Lui & Lei
l'amico.2

30.08.2016 |
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"Poi avvenne che dopo un attimo, con un definitivo spintone me lo conficcò dentro e oliato del mio stesso sangue, con un tonfo sordo entrò tutto in me:..."
segue da l' amico.1) Con la lingua mi stava leccando l’interstizio tra i due orifizi e mi teneva una mano conficcata in una chiappa. Mi infilò il pollice dell’altra nella fessa, da sotto e incominciò a dimenarlo su e giù, mentre con l’indice mi solleticava la fessura sfiorandomi il pistillo. Un bagliore riverberava al mio interno provocandomi una indecifrabile tormento erotico. Nella stanza si udivano solo i miei muggii, rumori cupi e prolungati mentre il mio corpo si dimenava, sussultava ormai libera da inibizioni. Mi lasciò la natica e usò la mano per battermi, da sotto, sul monte di venere facendomi scorrere dentro due dita dell’altra mano in un movimento veloce. Mugolando gli dissi, --Si! Mi piace, dai, continua così.-- Inarcai la schiena mentre stavo crollando sotto lo stimolo spietato delle sue dita e si stava annunciando un orgasmo in cui sarei precipitata in coma per alcuni minuti, ma quando percepì il mio delirio cessò d’un tratto la sua attiva laboriosità e mi disse + ti piaceva è brutta troia.+ Il suo torbido gioco non si era ancora concluso. Era come se mi avesse infilato un rostro nel mio ventre e l’avesse girato cercando il punto in cui produceva più dolore. Tutti i miei pensieri, tutta la mia energia era sottosopra. Le parole mi uscirono dalla bocca prima di averle pensate --Noo! Maledetto vigliacco. Perché ti sei fermato! Stavo per precipitare nel delirio vero e proprio. Stavo per venire, ma che vuoi da me! Te l’ho sorbito tutto senza fare opposizione, mi hai presa senza scrupoli e protezioni come se fossi il mio uomo, ti prego! Fammi godere almeno una volta, ti supplico!-- Ormai illanguidita, avevo la faccia pressata alla poltrona che mi ribolliva; sicuramente ero diventata rossa come un gambero. Ruminando in un gorgoglio appena decifrabile mi rispose che era ancora presto e che non aveva ancora deciso cosa fare di me. Rassegnata, gli dissi, --sono stanca di stare a 90°, è tutta sera che mi palpi il culo-- Mi rispose + Preferisco il tuo culetto al tuo bel visino, non voglio essere intontito dal tuo bel faccino, tutto candore e rettitudine.+ -Lo interpretai come un complimento. Dove lavoravo apprezzavano il mio posteriore valutandolo come il più attraente della fabbrica, e dovevo ammettere che non mi dispiaceva sentirmelo ripetere. -Quella sera, era lui che dava le carte e lui conduceva il gioco. Usava il mio alveare ma il miele lo distribuiva lui.- Sentivo le sue mani vellicarmi mentre me le faceva scorrere sui fianchi, sulle natiche, tra ripostigli e ineffabili pieghe segrete. Sensazioni inebrianti incominciarono ad avvincermi nuovamente. Mi spinse la camicetta fino a coprirmi la testa e le sue mani corsero alla ricerca delle tette che alzai per facilitargli la presa e nel contempo mi posò il suo cetriolo ancora gonfio tra le natiche sfiorando, a lei, le labbra umide. Fu come ricevere una folata di vento sulle mie braci che sotto la cenere erano ancora ardenti e tornai ad attizzarmi nella mente e nella carne. +E’ così che ti voglio, sei meravigliosa, maliziosa, una maestra di inganno, un bocconcino prelibato, una leccornia da cucinare a fuoco lento, mi piacciono le ragazze come te, tutta innocenza e pudore fuori, piena di fuoco e passione dentro, voglio sentirti ululare come una cagna.+ -Rapita dalle sue parole al limite della fantasia e della perversione si risvegliò in me una volgarità che rese turpe ogni mio respiro.- -- Allora prendimi, sfondami, fottimi, voglio il mio cagnaccio, fammi ululare come una lupa in calore.-- Mi lasciò le tette e mi prese per i fianchi, percepii la sua cappella affacciarsi al davanzale del mio rifugio peloso. Mi spalancai per accogliere il suo serpentone che lentamente scivolò nel mio corpo riempiendomi i vuoti dei quali mi ero scordata l’esistenza. Il va e vieni si operava con abilità consumata. Ah!..Ah!.. Fermati in fondo!...Ahi! Ahioo. Oh! Che infernale lubricità. La mia ragione si perse, quei trasporti, quegli affondi furibondi e brutali mi davano le vertigini. Lui era bestialmente furioso, lo immaginavo a denti serrati in preda a una sensualità delirante. Ero tormentata da un desiderio opprimente ma l’apoteosi restava una chimera.- Mi immobilizzò con una presa rapace e appoggiò un ginocchio sulla poltrona, poi mi diede una ulteriore spinta che raggiunse il punto più profondo della mia vagina, ivi si fermò per il tempo di un sospiro di piacere per poi cominciare a muoversi ritmicamente con colpi regolari. Ansimavo contraendo i muscoli per involgerlo, fonderlo alla mia carne, invece sembrava a farlo ingrossare e aumentare la velocità dei suoi movimenti. Mi meravigliai che il mio ventre potesse assorbire colpi di ariete tanto profondi, era da molto che non veniva stimolato da uno sperone maschile di quelle dimensioni, né ricordavo da quando tempo i miei organi non venivano presi da tanto impeto e mi rallegrai riscontrando che non si erano atrofizzati. [Ora che i ricordi di quei giorni trascorsi sono stati risvegliati cercherò di riavvolgere come in una pellicola le condizioni in cui li ho vissuti. Convivevo con un uomo da alcuni mesi i cui attributi sessuali erano nella normalità, 15cm circa di lunghezza e meno di 4, cm di diametro. Una misura standard che andava bene e si prestava a qualsivoglia giochino. All’inizio della nostra relazione, come penso accada in tutte le copie i nostri rapporti erano frequenti. Scopavamo come due fiorenti coniglietti, ogni luogo e ogni momento era propizio per una sveltina. E aggiungo più che soddisfacenti. Non era fantasioso ne prolifico di preliminari ma con qualche suggerimento si adeguava egregiamente. Iniziavamo le danze con baci e carezze, poi tra soffici diversivi passavamo a più ardui lavoretti interessando ogni parte sensuale dei nostri corpi. Ci cimentavamo spesso nel metodo denominato nel gergo 69. Sapeva usare la lingua in modo divino, a volte perfino con una comica ricercatezza. E in fatto di guizzi e sondaggi mi fecero subodorare che poteva essere stato addestrato da una lesbica. Prediligeva usarla tra i glutei e io lo lasciavo fare fino a dove lo consentiva l’ombra della decenza. -Lettori: ciò non vi deve stupire perché lui mi aveva conosciuta come una innocente ninfetta.- Quando io ero pronta con i nervi del piacere ormai scoperti, come un turco vigoroso e raggiante mi affondava il suo spadone fino all’elsa dove il clima si era fatto temperato e per lui stimolante. Ma ahimè, aveva una eiaculazione abbastanza veloce, troppo precoce e non resisteva più di cinque minuti. Nei primi tempi dovemmo riparare nella seconda ripresa. Poi in seguito, regalandoci rapporti con maggior frequenza la sua performance migliorò e entrambi raggiungevamo il culmine del piacere. In seguito mi applicai alla posizione della smorza candela in cui io, sopra di lui riuscivo a gestirmi trovando un’intesa. Poi una volta che io avevo goduto, lui mi metteva a carponi con la faccia tra i cuscini, mi saliva sopra, mi apriva bene le gambe, poi me lo infilava da dietro nel caldo e ormai liquefatto alveo del mio inguine. Poi me le stringeva e con possente virulenza e, dopo pochi colpi ben assestati arrivava piuttosto rumorosamente all’empireo. Ma poi, col passar del tempo i grandi fuochi si spensero e ne restò soltanto la cenere. E, come in tante altre coppie (per sentito dire) accadde che il lavoro ci assorbì entrambi e le scopate si fecero carenti, sempre meno importanti e sempre meno piccanti. E il limitarli nel tempo contribuiva a un suo minor controllo. Non avevamo un programma stabilito ma di solito la sera destinata era quella del sabato.. Quando lo facevamo, sentirlo irrigidirsi, gemere, smaniarmi sopra, venire dentro di me, mi attizzava mente e carne. Io mi dimenavo come un’anguilla per un raggiungere un completo e reciproco godimento, ma il breve tempo a me dedicato spesso riscaldava la pentola senza riuscire a farla bollire. E io restavo a figa bagnata ma, per cosi dire: a bocca asciutta. Sui preliminari avevamo steso un velo. Quando iniziava a penetrarmi io non ero preparata, così quasi a secco, per entrare premeva senza troppi riguardi e con spintoni spesso per me dolorosi. A lui piaceva quel brutale metodo poiché mi diceva che a lui sembrava di sverginarmi tutte le volte che mi scopava. E io babbea, lo accettavo. L’eccitazione che raggiungevo non era sufficiente per farmi sfogare nell’orgasmo e allora avevo appreso il modo di fingere un piacere che non provavo e spesso inibivo al nascere sapendo che il vero non sarebbe mai sopraggiunto. Un terribile e ignobile inganno che non gli ho mai rivelato. Lui vedendomi trasecolata si era convinto di avere con me una buona intesa e non si preoccupava d’altro. Quelle volte che raggiungevo un livello di eccitazione che rasentava il culmine, andavo in bagno e sola, sola, con consistenti manipolazioni di mente e di corpo mi finivo in un compiuto silenzio. Il mio portamento da fanciulla casta e virtuosa giocava a mio sfavore, temevo che se mi fossi lamentata o avessi fatto richieste sarebbero state per lui considerata una indecenza e la mia immagine si sarebbe vorticosamente dissestata. Agiatezza, sicurezza, tranquillità avevano sopperito alle delizie della libido che, non più stuzzicata, si era stagnata. Mi aveva conosciuta e avevo assunto con lui un certo comportamento e a quello dovevo restarne coerente. L’evento inatteso di quella notte avrebbe potuto modificarne il mio: il nostro destino. E temevo che sarebbe stato per sempre. Per il mio uomo era la seconda convivenza, per me era la prima. (Considero superfluo addentrarmi in questa sede.) Se il mio compagno fosse tornato in quel momento sarei morta di vergogna: se prima non mi avesse sgozzata. Comunque non sarei più stata sua e avrei dovuto andarmene la sera stessa.] Ma, tornando a quella sera, in quel momento io mi ero aggrappata alla poltrona come a una roccia sicura e mi lasciavo tormentare interrogandomi se prima di andarsene mi avrebbe lasciato le sue tracce dentro alla mia intimità. Mi ero dedicata a lui, accondiscendente e rassegnata a ogni eventualità, avevo preso tutto il suo cazzo dentro di me con tanta passione e tanta speranza di avere almeno un orgasmo sentendomi bella piena come da tempo non provavo. Di questo mi ero persuasa di averne acquisito il diritto e considerando l’azzardo e le insidie che incombevano su di me (e su di lui) di essermelo pure guadagnato. Orgasmo, che ormai lo percepivo incipiente e entro breve tempo di certo mi avrebbe saziata. La posizione in cui mi penetrava non mi solleticava direttamente la gemma pregiata, ma le notevoli dimensioni del suo arnese di lavoro, attraverso le pareti della vagina, stimolavano le radici del punto nevralgico quel tanto che mi avrebbe concesso di scivolare, lentamente ma inesorabilmente alla esplosione tanto bramata. E una volta ridesta mi sarei sentita spossata come una preda plagiata e placata dal cacciatore. Quella estasi paradisiaca che da tempo si era ormai perduta nei meandri delle reminiscenze. Sarebbe stata quasi una rievocazione. Un accecante desiderio mi sprigionava brividi che diventavano via via più intensi, il muscolo pelvico si mise a pulsare ritmicamente, il momento culminante stava arrivando e non ci sarebbe più stato ritorno. Ma poi accadde che di soppianto, mi sentii prendere per le spalle e, girata violentemente alla mia sinistra sommergendomi di vituperi infamanti. + Brutta schifosa, una porcella come te va fottuta a quattro zampe come una animala.+ Senza esitazioni mi spinse in giù, fino a quando la mia faccia non aderì al pavimento. Per non schiacciarmi il naso girai il volto appoggiando la guancia destra sulle fredde mattonelle. Tutto il fuoco che avevo in corpo sembrò precipitarmi sulla fronte e un’onda fredda si insinuò violentemente tra le mie gambe. Avevo una voglia di godere da morire ma nel movimento mi aveva privato del manganello e la voluttà raggiunta stava regredendo. Arrabbiata e incattivita non sono riuscita a frenare le parole.--Maledetto figlio di un cane rognoso, cosa ti sei messo in testa! Sei un lurido bastardo! Mi stai rovinando la vita, ti stai approfittando di me in un modo indegno.-- + Stai zitta, brutta porca, sto soddisfacendo i tuoi pensieri e desideri proibiti, anche se negherai che ti appartengono. + -Quell’uomo sembrava superare ogni barriera e leggermi nella mente i pensieri più peccaminosi che provavo, essere presa a quattro zampe, come una bestia, come le cagne che vedevo da bambina nei campi o per le strade. Inutile negarlo, era una delle fantasie notturne, di quei sogni ignobili che, un tempo, ancora adolescente mi sconvolgevano e spesso mi toglievano il sonno.- Non tornò a penetrarmi ma si mise a giocherellare con i petali della mia rosa ormai spappolati. Mi chiese, + quanti ne sono passati di qui?+ Così, a freddo la domanda mi sorprese e gli risposi che avrei dovuto annoverarli e fare delle disquisizioni su cosa intendesse per “passati”. Gli spiegai che certi erano entrati e usciti, così, in pochi secondi, altri per minuti e altri dopo ore. Quali dovevo tenere in considerazione? Se li avessi contati tutti sarebbero stati numerosi come le stelle in cielo. Una sfottuta bella e buona, ma mi venne così . + Sei solo una lurida puttana!+ -- E tu un lurido maiale. Cazzo, come ti permetti, non sono una puttana che si vende, non lo sono mai stata, anche se ho accettato regali da qualcuno non mi sono mai venduta, mi credi o no! Ma almeno mi ascolti? Non ho mai abbordato nessuno, voi uomini siete tutti uguali, mi corteggiate, mi adulate, mi vezzeggiate, mi toccate e io cosa dovrei fare? Cosa credi che sia fatta di legno? E non sono neanche una bambola gonfiabile costruita per i vostri turpi giochi, ma che volete da me!-- Stavo per scoppiare in un fiume di lacrime. Tutta la mia energia era sottosopra mentre il nostro dialogo si era intriso di una volgarità che inibiva ogni respiro. Conoscevo gli uomini nel loro aspetto più degradato, ma costui superava ogni confine. + Quanti anni avevi quando ti hanno aperta la fessa! + Un’altra domanda inattesa e che mi sorprese. -- Vuoi dire quando mi hanno sverginata? Perché me lo chiedi! Cosa interessa a te! Vabbè, se proprio ci tieni a saperlo te lo dirò, me l’hanno chiesto in tanti che una volta in più o meno non cambia niente: e poi a me che me ne frega? Andavo ancora a scuola, alle medie, avevo appena compiuto i 13 anni-- + Lo sapevo che sei nata troia, brutta porca con chi l’hai fatto. Chi è stato quel degenerato bastardo che te l’ha rotta. + Ai suoi occhi incarnavo il vizio. La sua voce si era fatta gutturale e tradiva una folle esaltazione. Quella domanda avrei dovuto glissarla: o perlomeno sarei stata costretta a modificarne la verità. La verità era obliata in uno scrigno del quale avrei voluto rimuoverne la combinazione, ma episodi quasi quotidiani me la ravvivano. Chi era quel tipo che tanto mi disprezzava e tanto mi conturbava? Qualcosa o qualcuno lo soprapponeva e l’inglobava, qualcuno che aleggiava tra lui e me, senza che riuscissi ad averne coscienza. Un prematuro enigma che in quel momento non avevo alcuna possibilità di dargli una risposta. Comunque fosse io ci stavo e in quel momento ero completamente a sua disposizione. Ebbi una breve esitazione.Era una domanda di routine che sovente molti uomini mi rivolgevano aizzati da una morbosa curiosità di sentirselo raccontare e in quel caldo contesto in cui mi trovavo, provavo l'esigenza di rivelargli quel fattaccio che a loro avrebbe cagionato un mondo di goduria. E, allo scopo mi ero elaborata un vero episodio che avevo vissuto anni prima. =Un amico di mio fratello, un pomeriggio era venuto a trovarlo ma lui era assente, così, noi due soli nell'attesa che arrivasse, parlando e giocando seduti su di un divano ci lasciammo andare un tantino troppo. Avevamo iniziato a toccarci con le mani con dolci e appetitosi sfioramenti, poi lui divenne più arduo e passò agli abbracci e volgari palpeggiamenti. Io non ero preoccupata più di tanto, essendo entrambi vestiti cosa mi poteva capitare? Ma poi lui incominciò a pizzicarmi le cosce, poi le natiche e io lo lasciavo fare, tanto lui aveva i calzoni e io le mutande: mi sentivo protetta come se fossi in una botta di ferro. Il suo fare divenne sempre più imperioso e abbracciandomi stretta a lui si strofinava contro di me facendomi sentire un pacco duro nella patta dei jeans. Poi, d'un tratto incominciò a gemere, i suoi occhi si stralunarono, pensai che stesse tanto male o tanto bene. Stava bene: era arrivato al capolinea nelle mutande. Dopo esseri calmato mi chiese della carta per asciugarsi, poverino, il bagnato gli dava fastidio. Richiesta che subito esaudii. Spinto da un falso pudore si girò quel tanto da impedire a me di vedere, ma non reagì quando a mia volta mi avvicinai per guardare. Così entrambi soddisfacemmo esigenze e curiosaggini. L'arrivo dell'ignaro ritardatario (mio fratello) mise fine alla "vera storia"= Ma per i miei amanti l'innocuo evento l'avevo macchinato con un corollario più o meno variegato. Al vero episodio avevo aggiunto che , da ingenua com'ero non avevo previsto che certi giochini apparentemente innocui, avendo a che fare con materiale delicato e facilmente deteriorabile potessero diventare pericolosi. Accadde cosi(nella favola) che il mio spasimante, imbizzarrito come un cavallo si tirò fuori il battacchio e me lo sbatte tra le cosce. Nemmeno allora io ci diedi peso: tanto avevo ancora le mutandine, che poteva farmi? Niente, pensavo, ma mi sbagliavo. Con un impeto imprevedibile mi azzannò con una mano il cavallo delle mutande e in men che non si dica me lo lacerò e così mi trovai con la passera che all'aria svolazzava vulnerabile e ben esposta al cacciatore. Allora si che mi preoccupai. Dapprima mi sembrò un visitatore poco convinto, ma poi dopo un bombardamento di tentativi mi centrò la crepa della mia oscurità segreta che essendosi sufficientemente bagnata senza rendermene conto, dopo frettolose pungolate, nonostante i miei tentativi di negargli l'accesso si aprì, e lui me lo ficcò dentro tutto. Allora strillai come uccelli sugli alberi, ma ormai compresi che me l'aveva lacerata e non ci sarebbero stati punti di sutura per ricucirmela. Dopo appena un paio di minuti lo tirò fuori e spruzzò tutto il suo incenso dove gli capitò insozzando me e il divano. Di solito così finiva la mia versione dei fatti, ma in certe circostanze le mutavo a seconda del l'umore delle mie reminiscenze. Poi i miei amanti appena finito la mia novella, continuavano gli approfondimenti con le loro inevitabili, curiose, libertine, maliziose domande alle quali io rispondevo con cognizioni di causa e con tanta disinvoltura. La mia era una parziale e goffa macchinazione ma, l'incredibile era che tutti ci cascavano. Per il mio eminente primo attore con cui avevo a che fare sarebbe stata troppo banale, lui si meritava qualcosa di più salace, piccante e magari afrodisiaco. Così decisi di riepilogargli una "sorta di verità"(vedi le mie prime esperienze) con l'aggiunta di qualche ovvia censura e la scrupolosa soppressione di alcuni dettagli. La vera storia sarebbe stata di difficile comprensione, così la sintetizzai col raccontargli che ero andata da una mia amica e premendo il pulsante di casa non udii il solito din don. Pensai ad un ammanco di corrente, per cui essendo pratica della casa entrai da una porticina del retro che trovai aperta. Appena entrata udii dei lamenti. Preoccupata salii di corsa le scale dubitando che stesse male, ma quando arrivai nella sua stanza mi resi conto che stava più che bene. Giaceva sul letto con le gambe per aria con un uomo nudo che le stava di sopra. Appena mi videro il ragazzo si nascose dietro il letto e lei restò come impietrita. Che dovevo fare? La frittata era fatta e cotta a puntino. Dopo una breve conversazione avuta con lei che trovo inutile riferirti, compresi che venne colpita da un sensato e folle timore che smascherassi la sua tresca. Rassicurarla che sarei stata zitta su quanto avevo visto non servì a rabbonirla. Lei, astuta come una volpe, mi chiese se volessi provarlo anch'io. Sarebbe stata tanto generosa e altruista da prestarmi il suo ragazzo che per me si sarebbe sacrificato. Io l'avevo vista mentre se la godeva come una anitra che sguazzava nell'acqua, e così tanto per provare qualcosa di nuovo, un po' per cameratismo, un po' per curiosità, e dulcis in fundo per tranquillizzarla, le risposi: ok, va bene, e sia, ci sto! Ma ti avverto che non so niente di queste porcherie, non sono pratica! Ho! Tesoro, assolutamente non ti devi preoccupare, per questo ci penseremo noi due, siamo qui apposta! Vero? Rivolgendosi al ragazzotto che era ancora nascosto sotto il letto. Con una fretta del diavolo temendo in un mio ripensamento, impudica, ancora tutta nuda mi coricò sul letto dove prima dove prima giaceva lei. Mi ribaltò bene le sottane e mi tolse le mutandine, mi mise un cuscino sotto il culetto e mi disse: "così starai più comoda." Poi si mise di fianco al letto, mi prese con la sua mano destra la mia sinistra poi fece altrettanto con l'altra e me le premette entrambe sulle lenzuola a fianco delle mie spalle, poi avvertì il maschietto che ero pronta. Io non vidi lui ma lo avvertii quando salì sul letto. Non lo vidi in faccia poiché avevo il bel faccino di lei che compiaciuta mi ombrava. Il tipo che manco sapevo chi fosse, mi apri per bene le gambe e mi alzò le ginocchia, poi si insediò tra di esse. Ne sentii il contatto come di una morbida stoffa quando mi appoggiò un coso caldo tra le gambe che io ignara di tutto, lo accettai come un simpatico sollazzo. Giuro che avevo solo una vaga idea di cosa fosse: non ne sapevo nulla. Avevo visto solo quello di mio fratello che avevo toccato solo per sapere com'era fatto, avevo visto di straforo quello di mio padre e spiato quello di un amico di mio fratello, ma per il resto ero innocente e pura come l'acqua sorgiva. Fino a quando giocherellò tra boccuccia e fossette non mi dispiaceva, anzi speravo che continuasse. Rumava con una cortese delicatezza come se nutrisse per me un sentimento di grande tenerezza. Il buffo era che qualsivoglia motivo venivo solo sfiorato in mezzo alle gambe diventavo schifiltosa, invece quel coso tanto morbido non mi dava alcun fastidio, anzi sembrava fatto apposta per la mia fessura di pesca che al suo contatto si stava sciroppando. Tutto andò meravigliosamente bene finché in un batter d'occhio incominciò a spingere forte, tanto forte che dalla pressione la boccuccia si schiuse e dopo una ulteriore spinta le labbra si spalancarono permettendo l'ingresso alla testa di quel coso che si fece slargo nel mio grembo ancora freddo. All'istante qualcosa al di dentro si deformò: quel "qualcosa" lo sentii estendersi come un elastico, poi resistette come un nervo e alla fine con un "crich" lancinante il fragile sigillo cedette. Emisi un urlo straziante: haaa, mi fa maleee. Compresi allora che mi aveva usurpata e come un invasore si stava assicurando un comodo accampamento nel mio cocente antro. Poi avvenne che dopo un attimo, con un definitivo spintone me lo conficcò dentro e oliato del mio stesso sangue, con un tonfo sordo entrò tutto in me: proprio fino in fondo. Allora mi sentii il ventre tutto pieno e gonfio, e avrei volentieri lasciato perdere se avessi potuto, ma ormai, come avrai ben capito, era troppo tardi. Ho provato un bruciooreee! Mi ha fatto un maleee terribile! Mi mise un fuoco dentro che non ti so descrivere. Ma che ci potevo fare? Ho incominciato a scalciare come una puledra selvaggia mentre le mettono la cavezza, urlai come un'ossessa, ma non servì a niente. Angosciata, mi resi conto che i giorni della mia innocenza erano finiti, sgranai gli occhi e serrai i denti sperando in un rapido finale. D'un tratto compresi quelle frasi che tante volte sentivo pronunciare: la mia prima volta, nella la prima notte di nozze era ancora illibata: constatai che io non mi sarei mai più sposata coi fiori d'arancio. Come spesso mi insegnava mio nonno: le cose finché non ci sei dentro non le capisci o non riesci a vederle. Con una piccola differenza che io non lo vedevo ma ce l'avevo dentro e lo sentivo bene: ma ancora non capivo perché avevo visto la mia amica trastullarsi dal piacere mentre a me toccava soffrire così tanto. Quella ruffiana, tenera e cara amica, se prima mi avesse avvisata che mi avrebbe fatto anche solo un pochino di male, col cavolo che ci sarei stata. Solo allora mi resi conto di quanto ero stata ingenua e incosciente a condividere un fatto così intimo e privato. Ero annichilita, pietrificata dallo sconcerto e dallo stupore dovetti soccombere patendo e soffrendo, subendo per alcuni incessanti minuti tutti i suoi sguazzamenti dentro il mio canale che come un pesce entrato in un inganno agitato si dibatteva per trovare una via di fuga. Trovo inutile dirti che di uscire lui proprio non ne aveva alcuna intenzione. Lo tirava su e poi lo spingeva dentro di nuovo, bussava alla mia porta come un ariete che dopo avergli aperto una breccia a colpi di cornate volesse anche sfondarla. Si era incastrato così bene che mi sembrò intarsiato e fatto solo per me. I due mi mantenevano intrappolata e per quanto mi dimenassi e sgambettassi dovetti sopportare il supplizio fino a che il protrarsi di quell'assalto alla fine mi fece piangere mentre lui ebbro di godimento, pareva dotato di infinita energia sfondandomi a più non posso. Lo sentii dire: < tienila ben stretta questa ragazzetta, voglio sentirla soffrire fino allo spasimo> Mi teneva l'ariete affondato fino alla radice battendomi con minor impeto per conservarsi e quando comprese che in me non avrebbe trovato più niente da slargare, si lasciò andare in una rapida successione di colpi. Poi lo scellerato me lo cavò fuori così velocemente che mi fece più male di quando me l'aveva infilato. Anche la mia dolce amica continuando a guardarmi negli occhi si distolse con un mezzo sorrisetto di convenevole soddisfazione come per dirmi: contenta? No? Ben ti sta! E adesso vallo a raccontare al tuo papino. Appena lei si spostò mi trovai con gli occhi gonfi di lacrime e singhiozzante al cospetto di quel prodigioso biscione che pochi attimi prima si agitava dentro il mio stretto asilo. Lo vidi nella sua mano che se lo teneva ben stretto, ancora eretto con la testa rossa tinta dal mio sangue virginale, che, puntato contro di me come un serpente mi inondò con gli spruzzi schiumosi dell'estasi in ogni parte del corpo. Quando ebbe svuotato il serbatoio, il suo padrone mi portò una mano sulla faccia e mi mise in bocca due dita impasticciate di una mistura rossa e bianca dicendomi:< è così che si fa dalle nostre parti> Una specie di iniziazione, di un battesimo: per me fu solo un ripugnante disgustoso, ributtante gesto. E' stato come se mi avesse toccata il demonio: mi ha fatto una pauraaaa. Poi finalmente lui scese dal letto e se ne andò, e sembrò essere tutto concluso, ma non il bruciore che avevo dentro che continuò per tutto il santo giorno: e anche quello successivo. Il resto te lo racconterò un'altra volta, se mai ci sarà. Ecco, non ne sono per niente orgogliosa ma è così che è andata-- -Verosimilmente, a grandi linee, aveva qualcosa in comune con la realtà dei veri fatti- -- E adesso che ti ho rivelato anche questo mio riservato, intimo e delicato segreto, ti decidi a farmi godere e andartene, sono in uno stato di ansia e di angoscia, e ormai si è fatto troppo tardi.-- + ma ti è piaciuto almeno un po'?+ -- Quella volta? Solo nei primi tempi mentre ci giocherellava, poi ho provato solo un male cane-- + lui come ce l'aveva?+ --Vuoi dire l'uccello? Si insomma il cazzo, be', tieni presente che io l'ho visto solo quando me l'ha tirato fuori, duro e tutto insanguinato, e io ero molto spaventata. Pur tuttavia direi che era pressappoco come il tuo, forse appena un tantino più grosso, ma sai allora ero piccola e la visione delle proporzioni cambiano.-- + In pratica ti hanno stuprata+ -- Si! Proprio come hai fatto tu questa sera.-- + Ma tu però con me ci sei stata + --solo perché pensavo di liberarmi di te in cinque minuti, poi dai e dai, è andata a finire che, sai com'è, quando il vento soffia forte le frasche nel bosco si muovono. Comunque è vero, lo devo ammettere, ci sono stata e continuo a perseverare, e non ho scusanti, sono colpevole quanto te. Ma tra esperienze del passato e quelle del presente esiste una importante differenza se tengo in considerazione che allora avevo solo 13 anni e ora ne ho 26. Al pensarci mi crolla il mondo addosso, e se venissi beccata a culo per aria come sono in questo momento, verrei impalata di sicuro la fuori, in giardino. Però ora che ci penso, 13/26, proprio la metà. Ma che coincidenza! Pensi che abbia un significato? -- + Che brava donnina! Che mignotta! Ma da quale progenie provieni.+ --Proprio tu me lo chiedi? E tu si può sapere quale inferno ti ha vomitato? -- + Eccola qui la ragazzina, la ninfetta dal viso infantile e incontaminato, la stella filante della purezza, tutta innocenza e rettitudine di giorno, tutto inganno e passione di notte: signori e signore, amici e parenti, eccola qua la pervertita del secolo! Se ti vedessero adesso in molti forse cambierebbero idea.+ -Non aveva tutti i torti, nessuno, escluso coloro che mi conoscevano intimamente, potevano immaginare che fossi là a carponi, sopraffatta da un'estasi di piacere, in attesa spasmodica di godere asservita ai voleri di un uomo col quale stavo adulterando e del quale ne conoscevo a malapena il nome, ma tanto carismatico e suadente, dannatamente irresistibile da affidargli il mio corpo: la mia vita intima e segreta. Senza dire altro, mi mise una mano al centro della schiena e compresi che sarebbe stato il preludio di una nuova danza. Eccolo ricominciare! Fu piacevole sentirlo dentro il mio incendio bagnato scorrere lentamente. La mi vagina era aperta e accogliente, una pozza ancora insaziata ma malleabile in cui si immerse agevolmente. Lo sentii trafiggere le mie carni lacere facendosi varco fra i miei arrendevoli tessuti mentre il mio ventre si espanse e vibrò al suo passaggio lasciandolo penetrare fino alla mia primordiale origine. Era dentro di me e lo seguivo dimenandomi nel suo ballo ipnotico. Inizialmente i suoi movimenti erano lenti e armoniosi per farsi poi più intensi e veloci fino a quando si accasciò sul mio corpo con tutto il suo peso entrando in me dove di più non poteva. La testa dell'ariete indurita come il granito urtò le mie profondità, la in fondo dove ogni volo termina causandomi una scossa, un tonfo che mi richiamò al presente. Non ce la feci a trattenere un gemito di dolore. Gridai -- Haiaaa! Porco schifoso. -- Implorandolo di fare piano, gli dissi. -- Fottimi dolcemente e senza mai fermarti. -- Stranamente mi ubbidì e si mise stantuffarmi su e giù, poi spostandosi a destra e a sinistra me lo faceva roteare all'interno del mio canale incandescente. -Compresi in quel momento quanto avrebbe desiderato avere il cazzo del cavallo del quale aveva prima menzionato per riempirmi tutto lo spazio che aveva a disposizione. Una bramosia a cui tutti gli uomini miravano. Un pio desiderio che sapevo accomunarli tutti.- In questo era ignorante e sprovveduto come tanti altri con cui avevo avuto a che fare. Non aveva capito che le parti che mi facevano impazzire riguardavano il primo tratto del canale. Che ci potevo fare? Era lui che dava le carte, era lui che le distribuiva: e io cogliona, gli avevo concesso anche la mano. Dopo alcuni movimenti rotatori fatti con l'intento di infierire, lo trasse fino al limite fermandosi all'ingresso della tana, poi appoggiandosi sui miei fianchi, lo affondò con spinte sempre più vigorose che mi fecero sussultare: e io gemetti sempre più forte. Un nuovo, dolce tormento stava crescendo dentro di me. Non riuscivo a controllare i miei strilli che presagivano un orgasmo scomposto e sfrenato quando lui me lo svelse da dentro e si allontanò dai miei solfurei abissi infuocati lasciandomi frastornata con vampa e ambrosia dentro le mie carni infuocate. --Nooo! Non è possibile! Cretino! Dammi solo un motivo! Maledetto. Perché mi fai tutto questo!-- Una vocina sadica mi diceva che l'aveva fatto di proposito. +Perché lo voglio, perché ne ho voglia, perché mi piace da morire quel grumm grumm che macini li dentro, se ti lasciassi godere tutto sarebbe finito.+ -- E io?-- Mi rispose con calma olimpionica. + Per te c'è ancora tempo. La tua impazienza rischia di compromettere il mio divertimento.+ Mentre i rintocchi del campanile uditi poco prima mi avevano allertata che il tempo stava per finire . Mi mossi, mi staccai la faccia dal pavimento e mi misi a quattro zampe, come una bestia. Avevo il volto infiammato e provai un leggero sollievo. Mi girai quel tanto che mi permise di vederlo dietro di me col suo pistone ancora infervorato.Avrei voluto disimpegnarmi, alzarmi e prenderlo a sberle, ma allo stesso tempo lo invidiavo per la sua padronanza, così, remissiva restai immobile facendo spazio a ciò che speravo avvenisse. Lo sentii accostarsi e accarezzarmi le cosce, poi con una mano si avvicinò al centro di esse e premendo mi strofino l'inguine facendomi trasalire. Con il palmo mi coprì la gnocca avendo cura di allineare un dito nella fessura mentre il pollicione trovò spazio all'interno delle mie umidità infuocate. Incominciò a muoverlo su e giù, con un movimento che non era né erotico né sensuale, sembrava volesse solamente intingerlo come un pittore avrebbe fatto in una ciottola al proprio pennello. Trascorsero pochi secondi e alla brigata aggiunse la lingua che usò per stimolarmi l'interstizio tra la fine e l'inizio dei due sfinteri facendomi provare un caldo tepore.
Poi la spostò verso l'alto e mi leccò quel luogo dove tutti gli uomini sembrava raggiungessero l'empireo della terra. La sentivo avida e prepotente me lo assaporava. --Ma che fai! Ma cosa mi stai facendo? Ma che c'è in quel buchetto! -- Mugolando mi rispose. + Ti piace è? Ma guarda un po', alla piccola monella tanto raffinata e tanto squisita piace farsi leccare il culetto.+ E riprese la sua alacre attività. Lo sentivo muoversi
decisa a penetrarmi come se fosse un piccolo cazzo con un anelito piuttosto laborioso. Trascorso un lasso di tempo che non saprei definire, cessò di leccarmelo e contemporaneamente mi sentii svellere il pollice dalla tana e scivolare verso l'alto, in direzione del l'antro oscuro del peccato che un attimo prima mi stava avidamente leccando. Lo sentii esitare, roteare su tutta la sua circonferenza, soffermarsi al centro e appena compresi le sue intenzioni grida: --No! Per favore, non farlo!-- Non feci in tempo a finire la frase che me lo sentii dentro muoversi come un vermiciattolo isterico. --Ahhiio! Cattivo! Perché l'hai fatto! Sei un maiale!-- +Fatti inculare egoista.+ -- No non sono un'egoista, ti sto dando tutta me stessa che vuoi ancora da me!-- +Sei dotata di un gran bel culetto, bello sodo, fresco e stretto come una morsa, è qui che te lo voglio mettere.+ La sua voce era lasciva e dominante. Io fui invasa dalla paura di sempre, quella difficile da gestire avversa al desiderio che provavo in quel momento. -- Lo farai! Ma non questa sera. E' troppo tardi, ho paura e non mi sono preparata, ma ti prometto che sarai il primo maschio che deflagrerà nelle mie interiora, lo faremo a casa mia, in tutta tranquillità e sicurezza, mi hai detto che hai lavorato in un pronto soccorso per cui sei l'uomo ideale che fa per me. Prima però mi devi assicurare che mi assisterai dopo, perché ne avrò certamente bisogno.-- +Farò tutto quello che mi chiederai con la massima devozione, porterò con me garze sterili, disinfettanti e antiemorragici. Ma sono sicuro che il tuo buchetto non ne avrà bisogno, sono certo che con una buona lubrificata scivolerà dentro tutto che nemmeno te ne accorgerai.+ --Una reminiscenza del passato mi rendeva scettica su quel sillogismo, non ero avvezza a quella pratica e sapevo bene, molto bene che l'essere sodomizzata per la prima volta e forse anche le successive non sarebbe stato come bere un bicchiere di acqua fresca e oltretutto se si fosse riaperta la vecchia ferita, l'emorragia sarebbe stata una complicanza allarmante: e non sarebbe bastato un caldo pannicello. Al momento la cosa non mi turbò, tanto io non avevo nessuna intenzione di mantenere quella promessa estirpata in un momento in cui il desiderio mi aveva obnubilato la lucidità di scelta e di giudizio. Ma non era il momento di sottilizzare né di pensarci. Ribattei. -- Non è vero, ho già provato per conto mio a aprirmelo con un cetriolo, ma poi mi faceva tanto male, troppo male e ho desistito. Inoltre mi sono detta che sarebbe stato un sacrilegio sottrarre un così deliziante piacere che potevo regalare a un maschietto: magari ci avrei ricavato qualcosina. Tu me lo farai dopo un regalino?-- - Quello che davvero lo attirava credo fosse l'imitazione che sapevo fare di una bambina, non era che recitassi, era proprio il mio modo di fare.- Mentre io mi ero illusa di poter fare la sbarbatella, lui mi rispose: +altroché! Prima ti farò un bel clisterino di un litro di camomilla profumata, dopo ti lascerò dei lassativi per i giorni successivi.+ --Puah! Ma che schifo! Ma quanto sei romantico cuore mio!.-- +Se vuoi che venga bene dovrai rassegnarti a farlo, inoltre avrai un pensierino in meno.+ Quale non me lo disse, ma mi ci volle poco ad immaginarmelo. In quei lunghissimi minuti ne avevo visto e sentito di tutti i colori tanto da pensare che la misura fosse piena. Invece una frase incongrua rispetto al suo personaggio mi sorprese: + potresti divenire la mia amante e puttana ideale.+ - Sulla base dei precedenti uomini "ben dotati" con cui avevo avuto a che fare fino a quella sera, non avevo davvero di che farmi illusioni. Essi mettevano bene in evidenza la loro supremazia, arroganza e presunzione che rappresentava una firma in quanto rientrava in un modus operandi abbastanza diffuso: Se la natura era stata con loro tanta munifica da donargli tanto, con le loro doti straordinarie dovevano fare tanto e tanto dovevano prendere: senza condizioni di sorta. Un segno che li rendeva tutti eguali- Il mio usurpatore si risolse a cavarmi il pollice dal di dietro che al mio interno che nel frattempo si era come incollato ma lo strappo mi causò un sobbalzo: --ahhiia ma quanto sei tristo, non puoi essere un po' più garbato? Mi vuoi cavare le budella?-- + Bhoo! Non fare tutte queste scene per un semplice dito nel culo.+ -- Non è stata una proprio carezza, toccano sempre a te le parti più divertenti.-- Continuò il dialogo dicendomi: adesso sdraiati che ti aggiusto io, se mi prometti che la prossima volta che ci incontreremo ti lascerai inculare ti acconsentirò di godere, per questa sera mi accontenterò di deliziarmi guardando il tuo bel faccino di vacca tramutarsi tra i ghigni e gli spasmi dell'orgasmo.+ -Il suo tono lapidario mi infastidì, era così autoritario da sembrare a volte disumano. Avrei voluto chiedergli con quale ardire avanzava quella pretesa, ma la mia solita indeterminatezza col 50% di si e il 50% di no ancora una volta intercedette, così non lo feci né lo diedi a vedere e ubbidiente come una cucciola e arrendevole come una belva domata mi distesi supina sul freddo pavimento.- Aprii le gambe e lui si insediò tra di esse, me le sollevò appoggiandosele alle sue spalle, mi prese per i glutei poi mi sollevò come se fossi una piuma. Le mie grandi labbra percepirono le presenza del suo caldo glande, si schiusero e dopo pochi attimi godettero del suo trastullo che con manovrine paradisiache si dilettò proprio all'accesso della mia fessura scavata dalla natura. Quando poi lo ritenne opportuno affondò il tronco di pino nodoso che io me lo risentii di nuovo intrufolato in tutta la sua esuberanza. In quella posizione mi penetrava con la forza di un carro armato e seppur non percepivo al mio interno tutta la sua lunghezza, il suo membro premeva e stuzzicava direttamente il mio clitoride sollevando in me una voluttà inaudita. nulla poteva eguagliare l'estasi che provavo e mi abbandonai mollemente a colui che fungeva da amante. Le mie gambe scivolarono dalle sue spalle piombando sul pavimento e lui si riversò su di me. La sua bocca lasciva si posò sul mio collo e incominciò a ciucciare tutto quanto di me gli fu a tiro: mordace, famelico. Il mio sangue si infuocò e i miei sensi urlarono. Ero andata oltre il bersaglio e stavo per sprofondare in un incubo. Per quanto cercassi giustificazioni per lavarmi la coscienza del mio tradimento in corso sommato all'ansia del pericolo a cui ero sottoposta, non raggiungevo a alcun alleviamento. Ero stata una sconsiderata , una stupida, una ignobile sgualdrina, ma era tanto mostruoso il mio appetito che presto allontanai da me ogni senso di colpa. E, grazie alla mia personalità ridicola e priva di spessore il mio Romeo di turno ebbe tutte le soddisfazioni. Come se per telepatia avesse ascoltato le mie elucubrazioni
mi disse: +ok, va tutto bene, stai calma! Adesso lasciati andare.+ Mugolavo. la sua bocca cercò la mia soffocandole mia grida di piacere. I suoi baci ancora più spinti morsero le mie labbra come se fossi una sua preda da divorare. Per un breve lasso di tempo restammo uno sull'altra, distesi, rigidi, senza moto, le nostre bocche semiaperte, incollate una sull'altra rinviavamo appena il nostro alito, l'ansimare quasi soffocato: spento. Ritornai rapidamente in me, sorpresa, vergognosa di averlo baciato come se fosse il mio innamorato. E lui, il debosciato, non tardò a apostrofarmi con una gran profusione di epiteti triviali che saturarono in me una pulsione irresistibile che mi spinse a fare e accettare di tutto pur di calmarla. Per lui io ero solo un corpo da cui carpiva un piacere che odorava di postribolo, mentre io mi disperavo per dare un senso a una farisaica parodia di intimità. Seguì una cavalcata selvaggia di alcuni minuti amalgamata dai miei gemiti strazianti dal tono lamentoso e forieri di sventura. Con il suo spadone conficcato fino all'elsa nel bel mezzo delle cosce cercavo di assorbire i suoi spintoni innanzi conosciuti. (CONTINUA IN AMICO 3).
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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