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La receptionist


di pollicino
22.01.2024    |    81    |    0 6.0
"Non le ci volle molto a capire che erano pieni di sborra, e che di lì a poco si sarebbe ubriacata della sua bevanda preferita..."
1. Introduzione.

Tutto ebbe inizio una sera d'estate, all'hotel "De Gerstekorrel" di Amsterdam, in Olanda, dove i nostri protagonisti lavoravano.
Entrambi emigrati per fare esperienza e in un mondo che non era il loro, connazionali, si erano fatti simpatia ma senza che tra loro scattasse la fatidica "scintilla"...
Prima, però, di addentrarci oltre nella storia, vi voglio parlare brevemente di loro...
Emma è una giovane di 24 anni, alta pressappoco 170 x 50 kg, snella, capelli ricci e occhi castani, con un bel sorriso aperto e un viso da santarellina che nasconde invece una gran voglia di divertirsi.
Già da vestita, mostra delle piccole tette - una seconda -, ingraziosite da due capezzoli con areola un pochino larga, rosei e fini a bottoncino...
D'estate non porta alcun reggiseno ma soltanto una canottiera bianca che non nasconde proprio nulla.
Sotto, al lavoro è obbligata ad indossare una minigonna che però all'apparenza non dà adito a nessuna immaginazione.
Il suo compito è quello di svolgere mansioni da receptionist.
Anche se molto formale, già in passato ha tradito il suo ex fidanzato, anche se con una certa titubanza...
A svolgere quel lavoro entusiasmante ma impegnativo si alterna con Gerardo, 32 anni e come già accennato italiano come lei.
Più basso di lei, ma più tarchiato, circa 165 x 65 kg, uno sguardo sempre triste, forse perché timido, è il classico ragazzo vagamente "chubby", con uno stomaco ben pronunciato e anch'esso con una gran voglia di fare sesso, benché le occasioni fossero davvero poche.
Ebbene, Emma era dietro al bancone della reception quando - guardando l'orologio - si accorse che erano le 22 passate.
Era molto tardi, e lei aspettava il cambio da parte del suo collega Gerardo, così finalmente poteva andarsene a casa.
Faceva molto caldo, e Emma indossava una formale camicetta bianca sopra una bella gonna blu elettrico che le arrivava a metà coscia.
Si sentiva "strana", ansiosa, per quel ritardo del collega o forse per qualcosa di simile a un'attesa che non riusciva a spiegarsi bene, e infatti da sotto quella canotta spingevano prepotenti i capezzoli, duri e ritti, che quasi principiavano a farle male.
Ma ecco che - accaldato per il ritardo - Gerardo fece il suo ingresso dall'entrata principale.
La salutò come faceva ogni giorno, e dalla sua voce e dal suo sguardo si capì che il solo vederla lo metteva di buon umore dandogli fiducia in se stesso.
- "Ciao, Emma, anche stasera sei bellissima... Un minuto e ti lascio andare...".
Corse in ufficio a mettersi in abito da lavoro, e fu subito pronto a darle il cambio.
Improvvisamente, però, Emma si ricordò che quella mattina aveva lasciato in sospeso l'inventario della biancheria dell'hotel.
Così, si spostò in ufficio, e disse a Gerardo:
- "Ah, maledizione!, dimenticavo che ho un lavoretto da completare... Domani il Direttore lo vuole sulla sua scrivania... Vabbeh, mentre tu sei qui, io vado in ufficio a fare il mio...".
Gli ultimi clienti erano appena rientrati, e fuori scese il silenzio della notte...

2. Una visita inaspettata.

Emma era una giovane molto seria sul suo lavoro, e quella sera si concentrò talmente tanto che non si accorse che la porta della stanza dove si trovava si aprì senza far troppo rumore per poi richiudersi immediatamente.
Fu solo un urto accidentale contro uno schedario a fare tornare in sé Emma, la quale si accorse che Gerardo – abbandonato il suo posto di lavoro – si era fermato in estasi ad ammirarla.
Il giovane, quasi rammaricato di essere stato la causa involontaria del rompersi di quell'incantesimo, si rianimò anch'esso e le disse:
- "Là fuori è una noia mortale, non c'è nessuno... Certo, la notte è così, maaaa... Bisognerebbe trovare qualcosa da fare... Qualcosa di...".
Si mise a girovagare stancamente per l'ufficio, toccando qua e là una miriade di oggetti e guardandoli come se fosse la prima volta che li vedeva, e a un certo punto iniziò a farle mille complimenti, del tipo:
- "Emma, ma perché non ti cerchi qualcosa di più gratificante? Secondo me, qui sei proprio sprecata... Hai un sorriso che incanterebbe qualunque datore di lavoro, e là fuori se volessi avresti il mondo ai tuoi piedi...".
Da quando lavoravano insieme, Gerardo non si era mai esposto così tanto, timido com'era, anche perché sapeva bene che lei era fidanzatissima.
Questo drastico e inaspettato cambiamento di rotta suscitò in Emma un certo malcelato orgoglio, che la spinse a "guardarlo dall'alto in basso", ma con una innocente civetteria...
D'altro canto, Emma cominciò a sentire qualcosa di "strano" al basso ventre: una sensazione indefinibile che le rimescolava tutte le budella, che si contraevano spasmodicamente creandole uno stato di malessere via via crescente.
E nello stesso tempo, i capezzoli – stuzzicati meccanicamente dalle dita di lei – si indurirono come il ferro, tradendo quello stato e provocando in Emma un brivido molto piacevole, che non riuscì a dissimulare...
A quel punto, non fu più possibile fare finta di niente. Gerardo, benché inesperto di cose femminili, se ne accorse subito, e timidamente cominciò a fissarle il seno, mentre la ragazza – che non sapeva più cosa fare chiusa in quella stanza a tu per tu con un uomo – avvampò all'istante, e con un gesto portò il braccio destro a coprire entrambe le tette all'altezza di quei "dispettosi" bottoncini di carne.
Allora lui si fece ancora più intraprendente... Andò verso la porta, la chiuse a chiave e tornando al suo posto confessò a Emma:
- "Sai, con me non ti devi vergognare... Tu mi piaci... Ho visto tutto, perciò se vuoi mettiti pure in libertà, fa così caldo! L'ho capito che non hai il reggiseno, ma per una bella ragazza come te è naturale...".

3. I timori di Emma.

Emma restò un attimo titubante, era fidanzata e sulle prime non volle mostrarsi a un maschio che non era il suo uomo.
Già in passato, il suo ragazzo precedente lo aveva cornificato alla grande, senza pensarci troppo, e se ne era pentita quando era ormai troppo tardi.
Ma quel "sentore" del tutto nuovo e particolare andava via via crescendo...
Inizialmente, la giovane si schernì, ringraziò ancora Gerardo dei complimenti, ma arrossendo si negò dicendogli:
- "Guarda che non è il caso... Io sono una donna e tu sei un tesoro, ma mi conosco troppo bene... Potrebbe succedere di tutto... Non è colpa tua, ma...".
Non riuscì a trovare le parole giuste per concludere la frase, e così facendo gli fece capire che quella sarebbe stata l'occasione giusta: ora o mai più!

Fin da adolescente Gerardo nutriva una voglia matta di vedere una donna nuda, dal vivo, ma purtroppo fino a quel momento lui non aveva avuto nessuna fidanzata né aveva tantomeno scopato mai...
Quando conobbe Emma, la ragazza le parve subito molto arrapante, ma non aveva mai avuto il coraggio di entrare in certi discorsi con lei. Si sentiva frustrato.
Sapeva che doveva osare, al massimo avrebbe ricevuto un suo diniego...
Così le disse, a bruciapelo:
- "Dai, Emma, togli pure la canotta... Perché non me li fai vedere?".
E lei:
- "Vedere cosa?".
- "Ma sì, i tuoi capezzoli che prima ho potuto vedere da sopra la camicetta... Quando ancora non te ne eri accorta, ho potuto ammirare quanto devono essere duri... Non ti preoccupare, la cosa resterà tra noi due...", ribatté Gerardo mentre sentiva di dover osare sempre di più.
Emma, che era un po' anche esibizionista, avrebbe voluto cogliere la palla al balzo, ma al contempo non voleva dargli a vedere che fosse una ragazza "facile"... Fingendo uno stupito scandalo, quasi urlò:
- "Ma tu sei pazzo! E se entra qualcuno?".
Ma lui, pronto, non le lasciò il tempo di dire altro:
- "Emma, stai tranquilla, poco fa ho chiuso a chiave la porta... Allora, ti prego... Tu hai bisogno di metterti in libertà, lo si vede lontano un miglio, e io muoio dalla voglia di vedere quanto sei bella...".

Emma non aveva più scuse... Tutto era pronto.
Aprì lentamente, ad uno ad uno, i quattro bottoni della camicetta, e finalmente Gerardo si trovò al cospetto dell'oggetto del suo desiderio.
Si sarebbe voluto gettare a capofitto là in mezzo, ma la logica gli consigliò di essere prudente, perché un sesto senso gli diceva che qualcosa stava per accadere...

4. Un odore irresistibile.

Ora Emma era a seno nudo.
Un seno piccolo ma assolutamente perfetto che non aveva bisogno di alcun genere di sostegno e che le conferiva un aspetto raffinato. Un ventre piatto e una vita sottile, pelle liscia e chiara, e quei chiodini poi!, tutto questo ebbe su Gerardo un effetto fortemente erotico, che neanche un seno grande avrebbe potuto scatenare.
L’uomo, avrebbe anche voluto toccare tutto quel ben di Dio, ma non ne ebbe il coraggio.
Intanto, lo sguardo della ragazza andò a finire – senza volere – sulla patta dei pantaloni di lui, e ciò calamitò perdutamente i suoi occhi.
C'era un gran bozzo, e la zip sembrava stesse per cedere da un momento all'altro...
Dallo stupore, Emma spalancò la bocca e gli sguardi dei due si incrociarono.
Fu allora che Gerardo capì definitivamente che la giovane doveva essere solo spinta ancora un po', fino all’orlo del baratro...
Oramai la sua timidezza era un lontano impaccio, si abbassò i pantaloni e i boxer, e le prese una mano, sulla quale appoggiò il suo prezioso "giocattolo"...
Poi, le disse, con una sicurezza inaspettata:
- "Ecco, ora vedi tu... È inutile che fai la santarellina, tanto sappiamo bene entrambi che lo vuoi...".
Tacque. E lei, d'impulso, si ritrasse di scatto. Ma l'attrazione che suscitava quel cazzo peloso era così forte che Emma tornò ad ammirarlo... Chiuse gli occhi... E una voce quasi diabolica da dentro di lei le suggerì:
- "Dai, che hai una voglia matta di giocarci!".
Ma, all'opposto, un'altra le ricordava:
- "Emma, come puoi tradire così il tuo fidanzato? Lo hai già fatto una volta, ora sarebbe davvero troppo! Tu non sei una puttana!".
Prevalse, ahimè, la prima, e la giovane ebbe la chiara e inequivocabile sensazione che si stava vergognosamente bagnando le mutandine... Erano già un lago dentro al quale sguazzava felice la sua passerina...
Poi, intervenne bruscamente un'altro “trauma”: Gerardo, cominciò letteralmente a "schiaffeggiarla", sbattendogli la cappella nuda su tutto il volto...
L'asta era ancora flaccida, ma il membro nel suo complesso era come una frusta che la percuoteva, senza però causarle dolore, anzi... E l’abbondante precum le ricopriva il viso.
L'uomo sembrava impazzito, e con le braghe alle ginocchia continuava imperterrito. Muoveva il suo basso ventre in maniera tale da finire anche sul petto di Emma, passando e ripassando sui capezzoli che si erano fatti più grossi del normale…
La ragazza, sulle prime, parve incapace di reagire, quando invece afferrò quel membro come una clava ed esclamò:
- “Stronzo, porco, pensi che sia un pezzo di ghiaccio? Ho cercato di lottare fino all'ultimo e di non mettere le corna al mio fidanzato, ma io al cazzo non resisto! Mi hai provocata, e adesso vedrai”.
Come ipnotizzata, lo strinse forte – al punto che Gerardo fece una leggera smorfia sofferente – e prese autonomamente ad usarlo come fosse un pennello da trucco.
Avvicinò la cappella alle sue narici ed inspirò forte per sentire tutto il suo odore... Un odore che per lei era un potente afrodisiaco e che fin da ragazzina la faceva andare fuori di testa.
Ormai andava a briglie sciolte Emma, e la “fame” di cazzo divenne davvero troppa: appoggiò la punta del glande alle sue labbra, fissò i suoi occhi in quelli di lui come a sfidarlo, e se lo mise in bocca…
Ma in quello sguardo c’era uno strano sorriso. E infatti, cacciò fuori subito il pene dalla sua bocca, lasciando di stucco quel poveretto che sbottò:
- “Troia!, Sei una cagna lurida… Che ti prende adesso??”.

5. Una scarica elettrica.

Emma non si offese per nulla delle ingiurie appena subite da Gerardo.
Era in ginocchio davanti a lui, chiuse gli occhi e – sempre tenendo il cazzo per l’asta – si piegò in avanti spingendo la lingua giù fino al punto più estremo dello scroto.
È una scarica elettrica per entrambi, e Gerardo andò in uno strepitoso alzabandiera…
La sua azione fu come un pennello, lo leccava, lo puliva con la saliva, e lo “coccolava” con i polpastrelli delle due mani che si spandevano su tutta la superficie.
La parte sembrò irrigidirsi per l’azione superba e sapiente, e lei sentì i muscoli delle gambe del maschio iniziare a tremare.
A un certo punto, si soffermò ad “assaggiare” i testicoli… Sembrarono sfuggirle, scivolosi com’erano diventati a causa del liquido che proveniva dalla sua bocca. Perciò, dovette agguantarne uno con le labbra. Erano davvero grossi, e Emma fu costretta a spalancare esageratamente le mascelle… Sostenendo il cazzo con due dita serrate sotto il filetto, aumentò la stretta ed iniziò a succhiare come fosse un “chupa chups”.
Gerardo allora sentì i suoi denti conficcarsi brevemente nell’organo, e un lamento gli salì sù dalla gola nel silenzio notturno dell’ufficio:
- “Emma ti prego, fai piano… I denti noooo…”.
Quello che in realtà poteva sembrare un "peccato" dovuto all'inesperienza della donna, era però un "giochetto" erotico che a Emma piacque fare per stimolare ancora di più l'eros di entrambi. E visto il risultato, si dovette ammettere che riuscì alla perfezione, tanto che per reazione Gerardo - che aveva i capezzoli turgidi di lei tra le sue mani - strinse forte i chiodini di carne, suscitandole una potente squirtata.
Emma strinse le cosce per non lasciar colare il suo succo, e contemporaneamente riprese il lavoretto che aveva interrotto.
Si dedicò ora, con l'attenzione di una brava scolaretta, all'altro testicolo, "ciancicandolo" tra le labbra. Non le ci volle molto a capire che erano pieni di sborra, e che di lì a poco si sarebbe ubriacata della sua bevanda preferita.
Gli disse, con un sorrisino:
- "Ti avevo sottovalutato, caro... Hai due palle grosse come quelle di un toro... Il mio ragazzo se lo sogna un cazzo così bello ed efficiente... Vorrà dire che le corna saranno almeno giustificate".
E giù una risata fragorosa...
A Gerardo, però, quel "trattamento" evidentemente non bastò, e strappò di mano alla ragazza il suo giocattolo, dritto e duro.
Emma non ebbe nemmeno il tempo di prendere il respiro che quell'uomo le prese la testa e gliela spinse contro il glande, incitandola:
- "Visto che non hai problemi con il cazzo, fammi un pompino... Eh sì, hai proprio una faccia da pompinara!".
Emma rimase un attimo sconcertata per quella richiesta, nonostante i due si fossero già spinti abbastanza avanti, ma senza dir nulla aprì la bocca e fece entrare il gradito ospite.
Per iniziare, cominciò a leccarlo ricominciando tutto da capo, e poi lo sfiorò con le labbra, ma questo modo di procedere non soddisfaceva granchè a Gerardo, il quale la bloccò con il suo membro dentro la bocca e – parlandole all’orecchio, benché non ce ne fosse motivo – le fece capire cosa volesse realmente:
- “Su, non fare la stupida, siamo qui per divertirci e forse non hai capito bene… Voglio un bel pompino… con ingoio, perfetto, come sono sicuro che sai fare, troia!”.
La giovane stette a quel gioco, fingendo di sottomettersi al maschio, e tornò a succhiarlo con maggior slancio, stringendo tra le labbra la cappella – che a causa di un abbondante precum le sfuggiva come un’anguilla impazzita – e scendendo subito dopo fino alle palle per poi ritornare sù e ricominciare a ciucciarlo con vigore.
Dopo un attimo, principiò anche ad accompagnare quel movimento della bocca con entrambe le mani, masturbando l’uccello e provocando in Gerardo i primi gemiti, accompagnati da insulti sempre più pesanti.
Si vedeva che Emma ci sapeva proprio fare, che le piaceva il cazzo, eccome! Continuava con quel pompino da manuale fino quasi a soffocare, e ben presto capì che lui stava per venire…
A questo punto, però, l’obiettivo di Emma era identico a quello di Gerardo: voleva farlo sbarrare nella sua bocca.
Tuttavia, la sua volontà fu preceduta da quel bastardo, il quale le prese la testa e la tirò a sé, in mezzo alle sue cosce – ormai luride di un misto di seme e saliva –, facendole arrivare il cazzo fino in alle tonsille.
Immediatamente dopo, Gerardo si lasciò andare, e la bocca di Emma venne invasa dalla sua calda sborra… Uno schizzo, un altro, e un altro ancora, fino a quando non si sentì svuotato completamente.
Emma ingoiò tutto, fino all’ultima goccia, con gusto.
Finito di accogliere dentro di sé il succo che amava e che ancora le colava dai lati dalla bocca, lui era inerme, appoggiato alla scrivania, senza più forze, con il cazzo a ciondoloni, mentre Emma si ripulì con dei fazzolettini di carta.
Gerardo, trovò solo la forza per farle i complimenti:
- “Con quella faccetta, e chi se lo sarebbe immaginato che mi avresti svuotato anche l’anima! Brava porca… Ora so come passare il tempo la notte… Ahahah…”.
E chi si sarebbe immaginato anche la resistenza di Gerardo? Il giovane, ci mise poco a tornate in forma, duro come non mai… Le ordinò, tra il “minaccioso” e il divertito:
- “Non credere che sia finita qui… Su, inginocchiati…”.
E Emma:
- “Lo voglio ancora!”.
Così, l’uomo se lo prese tra le mani, impugnandolo proprio sopra le palle, ed iniziò a segarsi tornando a strofinare il glande contro la faccetta sorridente di lei, muovendo il bacino come una ballerina provetta di Hula Hoop…

6. Lussuriosa sorpresa.

Emma quella sera si era comportata come una vera succhiacazzi, e la possibilità che lei e Gerardo potevano essere sorpresi l'aveva mandata sù di giri.
Tutta ansimante, si alzò per risistemarsi un poco, e quando fu in piedi il giovane notò una "strana" cosa sul suo vestito che solitamente era sempre impeccabile. Emma, infatti, aveva una grande macchia scura sulla gonna, all'altezza del basso ventre e un palmo sotto l'ombelico.
Gerardo dovette fissarla con tale intensità che anche lei abbassò lo sguardo e solo allora prese coscienza che aveva goduto come mai fino ad allora...
I due si misero a ridere, e infine l'uomo le suggerì:
- "Beh, non credi che sia il caso di toglierti quell'abito sporco? Non dirmi che ti vergogni dopo tutte le porcherie che abbiamo fatto!".
Emma non aveva più freni, e con il sapore di lui ancora sulle labbra non esitò a farlo. Chiese a Gerardo di aiutarla ad abbassare la zip, si voltò di spalle, e quindi – ancheggiando – fece scendere la gonna fino alle caviglie per poi gettarla via lontano da sé.
Girò ancora su se stessa, e mostrò a lui il suo bel perizoma bianco ridottissimo che inquadrava alla perfezione due splendide gambe affusolate.
Era un indumento che non lasciava quasi niente all'immaginazione, per di più era oramai ridotto a una autentica pozza di umori...
Si osservarono un'altra volta, e lei – un po' imbarazzata – sentenziò:
- "Credo proprio sia inutile tenerlo ancora...".
Con un rapido gesto, quasi teatrale, se lo tolse. Finalmente, Gerardo poté ammirare anche lui il suo corpo in tutta la sua nudità, e soprattutto la sua patatina, ornata da una stretta striscettina di pelo che però non precludeva la vista di due grandi labbra strette e accostate...

7. The End.

Se Emma non si era onestamente accorta di essersi tutta impiastricciata dei suoi umori, era ben cosciente però che i suoi genitali erano uno spettacolo a cui nessun maschio aveva mai saputo rinunciare.
E così accadde anche a Gerardo, il quale restò a contemplarla a lungo e in silenzio... I suoi occhi non si staccavano dalla fica di Emma, lucida di quel "piacere" che pareva non avere fine.

La femmina istintivamente chiuse gli occhi, e dopo qualche istante sentì delle dita che facevano pressione esattamente sul grilletto.
Sentì pure il suo cuore battere in simultanea con il clitoride.
Era una sensazione che raramente aveva provato, e allora afferrò alla cieca la sua mano e la strinse forte contro le sue intimità.

Era sull'orlo di quello che si annunciava come un potentissimo orgasmo quando, all'improvviso, si sentì il suono argentino di un campanello e delle voci che provenivano da fuori dalla porta. Certamente erano dei clienti giunti inopportuni quanto in ritardo...
Emma e Gerardo – che aveva ancora le mani "in pasta" – rimasero impietriti. Si guardarono con uno sguardo interrogativo, e poi lei sussurrò:
- "È il tuo turno, prega che con loro non ci sia anche il direttore! Sù, vai...".

In fretta e furia si rivestirono. Il loro"momento di gloria" era finito, lasciando entrambi con l'amaro in bocca per quello che sarebbe potuto ancora succedere e invece non era avvenuto.

FINE
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