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Lui & Lei

prime esperienze4


di amichetta
22.02.2016    |    715    |    1 9.4
"Come previsto le mutande, piuttosto umide, si abbassarono e io allungai le gambe per poi vederle gettare sul pavimento..."
4) Con una manovra da equilibrista salì sul letto anche con l’altro ginocchio e con la mano restata libera le premette la faccia sulla coperta e si mise a montarla come un toro monta una vacca. Fu troppo! Troppo sfibrante per sostenerlo. Mi sentii avvilita e costretta a rimirare il pantano dei loro appetiti. Deglutii più volte per ricacciare in gola il sapore della bile, mi sentivo così male per l’amarezza e non potevo fare altro che stare lì in piedi e, per non svenire stesi le mani e mi conficcai gli artigli nella carne. Funzionò per la mano destra, ma la sinistra che mantenevo appoggiata saldamente al mazzo di libri che ancora tenevo stretti la cui copertina resse la pressione delle unghie e, che per effetto della stessa mi sollevò il palmo della mano e la chiave della quale non ne rammentavo più l’esistenza, scivolò da sotto, strusciò sull’esile sottana e nel disperato tentativo di evitarne la caduta allungai il piede sinistro che, come un calcio dato in un rigore la scagliò contro con un “thums” sul bordo della porta per poi finire rovinosamente con un “thing” sul pavimento dentro la stanza. Il tempo di un riflesso e vidi la testa di lui girarsi come fa un cane da caccia quando sente l’odore della selvaggina. Mi ero fatta scoprire! Non era più il tempo per riflettere né per pensare: avrei dovuto agire. Feci un largo sorriso e entrai d’impeto dentro la stanza nello stesso momento in cui lui si staccò da lei e rimise i piedi sul pavimento. I suoi occhi neri e minacciosi incrociarono i miei, io alzai le braccia come per parare il colpo e i libri volarono sul pavimento. Mi portai le mani al viso e mi lisciai la fronte in un gesto teatrale, poi abbassai gli occhi e essi si inchiodarono sul suo scettro ancora in
azione. Ero arrivata troppo presto, l’avevo interrotto proprio nel momento in cui lui stava godendo. Scorsi il palloncino che si era formato sulla punta del suo regale bastone gonfiarsi sotto gli ultimi spasmi.
Rimasi a fissarlo ipnotizzata come un serpente fissa la preda, un’attrice non avrebbe potuto eguagliarmi tanto fui spontanea. Ma, mi ero anche terribilmente spaventata e mi spingeva una paura che dovevo placare. Successivamente i suoi occhi rincontrarono i miei in cui lessi un lungo sguardo indagatore. Probabilmente sentiva odore di zolfo e mi considerò una demone che proveniente dal più profondo degli infermi era piombata lì, in quella stanza per rovinargli vita e reputazione. Stavo lentamente retrocedendo verso l’uscita dalla quale ero apparsa senza staccare gli occhi dalla sua daga, quando mi sentii stringare per un polso come da uno che sta per precipitare, la stretta era talmente forte da stritolarmi il braccio. Lei, Dxxx, la padrona della casa lo divenne anche della situazione. Suo era il progetto, sua era stata l’iniziativa, e ora doveva mediare affinché andasse tutto a buon fine, anche contro la mia volontà. Io mi sentivo innocente come le gemme primaverili sugli alberi e i candidi fiori delle siepi, non avevo deciso nulla, ancora una volta la mia dea o il mio angelo custode o non so chi per loro, avevano interferito non lasciandomi scelta: io dovetti... entrare in quella stanza! Nel tumulto della messa in scena si accese un parapiglia tra di loro. Con lei interposta tra me e lui li sentii confabulare. Immaginai facilmente la natura dei loro discorsi. Riuscii a comprendere solo le ultime frasi quando lei alzò la voce per farsi sentire da me e gli disse che se lui mi avesse dato una bella “Spolverata” non sarei certo andata a raccontarlo a mia mamma e continuò col domandargli se ce ne fosse rimasta per soddisfarmi. Non compresi la risposta di lui finché lei mi guardò e vidi i suoi occhi astuti stringersi in un sorriso di intesa: + vero che lo vuoi?+ Frastornata risposi senza pensare. -Si! Certo che lo voglio!- Il commento di lui non si fece attendere. Se fosse stato sufficiente quello per tapparmi la bocca e evitare pettegolezzi... le disse rabbioso Era un uomo nel primo rigoglio e vigore della sua gioventù e senza complicazioni sessuali. Avrei dovuto attendere considerando che la proiezione dei primi due tempi era già avvenuta per Doxx, ma poi rianimatosi sarebbe stato il vincitore di una ardua impresa. Due secondi e ci trovammo dirimpetto. Sentii i suoi occhi fissi su di me e la sensazione che provai non fu di gioia ma di terrore. Io sostenni lo sguardo con l’arroganza dei miei tredici anni. Tuttavia scorsi in lui anche una rilassatezza, come se avesse ricevuto la grazia dopo essere stato condannato al patibolo. Mi prese sottobraccio e mi sollevò, mi sentii volare...l’aria fredda mi colpì il volto come se librassi nel cielo acchiappata da un gelido vento invernale. Il volo finì quando la mia schiena si adagiò sul letto con lui sopra di me. Gemetti come un morente mentre il suo impeto guidava il mio destino e tutto diventò buio come se una grande ondata mi avesse sommersa. Rabbrividii sentendo il suo respiro caldo sul collo, le sue mani si spostarono rapide sul mio corpo e la barba del suo mento mi graffiò la guancia, poi la gola, poi la sua testa si abbassò per raggiungere i seni. Le sue mani invasero il mio corpo in carezze intime, impudiche esplorative. Mi sentii rossa come una bacca di agrifoglio. Aveva la grinta dell’amante audace, appassionato, spontaneo che si era lanciato su di me per prendermi senza dubbi e senza coscienza. Avrei dovuto prendere cognizione della situazione e affrontare i problemi imminenti. Ma cosa avrei potuto fare? La prima cosa non farmi prendere dalla foga e dal panico. Sapevo cosa sarebbe successo e come sarebbe finita, ero lì per questo, se una cosa si doveva fare tanto valeva farlo subito e nel miglior modo possibile, era quanto spesso mi rinnovavo nella mente. Ero in ballo e tanto valeva ballare. Radunai tutte le mie forze e gli dissi - Mi stai soffocando- Più gentile di quanto mi aspettassi, pensai. Smise di palpeggiarmi e ricomponendosi sul letto mi slacciò la camicetta, già peraltro discinta e mi disse E subito si mise a succhiarmi un capezzolo. Poi scese più in giù e arrivò alla sottana. Un bottone e anche lei prese il volo. Con la coda dell’occhio scorgevo Dxxx nella stanza che raccoglieva libri e indumenti. Io intanto vedevo lui che inginocchiato davanti a me mi mostrava tutto il suo porcellanato ancora avvizzito, ma sempre di misure apprezzabili. Non potevo sapere se tutti gli uomini grandi possedessero arnesi quelle dimensioni o se a me sembravano tanto generose perché io ero ancora minutina e le sproporzioni risultassero scioccanti. Non ero proprio serena, ma avendo visto Dxxx averci a che fare con tanta agevolezza mi sforzavo di persuadermi che tutto sarebbe stato facile anche per me. Intanto ero rimasta in mutande, le mutandine che mi aveva prestato Dxxx. La prima sentenza fu...< Ma quanto sei pelosa, bhee, una tosatina io gliela darei alla tua aiuola.> Feci un sorrisetto ma non seppi che dire, ora me le avrebbe tolte e avrebbe visto quella che era sotto. Trattenni il respiro. Come previsto le mutande, piuttosto umide, si abbassarono e io allungai le gambe per poi vederle gettare sul pavimento. Appena mi aprì le gambe e me la vide, emise una esclamazione che non “scordai” più.. < Sei tutto pelo e tutta figa! Chi mai l’avrebbe detto!> Divenni leggera come una piuma e non sentii più il peso del mio corpo. La sua domanda mi colse di sorpresa. La mia testa dondolò come fa un cagnolino sul cruscotto di un auto in segno negativo. -NOoo!- Come se di quelle battaglie io ne avessi affrontate a centinaia. Del resto con una fessa di tredici centimetri la mia risposta non poteva essere diversa. Rivolgendosi a Dxxx le chiese. Lei concisa rispose... + Siamo amiche di scuola.+ Avevamo rotto il ghiaccio, mi quietai e mi sentii in sintonia con lui. Compresi che almeno nella sfera emozionale sarebbe stato stimolante. Quei lunghi minuti furono l’attesa più snervante e imbarazzante della mia vita, non sapevo se prendere l’iniziativa o aspettare le sue imposizioni. Mi dominavo ma chiunque avrebbe inteso la tensione a cui ero sottoposta. Mi tolse l’imbarazzo quando si decise a mettersi di fianco a me e con una mano si mise ad accarezzarmi le cosce all’interno. Partì dal ginocchio e salì fino all’inguine, poi passo sull’altra e dopo qualche carezza posò le dita al centro... mi disse. -Si! ma sono anche molto agitata.- Gli risposi, se avesse insistito a solleticarmela sarei certamente venuta. Continuo col chiedermi, < Perché sei agitata? Di che hai paura?> - Anche una giovane manza si agita se massa di fianco a un toro in calore- Rivolgendosi a Dxxx le disse + Non sarebbe mia amica se non lo fosse, sai lei è una campagnola.+ Già! stavo per essere deflorata da un uomo che nemmeno sapeva il mio nome-Lxxx e tu- -Piacere-, dissi. Ero distesa con lui di fianco e non dava ancora segno di risveglio. Allungai la sinistra e raggiunsi la sua verga, la presi in mano alla base e la sollevai. Si piegò come un grosso lombrico che presto avrebbe cercato rifugio nel mio ventre. Decisi di applicare le tecniche che avevo appreso con mio fratello. Lo presi appena sotto la testa e lentamente incomincia a dargli dei colpetti lievi ma decisi. Lui si accinse ad accarezzarmi i peli del pube, salì più in alto, sul pancino e ancora più su sui seni, poi si avvinò alla mia bocca e mi baciò sulle labbra. Quel bacio fu lieve come il volo della rondine. Mi chiesi qual era il mistero eccitante di un bacio, cosa si celava dietro a quelle labbra così morbide da farmi sprigionare tanta dolcezza e tanti brividi, il suo respiro mi riscaldò, mi trasportò in un mondo distante dove provai tanti gelidi fremiti, dove correvo, volavo, più vicino più lontano. Non ebbi più paura, o solo un pochino. A quel punto il mio corpo chiese amore, solo amore, fui trascinata in un grande fiume che porta con se tutti i misteri della vita. Provai il desiderio e la passione andare a mille e mi lasciai andare. Le nostre lingue giocarono e io leccai la sua assaporandola come la miglior vaniglia del mondo. Compresi che lui conosceva i segreti del sesso e dell’amore e avrebbe potuto soddisfarli in tutte le sue sfaccettature. Le sue labbra scesero su di un capezzolo che si era indurito come una mora, mi stuzzicò l’altro e discese giù, fece una pausa sull’ombelico, poi ancora più giù. Ritrovai la voce ma solo per emettere un dolce gemito di desiderio. Mi tolse la mano dal suo dardo come se fosse una mosca noiosa proprio quando percepii il crescere del suo progressivo e naturale turgore. Si strofinò sul mio corpo fino a scendere dal letto. Mi prese per i piedi, mi girò verso di lui e mi trascinò sul bordo. Mi trovai di traverso sul letto e lui si inginocchiò davanti a me, insinuò la sua testa tra le mie gambe. Non fu dolce. Non mi baciò. Non mi leccò. Affondo i denti come se fosse affamato di carne e morse profondamente finché i suoi denti urtarono contro il nucleo del mio corpo e si chiusero sulla carne più intima e segreta. Allora gridai! Ma non emisi alcun suono. Non era un grido di dolore ne di piacere ma di emozione e di godimento. Mi succhiò, strofinò il viso, la barba mi graffiò l’interno delle mie cosce strette. Cercai con tutte le mie forze di restare immobile contro quella scandalosa irreale aggressione, ma quando i suoi denti si chiusero su di me, ancora e ancora in piccole penetrazioni dolorose, gemetti come se stessi impazzendo e abbassai tutte due le mani sulla sua testa per spingere il suo viso dentro di me. La sua lingua mi penetrò provocante e io gridai di desiderio. Lui scuoteva la testa quando aveva bisogno di respirare e io gli tiravo i capelli per stringerlo di nuovo più vicino a me. Poi in lunghi secondi di tormento strinse le mandibole, e l’arcata inferiore dei suoi denti raschiò tutta la parte dolorante e bagnata di me, finché rabbrividii. Con un grido roco e profondo di dolore urlai... Hooo...Godoo... Muoio... Un orgasmo violento mi aveva raggiunta... Dolore e piacere si erano coesi in un godimento sfrenato, fragrante, esplosivo. Estinto l’acme del piacere la sua bocca stava ancora appiccicata alle mie parti molli. Solo quando rinvenni lui mi lasciò ancora dolorante, bruciavo nelle parti più umide, più vulnerabili di me. Immota e impietrita, aspettai che mi arrivassero indicazioni. Ma non dovetti restare a lungo in quello stato di stupore, aperto gli occhi non vidi più Dxxx, un senso di smarrimento mi invase. Lui si rialzò e anche lei riapparve, si era accovacciata impegnandosi con il suo arnese mentre la bocca di lui era impegnata con le mie grazie. Ancora una volta lei mise tutto il suo ingegno per educarmi al gusto del piacere, stava contribuendo a forgiare l’arma che mi avrebbe trafitta. Meditai. Provai un attimo di gelosia e un impulso di invidia, lei avrebbe potuto averlo quando voleva, era il mio momento e lei avrebbe dovuto lasciarlo a me. Quando lui si rimise in piedi fui invasa da un pauroso terrore, tremai come una foglia arrotolata da un vento gelido. La sua arma si era ricaricata e sembrava pronta per sparare. Anche una giumenta sarebbe rabbrividita vedendo l’impennata di quel destriero in calore. Vidi Dxxx compiaciuta, sembrava che il suo progetto si stendesse davanti a lei come facili pietre da guadare attraverso un grande fiume calmo. Il momento fatidico inesorabilmente si stava avvicinando, ormai era chiaro come il rintocco di una campana, una campana a morto che suonava solo per me, per la mia innocenza che avrei presto perduto.Non ero né seduta né sdraiata. Appoggiata sui gomiti a gambe aperte sul bordo del letto attendevo le sue, le loro iniziative: non dovetti annoiarmi, la sua anatomia dava segni di evidente foia. Io non riuscivo a persuadermi, c’è l’aveva troppo grosso per me che ero ancora troppo piccina. Procedevo senza pensare come se il poi non mi avrebbe riguardato, al momento cruciale qualcosa sarebbe intervenuto e mi avrebbe tolta dal ginepraio in cui mio malgrado ero entrata. Lui si avvicinò a me e mi posò una mano dietro la nuca, i codini si scomposero e i miei capelli tornarono sciolti. Mi piegò su di un fianco e portò la mia bocca davanti al suo lombrico desioso di scavare un cunicolo nella mia cavità orale. Senza fiatare compresi cosa avrei dovuto fare. Mi sovvennero le esperienze fatte in precedenza col fratellino. L’odore dello sperma mi solletico le narici, tirai fuori la lingua e incominciai a leccarlo dal vertice. Lo presi con una mano alla sua base e subito mi resi conto della differenza nelle misure se confrontate con quello a cui ero abituata. Per coprire tutta la sua lunghezza mi sarebbero servite tre mani. Pensai che mio fratello avrebbe dovuto nutrirsi con del sostanzioso formaggio se, crescendo avesse mirato a eguagliarlo. Dopo averlo leccato gli presi in bocca, con qualche difficoltà la capoccia e la succhiai. Gli aspirai i residui della sua essenza rimaste nel canale avvertendo il sapore di quella brodaglia schifosa, che almeno per quella volta avrei potuto evitare di dover rigurgitare. L’affondai nella mia gola finché mi fu possibile data la sua lunghezza, e mentre glielo succhiavo facevo scorrere le labbra sulla sua carne. Anche sulla sua forma scoprii notevole diversità, ero abituata a una pelle liscia come un gambo di canna da zucchero, il suo invece era rugoso come un tronco di un vecchio salice, con avallamenti di vene gonfie e prominenti. Quando mi veniva a mancare il respiro mi limitavo a leccargli il tronco. Dopo un tempo che non saprei definire mi resi conto che si era ulteriormente ingrossato ed era diventato bello tosto come il pane invecchiato di quindici giorni. Tutto era pronto: solo io non lo ero ancora. Lo ero e lo volevo, ma allo stesso tempo non lo ero e non lo volevo. Lo volevo, ma senza doverne pagare il conto! Quando lui ritenne il momento me lo sfilò dalla bocca e me lo vidi passare davanti agli occhi come un’arma minacciosa. Gli tenni gli occhi incollati sopra e seppur impaurita non riuscivo proprio toglierglieli di dosso. Si complimentò per la maestria con cui avevo usato bocca e lingua e, vedendomi tanto assorta mi disse Solo allora riuscii ad alzare lo sguardo e da come mi guardava compresi che si era visibilmente eccitato, era arrivato il momento in cui lui dava per scontato il nostro accoppiamento. Ogni secondo che passava lo vivevo come un rinvio di una esecuzione e continuavo a illudermi su di un aiuto che sapevo non potesse arrivare. Prese una bustina sul comodino, dinanzi a me, la aprì e estrasse il preservativo. Me lo porse e mi chiese se sapevo cosa farne. Avevo letto su quelle riviste i consigli su come usarli e avevo poco prima visto Dxxx metterglielo. Con apparente spavalderia e esibendo una sicurezza che non avevo mi accinsi a farlo. Lo appoggiai sopra la cappella che sembrava scoppiare, con due dita pigiai sulla punta del profilattico al fine di farne uscire l’aria e con le dita dell’altra mano incominciai a svolgerlo. Fu la prima volta che ne toccai uno e fu un vero batticuore. Appena l’anello superò la cappella le dimensioni del contenuto superarono quelle del contenitore e trovai difficoltà a srotolarlo. Era unto e scivolava tra le mie dita. Le mie mani vennero prese da tremore e tutto il mio essere le seguì. Deglutii più volte a vuoto. Usai entrambe la mani e la vinsi. Dopo alcuni centimetri percepii al contatto solchi, nervature incise nello stesso materiale, poi seguirono rilievi che ad ogni mezzo centimetro aumentavano il loro spessore fino a diventare veri speroni come quelli di galli che vedevo nell’aia. Lo svolsi fino in fondo e non fu sufficiente a ricoprirlo fino al suo basamento. Duro come un bottaccio di un mulino, possente come una colonna di un tempio splendeva come un garofano al sole. Ma io lo vidi anche assomigliare a un guerriero gonzaghese, una minaccia maschile che mi fece tremare come una puledra terrorizzata. Mi guardò come se avessi qualcosa di terribile in viso con uno sguardo che non tremava sotto le sue ciglia scure. Mi sentii inondata da un calore insopportabile alle natiche e tutto il resto del corpo mi divenne di fuoco. Aveva il respiro corto e un po’ affrettato: mi guardò come per provocarmi. Sospirò pregustando quello che lo aspettava. Mi aveva vista fino a poco prima tranquilla e ubbidiente e sembrava che si interrogasse sul mio improvviso cambiamento.
Si mosse... mi prese per i piedi e mi girò dirimpetto a lui. Compresi che mi avrebbe presa come prima aveva preso Dxxx, sul bordo del letto. Mi lesse nell’anima provocandomi un brivido di paura. Vidi il suo ariete minaccioso e lo vidi come un’arma da guerra, un ariete vigoroso e inesorabile adatto per abbattere mura, sfondare porte e fortezze. Il controllo della situazione mi scivolava dalle dita come la sabbia del deserto, me la sentivo in gola e allo stomaco, provai un grampo freddo sotto le costole. Quando mi toccò le ginocchia per aprirmi le gambe nella totale irrequietezza riuscii a pronunciare una sola parola: -fermo!- Gridai. Mi morsi le guance per nascondere la mia paura e vidi lui ribollire di rabbia.
Sembrò che il ghiaccio sotto di me si sciogliesse e le coperte mi tirassero giù in un acquitrino melmoso.
Sembrava non capire, una che si era presentata in tal guisa, mezza nuda apparsa dal nulla come un fantasma, una che gli aveva fatto un bocchino con arte e maestria, una a cui lui le aveva morso la prugna come se fosse un frutto maturo e che lei senza batter ciglio aveva risposto godendo come una troia, una che aveva una fenditura in mezzo alle gambe in cui sembrava esserci passato un carro trainato da due buoi :buoi compresi, una che di scopate le faceva per passatempo, che poteva mai avere da essere tanto riottosa? E cosa si sarebbe aspettata? Non certo che gli recitasse il rosario. Questo avevo letto nei suoi occhi. Io, senza che lui proferisse un vocabolo, al solo guardarlo interpretai i suoi pensieri. Forse questa troietta che vien dalla campagna fa la falsa modesta per rendersi preziosa e vendere il suo latte scremato in paese e lui non era certo tipo da farsi infinocchiare tanto facilmente. Ne era certo: lo faceva solo per suscitare nuove eccitazioni. Lui entrò in preda a un desiderio che non poté più frenare, grugnendo di lussuria e di rabbia riprese il suo attacco. Mi afferrò per le ginocchia e tentò di aprirmi le gambe ma nonostante i suoi sforzi non riuscì a farmele aprire e progredire alla conquista del mio principale accesso. Ansimando e imprecando rimase sconcertato dalla mia ardita difesa. Gli vidi la fronte corrugarsi in un cipiglio di disapprovazione mentre io tremavo come una foglia al vento e mi battevano i denti. Mi raggomitolai con le spalle contro il muro che avevo alle mie spalle, come una bambina stavo per scoppiare in un pianto liberatorio che se non l’avessi controllato avrebbe avuto effetti devastanti. Dxxx a suo tempo fu molto esplicita; se entrerai in quella stanza non potrai uscirne “sana”, e io ero certa che se non mi avesse sverginata lui, l’avrebbe fatto lei, o tutti e due assieme e, invece di un lavoretto fatto a regola d’arte che avrei ricordato per tuta la vita, fatto con un cazzo vero e di una qualità straordinaria, avrei dovuto subirlo e accontentarmi di due dita o di una mano rovinando tutto il suo progetto. Oltretutto tradendola e deludendola avrei perso anche la sua amicizia, fatto per me dolorosissimo e insopportabile. Ero proprio una bambinella stupida e immatura che si era intrufolata in una tresca senza averne la potenzialità per sostenerla. Eppure lo volevo, io sola so quanto lo desideravo. I miei polmoni chiedevano aria e la caverna richiedeva di essere riempita e non da un freddo e inanimato cetriolo, ma da un vero cazzo pompante. Fu come sognare, uno di quegli incubi in cui
volevo fuggire ma non riuscivo a correre ne a muovermi. Mia nonna mi diceva spesso che la paura non ha scarpe che la tengano e che non si può farsi coraggio quando non se ne ha: ma lei credeva anche che i rospi portassero sterilità. Il silenzio venne infranto da lui che rivolgendosi a Dxxx le chiese cosa avessi e come avrebbero dovuto comportarsi. Dxxx gli rispose che io ero stata solo con pargoli della mia stessa età, per tanto non ero abituata a uomini veri, che doveva avere un po’ di pazienza e tutto si sarebbe realizzato come previsto. La stanza si inondò del sapore della menzogna. Dxxx mi si avvicinò sul letto, mi guardò con occhi severi e mi chiese cosa avessi da preoccuparmi tanto, mi ricordò che era tutto programmato per me, solo per me. Allungò una mano e me la infilò tra le gambe, mi infilò due dita dentro e mi disse + vuoi questo?+ Compresi al volo il senso, “a buon intenditor poche parole” io gli risposi- E’ troppo grosso, ho tanta paura- +
No! non è vero, e adesso te lo dimostrerò + Si mise al bordo del letto dove prima ero io, mi prese una mano e mi obbligò ad avvicinarmi a lei. Divaricò le gambe e ordinò al lui + Prendimi + E rivolgendosi a me, + Tu aiutalo. + Mi colse un momento di esitazione. Lui avvicinò sua arma terribile al centro delle sue cosce. Io glielo presi in mano e piegandolo verso il basso lo misi davanti al suo taglietto e lui spinse delicatamente, io lo sentii scivolare tra il palmo della mia mano e come un anguilla unta lo vidi intrufolarsi agevolmente dentro la fessura che si aprì arrotondandosi e adattandosi perfettamente alle sue misure. L’avevo già visto in precedenza, ma il verificarlo così dettagliatamente mi scombussolò. I miei sensi si infiammarono, mi venne istintivo di metterci le mani sopra, avrei voluto catturarlo mentre si muoveva. Si mosse delicato e ritmico come un pendolo scosso da rapidi e piccoli movimenti, a volte lunghi e profondi. Poi si fermò con la spadone tutto dentro di lei fino all’elsa per poi ondeggiare come portato dalle onde del mare. Avrei voluto imbevermi della fragranza di sesso che effondeva. Fissai l’ariete e la tentazione mi afferrò. Non sapevo cosa fare ma qualcosa dovevo fare. Mi spinsi a posare le mie dita sulle sue squame, poi lo avvolsi con il pollice e l’indice e lo sentii muovere nel suo movimento ritmico: avanti e indietro. Fu molto piacevole sentirlo scorrere tra le mie dita ma non portò a nessun esito. Rividi mentalmente la scena di quanto lui le aveva fatto prima mentre la stava fottendo vivacemente. Appoggiai la punta delle dita nel punto dove le finiva la fossetta e iniziava l’imbocco della caverna, spinsi due dita al suo interno e come d’incanto si infiltrarono tra il bordo delle sue labbra e l’ariete che la stava chiavando. Li spinsi dentro fin quanto mi fu possibile e incomincia a muoverli assumendo un ritmo mio, non sincronizzato con quello di lui che imperterrito continuò il suo scivoloso ludibrio. Individuai la sua gemma solitaria nella sua esuberante fioritura. Una lingua che avevamo imparato insieme oscuratamente silenziosa e inconfessata. Il pube di Dxxx incominciò a dimenarsi, le sue gambe si misero a sgambettare, i suoi muscoli si contrassero, le misi la destra sul petto e sentii i battiti veloci del suo cuore, la baciai, la mordicchiai, i suoi gemiti si fecero rantoli. Rivolsi lo sguardo al suo viso e lo vidi contratto dallo spasmo, piangeva di gioia, pativa di un piacere talmente intenso che la faceva soffrire. Guardava qui e là senza vedere nulla, sbatteva la testa per liberarsi di una focosità infernale. Si morse una mano come se volesse soffocare i suoi rantoli, poi esplose in un gorgoglio soffocante. La bocca le si aprì e si richiuse, gemette lamentosamente, poi la vidi deglutire forte: il suo sconcerto era autentico. Un velo di delirio avvolse la sua mente facendola affondare in una sorta di ipnosi. Dedussi che avesse raggiunto l’orgasmo con una rapidità insolita. Entrambi non cessammo i nostri lubrici movimenti fino a quando lei non si acquietò e ritrovò il suo armonico visino da innocente fanciulla. Mi concentrai sulla sua porta dorata quanto le sfilai le dita e lui la liberò dal suo gingillo e vidi che dopo tanta attività le era rimasta lievemente dischiusa.
Abbandonammo Dxxx al suo paradiso smarrita tra fantastici sogni e tutta la sua attenzione ricadde su di me. Due occhi scuri e profondi si avvicinano al mio viso e mi accarezzano attraversati da un lampo di pietà. Vado per dire qualcosa ma lui va tutto bene, e mi bacia sulla guancia. Continua a baciarmi con la stessa dolcezza che si riserva a una bambina da tranquillizzare. Poi raggiunse la mia bocca in un gioco di labbra leggero. Poi la sua lingua avvolge la mia: gentile. La mia testa si svuotò, diventai aerea, in grado di sollevarmi dal letto e fluttuare nella stanza. Mi accarezzò le spalle mentre con la bocca mi percorse sul collo. La sua bocca si abbassò e si posò alternativamente da un seno all’altro, poi scese alla scoperta del mio corpo arrendevole come una vittima sacrificale da immolare. Rassegnata al mio destino mi piegai a ogni suo volere. Mi ero preparata a un attacco furioso come aveva fatto con Doxx, invece con me fu abile a sintonizzarsi sulla mia tensione, a percepire il lieve tremore che mi scuoteva, a sussurrarmi di stare calma. Tornò ad accarezzarmi, blandendomi come una cavalla da domare, mi rassicurò e mi distese sul letto.
Non ancora convinto di avermi sistemata a mio agio tornò a solleticare il mio corpo. Le sue mani e la sua lingua si mossero in luoghi sensibili che ignoravo di avere. Mi baciò partendo dalle ginocchia, la lingua sostò sulle cosce interne regalandomi sensazioni stupende. Sussultai quando mi sfiorò l’inguine e mi aspettai di sentirmela leccare, restai delusa quando lo sentii procedere sull’altra coscia senza neppure sfiorarmela. Avevo le gambe aperte e reputai di esibirgliela sfacciatamente tanto da provare vergogna, me la immaginavo così tanto schiumosa, così tanto repellente e puzzolente da fargli ribrezzo. Sospesa dal piacere, consapevole del momento unico e irripetibile che stavo vivendo, dall’enormità di quello che mi sarebbe
accaduto: mi inarcai per ricevere la sua lingua che risalì sul ventre, arrivò sui seni e ancora sulla bocca. Mi venne di sopra, le sue ginocchia si erano insediate tra le mie gambe, anche se avessi voluto resistergli, senza rendermene conto ero caduta in trappola come una coniglietta afferrata dalla tagliola. Ero irrequieta come una giumenta ai primi calori avvicinata allo stallone, avevo addosso una tensione spasmodica che inibiva ogni timore, accecata da un desiderio che mi avrebbe spinta a ogni sacrificio pur di soddisfarlo mi sentii una febbre nel ventre che raggiunse il parossismo. Mi sarebbe bastato un battito di ali di una farfalla sulla frégna incandescente per farmi prorompere in uno strepitoso godimento. Come una preda mi sentii selvaggina in balia del cacciatore che appostato avrebbe deciso del mio inevitabile destino, cosciente dei miei ultimi momenti verginali mi arresi in una regalità suprema. O almeno questo era il mio intendimento.
Mi baciava il collo e stranita il coito vero e proprio per me sembrava ancora una meta appena sfiorata o vagheggiata, invece lui da gran maestro, con un talento malandrino mi centrò la crepa al primo tentativo. Ma che!...Spalancai gli occhi ammirati, ruggii sorpresa, deglutii il niente, ma fu come se avessi ingoiato una mela tutta intera, i talloni si conficcarono nelle coperta e miei nervi si tesero allo spasimo, il mio ventre si inarcò. HARGRR! ...CHE FAI!.. Spiazzata, sorpresa e con una insolita agitazione le mi mani volarono sulle sue spalle e le unghie si conficcarono nella sua carne.---HOOOH! HOOOH!- Lo stupore fu grande, inatteso, sbalorditivo...non mi ero ancora preparata per prenderlo nella chitarrina: ma mi piacque. Piano! Piano! - HOOO! - - è bello!- --Stai fermo, così ti prego! Solo un attimo poi mi potrai fare tutto quello che vorrai -- Non sperai che lui mi comprendesse ma io provavo meravigliosi palpiti di piacere, muovevo il monte di Venere e con lui il mio umido ricettacolo di delizie, il cuore mi batteva come una mitragliatrice, provai un crampo alla pancia, tremavo dentro e fuori in uno scombussolamento generale. La porta doro dell’iperspazio godurioso sembrava essersi infuocata, avevo raggiunto una vetta di piacere così alto che non ce la facevo più a sopportarlo, era di un gusto nuovo, mai provato prima. Poi provai la sensazione di dover fare la pipì. La sensazione era forte, talmente intensa che io decisi di non trattenerla. Non era pipì, ma schizzai più volte e non seppi mai cosa, ero molto stupita ma non ebbi tempo per pensarci, perché mi raggiunse un godimento molto godimentoso, impetuoso, un orgasmo allucinante si era scatenato dentro di me come un temporale d’estate. Di quelli che soddisfano veramente. Urlai più volte richiamando la perplessità di Rxxx e risvegliai Dxxx che mi prese una mano come per accompagnarmi nelle varie stazioni del mio calvario. E’ uno dei ricordi essenziali della mia vita. Non saprei definire il tempo in cui ansante rimasi senza coscienza, ma quando mi ripresi da quel stupefacente torpore ero stremata, la bocca secca, una cascaggine mi aveva depauperata di ogni facoltà. Lentamente ripresi atto della situazione: “ero ancora illibata e io ero stata più che soddisfatta della sua arte amatoria e delle sue raffinatezze erotiche. E, la mia la mia imene inviolata avrei anche potuto portarmela a casa, ma sapevo del mio impegno e un atto di gratitudine glielo dovevo non per dovere ma per convinzione, come se volessi condurlo in una seduta d’amore nella quale mi avrebbe svezzata sessualmente. Avrei anche potuto proporgli di sfogare la sua foia su Dxxx ,che lei, appartenendo a una umanità femminile che non sta tanto a cavillare quando si trattava di godere bene non si sarebbe certo rifiutata. Avevo sbollito l’eccessivo desiderio e la tensione si era mitigata. Ora avevo un’idea precisa di quello che sarebbe seguito. Il cammino tortuoso che mi avrebbe deflorata l’aveva già imboccato e a me restava di sopportare l’atroce dolore della mutilazione. Tutte queste riflessioni mi sfrecciarono nella testa alla velocità della luce ma non cambiarono la situazione in cui
cui giacevo. In un bagno di sudore, impregnata della meravigliosa stanchezza che assale gli amanti dopo aver goduto, ancora con le ginocchia alzate e gambe divaricate, come un felice rottame mi ritrovai l’imbocco della caverna otturata dalla testa del suo ariete che si apprestava a svolgere il suo compito con irreprensibile impegno procedendo alla stretta finale e, che gli avrebbe allo stesso tempo concesso il risarcimento da me dovuto. Un appagamento che lui credeva di essersi guadagnato di santa ragione. Con la mente fredda come il ghiaccio mi apprestai al procedere in quello che sarebbe stato l’atto finale, una spinta e via... come aveva fatto con Dxxx e la “barriera” che separava l’innocenza dalla conoscenza, il candore della carnalità sarebbe crollata e io ancora sospesa tra l’ultima infanzia e la prima adolescenza, con l’immaturità dei miei tredici anni appena compiuti, come se avessi una benda sugli occhi mi sarei ritrovata bruscamente sverginata e adulta.
Con la mano sinistra afferrai il suo braccio destro piantato nel letto all’altezza dei mie seni e sul quale lui si sorreggeva. La mia mano destra stretta tra quelle di Dxxx che virtualmente mi accompagnava nel mio tormentato travaglio. Come un indecifrabile dio pagano lui mi guardò, i suoi occhi incontrarono i miei e tra di noi ci fu un dialogo, breve e gestuale d’intesa che per me contenne un avvio alla vita. Sembrava avessimo scoperto le nostre identità in una sintonia perfetta. ..Sono Pronta! Non aprii bocca, ma lui lo comprese e si preparò ad agire. In un attimo il tempo per me non ebbe più misura. Una istintiva paura, comunque, mi fece stringere meccanicamente le cosce, ma il suo corpo insinuato tra di esse me lo impedì. Le schiusi aprendo la via al suo assalto. Lo spazio tra i miei molari si ridusse a zero, giacqui completamente esposta
all’assalto del suo ariete corazzato senza fare alcuna resistenza. Avendomelo chiesto e desumendolo da come mi aveva conosciuta, procedette spavaldamente fermo nella sua convinzione ch’io non fossi nuova a certe faccende. Avrei anche potuto avvertirlo della mia verginità, ma se l’avessi fatto, lui avrebbe potuto pensare che lo giudicavo un credulone da gabellargli simili panzane. Troppo eccitato per un ulteriore indugio spinse lo strumento delle mille battaglie d’amore in quella che lui riteneva una breccia già aperta. Allora per la prima volta sentii un membro vero, rigido, duro come un corno, urtare contro la mia cedevole barriera. Ma dopo alcune vigorose pressioni, che mi fecero tremendamente male, si accorse di non aver fatto il minimo progresso. Ad ogni sua pressione stringevo la mano con cui tenevo il suo braccio e allo stesso modo quella che mi teneva Dori. I miei tacchi si conficcarono nel letto, il mio corpo si arcuò e io diventai un unico nervo teso. Forse pensò che mi irrigidivo a tal punto da impedirgli l’ingresso, o forse che per causa della mia giovane età lo spazio nel mio sesso ancora in formazione fosse troppo ristretto per sopportare la grossezza del suo maestoso membro, o forse ancora che io non fossi mai stata gustata da un uomo meglio dotato di lui, o ancora che non avesse avesse centrato il giusto percorso. Non credo che gli passò mai per la testa che io fossi un fiore ancora da cogliere e nonostante le sue apprezzabili doti amatoriali dimostrò di avere una totale ottusità sull’anatomia femminile. Eccolo tentare di nuovo. Ancora accesso interdetto. Ancora nessuna penetrazione. Solo il mio dolore si rinnovava sempre più cocente che io sopportai quasi senza un gemito. Forse pensò che fossi una circe e chissà quali inganni avessi escogitato. Di tutte le donzelle che aveva avuto di certo io fui la più enigmatica e la sua convinzione, immaginai fosse quella che io riuscivo a stringere i muscoli al punto da impedirgli l’accesso solo per rendermi desiderabile, più appetibile. Gli lessi la sua voglia in volto. Circospetta come una coniglietta che annusa una donnola mi preparai a un affondo impetuoso. Che non avvenne. L’intruso retrocedette, spupazzò con la testa davanti all’ingresso tra le labbra umide dandogli alcuni assaggi come voler accertarsi che l’imboccatura fosse quella giusta e poi entrò. Tutto era corretto, ma incontrò ancora l’intoppo. Ci riprovò e dopo alcuni ripetuti e infruttuosi tentativi, con voce arrochita mi chiese perché me la spassavo a non lasciarlo entrare, tanto lui, non si sarebbe certo accontentato delle briciole. Le lacrime mi bagnavano il volto e avevo un nodo in gola per cui ritardai nella risposta. Fu Dxxx che mi sollevò dall’impiccio dicendogli che lì dentro cerano stati solo discoli. Gli spiegò che non ero mai stata con un vero uomo della sua potenza virile e per tale motivo avrebbe dovuto darsi da fare, per godermi avrebbe dovuto prima aprirmi un varco. La cosa più invitante e spassosa di questo mondo per lui e per lei, poiché la vidi fissarmi con due occhietti fermi, trasparenti, compiaciuti come se fosse stata una cagnetta da punta. Me l’aveva detto” mi rifarò quando sarai tu a soffrire.” Mi sentii un osso conteso tra due cani. Per loro due era un momento inebriante, mi impegnai di dividerlo con loro. Qualunque fosse stato il suo nuovo assalto avrei dovuto dimenticare me stessa, il patimento e lo strazio, ricevere i suoi colpi soffocando la tortura, restare immota e fondermi in un solo pensiero sensuale: abbandonarmi in un godimento carnale. L’attesa si fece irritante ma non tardò ad arrivare. Una nuova spinta più pressante delle altre sopraggiunse alla barriera, e questa volta un dolore tagliente mi mise il fuoco addosso, il bruciore si infiltrò nelle arterie e si diramò per tutto il corpo. Presagii che la muraglia si stava sgretolando.
L’ariete aveva fatto breccia. Senza darmi spinte violente, aumentò la pressione e la crepa si lacerò a rilento, attimo dopo attimo avvertivo il suo cedere sotto la sua costante sollecitazione. Stringevo i denti, contraevo i nervi ed emettevo deboli lamenti, stavo trattenendo i singhiozzi con un terribile sforzo di volontà, ma non potevo impedire che le lacrime mi scorressero sulle guance. Lo spettacolo del mio supplizio servì solo a ravvivare i suoi sensi, vedere il suo desiderio bastava a sottomettermi con gioia al suo volere perché, per quanto acuta fosse stata la pena sapevo dapprima che avrei avuto un prezzo da pagare. Riprese i suoi tentativi, violento, ormai non più padrone di se stesso, trasportato impetuosamente dalla furia e dall’ardore senza limiti, come animato da una ancestrale rabbia, radunò tutta la forza dei suoi muscoli e con un ultimo affondo travolse ogni ostacolo: “E Fu Fatta!” A quel punto, quando il dolore si fece indicibile, ogni coraggioso proposito mi abbandonò. Cacciai un grido terribile di dolore e di disperazione Haaaa! Bastaaa!Pietàà! Tu mi uccidiii! Non resisto! Haioo! Mi fa tanto male! In quel momento credetti di essere spaccata in due. I miei occhi languidamente rivolti a lui lo rimproverarono e gli chiesero se mi meritassi tanta crudeltà. Era troppo! Il nostro obbiettivo, mio e di Dxxx, all’insaputa di lui, era stato raggiunto, ero stata sverginata, ma solo una breve porzione dell’ariete corazzato era entrato nella mia caverna. Delirante, cercai di liberarmi la mano che mi teneva Doxx, ma lei non la mollò, anzi mi prese anche l’altra e me le tenne ben strette entrambe, come se fossero un sostegno per non annegare. Forse, temeva che potessi ribellarmi e graffiarlo. Lentamente, a piccoli tratti si intrufolò nel mio ventre in un doloroso cammino riempiendo i miei ripostigli segreti e incontaminati. Imbizzarrita come una cavalla quando lo stallone la sta montando di nuovo il terrore mi afferrò. Se fosse arrivato in fondo al canale e avesse spinto con forza cosa mi sarebbe accaduto?
Lo sentii procedere, rugoso, contorto come un arbusto continuava ad inabissarsi, sentii le nervature scolpite nel profilattico passare attraverso la mia carne lacerata, una a una, avrei potuto contarle, il bruciore era lancinante. Lentamente lo sentii risalire lungo il mio canale vaginale, ma non avevo idea di quanto ne fosse già entrato e quanto ne fosse rimasto fuori. La sua grossezza sembrava sostenibile, solo la lunghezza continuava incutermi terrore. Il dolore era trafiggente, mi chiedevo quando sarebbe finita. Dxxx mi teneva e mi rassicurava......+ Sopporta ancora un pochino e sarà tutto finito, sei stata brava.+ I gemiti e rantoli di lui tradivano la sua eccitazione. Stavo per lasciarmi prendere dalla parafrenia e allora nessuno mi avrebbe più contenuta. L’intrusione continuò. Superate le nervature giunse la parte più grossa poi seguirono gli speroni. Prima percepii i più morbidi, poi arrivarono quelli sporgenti e fu una vera tortura. Gridai! -Basta! Non ne posso più! Ma che volete farmi morire? Ahia! Ahio! - Ormai, ero divenuta una nenia di lamenti e di suppliche. Solo quando il suo bacino si appoggiò sul mio pube compresi che l’avevo accolto proprio tutto. Una volta che l’ebbi ricevuto dentro le sue dimensioni non mi parvero poi così esagerate, mi sentivo bella piena ma ci stava dentro come se fosse attagliato proprio alla mia misura. Tutto il suo corpo si era adagiato sul mio in un momento di riposo: il riposo del guerriero. Lo sentivo pulsare dentro e se fosse rimasto fermo il bruciore sarebbe stato quasi tollerabile. In quel momento di quiete io avrei voluto alzarmi e andarmene ma, allo stesso tempo avrei desiderato che durasse per sempre. Sapevo che quegli attimi, quei precisi attimi erano unici e irripetibili e non avrei mai avuto modo di riviverli, almeno nella stessa forma, misura e intensità. La stanza cadde per un momento in un profondo silenzio, solo i nostri respiri ansanti erano udibili.
Lui mi guardò negli occhi, quello sguardo mi soggiogò e volli rispondergli allo stesso modo, manifestargli con gli occhi di avere coscienza della sua forza e della sua presenza dentro di me, che ero sua, che lui mi stava possedendo. Avrei voluto dirgli che a lui avevo donato il mio gioiello più prezioso che possedevo, che gli avevo elargito il più alto dei piaceri, che era stato il distruttore della mia verginità. In quel momento esprimevo più amore che risentimento. Rapidamente annegai ogni sensazione di dolore nel piacere di vederlo e di pensare che sarei per sempre appartenuta a lui, che sarebbe per sempre stato l’ignaro depositario del mio destino. Ma, lui ora, mi avrebbe chiesto ancora un ultimo sacrificio, e la mia ferita era ancora fresca, bruciante, probabilmente sanguinante. Mi ero scordata che per lui ero solo una inopportuna e invadente mocciosa che doveva domare, che doveva estinguere in me ogni subdola chiacchieria, ogni presumibile commento malizioso sul loro conto. Sentivo il suo respiro caldo sul mio collo e non avrei finito di contare fino a venti quando lui si mise a mordicchiarmelo. Me lo baciò, me lo succhiò, la sua lingua risalì fino all’orecchio destro e me l’avvolse, me lo penetrò. La sua foga si stava riattivando: e, eccolo pronto alla battaglia finale. Si sostenne con il braccio destro, la mano sinistra scivolò sotto le mie natiche e mi sollevò, Dxxx coercitivamente mi strinse le mani. Oddio!...Ohh!.. Povera me! Ora cosa mi accadrà? Un fremito costante me fece tremare le vene ai polsi. Il suo bastone nodoso incominciò a muoversi in un va e vieni, fuori e dentro, il suo ritmo era lento e delicato, la corsa breve, quasi volesse assaggiarmi. La sua bocca raggiunse la mia, dopo un rapido mordicchio alle mie labbra, passò alle e mi leccò le lacrime. Dovette aver creduto a quanto fossi atricetta, una simulatrice tutta orpelli e raggiri. Scese più in giù sotto la mandibola, poi al collo con baci di ineffabile languore, teneri morsi volarono dalla testa ai seni che mi titillò con la punta della lingua. Le sue dita della mano con la quale mi sosteneva mi premettero i glutei e diedero la caccia alle mie parti anatomiche più segrete di un labirinto. Quel tocco licenzioso venne a calmarmi il dolore e provocarmi un lungo sospiro. Lo ritenni uno stimolo irritante, invece per lui fu un elisir di vita. Le sue forze rinacquero, bandì il suo terribile strumento con aria minacciosa e sembrò farsi più violento a ogni colpo che mi infliggeva. Un fuoco infernale mi tormentò, là, dentro nelle mie viscere più intime e delicate. Appena cominciò quell’orribile supplizio una convulsione mi fece balzare in ogni direzione, ma le possibilità di ribellarmi erano per me limitate. Ero salita spontaneamente sul patibolo e ora non potevo che sperare che il nodo scorsoio facesse il suo effetto il più rapidamente possibile. Non potevo che lamentarmi, Ahi! Ahi!. Ahi! Haa. Bruciaa.. la mia povera caverna Ahh sto per morire vile mi stai stuprando! - Indifferente ai mie strilli tra spasimi e supplizi lui raddoppiò i suoi slanci, mi ruppe, stracciò, mi distrusse tutto il mio impero. I miei nervi si torsero in un grido esasperato nella rabbia e nel dolore. --E’ atroce non ne posso più, Ahii. Ahii. -- Come lacerata da mille avvoltoi i denti mi batterono forte. Le sue penetrazioni si erano fatte lunghe e profonde, un colpo non calibrato lo fece uscire dalla traiettoria e uscì dalle mie parti regali, ma subito lo scettro infuocato si insinuò divorante in quella porta che in quel momento era presa dal fuoco. Rantolò con voce sepolcrale, il tono della sua voce fu la rappresentazione del supplizio che ancora mi aspettava. Io continuavo a gridare per il dolore e lui grugniva dal piacere mantenendo i suoi occhi ardenti fissi su di me, forte e inarrestabile come la macina di un mulino. Ebbi di nuovo paura per quella nuova forza, era impossibile arrestare quel torrente impetuoso. Sogghignando, boccheggiando come un salmone preso nella rete proruppe.< Che c'è! Che hai? Non è quello che ceravi?> Avrei voluto rispondergli che mai avrei pensato che la natura mi avesse fatta così per divertirsi tanto a farmi soffrire, che non ero una maestra di stratagemmi, che avrebbe dovuto ritenersi fortunato, che non era cosa di tutti i giorni deflorare una ragazzina, rubarle la sua innocenza, che gli stavo regalando un piacere impagabile. Ma la voce mi morì nella gola. Come travolta da una un fiume in piena, non potevo fare altro che nuotare nel suo senso sperando che la corrente si esaurisse presto. Era vero: me l’ero cercata, l’ho voluta io o forse no! Era stato il fato, la scivolata di quella maledetta chiave! Forse quella misteriosa e invisibile scrittura che mi ero convinta di portarmi addosso, che qualcuno aveva inciso su di me a mia insaputa: ora la stavo meramente verificando. Io, ero innocente, stavo solo vivendo una di quelle esperienze offerte dal creato, di quelle che non avrei mai più scordato, per cui valeva la pena di resistergli e di viverla fino in fondo con la trepidazione del cuore in gola, con l’inesperienza della principiante. Come una bestiola mi acquattai e mi offrii fisicamente al suo volere. Mi resi conto che non era violento né mi torturava. Fu il terzo tempo che richiese fisiologicamente maggior impegno e più tempo per coronare l’impresa e lui non poteva sapere, non poteva concepire la mia sofferenza, anzi direi che ogni mio lamento non faceva altro che aizzarlo. A quel punto feci appello al mio coraggio che non avevo e sopportando ogni sofferenza assecondai li suo ardore. Mentre lui continuava nel suo ritmico e armonico movimento tra i miei viottoli ardenti e infuocati tutto dentro mezzo fuori incominciai a dimenare il pube, prima verso l’alto e il basso, poi con andirivieni rotatori, strinsi i muscoli gustando l’inedito sentore di attorniargli il suo grosso rettile di ruvida carne che malgrado ogni sforzo mi sgusciava via. Ben presto caddi olocausto della mia stessa baldanza, il mio sesso incominciò ad agitarsi, il cervello contribuì liberando endorfine che anestetizzarono l’incendio che divampava potente nelle mie viscere. Un groviglio di spirali mi contorse la pancia, e, come una cometa che arriva da lontano una scia di piacere inarrestabile mi inebriò, provai ancora quello strano stimolo di pipì. Provai un impellente e irresistibile impulso di stringerlo a me, non mi bastò più il contatto che avevo tra le gambe, lo volli stretto a me. In una dura lotta mi liberai le mani da quelle di Dxxx e l’abbracciai. continua( 5) Amichetta2016





















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