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Lui & Lei

Un inaspettato regalo di Natale


di pollicino
26.01.2024    |    66    |    0 6.0
"Mi asciugai gli occhi con il dorso di una mano per timore che all'improvviso giungesse Blanca e di doverle dare una spiegazione, e con mia sorpresa vidi che..."
Questo racconto è dedicato a una persona speciale che circa un anno fa mi ha concesso se stessa.
Prima che qualcuno mi faccia le solite domande, dico subito che nomi e luoghi sono ovviamente diversi dalla realtà, ma la storia è quella…

1. Introduzione

La vicenda che ora andrò a raccontarvi è una via di mezzo tra fantasia e realtà.
Fantasia, perché luoghi, protagonisti e finale sono stati cambiati per non correre rischi inutili, e realtà perché la protagonista è stata veramente colei che diede colore ad un mese della mia vita altrimenti grigio e senza prospettive.

Tutto ebbe inizio circa un anno fa, nel mese di novembre.
Sono un artigiano, e mi mantengo realizzando presepi artistici, e quando fui invitato ad esporre le mie opere ad una rinomata manifestazione natalizia nel paese del primo presepe accettai con entusiasmo l'invito.
Sarebbe stato un mese lontano da tutti i problemi della vita quotidiana, e durante il quale le dolci arie di festa mi avrebbero trascinato in un turbine che come ogni anno aspettavo manifestarsi proprio in quel periodo.
In più, il luogo era veramente incantevole: un piccolo borgo d'altri tempi, con viuzze strette e impervie percorribili solo a piedi, case basse e un profumo di camini accesi che si spandeva ovunque...
Lì, una infinità di cantine venivano aperte al pubblico ed illuminate per esporre le merci più disparate.

Ah, dimenticavo, io sono Giulio, un uomo di 58 anni alto 1,65 x 65 kg, occhi e capelli castani, fisico non atletico ma ben tenuto, un po' di pancetta che non guasta mai e moderatamente peloso. Sotto, normodotato sui 17 cm, palle grosse e cosce grandi.
Pettorali quasi da donna con bei capezzoli.

Quella volta, progettai di vivere l'atmosfera natalizia accompagnato da colei che era praticamente la mia compagna, mia cugina Blanca. Ad essere sincero, il nostro rapporto non era mai decollato, vivevamo sotto lo stesso tetto ma con interessi completamente diversi, e così ciò che di lì a poco sarebbe accaduto a cose fatte lo debbo considerare l'epilogo di una storia e il fiorire di un'altra molto più coinvolgente.
Ebbene, l'organizzatore dell'evento, mi comunicò circa un mese prima che avrei condiviso la mia cantina con un'altra persona e mi disse di mettermi in contatto.
Mi comunicò il suo nome, che però non conoscendola affatto lì per lì non mi diceva nulla: Eleonora...

2. Eleonora, chi era costei?

Un bel giorno, mentre stavo lavorando, trovai sul mio smartphone una chiamata persa.
Non sapevo chi fosse, ma mi affrettai a richiamare.
Era proprio lei. Inizialmente, ci davamo del lei, stavamo ognuno sulle sue, ma fin da subito capii che c'era qualcosa di straordinario in quella "voce" così calda e con un accento tipico romanesco. Che bello, una mia concittadina, pensai. Era sempre stato un mio sogno avere una compagna di Roma che si fosse "nutrita" di quelle dolci e scanzonate sfumature tipiche della cosiddetta Città Eterna.
Quella voce cotanto sexy aveva però anche un tono di tristezza, che pudicamente (com'era nel suo carattere) nascondeva.
Non riuscivo ad afferrarlo, ma lo capii dopo, quando mi disse:
- "Io, sarei disponibile per andare a vedere la cantina solo di sabato... il mio compagno ha l'ossigeno e devo accompagnarlo a fare terapia...".
Gli risposi:
- "Per me va benissimo, tranquilla...".
Ci accordammo, perciò, per il sabato successivo.
Stavo già crollando, disponendomi a tutte le sue richieste come un ragazzino di 15 anni, benché ancora non la conoscessi fisicamente. Ma era come se avesse qualcosa di familiare e di rilassante. e da quel momento contai i giorni e le ore...

3. Apparizione di una dea.

Da un po' di tempo mi ero accorto che la mia compagna non era più il centro dei miei pensieri, ma tiravo avanti stancamente. E quando – senza che io facessi nulla – Eleonora mi fu inviata come un angelo da chi non poteva sapere nulla della mia situazione, ecco che successe il patatrac.
L'appuntamento che ci eravamo dati giunse perciò come manna dal cielo.
Ci incontrammo in una splendida giornata – quasi estiva – d'Ottobre. Avrei voluto avere mani libere, ma mi fu impossibile non portarmi dietro la mia lei. Cosa le avrei raccontato, che volevo capire meglio se Eleonora potesse essere il mio futuro?
Per questo motivo, mi sentivo un po' "castrato", e lo fui ancora di più quando – giunto sulla piazza dominata da una bella fontana – vidi da lontano due persone (un uomo non più giovane e una donna) che chiacchieravano amabilmente.
Erano di spalle, e subito il mio sesto senso mi suggerì che era lei.
Non volevo disturbare, ma sempre quel sesto senso mi disse:
- "Vai, non avere paura, avvicinati, non sei tu l'importuno... Ti sta aspettando...".
Senza indugio, mossi quei pochissimi passi che ci dividevano, e non appena i nostri sguardi si incrociarono restai ammaliato da quella creatura.
Inizialmente, ci sentimmo un po' impacciati e formali nei saluti, ma subito ci sciogliemmo...
Per tutto il tempo che rimanemmo li, non riuscii a staccarle gli occhi di dosso, mi sentivo irrimediabilmente affascinato da quella ragazza.

Avrà avuto si e no 35 anni, alta più o meno come me, capelli neri a caschetto, occhi scuri con ciglia contornate da un sottile filo di azzurro, pelle color latte e bocca piccolina ma con labbra carnose.
Indossava una sorta di camicione nero molto elegante, leggero e lungo fino alle caviglie.
Non lasciava vedere quasi nulla, se non due tettone meravigliose (valutai una 5 misura) che a stento erano contenute da quell'abito. Era incantevole e ben proporzionata, sebbene fosse una vera bbw, fianchi più che robusti e anche il lato b era molto interessante.
Più giù, si intravedevano le forme della pancia, bella evidente, e fianchi e bacino larghi "a fiasco".
Caviglie grassottelle e piedini cicciotti ma piccoli (calzava un 35) completavano la sua figura...
La ascoltavo, ma dentro di me mi dicevo:
- "Dio mio quant'è bella...".
Era una sensazione strana, perché quella mia opinione non riguardava solo l'aspetto fisico ma tutto l'insieme.
A un certo punto, alzai lo sguardo e vidi seduto su una panchina un uomo con un tubicino al naso... Sì, era il suo compagno, di cui mi aveva parlato al telefono.
Sempre quella mattina, Eleonora mi confidò, quasi con rassegnazione, che doveva occuparsi anche della mamma anziana, e lì sentii sprigionarsi da dentro di lei una dolcezza senza eguali...
Doveva soffrire molto nella vita, come mi fece intuire lui quando – più tardi – mi disse che aveva un cancro e che lei era il suo angelo custode...

4. Il fuoco sotto le ceneri.

Il 4 novembre fu proprio un giorno che non dimenticherò mai...
Eravamo lì ad organizzare il nostro ambiente quando all'improvviso io ed Eleonora ci ritrovammo inspiegabilmente da soli. Non so dire dove fossero finiti i nostri partner, ma mi sembrò come se tutto si fosse "congelato". Eravamo sospesi fuori dal tempo e dallo spazio...
Fatto sta che ad un certo punto, senza sapere il come e il perché ciò fosse accaduto, eravamo faccia a faccia a un dito dalle rispettive bocche.
Non servivano parole, ma lei – sfiorandomi delicatamente una guancia – mi sussurrò piano, come se qualcuno potesse ascoltarci:
- "Sai, poco fa vi guardavo, e vorrei essere felice anch'io come te e la tua compagna...".
Non risposi nulla, anche se fui improvvisamente avvolto da un velo di scoramento. Avrei voluto spiegarle che non era esattamente come sembrava, ma per pudore non lo feci.
Poi ebbi il sentore che la sua "rassegnazione a servire" stava per esplodere. E infatti, dopo un po' che non vedevamo tornare le nostre "metà", Eleonora accostò la porta con discrezione, e mi chiese:
- "Ti va di parlare?".
Feci cenno di sì con la testa, e lei cominciò:
- "Giulio, sono stanca, vorrei essere una donna come tutte le altre, libera di godere di tutte le gioie della vita... Capisci? E invece... Scusami se ti coinvolgo in queste cose così personali, tu non c'entri niente, ma mi sento davvero sfinita... Guardami: sono prigioniera di un corpo che nessuno apprezza, e il mio compagno è in uno stato che non può certo farmi essere FEMMINA... Beato te, che...".
Pronunciò la parola "femmina" calcandoci decisamente sopra con la voce, in maniera inequivocabile.
Mi sentii strappare il cuore, cominciavo a provare un'empatia straordinaria per quella ragazza che si era aperta con uno sconosciuto com'ero io.
Le presi dolcemente le mani, gliele baciai quasi con sacralità, e quando sentii la vita scorrervi dentro, a mia volta le confessai tutti i miei sentimenti per lei:
- "E se ti dicessi che mi hai fulminato dalla prima volta che ti ho vista? Spero che tu non ti offenda, ma mi piaci proprio... Mi piaci tanto. Intendo fisicamente, hai capito?".
Le lacrime presero a scendere copiose sul mio viso dall'emozione, e così ripresi:
- "Non credere di essere l'unica a...... Pure io non ho mai fatto nulla con la mia lei... Tante scuse, ed eccomi qui, esattamente come te, anche se per motivi diversi... Anch'io sono stanco...".
Mi asciugai gli occhi con il dorso di una mano per timore che all'improvviso giungesse Blanca e di doverle dare una spiegazione, e con mia sorpresa vidi che anche Eleonora piangeva.
Mi affrettai a sincerarmi della ragione, e mormorai di nuovo:
- "Scusami, sono stato un po' maldestro, non volevo farti del male...".
Ma lei, con i suoi occhioni profondi mi rassicurò:
- "Non è stata colpa tua... È che pensavo che forse non è stato il caso a farci incontrare... Noi siamo come due frutti maturi che sono caduti nella stessa cesta...".
Che bel paragone! Sentii come una forza magnetica che mi stava attraendo verso di lei, e le nostre labbra finalmente si congiunsero...
Mi venne la pelle d'oca tanto ero teso, ma ebbi lo stesso la capacità di spostarle con una mano i capelli del suo bel caschetto corvino per gustarmi non solo il suo sapore ma anche la sua vista.
Le sue labbra, morbide, quasi vellutate, umide della sua saliva buonissima, si schiusero per accogliere la mia lingua e per dare il bacio più bello e sensuale che avessi mai ricevuto.
Mi sembrò come di essere trasportato in un'altra dimensione, dove ebbi la sensazione di essere già stato, ma allo stesso tempo dove tutto era nuovo. E sentii che mi stava risucchiando l'anima, oltre alle labbra, e sentii tutto il suo amore. Eravamo, insomma, due cuori che pulsavano in perfetta sincronia.
Con quel bacio ci eravamo detti tutto...

Rimasi frastornato a lungo, anche dopo che ci separammo fisicamente, e quando a fine giornata tornammo mestamente alle nostre vite, giunto a casa dopo un'ora di macchina trovai un suo messaggio su wathsapp:
- "QUESTO È STATO SOLO L'INIZIO. SONO INGOMBRANTE, MA NON TI LIBERERAI DI ME".
Il mio cuore era in tripudio, e senza farmene accorgere da Blanca le risposi:
- "NON SUCCEDERÀ MAI. TE LO PROMETTO. NEANCH'IO VOGLIO PERDERTI. SAPPI CHE DOVREMO LOTTARE, CONTRO TUTTO E CONTRO TUTTI, MA TI VOGLIO PIÙ DI QUALUNQUE ALTRA COSA. SEI TANTA, MA È PROPRIO COME SEI CHE TI VOGLIO".

5. Che la festa abbia inizio.

E la festa cominciò. Eravamo in quattro a "coabitare" dentro una piccola stanza, ma io non vedevo che lei e viceversa, e ogni movimento finiva per "congiungere" clandestinamente i nostri sguardi.

Così, in uno di quei frangenti percepii in lei un nervosismo struggente, come se mi implorasse:
- "MUOVITI, FAI QUALCOSA, TOGLI DI MEZZO QUESTI DUE, IO VOGLIO STARE SOLA CON TE".
Lì per lì, non seppi cosa inventarmi, ma poi ecco l'idea... Era già una certa ora, così dissi a tutti:
- "Ragazzi, chi vuole un caffè? Io vado al bar, qui però deve restare qualcuno...".
Era ovvio che "in mia quota" doveva rimanere la mia compagna. Esattamente come avevo progettato.
Un rapido sguardo d'intesa con Eleonora, la quale aggiunse senza lasciare che il suo partner potesse intervenire:
- "Ok, per noi vado io...".
Blanca, presa alla sprovvista, non ebbe la forza di contraddirmi, l'avevo "incastrata" proprio bene, e non so se fosse gelosa ma ad ogni modo mi lasciò andare...

Per evitare ripensamenti, ci allontanammo in un baleno, in direzione del bar, ma all'ultimo momento sentii afferrarmi la mano.
Era Ele, e le nostre dita si intrecciarono come gli anelli di una catena, tanto forte da farmi male... Il suo calore era palese, e tremava dall'emozione. Entrambi, eravamo consapevoli della direzione che le nostre vite stavano per prendere.
Cominciammo a correre così legati come due ragazzini, e all'improvviso lei mi tirò di lato in corrispondenza di un vicolo... Per la ragazza erano passi verso l'ignoto, ma io – che conoscevo già il posto – realizzai subito che stavamo andando verso il Castello e presi l'iniziativa, conducendola in una rientranza isolata.
Ero sicuro che lì non sarebbe venuto nessuno a disturbarci, e lì finalmente ci lasciammo andare e ci abbracciammo, come due fidanzati, senza timori ma ancora un po' impacciati.
Eleonora era molto timida ma le vicissitudini della vita l'avevano resa anche una donna decisa.
Sentivo il suo alito riscaldarmi il volto. Era "buono", e non mi infastidiva per nulla.
Tornammo a baciarci, e stavolta con vera passione. La sua saliva colava lungo i nostri visi e mi mandò in tilt. Cominciai a leccare tutto quel ben di Dio che ci apparteneva, ed "assaggiai" quel suo faccione meraviglioso.
Poi, mi staccai un attimo da lei per riprendere fiato e fissandola le dissi, galante:
- "Sei bella come la luna. Promettimi che tra di noi non ci sarà mai eclissi!".
E lei:
- "La luna non brilla mai di luce propria... Sarai il mio sole, voglio splendere della tua luce...".

Quel giorno, Eleonora aveva di nuovo quel camicione lungo del primo incontro. Non so se lo avesse fatto apposta, ma era proprio l'ideale per ciò che stava per accadere...
Nella foga di quel bacio, infatti, mi divincolai dalla stretta delle nostre mani e feci scivolare la mia destra giù lungo i suoi fianchi adiposi. Giunto in mezzo alle sue cosce, mi fermai attonito e con il cuore che mi batteva a mille.
Occhi negli occhi, lei mi sorrise come una bimba dispettosa, e sottovoce – per non rompere quel magico incantesimo – mi confermò:
- "È proprio così, non ti stai sbagliando! Spero che adesso non mi giudicherai male...".
Quella mattina, infatti, aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto, e vincendo paure e timidezza non si era messa la biancheria intima.
Lo aveva fatto solo per me. Voleva offrirmi tutta se stessa.
Mi disse, ammiccante:
- " Se vuoi, puoi sollevare il vestito...".
Ma io le risposi:
- "Non ora. Non dobbiamo avere fretta. Tutto andrà da sé, ormai ci vogliamo entrambi...".
In realtà, la voglia di vederla in tutta la sua nudità era straripante, ma volevo che quel momento fosse il più poetico possibile, che avvenisse con tranquillità e senza l'ansia di essere scoperti.
Ci risistemammo alla meglio, ed Eleonora mi promise:
- "Sarà un Natale di fuoco...".

Tornammo alla cantina, non prima però di essere passati a prendere il caffè, promesso ai nostri partner.
Nessuno dei due aveva sospettato nulla...

6. L’occasione da prendere al volo.

In quel paesino, ero venuto a sapere da una conoscente che c'era una piccola locanda. Poco più che una affittacamere per viaggiatori di passaggio, con un numero esiguo di tavoli e due stanze.
Così, una mattina, telefonai per informarmi e – soddisfatto – presi una stanza per tutto il periodo della manifestazione.
Era relativamente piccola, discreta e pulita, con un letto matrimoniale, un divanetto con due poltroncine, e un bagno privato.
A cose fatte, ne parlai di nascosto con Ele:
- "Bombolina mia, ho una magnifica sorpresa per te! D'ora in poi non dovremo più farci coccole in mezzo alla strada... Abbiamo il nostro nido dove nessuno ci disturberà".
Le parlai entusiasta di quel luogo, e la vidi raggiante come non mai.
Ma alla fine, mi disse, facendo la finta imbronciata ma ben sapendo quale sarebbe stata la mia reazione:
- "Allora sono davvero così grassa che mi hai chiamata Bombolina?".
Ed io:
- "Ho no, piccola... Era solo un nomignolo affettuoso... E poi lo sai che vado pazzo per le bbw...".

Ebbene, ora era davvero tutto pronto ma più il tempo passava e più la mia giunonica femmina non perdeva occasione di confidarmi che stava male:
- "Dio, Giulio, sto impazzendo! Non c'è la faccio più... Siamo guardati a vista, voglio che mi prendi, che mi tocchi, come solo tu sai fare... Lo sento che è così, ma...".
Anch'io ero distrutto dentro, perché l'unico mio desiderio era quello di soddisfare ogni sua e mia "necessità", e non le feci terminare la frase:
- "Ele, stai tranquilla, vedrai che non ci sarà da attendere molto per sciogliere finalmente le vele ed iniziare la navigazione nel mare aperto del nostro amore...".

Difatti, approfittammo della prima occasione che ci fu offerta dalla natura. Era l' 8 dicembre, una giornata che si preannunciava impegnativa. Ma anche una mattina di nebbia fitta.
Come sempre avveniva in questi casi di eventi atmosferici avversi, dopo una accesa (finta) discussione con mia cugina che non voleva assolutamente andare partii da solo per andare incontro a quella libertà che mi mancava da troppo tempo.
Lo stesso fece pure Eleonora, la quale fingendo una falsa premura verso il suo compagno e non volendo farlo stancare a causa della sua malattia, si mise in strada da sola...
Così, da cavaliere, feci di tutto per giungere in anticipo ad aspettarla. Ero nervoso, ma determinato a prendermela, nessuna remora morale mi avrebbe fermato... E quando lei si presentò per poco non mi prese un colpo.
Nella nostra camera, si sbottonò un semplice soprabito di Loden, e io vidi che sotto indossava un'altro abito a camicione dei suoi, diverso da quello delle volte precedenti, da sera.
Come fanno le modelle, civettuola fece un giro su se stessa, mi prese le braccia e – accortasi della mia sorpresa – mi spiegò:
- "Ci voleva un abito speciale per un'occasione speciale! Allora, che te ne pare?".
Un po' sgarbatamente ma sincero, le risposi:
- "Non è il vestito che mi interessa, ma quello che nasconde... Sono davvero impaziente di conoscerti meglio...".
Inoltre, sotto aveva una camicetta di seta bianca, chiusa fino al collo...
Ci sedemmo sulle poltroncine l'uno di fronte all'altra, e Bombolina – ansimante e con gli occhi lucidi – gemette:
- "Lo voglio... a tutti i costi. Ti voglio. Ti voglio, ti voglio, ti voglio! Sei mio... E io sono tua, e nessuno dovrà mai mettersi tra noi due...".
Erano passati quasi due mesi dal nostro primo incontro telefonico e di strada ne avevamo fatta tanta.
Si fermò un attimo, si guardò intorno come spaesata, e infine – con un gesto simultaneo – abbassò tutte e due le bretelline della veste.
Aprì la camicetta fino all'ultimo bottone e sganciò il reggiseno.
A quella visione, rimasi di stucco. Mi apparvero, come in una visione, due meloni che dovevano essere una quinta misura abbondante, coppa "G", e in primo piano risaltarono subito delle areole perfettamente tonde, giganti, in rilievo, scure e larghe circa 5 centimetri, solcate da corrugamenti (più tardi, venni a sapere che erano causati dalle mestruazioni) che circondavano due capezzoli già duri...
Insomma, Ele aveva un seno bellissimo da 10 e lode che dondolava da tutte le parti ad ogni suo pur minimo movimento.
Poi continuò:
- "Sù, queste tette sono tue... Non ti piacciono?".
E come potevano non piacermi? Mi inginocchiai davanti a lei e cominciai a toccarle, trepidante, come un giovinetto alle prime esperienze, come il dono più prezioso che mi potesse fare, e notai sotto i miei polpastrelli tutta la loro sconvolgente morbidezza.
Ma erano anche belle toste, benché una volta libere tendevano a scendere leggermente verso il basso: un'altra caratteristica che mi mandava ai matti...
Le strinsi un poco tra le mani, piano per non farle male, e le accostai fino a farle sbattere l'una contro l'altra. I capezzoli erano diventati d'acciaio, turgidi come non ne avevo mai sentiti.
Era chiaro che le piaceva mostrarmi i suoi "gioielli". Alzai lo sguardo, e incrociando il suo le dissi:
- "Mamma mia come sono belle... ma lo sai che siamo fidanzati, sarà giusto andare oltre?".
Ele scoppiò in una gran risata per dissimulare un certo imbarazzo, e quindi mi interrogò come una maestrina:
- "Lo pensi davvero? Su, al punto a cui siamo... E poi non dirmi che tua cugina non ti fa giocare con le sue... Mi pare che non le ha grosse come le mie, però...".
Mi rabbuiai in volto. Ormai eravamo in uno stato di intimità tale che non me la sentivo di nasconderle nulla, e perciò – giocherellando con quelle meraviglie come fossero due bocce – mi lasciai andare:
- "Non mi ci far pensare... Con lei ormai niente di serio... Pensa che mi devo sfogare con i video su internet...".
- "Ma daiiii... Non posso crederci! Ora però, queste cose che hai in mano ti faranno sentire di nuovo un vero maschio... Credo che abbiamo fatto la scelta giusta, Giulio, ripartire per una nuova vita...", mi consolò Eleonora.
Allora abbandonai quei tentennamenti e presi coraggio, e cominciai a leccare le areole girandovi tutto intorno e di tanto in tanto a ciucciarle i capezzoli...
Tutto il torace della donna era ormai a nudo, e più giù osservai la pancia, una sensuale "doppia pancia" bella evidente, con al centro un ombelico aperto che vi sprofondava in fondo.
Ero incantato da quei dettagli che per altri maschi potevano essere dei difetti, mentre per me si stavano rivelando come un suo punto di forza.
E che dire dei fianchi? Anch'essi si palesarono per quello che si erano annunciati fin dal nostro primo incontro da sopra i vestiti: larghi "a fiasco", e con delle maniglie dell'amore possenti.
Toccai anche lì, mi ci aggrappai con forza e con piacere, fintanto che Ele – di nuovo timorosa di non incontrare i miei gusti – mi chiese:
- "Sei sicuro che ti piaccio? Guarda quanto grasso, mi sa che dovrei dimagrire... Forse hanno ragione quelli che dicono che dopo il mio compagno non troverò più nessuno...".
E anche stavolta si mise a piangere, e non fu facile consolarla, perché adesso non ragionava soltanto sul suo aspetto fisico ma su ciò che sarebbe accaduto se e quando avrebbe lasciato un uomo malato di cancro...
Così, feci ricorso a tutto ciò che provavo per lei, e con il cuore in mano le feci sentire che ero pronto al grande passo:
- "Ascolta Bombolina, qualunque cosa succeda io e te saremo sempre una cosa sola... Io non mi stancherò mai di te. Io ti voglio e ti vorrò sempre così come sei...".
Rincuorata, Eleonora riprese coraggio. Voleva dimostrarmi con i fatti che ero importante per lei, e mi propose:
- "Adesso tocca a te, voglio vedere anch'io qualcosa di bello...".
Afferrò la mia camicia per i pizzi inferiori che per abitudine porto sempre fuori dai pantaloni, e piano piano la sbottonò completamente.
Me la fece scendere dalle spalle, e palpeggiando a mani aperte i miei pettorali e il mio ventre sembrava non voler più smettere.
Ridacchiò compiaciuta e lì capii che anche lei aveva le sue fisse:
- "Però, che belle tette e che piccola pancetta che hai... Si, insomma, mi piacciono i maschi con dei pettorali molto sviluppati e dei capezzoli abbastanza grandi...".
Me li carezzò come fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita, lì fece roteare piano tra pollice e indice, e poi mi abbracciò forte, ed io sentii i suoi chiodi che quasi si conficcavano nelle mie carni.
Sentii il suo cuore battere forte, come se volesse schizzare fuori dal suo petto per spostarsi nel mio, ed io la strinsi con ancora più energia per godere insieme di quella indicibile vibrazione...
Mi emozionai talmente che pure il mio prese ad andare all'impazzata... Le dissi, con un pizzico di romanticismo:
- "Ascolta... Lo sentì? I nostri cuori battono con lo stesso ritmo, come se avessero un'unica sorgente...".
Era il primo momento, quello, in cui percepimmo reciprocamente un calore speciale sprigionarsi dai nostri corpi, uno straordinario "anticipo" di ciò che sarebbe avvenuto quando ci saremmo "conosciuti" integralmente.

Ad ogni modo, anche se non riuscimmo ancora a fare altro per la troppa eccitazione, per ora ci bastava... Non era una limitazione, ma l'assimilare, il "gustare" poco alla volta ogni situazione.
Ansimavamo, e ci accorgemmo all'improvviso che era l'ora di fare ritorno ai nostri partner. Con malinconia, per le sensazioni che avevamo appena provato, ma sapendo bene che il solco tra il "prima" e il "dopo" era tracciato...

Da allora, stavamo sempre più spesso al cellulare, su Skype e whatsapp pur di coltivare il nostro sogno erotico, facendo comunque attenzione a non far scoppiare lo "scandalo"... Non era ancora il momento...
Una di quelle chiamate, andò pressappoco così:
- Io: "Ciao, spero di non disturbarti, ma volevo sentire almeno la tua voce...".
- Eleonora: "Lo so... Anch'io... Anch'io voglio soltanto te... Dobbiamo aspettare solo fino a Domenica... Solo... Come se fosse facile! Sai, anch'io mi sento strana... Da quando hai posato le tue mani su di me non riesco più a farmi toccare dal mio compagno... Non è la stessa cosa, quasi mi infastidisce...".
- Io: "È vero!, succede così anche a me... Ti voglio... Sono geloso se penso che un altro uomo ti sta accanto... Sai, parlando di te mia cugina che di solito è gelosissima non ti sente come una rivale, ma sbaglia di grosso... Ehehe...".
- Eleonora: "Eh sì, fa male a sottovalutarmi, ho tante armi nascoste...".
- Io: "E non credi sia giunto il momento di scoprirle?".
- Eleonora: "Ancora?? Comunque stai tranquillo che la prossima volta ti spolpo per bene... Ti distruggo... Quindi, allenati mio caro...".

Quella notte non riuscii a dormire, le parole di Ele erano state la conferma della solidità del nostro amore e non vedevo l'ora che arrivasse quel momento...

7. Il dado è tratto.

Era bellissima quella voglia di noi che cresceva piano piano ma che era inarrestabile.
E, alla vigilia del nostro successivo incontro, decisi di "metterla alla prova", e me ne uscii – in uno dei tanti messaggini – con una battuta:
- "VORREI FARE L'AMORE CON TE, DISTESI SU QUESTA NOSTRA PAZZIA".
La risposta di Ele non si fece attendere:
- "E ALLORA FACCIAMOLO. MI STO TOCCANDO FURIOSAMENTE AL SOLO PENSIERO. CHE NE DICI SE TI ASPETTO DOMANI NELLA NOSTRA PAZZIA?".
Ormai non aspettavamo più l'occasione domenicale per vederci... La nostra fantasia non aveva limiti quando si trattava di trovare scuse per tenere lontano i nostri partner. Ed eravamo al punto di non ritorno...
Il dado era tratto. Le dissi, perentorio:
- "SARAI MIA PER SEMPRE. TE LO GIURO!".

Così l'indomani ci ritrovammo li, alla locanda.
Stavolta fu come avvicinare un cerino alla canna del gas, ci eravamo trattenuti per troppo tempo, e ci lasciammo travolgere dall'eros...
In quella che era diventata la nostra tana, restammo alcuni istanti in silenzio. Istanti che a me parvero eterni tanta era la necessità di "nutrirmi" di quella femmina che mi aveva stregato.
Eleonora sembrava esitare, come se volesse dirmi qualcosa ma avesse il timore di rovinare quel celestiale idillio...
A un certo punto, però, ruppe gli indugi ed ebbe un nuovo crollo emotivo:
- "E se non ti piacessi? Guardami come sono sgraziata, sono grassa! Scusami se te lo ripeto, ma sei sicuro?".

L'avevo scelta, e quella sua cronica insicurezza quasi mi infastidiva. Volli quindi dimostrarglielo una volta per tutte. Così le intimai:
- "Adesso spogliati!".
Vidi che le tremarono le gambe, esitava, poiché le parole scritte sulla tastiera di uno smartphone erano una cosa e la realtà era ben altro.
Stava impalata, immobile, in piedi dinanzi a me, e allora presi l'iniziativa e cominciai io a spogliarmi tenendo sempre gli occhi fissi su di lei. Gettai via gli abiti come un pazzo, capì dopo capo, e alla fine mi ritrovai completamente nudo alla sua mercé. Il mio senso del pudore e l'essere appena normodotato erano svaniti.
Avevo il fiato grosso e con calma parlai:
- "Bene, ora mi conosci in tutto e per tutto, così ti vergognerai un po' di meno... Dai, sù, fatti vedere... Di chi è di cosa hai paura?".
Forse fu proprio a causa di quel gesto inatteso che Eleonora mi seguì in quella follia...
Come l'altra volta, abbassò le spalline del solito camicione, ma adesso non aveva nessuna camicetta. Rapidamente, quella veste le scivolò a terra, svelando un corpo meraviglioso. Sotto, non aveva ne reggiseno né mutandine, ma solamente – al collo – un ciondolo con una stella a cinque punte rovesciata, nella quale era inserito un capretto con le corna: all’epoca, non ne compresi il significato, che scoprii molto tempo dopo…
La scrutai attentamente, estasiato, dalla testa ai piedi, e dovevo aver strabuzzato gli occhi perché lei mi disse, con un sorriso forzato e pieno di paura:
- "Ti sembro così bella?".
Non sapevo più come comportarmi, mi aveva spiazzati con quella domanda, ed ora ero io a sentirmi sotto esame. Replicai:
- " No. Non sei bella. Sei molto, ma molto di più! Non ho mai visto una creatura così ben proporzionata...".
Ormai conoscevo benissimo le sue tette, ma scendendo più giù mi ritrovai a contemplare i suoi fianchi e il bacino che – come si erano "annunciati" da sopra il vestito – si rivelarono per quello che erano, larghi e "a fiasco", e quelle maniglie dell'amore esposte, scese e immense da poter afferrare senza difficoltà.
Contrariamente a quanto mi sarei aspettato, le cosce erano meravigliose, toniche, anche se infinitamente grandi. Ma la "cosa" che non dimenticherò mai fu il monte di venere, splendidamente gonfio di voglia e ricoperto di un folto pelo riccio.
Sospirai, e dentro di me mi dissi:
- "Io questa donna non me la lascio scappare... Troppo invitante questa patata...".
E infatti, il pube era esattamente il mio ideale: un triangolo circoscritto in alto dalle due ossa iliache e sotto dal perineo era abbellito da un tappetino uniforme...
Senza ancora averle toccate, intravidi comunque delle grandi labbra carnose, le quali erano ben composte e chiuse...
Mi domandai, con curiosità:
- "Chissà come sarà fatta dentro...".
Completava quel capolavoro un culone sodo e che sembrava non finire mai, ma bello.
Scesi ancora, e mi compiacqui di due caviglie grassottelle e dei piedini cicciotti ma piccoli (calzava un 35). Un'altra delle mie manie!
Nudi l'uno di fronte all'altra, ci avvicinammo, i nostri corpi si "aggredirono", ed Ele mi disse, con un filo di voce:
- "Ecco... Ci siamo. Sono tua. O mi scopi adesso o mai più!".
Per la prima volta, la sentii usare quella parola molto forte, quasi volgare, ma che in quell'intimità che si era creata era una cosa normale.

La portai sul letto, e mi misi – quasi rannicchiato, in ginocchio – tra le sue cosce. Non sapevo da dove cominciare, quel momento era troppo importante e non volevo sciuparlo facendo tutto frettolosamente.
Per prima cosa, le allargai le gambe e le piegai le ginocchia, portandola quasi in posizione ginecologica.
Le toccai il ventre – per me è un punto fondamentale, altamente erotico, la "culla" della fertilità femminile – e cominciai a giocherellare con la sua soffice peluria.
Mi chinai a baciarla strofinandovi sopra il volto e la sentivo già umida, mentre il suo respiro si faceva sempre più affannoso.
Le dissi, senza guardarla:
- "Sei uno spettacolo, e non riesco ancora a credere che è tutto per me...".
Poi tornai a tastare, e facendomi strada in quella foresta raggiunsi le grandi labbra.
Erano proprio così come me le aspettavo, consistenti, morbide, uno scrigno pulsante e pronte ad offrirmi il loro "tesoro"...
Al mio tocco leggero, sebbene deciso, la sentii fremere di un piacere che forse non aveva mai provato.
Non volevo che perdesse l'eccitazione, e così - con due dita - iniziai ad aprire la patatina come un'ostrica, e come un'ostrica lei mi mostrò il suo gustoso e umido frutto...
Stetti a contemplare le piccole labbra lasciando che le mie narici e i miei polmoni si saturassero di quell'odore così intenso che già conoscevo, e quindi procedetti ad aprire anch'esse con più facilità di prima.
Le mie dita erano avvolte di un fluido vischioso che mi permetteva di farle scivolare a dovere... Ele si bagnava tantissimo, e questa era una cosa buona per il proseguo, perché non si sarebbe fatta troppo male.
Trattenni le piccole labbra discoste con due dita di entrambi le mani, ed ammirai quel color rosa chiaro che faceva risaltare quella condizione che non mi sarei aspettato.
Tornai ad incrociare il suo sguardo e lei mi sorrise:
- "Sì, sono vergine... E sono felice di offrire a te la mia prima volta... Ma fai piano...".
Non era un problema per me, ne una vergogna per lei esserlo a 35 anni, anzi. Fui felice che il destino avesse portato entrambi a donarci tutto: il suo imene era assolutamente intatto, e come le avevo già confessato, infatti, anch'io non avevo ancora provato l'ebbrezza di una vera penetrazione...
Tornai al mio piacevole compito, e presi a leccare dentro quelle piccole ali di farfalla.
A volte, Ele inarcava la schiena, altre si contorceva, evitando di emettere anche il pur minimo suono. Si tratteneva per evitare "brutte figure" (così diceva lei) con chi stava dall'altra parte del muro, ma si strizzava forte i capezzoli.
Quando me ne accorsi, fui lieto di "aiutarla" in quell'operazione, afferrandole la tetta che lei aveva lasciato libera... La stringevo, ora delicatamente ora con più energia dovuta alla mia libidine crescente, tastavo l'areola che si era fatta ancora più grande e sporgente, per finire a "giocare" con il magnifico capezzolo...
Le dissi, scherzando ma non troppo:
- "Come vorrei essere allattato, e bere il tuo latte, sicuramente sarà dolcissimo...".

Ora, però, volevo che raggiungesse il suo primo orgasmo, volevo che fosse qualcosa di sconvolgente e indimenticabile, potente, e allora salii più sù. Con la lingua mi divertii a far scorrere indietro il cappuccetto, aiutandomi anche con il pollice della mano sinistra, e finalmente raggiunsi il clitoride.
Che spettacolo che si mostrava ai miei occhi! Bello, proprio bello, un bottoncino che – preso dall'eccitazione – aveva raggiunto dimensioni ragguardevoli.
Eleonora ebbe un nuovo sussulto, e nel delirio del piacere non riuscì più a controllarsi ed urlò:
- "Oh sì, così... Mi piace... Tu sai come toccare una femmina nei punti giusti... Non smettere, ti prego!".
E chi voleva smettere? Ero intenzionato ad andare avanti fino all'apoteosi.
Leccavo senza fermarmi mai, andando su e giù dal clitoride allo sfintere. Il quale, a un certo punto ebbe una contrazione imprevista, si strinse e poi si dilatò di nuovo.
Che meraviglia! Mi fermai estasiato ad ammirarlo, concentrato su quelle grinze rosa chiaro come la fica.
Allora Ele si mise una mano a frizionarsi la pancia e ammise:
- "Anche lì non è mai entrato nessuno, ma chissà, ora voglio proprio divertirmi, basta pensare solo agli altri!".
Era fantastico, mi aveva appena annunciato che si sarebbe fatta inculare da me, ed io non trovai di meglio che ripagarla nell'unico modo possibile: ripresi a titillarle il clitoride...

Dopo un po', Eleonora avvertì prepotente una sensazione come se dovesse fare pipi… Ma non era così, era il momento cruciale, mancava veramente poco, e gli spasmi dell’ orgasmo la travolsero…
Iniziò a tremare come una foglia al vento… era come se avesse avuto le convulsioni, il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi e il bacino si muoveva fuori controllo... Il fiato corto, ansimava…
E finalmente – sobbalzando come fosse una piuma – iniziò a schizzarmi in faccia tutto il suo succo...
Mi sentivo come se stessi sotto la doccia, un flusso a ripetizione... Quattro, cinque, sei stupendi getti.
Ero completamente "sporco" di lei, ma ne ero felice, e quando entrambi ci riprendemmo da quell'esperienza ci guardammo e scoppiammo a ridere...
Ele mi disse:
- "Guarda come ti ho ridotto... Scusa, ma non sono riuscita a trattenermi".
Ed io:
- "Cosaaa?? Volevi trattenerti? Ma lo sai che ci sono donne che nella loro vita non hanno mai squirtato? E tu, invece, alla prima occasione, mi hai regalato la più bella performance di sempre! Sei stata bravissima, Bombolina, ti amo...".
Dio mio!, per la prima volta le avevo detto che la amavo, e in effetti era proprio quello che provavo per lei. Il sesso era il messaggero del nostro amore.
Finito quell’intenso approccio al suo corpo, capii che era giunto il momento di farla impratichire con il mio uccello, che nel frattempo si era messo in alzabandiera.
Le proposi:
- "Ti va di provare a fare un pompino? Guarda che non sei obbligata, se non vuoi mi faccio una sega e via...".
- "Ma che dici? Adesso tocca a me soddisfare il mio maschio... Oltretutto, abbiamo appena cominciato... Dai, vieni qui che voglio provare... Non l'ho mai fatto, quindi può essere che combinerò dei guai, ma tu non ti arrabbiare...".
Era così tenera che non riuscii a non abbracciarla, e così facendo i nostri corpi si toccarono di nuovo...
Stavolta fu lei ad accucciarsi tra le mie gambe. Si tirò indietro i capelli, e poi impugnò decisa il mio cazzo.
Probabilmente, il suo compagno era circonciso, mentre io avevo ancora tutta la pelle intatta che ricopriva il glande.
Tutto il mio pacco svettava dritto, era bellissimo, la cappella grossa e perfetta come una mela sembrava disegnata da Giotto, ogni vena e ogni piega della pelle era un dettaglio unico... Lo guardava con ammirazione, e ne rimase incantata...
Per smuoverla da quello stato, le presi le mani e gliele appoggiai sul mio pisello.
Poi, la incoraggiai:
- "Forza, prendilo... toccalo e fai quello che ti dice il tuo cuore...".
Allora la ragazza lo prese tra le mani tenendolo con delicatezza, quasi avesse paura di romperlo. Vide che tirando giù la pelle la cappella usciva fuori, e quella cosa la incuriosì.
Lo strinse facendo scorrere le mani su e giù, ed io la incoraggiai:
- "Brava, stai andando bene... Però, bagnati le mani con la saliva e fai scivolare i pollici sulla cappella, vedrai che si ingrossa di più, e se vuoi assaggialo pure con la bocca e la lingua come ho fatto io con te".
Quando mi accorsi che stava procedendo tutto per il meglio, decisi di farle fare un'altro passo in avanti: le poggiai piano una mano sulla nuca e la guidai ad imboccare il mio cazzo, esortandola:
- "Dai Bombolina, apri bene la bocca, poggia la cappella sulle labbra e falla scivolare dentro... Fino in fondo, finchè puoi, e con la lingua lecca la cappella e tutta l'asta. Hai capito bene?".
Eleonora fece di sì con la testa, lo leccava con gusto come fosse un gelato e se lo ingurgitò tutto fino alle palle...
Ad un tratto, sentii il mio cazzo gonfiarsi nella sua bocca... lo sentivo "battere" come fosse un secondo cuore, e allora le intimai:
- "Ora basta, se no mi fai venire... La sborra te la darò un'altra volta...".
Ele era eccitata... aveva fatto il suo primo pompino, ma non sarebbe finita lì...
Difatti, mi ero proibito di venire perché volevo mantenere l'erezione il più a lungo possibile per farla diventare una vera femmina.
Come ho già detto, Eleonora era giunta alla soglia dei 35 anni ed era ancora vergine.

Io, avevo ormai il cazzo duro, anzi durissimo, e l’idea che sarei stato io – di lì a poco – ad entrare per primo nel suo ventre mi stava provocando un’erezione che mi faceva male.
Avvicinai il mio volto al suo e la baciai. Ele rimase interdetta, poiché si aspettava che andassi subito al dunque, e allora le spiegai il senso di quel che avevo fatto:
- “Voglio che sia un gesto d’amore, un vero gesto d’amore…”.
Entrambi avevamo perso la coscienza di ciò che stavamo per fare, ma sentivamo un brivido venire da dentro: ci stavamo eccitando..
Continuai a baciarle anche il collo e poi la toccai dappertutto, il culo, le tette, e infine le infilai una mano in mezzo alle cosce, proprio lì dove lei si aspettava di essere “onorata”.
La fica, fortunatamente, era bagnata.
Mi sono inginocchiato con la testa sul suo pelo, annusando di nuovo i suoi umori che oramai sgorgavano come un fiume in piena.
Ho ripetuto tutti quei gesti che avevo fatto poco prima: affondai le mani nelle grandi labbra e cercai – per leccarlo – il clitoride.
Fu allora che Eleonora iniziò a gemere, e inaspettatamente spalancò completamente le gambe e le cosce a 90 gradi rispetto al tronco…
Disse, un po’ imbarazzata e con un sorriso a metà strada tra l’essere orgogliosa di ciò che stava per accadere e un agnello che stava andando al sacrificio:
- “Così è meglio…”.
Era davvero giunto per lei il momento di scopare. Lo sapevo bene che quello era un momento importante per entrambi, eravamo agitati, e per rassicurarla le confidai:
- “La verginità è un valore. Non perché lo dicono i bacchettoni, ma perché ci permetterà di vivere un momento speciale. Una sola volta, irripetibile, ma speciale…”.
Avevamo entrambi una gran voglia di scopare, ed Ele se ne uscì con un’espressione volgare che probabilmente era frutto del suo stato mentale:
- “Finalmente, un cazzo vero mi sfonderà la fica. Non aspettare, ti prego, sverginami, ti prego!”.
Quella era la seconda volta, quel giorno, che si esprimeva così, sboccata.
Avevo una gran voglia anch’io, e non indugiai oltre. Avvicinai il mio cazzo alla fica, come se fosse un rituale sacro di fertilità – non sapevo ancora che lei adorava quel genere di "riti" e che cercava sempre di riprodurli" –, e per l'ultima volta la rassicurai:
- "Stai tranquilla, e non essere nervosa, è una cosa assolutamente naturale...".
Poi, poggiai la cappella che era diventata di marmo tra le piccole labbra, e spinsi poco alla volta.
Aveva un imene molto rigido, e quella "prima volta" fu molto difficoltosa.
Da parte sua, Eleonora provò un certo bruciore tra le cosce, e chiuse gli occhi per godersi le sensazioni di ogni istante.
Spinsi ancora, e finalmente la cappella era scesa dentro di lei.
Mi feci strada come fossi un ariete. L'avevo aperta, ed entrai fino in fondo.
Il suo sangue avvolse in un attimo la mia asta, e cominciai a muovermi nelle sue viscere che iniziai a conoscere pompata dopo pompata, avanti e indietro, quando all'improvviso mi bloccai e le dissi:
- "Ele, non ho il preservativo... Non so se riuscirò a trattenermi... Forse è meglio che finiamo qui... Sono desolato, ma il rischio è troppo grande...".
Ma lei era già fuori di testa, e mi rispose:
- "Neanch'io prendo la pillola... Che palle!!! Stiamo facendo una pazzia, e allora facciamola fino in fondo... Voglio che mi vieni dentro!".
E dicendo questo mi strinse i lombi con le sue gambe...
Io la scopavo sempre più forte, fino a quando mi sentii tutto rigido e con voce strozzata e gli occhi sbarrati e immersi nei suoi le dissi:
- "Sto venendo...".
Le avevo sborrato nella pancia tutto il mio sperma caldo... e solo adesso mi accorsi che attorno all'ombelico aveva tatuato un pentacolo rosso.

Rimanemmo supini per un bel po', e non facemmo nulla per far uscire il mio seme da lei...

8. Che gran casino.

La nostra relazione si faceva di giorno in giorno sempre più bollente, intensa (Eleonora ormai si era sciolta), e ad ogni occasione finivamo a letto, finché proprio l'ultimo giorno di lavoro successe un casino...

I nostri partner – non sapemmo mai come – avevano saputo di noi, e scoperto l'alcova alla locanda. E ci tesero una trappola...

Quella mattina, sistemata la cantina, ci allontanammo senza alcun timore, e loro due non ebbero nulla da obiettare. Ci lasciarono andare tranquilli...
Entrammo per l'ultima volta alla locanda, decisi a dare tutto. Ci spogliammo, e dopo un maestoso pompino – era diventata un'esperta in materia – Eleonora mi supplicò:
- "Ti prego... Chissa poi quando e se ci rivedremo... Voglio fare una cosa che resterà nella storia...".
Mi salì sopra e – dopo essersi infilata da sola il mio uccello che svettava verso il cielo nella fica – prese a cavalcarmi ad occhi chiusi. In un senso e nell'altro. Fronte e retro. Andava talmente veloce che a un certo punto ebbi paura che me lo rompesse.
Intorno a noi, poteva scatenarsi il terremoto ma noi eravamo troppo presi per accorgercene, figurarsi una "semplice" irruzione nella stanza da parte del suo compagno e di mia cugina...
I due, cominciarono a urlare come pazzi, e ci risvegliarono così da quella trance erotica in cui eravamo sprofondati:
- "Siete due stronzi!", disse lei rivolta a me, "se avevi bisogno di una troia, potevi cercatela meglio, non un ippopotamo così... Grassa e troia...".
Restammo entrambi impietriti. E dalla sorpresa Ele non smise di cavalcare come una indemoniata, mentre io le spingevo il cazzo dentro dal basso verso l'alto.
Con il fiatone dovuto a quella prova fisica non indifferente, provai a spiegare:
- "È dalla prima volta che ci siamo parlati che ci siamo voluti...".

Le venni dentro per la seconda volta, senza protezioni, così davanti a tutti, e pure lei venne insieme con me.
Ma, nudi come eravamo, non ci vergognammo però di mostrarci... Ci volevamo, e infatti raggiungemmo il nostro obiettivo.
I nostri partner ci lasciarono e per noi fu un inaspettato regalò di Natale...

Per "festeggiare", riprendemmo a godere, e lì Eleonora mi confessò, timidamente:
- "Sai, voglio dirti una cosa che non ho mai detto a nessuno... Io amo i giochi di ruolo, e anche quando ero vergine vi partecipavo con degli sconosciuti. Ad esempio, frequentavo una finta setta dove venivo punita...".
Tacque, aspettando la mia reazione, ma io le sorrisi e le dissi:
- "Waooo... Deve essere eccitante... Mi piacerebbe andarci, ovviamente insieme a te...".
E lei:
- "Allora affare fatto! C'è un club dove si fanno queste cose... Che dici, ti piacerebbe?".

Le risposi... ma questa è un'altra storia...

FINE.
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