mi porto addosso. La mia vita scorre lentamente, il mio motore si è spento, sono in folle. Eccomi! Ora mi conosci. Conosci la mia verità e come te forse la conosceranno in tanti perché ho intenzione di pubblicare questo scritto in rete. Perché ho scritto non solo per te, né l’ho fatto per il pubblico anonimo che lo leggerà. Non l’ho fatto nella aspettativa di sentirmi inneggiata per aver suscitato in loro pensieri sconci e fantasie erotiche. Ho scritto per auto terapia consigliata dalla mia strizzacervelli, una lesbica sfegatata, una dottoressa che mi dispensa analisi freudiane, junghiane, reichiane, la quale mi ha assicurato che confidarsi, dire la verità guarisce più di qualunque altra terapia. Contribuisce ad alleggerire il sacco di sassi che mi porto appresso senza averne coscienza ormai diventato troppo pesante. Ho perso il tram che si chiama desiderio. Con la malinconia nella mente, con tanto affanno nel cuore, isolata dagli uomini e dal sesso, sono conscia nello sconcerto di sapere che probabilmente resterò sola per il resto della mia vita e che forse nessuno mi scoperà più fin che campo. Ci vorrà pazienza, ma almeno vivrò: e questo è già qualcosa. Amichetta.
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Bravissima sei riuscita a buttar fuori la tua esistenza, ti faccio i miei più sinceri complimenti. Nonostante il tuo trascorso piuttosto bizzarro e nello tempo intrigante sei riuscita a descrivere tutti i tuoi stati d’animo. Con la tua curiosità ed il tuo desiderio di sperimentare il piacere e poi tutte le altre emozioni di gioia, paura, rabbia, rancori, delusione ed al fine dolore e frustrazione. Non ti sei fatta mancare nulla sia dal lato fisico che mentale. La tua vita è sorprendente e non so quanti esseri umani abbiano fatto una vita così piena come la tua. Secondo me non dovresti condannarti ne biasimarti, hai vissuto intensamente e dovresti essere orgogliosa del tuo vissuto anche se non è stato come sognavi nel tuo pieno fulgore. Il principe azzurro esiste solo nelle favole e tu hai vissuto una vita da favola: dall’incesto alla depravazione. E’ normale che dopo aver vissuto intensamente gioie e dolori c’è un momento di pausa che solitamente porta depressione ed anche a stagnazioni con patologie importanti se no c’è l’alternativa della reattività. Con il tuo espletamento sicuramente ne avrai un giovamento(è come levarsi un nodo alla gola e poter finalmente parlare) Hai riesumato ed rielaborato dei momenti della tua vita che non hai mai confidato ad alcuno e questo ti da modo giustificare persone che hanno influito nel tuo percorso di vita e ti hanno fatto vivere esperienze che sembravano al momento negative. Ora c’è da fare lo switch per proseguire il tuo nuovo percorso di vita, occorre giustificare e perdonare tutte le persone che ti hanno influito negativamente nel passato, causando il problema che hai attualmente. Sei coraggiosa e puoi farlo se vuoi. Bacio, bacio, bacio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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