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Io e mia sorella (XXVII) - Al campo rom


di pollicino
26.01.2024    |    170    |    0 6.0
"E quando la consorte fu tornata al suo posto, ecco la sorpresa: la giovane, avvicinò le labbra al mio prepuzio, e lentamente scese giù fino alle palle..."
1. Un semaforo… a luce rossa.

Questa storia con mia sorella Giorgia risale a circa una decina di anni fa.
Ebbene, ci trovavamo in macchina insieme, quando improvvisamente - imbottigliati nel traffico – scattò il rosso al semaforo.
Io fremevo e tamburellavo nervosamente con le dita sul volante, poiché eravamo già in ritardo ad un appuntamento piuttosto importante, quando si accostò al mio finestrino uno zingaro.
Era un uomo sulla quarantina, scuro in volto, non tanto alto ma robusto, un collo taurino e barba non fatta da due o tre giorni.
Dalla maglietta si vedeva che aveva anche un torace possente ricoperto di un folto pelo riccio...
Lo conoscevo già di vista, poiché ogni giorno dovendo passare di lì insisteva per volermi lavare il parabrezza – con un secchio d'acqua che non cambiava mai – in cambio di pochi spiccioli.
Quel giorno, senza pensarci su e volendo evitare seccature, gli feci un segno deciso – con il dito indice – che non avevo bisogno dei suoi servigi.
Ma quell'uomo, per tutta risposta, non si allontanò da me, e allungando lo sguardo cominciò a fissare con insistenza mia sorella.
Dato che dovevamo incontrare un cliente importante e molto sensibile al fascino femminile, Giorgia – che all'epoca aveva 48 anni – si era messa "in tiro" per attirare l'attenzione, e indossava una minigonna bianca con sotto un bel perizoma nero che risaltava alla perfezione, poiché – stando seduta – la gonna le si era sollevata più del dovuto. Inoltre, le autoreggenti le fasciavano a meraviglia le sue grosse cosce...
Sopra, invece, una camicetta di seta aperta sul davanti faceva intravedere in abbondanza le forme del suo generoso seno, una 5 misura tosta con cui "giocava" sfiorandosi la pelle bianchissima e vellutata in un movimento che faceva impazzire anche me.
Lo avesse o no, da fuori non si vedeva neanche sporgere il reggiseno, e difatti i grossi capezzoli disegnavano le loro fattezze tridimensionali e inequivocabili sotto il leggero tessuto...
Per di più, Giorgia aveva due splendidi occhioni marroni, capelli neri lisci e lunghi fino alle spalle con frangetta, e una pancetta pronunciata che mi mandava in estasi.
Estasiato da quello spettacolo offerto involontariamente da mia sorella, lo zingaro insistette affinché io abbassassi il finestrino. Un po' scocciato e sperando che presto scattasse il verde per ripartire a razzo e lasciare lì quell'essere così ripugnante, accettai di malavoglia.
I suoi occhi scintillavano di ammirazione per la mia donna, e ben presto me lo manifestò chiaramente.
Mi disse:
- "Fratello, mi chiamo Marian, sei davvero fortunato sai... Quella femmina può valere una fortuna! Il mio capo vuole sposarsi, e pagherebbe molto bene per una come lei...".
Furibondo, lo afferrai per il collo e gli urlai in faccia:
- "Ma come ti permetti, zoticone? Quella femmina come dici tu ha un nome, si chiama Giorgia ed è mia sorella... La mia donna!".
Calcai decisamente sulla parola "MIA", per mettere le cose in chiaro senza dare ulteriori spiegazioni, e poi - lanciando uno sguardo protettivo verso di lei - gli dissi:
- "Non ci provare più, è roba preziosa, che né tu né il tuo capo vi potete permettere".
Per fortuna, il verde del semaforo mi venne in aiuto ad evitare che la situazione degenerasse...
Un altro giorno ripassammo a quello stesso semaforo. Ero sopra pensiero, e ormai avevo dimenticato quella faccenda. Ma Marian mi vide e mi riconobbe subito.
Si avvicinò sorridente, e questa volta senza preamboli andò subito al sodo:
- "Ciao... Il mio capo mi ha detto di prometterti 60.000 euro per lei, una bella cifra non pensi per una femmina non più giovane? Secondo le nostre tradizioni le donne si sposano a 12-13 anni e lei ne ha parecchi di più... Vuoi perdere questa occasione?".
Cercai di rimanere calmo, restando però fermo sulle mie posizioni, e gli ripetei che non c'era alcuna possibilità che cedessi la mia sorellina.
Lo ringraziai, e mentre stavo per ingranare la marcia e ripartire, lui mi mise una mano sul braccio rilanciando l'offerta:
- "Almeno fammela scopare, così ci togliamo il dubbio se va bene...".

Giorgia mi guardò. Quella discussione la stava eccitando e la sua mano era finita sopra il perizoma a strofinarsi languidamente la fessura.
Anch'io stavo andando su di giri, ma quella proposta dello zingaro mi sembrò eccessiva.
Marian era un uomo molto intelligente e si accorse di tutto, e per non ricevere un nuovo diniego mi suggerì un accordo:
- "Aspetta, non dire con fretta... Il mio capo ti invita al campo... Porta anche lei... Lui ti vuole parlare... Vedrai che troverete un accordo buono...".

2. Scambio alla pari.

Siamo tutti e due un po' matti, e non chiudemmo subito a questa possibilità.
Tutto il resto del tragitto lo trascorremmo in silenzio, finché la sera non tornammo a casa, e lì Giorgia – sotto le coperte – mi spiazzò dicendomi una cosa che non mi sarei mai aspettato da lei:
- "Certo che è una strana usanza vendere una donna per soldi... Però, io ne sarei orgogliosa, vuol dire che valgo ancora qualcosa...".
La guardai come se non la conoscessi abbastanza e lei non conoscesse me, e poi con uno slancio emotivo risposi:
- "Per me, vali più di tutto l'oro del mondo! Come ti è venuta in mente una cosa del genere? Tu non hai prezzo, amore mio...".
Avevo capito, comunque, che mia sorella stava tastando il terreno, lei non aveva paura di incontrare quella gente, mentre io ero pieno di dubbi.
Alla fine, Giorgia, visto che io non mi decidevo, tagliò corto:
- "Daiii, andiamo al campo... Non penso che farebbero cose contro la nostra volontà, ci parliamo e poi decidiamo...".
- "Quindi, potresti anche accettare di venderti? Ma tu sei la mia compagna, lo sei sempre stata... Sarei io a dover decidere, e come faccio a darti in moglie a uno che nemmeno conosco? E anche se lo conoscessi... Un conto è che siamo, siamo sempre stati, fuori dagli schemi, un altro che mi metto in tasca dei soldi per farti diventare una loro proprietà! Ti ci vedi a vivere in mezzo alla sporcizia, senza acqua ne luce, con tuo marito che ti da ordini?".
La mia sorellona, come era suo solito, riuscì a sdrammatizzare anche questo frangente, e mi convinse a tentare una conoscenza.

Così, presi i doverosi contatti, andammo a trovare Marian, il quale ci accolse all'ingresso del campo.
Questa volta, però, non era vestito con gli stracci che indossava mentre "lavorava" al semaforo, ma con l'abito della festa e un bel cappello nero a tesa larga...
Non mancarono i complimenti per Giorgia, la quale era abbigliata con un tubino attillato verde smeraldo che metteva in risalto le sue splendide forme generose e soprattutto i suoi fianchi.
Tutti e tre, ci incamminammo tra due ali di folla che era stata informata dell'evento, fino a raggiungere quella che doveva essere la "piazza" centrale dell'accampamento, antistante una tenda altrettanto grande.
Marian, si affrettò a presentarci subito - con fare cerimonioso - un uomo dai capelli brizzolati, piuttosto alto, dal viso rubicondo e con grandi baffi.
- "Benvenuti!, Marian mi ha raccontato tutto e io sono felice di avervi miei ospiti. Come vi chiamate?", disse l'uomo, il quale subito si premurò di aggiungere:
- "Io sono Zlatan, il capo di questa comunità".
Istruito a dovere dall'uomo del semaforo che mi disse di non lasciar parlare mia sorella, e superato il momento di impaccio, replicai:
- "Io sono Marco, e lei Giorgia...".
Ci introdussero nella tenda, dove – a un tavolo rotondo messo a ferro di cavallo – ci aspettavano riuniti i maggiori rappresentanti di quella gente.
Quando ci videro, scattò un fragoroso applauso, che io capii essere rivolto più a Giorgia che a me, ma poco importava.
Ci accomodammo proprio di fronte a Zlatan, e le loro donne iniziarono a servire il pranzo che andò avanti per ore ed ore.
Alla fine, come immaginai, il capo si fece serio e mi disse:
- "Allora, vogliamo parlare di affari? Giorgia è molto più bella di come me l'avevano descritta, ed io mi sono innamorato di lei e soffro... Se non hai nulla in contrario, la voglio comprare per sposarla. Ti offro in cambio 150 mila euro...".
Mia sorella era al mio fianco e i nostri sguardi si incrociarono... Fino ad allora avevamo "giocato" spingendoci oltre i limiti, ma quella proposta aveva dell'assurdo e il cuore prese ad andare a mille...
Rimasi in silenzio per un po', poi – sostenendo con fierezza lo sguardo del rom – dissi il mio pensiero:
- "Vedi Zlatan, lei non è mia moglie ma mia sorella. Fin da piccoli ci siamo protetti a vicenda da ogni pericolo, e con il tempo ne ho fatto la mia donna... Spero non ci giudichi male, ma il nostro rapporto è inscindibile. Mi dispiace, ma quello che tu chiedi non è proprio possibile".

Contrariamente a ciò che mi aspettavo, l'uomo dimostrò di essere un vero gentiluomo, ma contrattaccò immediatamente:
- "Ti capisco e ti rispetto, ma almeno permettimi di possederla per questa sera, chissà che poi le cose cambiano... Oh, è chiaro che io sono pronto a offrirti in cambio il meglio che ho!".
Batté due volte le mani – come in un rituale concordato – e si avvicinò a lui una ragazza dalle forme più che giunoniche e dal viso suino.
Me la presentò e mi disse:
- "Ecco, lei è mia figlia, è vergine... Che ne dici?".
Ciò che avevo tra le gambe aveva già dato la sua risposta, ma il cervello tentennava.
Allungai la mano, e per caso finii in mezzo alle cosce di Giorgia. Era fradicia...
Mi voltai di scatto, e vidi che si stava mordendo le labbra dalla forte eccitazione che stava diventando incontrollabile.
Le sussurrai:
- "Che pensi di fare?".
E lei, di rimando:
- "Una scopata è solo una scopata... E poi, ho visto come guardavi la troietta... Per me va bene, ma non lo voglio sposare...".

3. La “preparazione”.

Anch'io non avevo alcuna intenzione di privarmi di mia sorella, e chiariti tra di noi i presupposti basilari accettammo.
Soprattutto io, che ero rimasto stregato da quella "cicciona", e che non vedevo l'ora di esercitare la mia virilità con la figlia di Zlatan.
Dissi perciò al capo dei rom:
- "Per noi va bene...".
Un'altra battuta di mani e tutti quanti si alzarono da tavola, spostarono tavoli e sedie, e crearono con esse come un grande cerchio.
Al centro, i ragazzi più robusti portarono due grandi tavoli bassi che disposero uno accanto all'altro, e sui quali posarono dei comodi materassi.
Infine, li ricoprirono con dei lenzuoli, uno rosso scarlatto e uno bianco candido.
Poi, Zlatan chiese silenzio e sotto la tenda calò una quiete spettrale. Alla sua destra aveva sua figlia, mentre a sinistra chiamò me. Ci accompagnò dinanzi al letto con il lenzuolo bianco e – con un profondo respiro che denotava la gravità del momento – prese la parola:
- "Amici, voi tutti conoscete Donka, la luce dei miei occhi. Era stata già data in matrimonio ma il bastardo l'ha tradita. Così, ho deciso di farla donna con questo nostro amico che mi ha dimostrato grande saggezza".
La ragazza, 18 anni appena compiuti, aveva due treccine corte e sottili e indossava l'abito tradizionale della festa: una bella gonna ampia e colorata lunga fino ai piedi scalzi, un corpetto attillato con sotto una camicia bianca tutta merletti, ed era adornata con orecchini, collane e bracciali in oro massiccio.
Mia sorella, invece, rimase al suo fianco. La presentò agli altri dicendo:
- "E lei è Giorgia, la donna del nostro ospite che ho tanto desiderato. Direte voi, ora, se la mia scelta è stata giusta".
In un angolo, poggiato a un palo, c'era Marian, il quale fece cenno a un ragazzo e immediatamente partì della musica tipica gitana.
Donka era già stata indottrinata in merito, e mi prese la mano voltando il palmo verso l'alto. Avvicinò il suo viso al mio e mi sussurrò:
- "Prendimi, e vedrai che sarai contento di avere un'amante...".
Era maledettamente vero, il mio corpo cominciava ad agitarsi e reclamava una bella passerina, e quel giorno non volevo quella di Giorgia...
Mi incalzò con sfacciataggine e mi disse:
- "Dai, datti una mossa e fai capire a mio padre che mi vuoi veramente".
Poi, mi afferrò entrambe le mani e se le poggiò sui fianchi, cominciando a danzare ad occhi chiusi come fosse indemoniata.
Posò la mano sulla mia patta dei pantaloni e con ammirazione esclamò:
- "Hai del fuoco là dentro... Sento che faremo scintille noi due!".
In quel momento capii che era mia e lei che ero suo...
Lentamente, mentre la musica andava e tutti intorno applaudivano, cominciò a spogliarsi, togliendosi il gonnellone e mostrando una ricca sottoveste in tulle.
Anche il corpetto e la camicetta volarono via senza intoppi, e quindi fece scendere fino ai piedi pure la sottoveste, rimanendo con un reggiseno bianco in stoffa e un paio di mutandone che ancora non lasciavano vedere nulla.
Tornò ad avvicinarsi a me, e prendendomi il viso tra le sue mani grassocce mi parlò per spiegarmi quali erano le loro usanze:
- "Ora tocca a te... Da noi usa così... Spogliami qui, adesso, e cerca di essere naturale, devono vedere tutto, fai esattamente come ti ha detto mio padre...".
Non avevo mai scopato davanti a tanta gente, ma feci finta di nulla.
Le tolsi il reggiseno, aprendo il gancetto metallico e liberando un seno grosso e pieno. Sarà stata una sesta misura, assolutamente soda, decisamente più grande di quella di mia sorella, e stava su che era una bellezza.
Rimasi quasi ipnotizzato dalle sue areole enormi e chiare, al centro delle quali spiccavano due capezzoli quasi impercettibili.
Nel complesso, però, erano due tette meravigliose, che quasi ebbi timore a toccare...

Dopodiché, fui "risvegliato" dai ragazzi più giovani – che forse per la prima volta assistevano a quella "cerimonia" –, i quali spazientiti urlarono al mio indirizzo:
- "Sù, le mutande, vogliamo vedere la fica!".
Così, le tolsi anche quell'ultimo indumento, e mi ritrovai dinanzi a un fitto bosco nero e riccioluto, pronto a cogliere la sua fresca primizia.
A pochi centimetri dal mio volto, la sua passera emanava una fragranza fantastica, e sembrava che respirasse "alitandomi" addosso. Ma nulla potei ancora vedere nei dettagli, se non dirmi tra me e me:
- "Caspita!, è proprio come piace a me, andrò a fare una caccia al tesoro indimenticabile...".

Bene, Donka era completamente nuda davanti a me, e inaspettatamente Zlatan le gridò:
- "Voltati, donna!".
Lei docilmente fece come suo padre le aveva ordinato, ed io potei ammirare in tutta la sua opulenza anche il profilo dei suoi fianchi, davvero larghi come non avevo mai visto prima, le sue cosce molto abbondanti, e un sedere altrettanto grosso ma tonico...

Mentre ero assorto davanti a ciò che mi dovette sembrare quasi un'apparizione – la quale mi lasciò senza respiro e me lo fece venire duro solo al pensiero che di lì a poco avrei goduto di tutte quelle morbide forme – la ragazza tornò a guardarmi, e poi guardò il genitore, il quale le disse:
- "Vediamo se quest'uomo saprà farti donna...".
Donka, allora, mi sbottonò la camicia fino a mettere a nudo il mio torace moderatamente peloso, evidenziando dei pettorali abbastanza sviluppati per un uomo e dei capezzoli già eccitati e che per questo erano diventati durissimi.
Questa volta furono le donne e soprattutto le ragazze dell'accampamento a emettere un sospiro di meravigliato stupore:
- "Ohhhhh... Che bellooooo... Donka sei proprio fortunata, su facci vedere il meglio... Ihihih...".
La giovinetta si inginocchiò e mi slacciò la cintura dei pantaloni, abbassandoli in un sol colpo insieme agli slip.
Adesso ero praticamente nudo, e tutti poterono vedere come anch'io avessi dei fianchi abbondanti con delle morbide maniglie dell'amore, uno stomaco ben determinato e una pancetta niente male.
Istintivamente, mi venne da coprirmi il cazzo, che a riposo non mi fece fare certo una bella figura: infatti, era piuttosto piccolo, e con un prepuzio abbondante che si serrava sulla punta...
Zlatan, che si stava godendo lo "spettacolo" accanto a Giorgia, si girò verso di lei e le domandò:
- "Dimmi un pò, ma tuo fratello vuole davvero scopare mia figlia con quel coso così minuscolo? Ma funziona, almeno?".
La mia donna ci mancò poco che lo aggredisse... Era furente, e per tutta risposta sibilò tra i denti:
- "Non ti preoccupare, funziona eccome... Piuttosto vediamo se alla tua ragazzina sua madre ha insegnato qualcosa... Con me è abituato bene, e sappi che quando lo mette nel culo lascia sempre un gran bel ricordo... Ahahah...".
Ma Zlatan voleva essere certo che Donka non rimanesse delusa... Si avvicinò a sua moglie e le parlò a un orecchio, dopodiché lei fece altrettanto con la sua creatura.
E quando la consorte fu tornata al suo posto, ecco la sorpresa: la giovane, avvicinò le labbra al mio prepuzio, e lentamente scese giù fino alle palle. Prese a pompare con precisione e metodo come se lo avesse sempre fatto, e quando se lo uscì dalla bocca, si dedicò a leccare e poi a succhiarmi i testicoli.
Risultato, il mio ridicolo attrezzo si "trasformò" in un membro di tutto rispetto...
Giorgia, trionfante, quasi per sfidare lo zingaro, replicò all'offesa ricevuta:
- "Che ti dicevo? Ecco, pensi che vada bene per sventrare la piccola?".
E lui, con gli occhi sgranati:
- "Hai proprio ragione... Credo che Donka se lo ricorderà per un pezzo... Ma ora tocca a noi!".

Giorgia era eccitatissima al solo pensiero di dover ripetere con Zlatan lo stesso rituale che mi aveva visto protagonista, ma il capo tribù mise subito le cose in chiaro. E disse alla sua platea:
- "Bene, Donka e Marco sono pronti. Ora tocca a me e a questa femmina. Come sai, Giorgia – e la guardò fisso negli occhi –, per noi le cose andranno diversamente. Noi siamo adulti entrambi, e tu dovrai sottostare alle usanze della nostra gente...".
Si avvicinarono perciò due anziane sui 75 anni, le quali – senza tanti complimenti – denudarono Giorgia. Le loro mani frugarono la sua intimità, e alla fine sentenziarono:
- "Capo, è una vera femmina da letto, proprio come piacciono a te. Puoi andare tranquillo...".
Nel frattempo, Zlatan si era denudato totalmente, e con un incedere solenne si parò dinanzi a mia sorella.
La quale non poté fare altro che apprezzare vivamente quel corpo massiccio: due spalle larghe precedevano dei pettorali grandi e voluminosi come i miei, e si "poggiavano" mollemente su uno stomaco che pareva il ventre di una donna in avanzato stato di gravidanza. Più giù, fianchi enormi e cosce che quasi strusciavano l'una contro l'altra erano sostenuti da gambe sottili. Ma ciò che impressionò Giorgia fu il suo membro... Benché ancora a riposo, era già di proporzioni fenomenali, un salsicciotto completamente racchiuso nel suo prepuzio che lasciava vedere solo la punta rosea del glande.
Doveva essere anch'esso ben sviluppato, così come le palle che pendevano all'altra estremità, gonfie a tal punto da lasciar immaginare ogni piacere...
Zlatan disse a Giorgia:
- "Tu sai cosa devi fare... Apri la bocca e vediamo di divertirci".
Poi le premette la punta del suo prepuzio morbido contro le labbra costringendola ad aprire la bocca, e da quel momento fece tutto lei...
Tenendolo fermo con indice e pollice della mano destra, la donna si abbassò con la testa e iniziò a leccarlo inserendo la lingua dentro l'apertura, e con un gesto fulmineo lo fece scivolare nella sua bocca.
Lo zingaro sentì due labbra umide avvolgere l'asta, mentre con il capo Giorgia prese a fare su e giù in un movimento che mostrava tutta la sua abilità.
La mia troia scendeva ogni volta fino alla radice, fino in gola, profondamente, tanto che sembrava dovesse soffocare, e il volto di Zlatan si contraeva in una smorfia di piacere che lei sapeva donargli, pronto a far schizzare fuori la sborra calda...
Mia sorella si dedicò anche ad accarezzargli le palle, e più lo faceva e più l'uomo la incitava dicendole parole irripetibili:
- "Brava vacca, continua così, sei davvero la più brava pompinara di tutto il campo...".
Così incitata, Giorgia ci mancò poco che ingoiasse pure i testicoli.
Sentiva che Zlatan stava quasi per venire, e rallentò quei movimenti per farlo "caricare" ancor di più, prendendo a succhiargli il glande fino a "scioglierlo" letteralmente con la saliva.
A quel punto, lui, non volendo sprecare tutto quel sublime "lavoro" che mia sorella aveva fatto, la interruppe allontanandosi bruscamente...
Che scena meravigliosa! Non mi sarei mai aspettato che un uomo di quell’età potesse sfoggiare ancora un membro tanto prospero!
Si stagliava, eretto, per una lunghezza di più di 20 centimetri e una larghezza davvero ragguardevole, e completamente scappellato sembrò ancora più imponente, tanto che sicuramente la mia metà non vedeva l’ora di provarlo intimamente...

4. La monta di Donka...

Gli animi sotto la grande tenda si stavano scaldando, e tutti i presenti erano in attesa di assistere a quella esibizione che si annunciava davvero interessante.
Zlatan, con un membro durissimo che faceva un angolo perfetto di 90 gradi rispetto al suo corpo eretto, rivolto ai suoi "sudditi" disse:
- "Amici, Donka sta per diventare donna... Marco, è un grande onore questo che ti abbiamo riconosciuto... Essere colui che preparerà la strada...".
Alzò la mano ad indicare che potevo iniziare, e così aiutai la vergine a distendersi sul letto che ci era stato assegnato.
Continuai a non capire perche proprio quello con il lenzuolo bianco, ma lì per lì non me ne curai più di tanto, preoccupato di riuscire a soddisfare le aspettative di tutto il clan e soprattutto di quella grassa meraviglia.
Era dai tempi in cui avevo deflorato la cugina "anziana" che non mi ero più preso la verginità di una femmina, e volli dare il meglio di me stesso...
Il corpo della giovane ansimava di desiderio, e così supina mi sembrò una vittima sacrificale sull'altare dell'eros.

Il primo gesto che mi venne spontaneo di fare fu quello di ripiegarle le gambe fin sulla pancia, per poi – poggiando i palmi delle mie mani sull'interno delle ginocchia – aprirle le cosce in un movimento estremo.
Di nuovo, apprezzai sommamente il suo pelo riccio e folto, lo sfiorai delicatamente con il dorso della mano facendole una sorta di "contropelo", e la sentii fremere.
Avrei voluto anche prenderci tutto il tempo che avremmo voluto, ma il brusìo di quella gente che stava alle nostre spalle mi fece capire che non era possibile... Avevano morbosamente fretta di "vedere"...
Perciò, appoggiai i pollici a quel morbido vello andando alla ricerca delle giovanili carni intonse di Donka, e finalmente trovai il suo monte di venere gonfio, tipico delle donne della sua stazza.
E subito dopo, ecco schiudersi – come una stupenda voragine – la profonda fessura che mi avrebbe condotto in paradiso.
Pizzicai le grandi labbra, aggiungendo ai pollici anche gli indici di entrambe le mani, e mi accinsi a scostarle piano piano.
Al nero corvino del pelo, si aggiunse così il rosa acceso della sua vulva. Restai quasi irretito da tanta bellezza e perfezione, e quando frugando scostai anche le piccole labbra constatai che la ragazza non aveva davvero conosciuto ancora uomo...
Era chiusa, secondo i dettami della natura, e come mi era stato detto di fare da Zlatan mostrai ai presenti la situazione.
Un applauso scrosciante si levò in segno di assenso, mentre io – eccitato come una bestia – avevo il cazzo scappucciato e in tiro al massimo, con i testicoli che cominciavano a volermi per quanto erano gonfi.
Tornai a prestare attenzione al ventre di Donka, e notai spuntare – nel punto di congiunzione delle piccole labbra – un bottoncino di carne che via via si andava ingrossando...
Lo carezzai, stuzzicandolo per stimolarlo ancora, e quando stavo per poggiare il mio glande su di lei sentii una mano afferrarmi per le spalle... Dietro di me, c'erano quattro donne anziane che mi dissero:
- "Tu preoccupati solo di rompere l'imene, a tenerla ferma ci pensiamo noi...".
Si misero ai lati di lei, la bloccarono per le spalle e per le ginocchia, e tornarono a parlarmi. La più anziana mi gridò bruscamente:
- "Sfonda quel muro perdio! Prima di te, una mezza checca di straniero ci ha provato ma senza successo... Non ci deludere!".
Quelle parole e le possibili conseguenze negative che sicuramente ci sarebbero state in caso di insuccesso mi spinsero ancora di più a possederla con determinazione.
Il cazzo mi era diventato duro come la roccia, e presi a strisciarlo in mezzo alla sua fessura. Il pelo mi diede una sensazione di leggero solletico alla cappella, e Donka capì l’importanza di quel momento. Si aprì ancora di più, offrendosi senza condizioni mentre io cominciai a spingere piano verso l'interno.

Era felice di accoppiarsi carnalmente per la sua prima volta, ma più spingevo e più lei contraeva i muscoli vaginali, si irrigidiva, e il suo imene mi respingeva, come fosse fatto di gomma...
Avevo il fiatone per lo sforzo, e tra me e me imprecai:
- "Sta a vedere che invece di rompere lei questa mi rompe il filetto...".

Riprovai nuovamente, e questa volta la punta si era incuneata tra le piccole labbra, mentre la ragazza mi guardava con gli occhi spalancati e la bocca aperta.
Poi, mettendomi una mano sul petto, urlò a pieni polmoni:
- "Ti prego, fai piano!".
Sembrava un agnello al macello, mi fece tenerezza, ed io ebbi paura di farle davvero male e mi fermai per un po'.
Quando ripresi a spingere, il mio membro entrò di più, giungendo sino a quella barriera che fino ad allora era risultata invalicabile...
Per tranquillizzarla, mi tirai su, ma subito dopo diedi una spinta di reni e affondai fino in fondo.
Donka non se lo aspettava così repentinamente, e non ebbe nemmeno il tempo di opporre ulteriore resistenza. Il mio pisello era quasi tutto nel suo ventre, mancavano solo pochi centimetri perché raggiungesse l'utero e di nuovo mi sfilai da lei...
Avevo il glande tutto rosso del suo sangue, segno che l'avevo veramente deflorata.
Mi voltai mostrandomi, e tutti esultarono con fischi e grida di giubilo.
Poi, affondai ancora dentro Donka e la scopai gustandomi la sua vagina strettissima, diedi un'altra spinta e anche gli ultimi centimetri entrarono...
I mugugni di dolore della giovane stavano mutando in gemiti di piacere, e dopo un po' si lasciò andare in una esclamazione che ogni presente poté udire chiaramente:
– Oh, sì, è troppo bello! godo, ancoraa… si… si…".
Io intanto continuavo a "marchiarla" con fendenti terribili, due, tre, dieci volte, con la potenza selvaggia dei miei reni. E infine, mi svuotai nel suo ventre...

Quando ci fummo un po' ripresi entrambi, l’afferrai per un polso, la feci voltare e le dissi:
- "Ora inginocchiati e poggia le tette sul lenzuolo!".
In questo modo, il grosso culone della zingara era esposto e risaltava magnificamente.
Poi le impartii un secondo ordine:
- "E adesso, apriti le chiappe con le mani, voglio vedere bene il buco del culo...".
Donka obbedì, e mi mostrò uno spettacolo davvero sublime.
Il suo rosone era molto scuro, ma si confondeva con il resto della sua pelle... L'unica cosa che risaltava era uno sfintere molto stretto, segno che anche quel foro non era mai stato usato se non per l'uso canonico.
Quella vista fece tornare il mio randello perfettamente in forma, e quindi mi preparai a completare l'opera...
La giovane stavolta era davvero spaventata. Sapeva che il clan me l’aveva data anche per aprirle il secondo canale ma non voleva farlo e cercò di divincolarsi, senza però riuscire a scappare. Forse per la prima volta guardò con attenzione la mia cappella gonfia allo spasimo, e ne fu terrorizzata.
Stanco di quei “capricci”, Zlatan sbraitò:
- “Urla quanto vuoi, tanto qui nessuno ti può aiutare, tutti sanno qual è il tuo destino!”.
E rivolgendosi a me:
- “Sbrigati. Voglio che le rompi il buco del culo, voglio sentirla gridare, è indispensabile, non potete opporvi a questo rito, ne tu né lei!”.
Avvicinai al suo ano il mio membro sempre più minaccioso, mentre una mia mano le accarezzò i capelli e poi le strinse una spalla.
Le consigliai:
- “Cerca di rilassarti, così non ci facciamo troppo male…”.
Ma subito, ripensando a quella frase tanto infelice, sorrisi e tra me e me mi di dissi:
- “Eh, è una parola! Sto per incularla per la prima volta e le dico pure che non le farò male!".
Feci aderire al suo sfintere la mia cappella che iniziò a pulsare in simultanea con il cervello, e con la mano che mi era rimasta libera le chiusi la bocca per impedirle di strillare nel momento topico.
Ma la folla dei rom, fuori di testa per l’eccitazione e per l'alcool che stava scorrendo a fiumi, si mise ad imprecare:
- “Leva quella mano! Rompigli il culo senza pietà… vogliamo sentirla urlare!”.
Allora, mi ci misi d’impegno, e spinsi di brutto. Ma – come per la fica – anche il secondo canale di Donka resisteva con tenacia, era chiuso, stretto, sbarrato.
Rischiavo di farmi male sul serio anch’io, perciò mi fermai un attimo a prendere fiato e poi ripresi con maggior lena a forzare il budello della ragazza finche finalmente non cedette.

Un male atroce dovette attanagliare gli intestini di Donka, la quale si sentì quasi svenire. Effettivamente, la stavo dilaniando, le slargavo le viscere, e lei non poteva muoversi nemmeno di un millimetro.
Quando infine le tolsi la mani dalla bocca, urlò come un animale che veniva scannato.
Forse, non potevo neanche immaginare il dolore che Donka provava per quell’atto contro natura.
Continuai, allargandole le natiche sempre di più, trivellando il buco – come fosse un prezioso pozzo – fino in fondo, e “scavando” letteralmente dentro di lei che non attendeva altro che la fine del suo “martirio”.
Nonostante la stretta che mi afferrava il membro, durai ancora a lungo, e la giovane – gemendo e cercando di abituarsi a quell’intruso – sentì l’ano pulsare impazzito.
Nel frattempo, le masturbavo la passerina, andando “alla cieca” alla ricerca del clitoride, che al tatto mi parve essere diventato grosso come un fagiolo.
Iniziavo ad essere un po’ stanco, e quando arrivò il mio orgasmo scaricai nelle viscere della poveretta tutto lo sperma rimasto nei miei coglioni.
Finalmente, uscii dall’intestino che mi aveva accolto dandomi sensazioni indicibili, e subito vidi traboccare fuori il risultato del mio piacere…

Ero stravolto ma non era ancora finita. Infatti, si avvicinarono le due donne anziane di prima, le quali aiutarono Donka ad alzarsi, rimossero il lenzuolo dal talamo e lo mostrarono – sollevandolo in alto, a mo' di bandiera –, tra fischi di giubilo, agli uomini e alle donne presenti. Proprio nella zona centrale, una chiazza rossa era il sangue versato dalla ragazza nel momento della doppia deflorazione...
Infine, le “matrone” mi condussero a lavarmi, e quando tornai nella tenda trovai Donka ancora distesa sul letto, ancora nuda. La fanciulla provò a camminare ma era dolorante per quella dura prova...

5. ... E quella di Giorgia.

Zlatan era incontenibile. Benché fosse sua figlia, aver assistito da pochi passi mentre io "facevo la festa" a Donka, e questo lo aveva eccitato come una bestia.
Ora, che tutto era finito, si avvicinò a me e riconoscente mi disse:
- "Ti sei divertito? Ho visto che anche tu sei un bel toro e mia figlia non si dimenticherà tanto facilmente del tuo cazzo... Chiunque verrà dopo di te la troverà bella e pronta...".
Mi schernii, ma immediatamente lui riprese:
- "Certo che tua sorella è abituata bene, ma credo che anche lei si divertirà con me...".
E tornando sui suoi passi la prese per mano, quasi con galanteria, e la fece distendere sull'altro letto, facendo in modo però che toccasse con i piedi per terra.
Nudo come un verme, strinsi tra le mie braccia la giovane zingara e tutti e due ci accomodammo su un divano. Ormai il dolore era solo un brutto ricordo, e con gli occhi fissi sulla prova amatoria di suo padre Donka cominciò a sgrillettarsi furiosamente, mentre io mi segavo a più non posso.
Estasiati, guardavamo il capo tribù che si era inginocchiato in mezzo alle gambe di Giorgia, che nel frattempo si era dati due rapidi colpetti sulla sua patata come per dire all'uomo di sbrigarsi e che lei era pronta.
Zlatan aveva l'acquolina in bocca, e si stava accingendo ad "assaggiare" la sua vulva ricoperta da una foresta di peli scuri che si diradava solo nell’incavo delle cosce.
Conoscevo a meraviglia il corpo di mia sorella tanto che oramai la scopavo ad occhi chiusi, ma ogni volta che potevo ammirare il suo monte di venere me ne innamoravo perdutamente, e così anche stavolta ebbi un'erezione colossale al solo osservare la scena che mi si proponeva sotto gli occhi...

Tutto ad un tratto, Zlatan si alzò e prese un cuscino che mise sotto i glutei della mia donna, provocandole un contemporaneo, netto sollevamento del ventre, al punto da mostrare in maniera inequivocabile anche il buco dell'ano.
Si chinò nuovamente, e con le dita tastò il monte di venere grassoccio della sconfinata fica che aveva dinanzi.
Lo vidi eccitato a tal punto che si passò e ripassò la lingua tra le labbra e la sua bocca traboccava di saliva per il desiderio di arrivare subito all'obiettivo tanto agognato, e forse anche al pensiero di quel "dono" che io gli avevo fatto...
Si fece largo tra le grandi labbra di lei, e le divaricò con facilità facendo uso di pollice e indice della mano destra.
Fino a quel momento era tutto nella norma, ma quando si apprestò a schiudere le piccole labbra come fossero le valve di una bellissima ostrica, la sua soddisfazione fu davvero al culmine.
Stranamente, infatti, lo zingaro non amava possedere donne inesperte, e Giorgia era proprio ciò a cui lui anelava...
Non esitò a chinarsi e a leccare tutto quel ben di dio, già grondante di succhi. Sembrava non ne avesse mai vista una tanto se ne stava appiccicato a ventosa, mentre Giorgia gemeva senza ritegno.
Dal pubblico, qualcuno urlò:
- "Dai capo, questa non è mica Donka, questa è una cagna, ha il fuoco tra le cosce, dalle quello che si merita!".
Intanto, Zlatan sentì sotto la sua lingua qualcosa di compatto. Era il clitoride eccitato, e alzando lo sguardo davanti a sé lo vide svettare, prepotente e lucido, già ampiamente lubrificato dagli umori della femmina.
Era incredibilmente grande, impressionante, pressappoco come il suo pollice, e l'uomo – che nonostante fosse ormai navigato non ne aveva mai visto uno così – ci si buttò sopra a capofitto a batterlo, accarezzandolo, strofinandolo e succhiandolo...

A quel punto, la mia sorellina cominciò a contorcersi come un'anguilla, mi lanciò uno sguardo colmo di lussuria, e infine scattò come una molla e guaì:
- “Ohh, sii, aaaahh, che belloooo... Porco, continua, mi stai bruciando la fica e il cervello!".
Uno dei presenti, forse il più irruento e lesto a menare le mani anche contro le donne, si avvicinò ai due e diede un sonoro ceffone a Giorgia. Poi le disse:
- "Lui è il capo, come ti permetti di dargli del porco? Più o meno, qua, siamo tutti figli suoi...".

La mia metà non se lo aspettava, poiché io – in tutta la nostra vita – non l'avevo colpita neanche con una piuma... Mi guardò di nuovo come per chiedermi aiuto, ed io mi sentii come trafiggere l'anima. Il cazzo mi si ammosciò di colpo dalla rabbia, e i nostri occhi intesserono un dialogo senza parole:
- "Vita mia, cosa posso fare? Non possiamo tirarci indietro, mi sono preso quella verginella ed ora dobbiamo pagare il prezzo... Ma non ti preoccupare, ti difenderò, tu mi appartieni, nessuno potrà e dovrà spingersi oltre certi limiti", le feci capire.
Quindi, feci alzare dalle mie gambe Donka e mi avvicinai alla coppia, e sottovoce mi feci valere con Zlatan:
- "Guarda che io sono stato ai patti, ma la violenza non la tollero. Quello deve stare al suo posto, altrimenti finisce tutto...".
Il capo capì che non scherzavo affatto e che sarei stato capace di portar via Giorgia da un momento all'altro, mettendo in discussione la sua autorità, e così – rivolgendosi a quel giovane avventato – replicò:
- "Proprio perché siete tutti carne della mia carne: ti ordino di tacere! E lasciami chiavare in santa pace... Questa è roba fina che non fa per te, lei può dire quello che gli pare!".
Cazzo, tutto quel trambusto fece sì che Giorgia si bagnasse ancora di più, mentre Zlatan riprese la sua esplorazione scendendo con la lingua fin sul buco più sotto...

Sapevo bene che quell'orifizio era bello aperto, e pure il rom se ne accorse senza doverlo esaminare più di tanto.
Mi lanciò un'occhiata e con un ghigno di approvazione mi chiese:
- "Ti piace incularla, eh? Ti piace, vero, entrare con forza? Si vede da come è ridotto questo budello".
Non risposi nulla, ma fu come se lo avessi fatto, e in quel modo sia Giorgia che lo zingaro si eccitarono ancora...
Quel toro così massiccio e ben piantato riuscì ad infilarle quasi metà della lingua nel retto e la fece roteare come fosse una trivella in un pozzo senza fondo.
Mia sorella si era ormai "accesa", ma questo soltanto io che la conoscevo a fondo potevo capirlo. Perciò, quando si alzò di scatto e prese Zlatan per un polso e lo fece sdraiare supino sul letto – esattamente come era lei fino a pochissimi istanti prima – l'uomo e tutti gli astanti rimasero increduli.
Una donna che "mette sotto"un uomo??
In una società patriarcale come è quella rom, non era concepibile che la donna prendesse l'iniziativa, ma Giorgia – che era una donna vulcanica – era abituata con me che la lasciavo fare, e che anzi amavo le sue "invenzioni" sempre nuove.
Come una indemoniata, si diede da fare con un sontuoso pompino, che riportò il cazzo di Zlatan ad assumere la forma e la consistenza di un grosso obelisco, attrezzato con due testicoli enormi, gonfi e pronti ad esplodere, mentre sopra la cappella – levigata sapientemente dalla sua saliva – sembrava essere la punta pulsante di un dardo infiammato...
Soddisfatta, lo guardò con un'aria sfacciata e gli sussurrò all'orecchio, in modo che solo lui potesse udire:
- "Adesso viene il bello, mio bel montone!".
Gli salì sopra a gambe divaricate, afferrò il membro di lui per tenerlo ritto, e con un gesto convulso cercò di impalarcisi senza preservativo.
Io continuai a tenerle gli occhi addosso, incredulo... Non ero preoccupato tanto se quel maschio le veniva dentro e la ingravidava, anzi quel rischio era per noi ogni volta un supplemento di libidine del quale non riuscivamo più a fare a meno. Certo, fino a quel momento, un tale "gioco" si svolgeva tutto tra di noi, mentre ora Giorgia rischiava di concepire un bastardo con uno zingaro...
Ad ogni modo, eravamo tutti e tre così infoiati che non me ne poteva fregare niente...

Mentre io ero preso da questi ragionamenti, mia sorella ruppe gli indugi e si lasciò cadere di colpo su quel palo di carne, riempiendosi la fica.
Eravamo ragazzini quando cominciai a entrare e uscire dal suo ventre, percui era notevolmente e naturalmente dilata, ma l'uccello di Zlatan si dimostrò assai efficiente. Giorgia lo aveva sottovalutato, sopravvalutando invece il suo fisico – una "macchina" assolutamente perfetta – di donna navigata.
E quando quel trave giunse – come fosse una tremenda fucilata – nei pressi della cervice del l'utero, mia sorella rimase senza fiato. Aprì la bocca, forse voleva dire qualcosa, ma non ne fu capace.

Nonostante la sua proverbiale, abbondante, lubrificazione dovuta al fatto che si bagnasse sempre molto, la sorellona si sentì come se improvvisamente fosse tornata ad essere quasi vergine, stretta di passera…
Che assurdità! In realtà, era quel cazzo così largo che la faceva sentire tanto angusta, e l’attrito tra le pareti vaginali e la cappella dello zingaro per la prima volta le fece male. Neanche quando l’avevo sverginata io – me lo disse dopo – ero stato così “invasivo”…
A Zlatan, le viscere di quella porca di Giorgia parvero bollenti, e con somma soddisfazione gli sembrò di stuprarla...

Ripresasi un attimo, lei si mise ad urlare, dimenandosi e mettendosi le mani nei capelli, ma non gliela diede vinta e prese a cavalcarlo selvaggiamente come una furia, sdraiandosi supina sul torace del maschio e rialzandosi più volte, continuando ad andare su e giù sul suo randello.
Era uno spettacolo guardare il viso di Giorgia stravolto dal piacere… Godeva e veniva senza mai smettere...
Dopo mezz’ora a quel ritmo, finalmente la mia troia si calmò. Era senza fiato.
Allora Zlatan le chiese:
- “Ma quanta voglia avevi? Eppure tuo fratello è un bel toro! Sei proprio una porca!”.
E lei, di rimando, ridendogli in faccia, ribattè:
- “Hai il cazzo più largo di quello di mio fratello, me lo sono voluto gustare fino in fondo… Dio che bello, tu non hai ancora sborrato e sei ancora duro… Ora lo voglio dietro!”.
Si sfilò, e senza perdere un solo attimo si mise a pecorina, mostrandoci come e quanto già fino a quel momento avesse potuto godere.
La fica dilatata in maniera incredibile lasciava gocciolare i suoi succhi. Era troppo invitante, e così Zlatan, svelto ed agile, si chinò e passò la lingua sulle grandi labbra su fino al clitoride, succhiando tutta quella leccornia.
Ma Giorgia aveva ormai capito con chi aveva a che fare, e – gemendo – rabbiosa gli latrò come la peggiore delle megere:
- "Idiota, su datti da fare... leccami anche il culo!".

Con le mani la donna si allargò le grosse natiche, e quell'energumeno le infilò senza alcuna delicatezza il dito medio nel culo... Tutto fino alle nocche delle altre dita... e lì rimase per quasi cinque minuti.
Era pronta, e Zlatan capì che era arrivato il momento di prendersi ciò che lei dava abitualmente a me, si posizionò con il suo membro all’altezza dello sfintere e ci appoggiò sopra la cappella.
Giorgia, sempre con le mani sulle chiappe, lo sentiva pulsare, e anche il suo intestino iniziò a fare altrettanto.
Gridò, senza più freni:
- "Tutto di colpo, lo voglio dentro tutto di colpo, non poco alla volta, voglio sentirmi sfondata, spingi forte!”.
L'uomo rimase basito, e dentro di sé pensò:
- "Cazzo che vacca incredibile...".
Poi, fece come lei gli aveva chiesto, entrò con la punta del glande e subito affondò nel budello con un colpo secco, fortissimo, entrando per più della metà.
Qualsiasi altra femmina ne sarebbe rimasta tramortita, ma non lei, che invece urlò di piacere...
Zlatan sentì che era già stata più volte inculata, anche se gli sembrò molto stretta nel retto, sicuramente a causa dell'esercizio a cui io la sottoponevo costantemente.
Restò fermo per un po', respirando affannosamente, si voltò verso di me e mi disse, sogghignando:
- "Bel lavoro, fratello... È proprio una troia... Con questa puoi fare di tutto...".
Forzando, uscì completamente, e immediatamente diede un secondo affondo, con le palle che andarono a sbattere sul rosone.
Questa volta pompò come un dannato. Senza più voltarsi, esclamò rivolto a Giorgia:
- "Hai un culo incredibilmente bollente ed accogliente, sembra che godi ancora più che con la fica!".
Infatti, dopo solo dieci minuti di monta in quel modo, aveva già avuto tre spettacolari orgasmi...
Ma Zlatan andò ancora avanti... Con il suo membro ben conficcato dentro di lei, cominciò ad "impastare" con le mani le incredibili tette di mia sorella e a toccarle il clitoride.

Sorprese anche me e Giorgia quando, invece di farci roteare sopra le dita per solleticarlo, cominciò a “spremerlo”. Ormai era talmente grosso che riuscì ad afferrarlo saldamente tra pollice e indice e a masturbarlo come se fosse un piccolo cazzo.
Infine, glielo strizzò, fortissimo, e improvvisamente uno zampillo imbrattò il lenzuolo…

Mia sorella iniziò a tremare, come in preda a una sorta di convulsioni, e pure Zlatan era al limite, doveva venire assolutamente.
Così, estrasse il cazzo dal suo culo, e di colpo glielo rimise nella fica, ma Giorgia non se ne rese conto e gli venne dentro senza precauzioni.
Alla fine, lo zingaro si lasciò andare – sfinito pure lui – sul letto, e lei gli si buttò addosso, con la testa sul grosso stomaco, ridendo.
Zlatan, allora, rimase interdetto, e incapace di comprendere il senso di quella reazione le chiese:
- “Cosa ti ridi, troia? Sei una forza della natura, nessuna delle nostre donne mi ha mai ridotto in questo stato…”.
E lei:
- “Rido perché una scopata così me la ricorderò a lungo… Cazzo, ho goduto come una troia in calore... Ah che bello! Mi ci voleva proprio. E al diavolo se resterò incinta!”.

6. ... Epilogo.

Quella giornata stava volgendo al termine, e insieme a mia sorella ci eravamo tolta un'altra soddisfazione.
Avevamo scopato come non ci fosse un domani, realizzando un vecchio sogno sul quale avevamo fantasticato molte volte, e dando a quell'uomo anziano forse una delle ultime occasioni della sua vita.
La tribù rom ci acclamava, perché tutti si erano resi conto che da Giorgia poteva arrivare quell’erede maschio che la moglie di Zlatan non era riuscita a dargli e che in futuro avrebbe preso le redini del clan.
In realtà, mia sorella non era più fertile, ma quando aveva pronunciato quella frase era così fuori di sé che non ci badava.

Zlatan, dal canto suo, non si era dimenticato la proposta che mi aveva fatto fare dal suo uomo al semaforo, ed ora – dopo aver messo alla prova quella troia di Giorgia – tornò alla carica.
Mi disse:
- “Allora, non vuoi proprio darmi tua sorella per moglie? Ora che so cosa può fare, ti pagherei quanto pesa!”.
Sorrisi dentro di me, al solo pensiero che mi avrebbe reso un sacco di soldi – Giorgia, infatti, pesava circa 90 kg. –, ma alla fine gli diedi una risposta che fu praticamente definitiva:
- “Caro amico, mia sorella non si è neanche sposata per rimanere con me, ed io non penso di ammogliarmi per stare con lei… Siamo un tutt’uno, e siamo felici così… I soldi non ci interessano!”.

Lo lasciai in questo modo, stupito, ci rivestimmo e nella notte ci accomiatammo da tutti, con la promessa però di tornare da loro quanto prima...

FINE.
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