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Lui & Lei

L'incredibile Capodanno dei due gemelli


di pollicino
07.01.2023    |    266    |    0 6.0
"Esordì con quella frase che da decenni era tanto cara ad entrambi: - "Tato..."
1. Introduzione.

È il 4 episodio. Pubblico questo prima del numero 3 perché devo in qualche modo sfogarmi (abbiate pazienza), altrimenti rischio una vera crisi di nervi...
Sono uscito, infatti, da un Capodanno che peggio non sarebbe potuto essere, denso di vuoti e di avvenimenti che mi hanno lasciato con tanto amaro in bocca.
La ragione, è sempre la stessa: la storia complicata tra me e la mia "gemella spirituale", Blanca, che sto vivendo come con una spina piantata nel cuore, e che solo lei potrà un giorno decidere di estirpare; ma per ora è ancora là, anzi è conficcata saldamente più a fondo che mai, e ci divide...
Ebbene – come ricorderete dal primo episodio – quella spina è rappresentata dal "lavoro" di lei: inaspettatamente, l'estate scorsa ho scoperto che "fa la vita", e da allora la mia di vita è stata travolta da quel ciclone di sentimenti dinanzi ai quali non voglio e non posso arrendermi.

Prima di questo autentico tsunami, avevo una compagna e pensavo solo a lei, ma ora Blanca ha preso il sopravvento.
Credetemi, lei (Blanca, appunto) non c'entra, e non è neanche colpa mia (perdonate la superbia), ma il nostro "status" ci ha portati ad essere di nuovo un'entità unica, dopo esserci finalmente "ritrovati" (per maggiori informazioni, vi prego di leggere gli episodi precedenti).
Ad ogni modo, dopo la serata del suo esordio nel mondo del porno, quello d'elite, quella serata che sarebbe dovuta essere il suo "regalo" per me e la fine di quella vita sregolata – forse sarei riuscito ad accettarlo se si fosse trattato di un "lavoro" alle dipendenze, in un locale, dove il rischio di incontrare persone sbagliate sarebbe stato ridotto minimo – ripiombammo entrambi in un vero e proprio "stato confusionale"...

Fatto sta, che – per tornare al presente – eravamo ormai all'alba del 31 dicembre del 2022 e il Capodanno si avvicinava. Come ogni altra mattina, anche quel giorno uscii con il mio volpino e mi ritrovai a passare davanti casa di Tati, ma non vidi ne sentii nulla provenire dall'interno.
Pensai che anche la sera precedente avesse fatto tardi, sfiancata da quei diavoli di "amici", e mi uscì da dentro un'invocazione:
- "Dormi, piccola, hai tanto bisogno di riposare... Io ti sento, e anche se non mi basta e non mi basterà mai devi ricordare sempre che su di me puoi contare...".
Avrei voluto tanto carezzarle quel suo meraviglioso caschetto biondo, e feci un gesto "artificiale" come se stessi seduto al suo fianco e con tenerezza le potessi dimostrare tutto il mio affetto.
Lo so, quello che ho scritto poc'anzi è qualcosa di stucchevole, ma per me è così: non c'è nulla di più vero e autentico del nostro sentirci unici, anche se per più di qualcuno lei è solo una "donnaccia" ed io un povero scemo se non addirittura al suo basso livello...
Anche per questo vorrei poter essere come un "intermediario" tra il mondo falso e ipocrita e lei, che in realtà è molto più "pulita" di tanti che la giudicano e che forse giudicano anche me per suo mezzo...
Ma questo, fa parte di quelle miserie umane che nemmeno considero.

2. Prigioniero in gabbia.

Poi, di nuovo verso le 14, io ero ancora lì sotto le sue finestre chiuse, come un immaginario Romeo che spera con tutto se stesso di poter incontrare la sua Giulietta...
Ma lei non c'era, o così mi parve; e allora mi ritrovai a chiedermi, preoccupato:
- "E se avesse cambiato gli orari di "gioco"? No, non è possibile... Non è possibile che per "colpa" mia adesso non posso più proteggerla... E se fossi stato io, con i miei componenti, a spingerla ad andare a giocare altrove? E se fosse andata in qualche motel o a casa di quegli "amici" che prima venivano a trovarla?".
Non riuscivo a darmi pace: anche questa volta non potevo dare la colpa a lei, ma soltanto a me stesso che non avevo calcolato lucidamente le possibili conseguenze...
Mi chiesi, ancora:
- "Eppure avevo riflettuto per giorni e giorni prima di agire... E poi Tati non è una che si fa condizionare facilmente, neanche da me! Piuttosto, mi avrebbe cercato e avremmo chiarito; non è una che scappa per paura... E poi, paura di cosa?".
Già, chiarire, discutere... Da quanto tempo non lo facevamo!
No, ci doveva essere un'altra ragione che io non riuscivo a capire...
Ad ogni modo, una vigilia così non l'avevamo ancora mai vissuta: lontano da lei si, ma così disperato mai...
A pensarci bene, non c'erano più di 50 metri tra le nostre abitazioni, ma quest'anno sembrava tutto così assurdo: sembravamo mille chilometri, eravamo molto più "distanti", e la "maledizione dei gemelli" si era rifatta viva...
Stavolta, non mi colse quella inspiegabile sensazione di malessere che mi stringeva lo stomaco e mi svegliava di notte, ma una solitudine immensa.
Una cosa era evidente: ognuno di noi due stava vivendo questo giorno di vigilia affogando in un isolamento che "urlava", reclamando ciò che la natura aveva invece stabilito per noi, e cioè che non potevamo fare a meno di "trovarci". A qualunque costo, qualunque sacrificio ciò ci fosse costato...
Inoltre, io a casa mia dovevo far finta di festeggiare non si sa bene cosa, con la mia (ormai ex) compagna e mia "suocera": due persone che avevo fisicamente accanto, ma in realtà ero solo con una depressione che mi permeava fino al midollo...
E lei? Non sapevo che dire... Era qui, a casa sua, assurdamente chiusa dentro? Oppure dove? Con chi? Anche lei, comunque, sicuramente avvolta in un clima incredibilmente becero...
Qualcuno dei suoi "amici", chissà, l'avrebbe cercata per "goderla" anche in queste ultime ore dell'anno, ma poi? Quando tutti staranno a cena a stappare le bottiglie di spumante? Quando ci si scambiano con molta ipocrisia gli auguri? Non mi stancherò mai di pensarlo: sarebbero tornati alle loro belle famigliole e l'avrebbero lasciata sola. Sola come ero "solo" io, che invece avrei voluto correre da lei ad abbracciarla, a passare insieme il capodanno – io e lei soltanto –, ad augurarle tutto il bene possibile che era infinito.
Ma non potevo, prigioniero in una gabbia da cui volevo scappare per ricominciare con Tati. Soltanto con Tati... Meritavamo di più, questo era certo, e non potevo lasciare andare le nostre vite così, con il cuore che mi si strappava in mille brandelli...
E cominciai a "sentire" di nuovo che c'era qualcosa che non andava. Non sapevo cosa, ma ero certo che fosse così. Blanca, la mia gemella che più volte avevo persa e ritrovata, ora la stavo perdendo di nuovo, e tutto il resto stava perdendo di significato...
La verità era che non riuscivo a stare lontano da quella casa, era come una calamita che mi attraeva. Ma poi, cosa potevo fare, per lei e per me? Io fuori con un cane che nemmeno capiva il mio dramma, e lei (forse) la dentro in un "mondo" asettico che non era il suo...

3. Incubo infinito.

Dio mio, non è possibile, questo è un incubo!
Tutto avrei potuto fare quel giorno tranne che dare retta a persone la cui unica preoccupazione era quella di organizzare un cenone impeccabile...
Così, andai fuori di testa e mi inventai una scusa che sapevo avrebbe funzionato, permettendomi di starmene li "con lei"...
E dissi a Silvana,la mia (ex) compagna:
- "Ah, mi sono dimenticato di dirti che siamo invitati, per capodanno, a casa di Giorgio (un mio amico di vecchia data), a Roma".
Ma, come al solito e come avevo preventivato, lei preferì far compagnia alla madre...
Mi rispose:
- "Grazie, ma io resto con mamma... Ma tu vai pure...".
- "Bene, tutto come previsto...", mi dissi tra i denti: e quella "gabbia" che mi toglieva il respiro si stava finalmente aprendo... Finalmente, mi sarei potuto muovere più liberamente...
Sono le 18 passate. Vagavo già da tempo per un paese deserto che attendeva il nuovo anno, e quando fui di nuovo nei pressi della sua dimora ebbi una sorpresa inaspettata: di nuovo musica a palla, luce soffusa...
Non seppi più che pensare, e mi interrogai:
- "Ma che succede? Sta scopando con qualcuno dei soliti porci, o è cominciata la festa di capodanno a casa sua? No, se fosse così mi avrebbe sicuramente invitato, nonostante tutto; gemelli si nasce e non si finisce più di esserlo... Ma se si tratta della festa di capodanno, non sarà certo una festa come tante altre... La sua FESTA sarà sicuramente diversa, secondo il suo stile, pieno di eccessi... Tutti sono già dentro, e io non ci sono!".
Avevo lo stomaco sottosopra, avrei voluto proprio non essere mai stato "suo" e lei "mia", ma mi resi conto subito che stavo dicendo un'assurdità.
Mi faceva male non avere notizie direttamente da lei, non vederla, mi mancava come l'aria. E non sapevo come fare e dove andare a sbattere la testa... Non poteva essere quello il nostro futuro!
Fuori da quella porta, la stavano denigrando, e io avrei voluto avvertirla, difenderla, far valere le sue ragioni, non mi importava che avrebbero parlato alle spalle pure a me. Ma gemella non poteva ascoltarmi...
Ripassai più tardi ed era sempre la stessa "musica" (è proprio il caso di dirlo...). Assordante, che stordiva, e forse era quello di cui io avrei avuto bisogno in quei momenti... stordirmi con qualcosa.
Come invocando da lei una risposta che sapevo bene non sarebbe mai arrivata, domandai disperato dal mio essere più profondo:
- "Blanca! Non può essere ancora lo stesso "amico" di prima, e allora? Quanti sono la dentro? Un'ammucchiata!? Tesoro, così ti rovini la salute... Tre, quattro volte al giorno sempre a farti "distruggere"... Io non ce la faccio più, per quanto tempo potrai ancora andare avanti? Per quanto tempo io potrò continuare così, ad assistere silenzioso e impotente?".
E i primi" botti" cominciavano ad alzarsi in cielo, quel Cielo che implorai di fare qualcosa per noi... Ci aveva fatti "diventare" gemelli, e ora? Non poteva abbandonarci!

4. Solitudine e disperazione.

Ore 21, quello che di solito sarebbe stato l'ultimo "giro di ronda" della giornata... Ma stasera era tutto diverso, e sapevo bene che non sarebbe stato così. Musica, musica, e ancora musica, ma questa volta ci sarebbe stato qualcosa di diverso...
Infatti, alzai gli occhi e vidi la luce della cucina insolitamente accesa. Era tanto che ciò non accadeva, e subito dopo udii la voce di una giovane ma che riconobbi non essere quella di Blanca...
Questa volta non riuscii a trattenermi, e a parlare non fu soltanto la voce del mio cuore. Esclamai, straziato, piegandomi quasi in due:
- "Ma quanti sono??".
Erano molti, tanti la dentro... Sentii scendermi le lacrime, mi tremarono le gambe, e mi allontanai con il morale sotto i tacchi... Come avrei voluto essere lì con la mia gemella! E stavolta non per proteggerla, che sentivo non ce n'era bisogno, ma perché sentii la gelosia salirmi al cervello: "loro", si stavano "godendo" Tati, e io che non ho conosciuto giorno senza di lei non potevo avere la mia parte?
L'istinto sarebbe stato quello di precipitarmi a bussare alla porta e cacciare via tutti. Lo so che sarebbe stata una cosa irrazionale, una pazzia, ma non riuscii a trovare un'altra via d'uscita, e mi trattenne solo la paura di farle fare una brutta figura...
Cosa avrei potuto fare, allora? Tornare a casa con la mia (ex) compagna e mia "suocera"? Non avrei certo potuto raccontare, condividere e sfogare il mio dramma. Come tanti altri fino ad allora non mi avrebbero capito, era una cosa troppo grande per loro! No, quel fardello dovevo portarlo dolorosamente da solo, e non sapevo se ce l'avrei fatta.
Decisi così di fare un altro giro, e mi fermai per l'ennesima volta alla solita "stazione", sotto quelle finestre, incurante del rischio di essere visto. E fu proprio allora che mi giunse il trillo di un sms. Imprecai, ma non appena presi il cellulare tra le mani mi accorsi che era lei! Dio ti ringrazio! Mi diceva:
- "Sé que estás aquí abajo. Te vi vagando como un perro apaleado. ¿Qué estás haciendo? Sube. No puedo pensar en ti en la calle, solo, en Nochevieja. No soy como a ti te gustaría que fuera, pero yo también te tengo siempre en mi corazón. Sé que soy el único responsable de tu dolor. Vamos, no me digas que no".
Considerai il fatto che aveva scritto in spagnolo, come accadeva raramente ma sempre quando per lei era una cosa importante che le provocava un'emozione grande.
Rimasi a pensare, seduto sulla panchina che sta proprio davanti alla porta, e poi le risposi:
- "Grazie, ma non sarei di compagnia. Hai già i tuoi amici, cosa c'entra con loro uno come me? Come dicesti tu una volta, adesso tocca a me: mi sacrifico io...".
Blanca non si aspettava da me una risposta del genere, ma non si diede per vinta. Un altro SMS. Esordì con quella frase che da decenni era tanto cara ad entrambi:
- "Tato... Noi-non-siamo-normali!".
E poi:
- "Recuerda que somos gemelos. Y luego Anna también está con nosotros...".
Capii che si stava giocando disperatamente l'ultima carta, e facendo quel nome sapeva di toccare un tasto per me sensibile.
In effetti, rimasi sorpreso: Anna era una nostra comune amica che per arrotondare il misero stipendio da impiegata faceva saltuariamente il suo stesso "lavoro", e quando l'avevo conosciuta ero rimasto affascinato da lei, anche se certo Blanca era inamovibile nella mia vita.
Così, crollarono tutte le mie più tenaci resistenze, dovute in parte all'orgoglio, e senza più tergiversare suonai il campanello...

5. Festa a sorpresa.

Quando entrai e salii le scale, Anna era lì ad attendermi insieme alla mia gemella...
Non so se rimasi impressionato più dall'una o dall'altra, ma certamente Anna mi colpì tantissimo.
Era già completamente nuda – come tutti gli altri partecipanti – e sfoggiava una fichetta perfettamente depilata, con due labbra lisce e lucide che erano uno spettacolo.
Era una vera troia, non vi era alcun dubbio, ma non di quelle da strada, vistose, eccessive; lei lo era nell'anima, e bastava guardarla nei suoi occhi profondi e intensi per capirlo.
Aveva 28 anni ed era magra, tette piccole (una seconda molto limitata ma bellissima), culo scolpito che era una vera e propria opera d'arte, capelli corti neri, e un sorriso che scatenava le fantasie più inconfessabili...
Quanto a Tati, per lei si trattò di una tenerissima ri-scoperta: biondina con occhi color nocciola, non molto alta (1 metro e 65 cm. come me), fianchi abbondanti, un culone che non passava inosservato, pancino leggermente sporgente e due cosce da sballo; aveva poi delle tette incredibili – una quinta più o meno –, areole infinite e capezzoli "prepotenti" che invogliavano ad essere stuzzicati, e per finire una bellissima passera appena velata da una leggera peluria castana...
Ricordo benissimo che la prima cosa che feci fu di abbracciarla fortissimo, quasi a farle involontariamente male.
Avevo gli occhi rossi per l'emozione di essermi ricongiunto alla mia metà carnale e spirituale, e rimanemmo così avvinghiati davvero a lungo, con le rispettive labbra che lambirono le orecchie altrui.
A un certo punto, lei mi sussurrò:
- "So cosa pensi, sai... Non te ne devi fare una colpa, non ero andata via perché mi sono sentita con gli occhi addosso del paese... Non lo avrei mai fatto senza di te. Mi sento sempre coccolata dal mio gemello, e dio solo sa quanto mi sei mancato... Io e te siamo sempre gli stessi, qualunque cosa facciamo...".
Davanti ad Anna, che era visibilmente contenta per noi, scoppiai in un pianto dirotto, la strinsi a me ancora più forte, e le dissi:
- "Oh, Tati!, Tati mia che paura... Ho temuto che loro (e indicai i ragazzi) ti avevano fatto dimenticare la nostra realtà... Qui, dove tutti ci odiano, dobbiamo essere uniti ancora di più...".
Ci guardammo negli occhi, come assorti in altri pensieri che i nostri cuori si confidavano senza bisogno di parole, e poi lei mi prese per mano.
In quel momento così "sacro", rividi l'immagine analoga di quando da bambini ce ne andavamo così stretti e fieri del nostro essere "gemelli".
Senza alcun preavviso, anche lei scoppiò in un pianto disperato e mi urlò in faccia:
- "Perché noi siamo gemelli!!!".
Mi condusse in bagno e cominciò a spogliarmi... Ad ogni indumento che volava via, ci scambiavamo un tenero bacio, come se volessimo recuperare tutto il tempo perduto, finché anch'io non rimasi nudo come lei...
Presi a strusciarmi sul suo corpo e lei sul mio, incuranti che qualcuno potesse venire a cercarci. O forse il "gioco" era proprio quello, ci eccitava come quella volta che la zia ci sorprese mentre le avevo sverginato il culetto...
Era bello pomiciare come due ragazzini, e mi accorsi della sua eccitazione per quanto i suoi capezzoli si erano fatti duri.
D'altra parte, pure lei poté constatare che ero proprio arrapato, e allora – per la prima volta da quando eravamo entrati li dentro – mi parlò:
- "Dai, andiamo, così ti presento gli altri... Ma mi raccomando, niente gelosia... Loro mi scopano, ma solo tu mi possiedi l’anima!".
Uscimmo tenendoci ancora per mano, e la prima che ci vide fu Anna, la quale non riuscì a trattenersi dal tastarmi le palle gonfie, e disse rivolta agli altri ospiti:
- "Ragazzi, Blanca mi sa che stasera ha la sua bottiglia di champagne personalizzata...".
Ma gemella le rispose, senza tanti peli sulla lingua:
- "Stai zitta, troia, vedrai che ce ne sarà anche per te!".
E mi guardò sorridendomi. E poiché io stavo sostenendo il suo sguardo con una chiara espressione interrogativa, bisbigliò:
- "Le ho dato il permesso di farsi inculare da te... Sentirai che strilli; è ancora vergine dietro, ma ha insistito così tanto per essere tua...".

6. Spettatore involontario.

Cosi, Blanca mi presentò tutti, uno per uno: erano giovani, discretamente dotati, e soprattutto impazienti di godersi quelle due femmine che promettevano grandi cose.
Ma prima di iniziare gemella mise in chiaro chi fossi:
- "...E lui è il mio gemello... Con lui ho fatto tutte le esperienze possibili, e gli dovete rispetto perché è più grande di voi. Stasera, per poco avrebbe passato il capodanno da solo, povero Tato...".
Da quelle parole traspariva tutto il suo orgoglio nei miei confronti, e io avvertii come una forte scossa lungo la schiena, un brivido di amore, e anch'io ne fui orgoglioso allo stesso modo...
Ebbene, Blanca stava ancora parlando quando il più sveglio del gruppo si fece avanti e la portò via di peso dicendo:
- "Si, ok, ma ora fammi un pompino dei tuoi, che ne ho proprio bisogno".
La trascinò di la, nella camera da letto, mentre io restai a guardare la scena, annichilito dal modo con cui si era comportato con mia cugina...
Il ragazzo si sdraiò supino incrociando le braccia dietro la nuca, ed espirando tutta l'aria che aveva nei polmoni le disse:
- "Fai in modo che questa serata resti indimenticabile!".
In quella attività Blanca era una vera e propria artista; molte altre si limitavano ad aprire la bocca e a lavorare di mascelle, ma per lei non era mai stato così, nemmeno con me... Per lei il pompino era fatto di eleganza e delicatezza, ma allo stesso tempo di forza e determinazione, e chi capitava (uomo fortunato!) sotto di lei finiva per diventare dipendente da quelle labbra...
Perciò, lo fissò come se volesse fulminarlo e poi:
- "Ho voglia di sentirti... Di sentire il tuo sapore... Sicuramente, sai di buono".
Lasciò che la sua testa iniziasse a "viaggiare", e con essa tutta la sua immaginazione, gli baciò e leccò delicatamente il petto, la pancia, il suo viso.
Gli si accovacciò tra le gambe e gli prese in mano l'uccello... Al che l'uomo quasi le intimò:
- "Adesso prendilo in bocca!".
Lei lo fece, facendogli credere di obbedirgli, anche se in realtà era lei a menare le danze.
Lo bagnò con la sua saliva, molta, moltissima saliva. Lentamente, lo masturbava massaggiando anche le palle.
Poi si concentrò sul frenulo (aveva fatto esperienza per anni con me), "giocando" con l'estrema sensibilità di quella parte fino a quando il pene non fu al massimo dell’erezione.
E proprio quando lui non se lo aspettava, se lo prese tutto in bocca, tenendolo così fermo qualche secondo, soffermandosi sul glande, succhiandolo avidamente e muovendo la lingua in ogni direzione. Lo cacciò fuori, ma continuò a segarlo, cercando di capire quanto poteva ancora reggere prima di godere.
A un certo momento, parve volesse mollare la cappella, ma ciò solo allo scopo di scendere a prendere – questa volta – in bocca le palle, solleticandole delicatamente, ed accarezzando con la lingua lo spazio tra esse e l'ano...
In quel momento, si vedeva che Blanca sentiva di avere veramente il "comando delle operazioni", e si accorse che la situazione stava precipitando velocemente.
Prese a pompare sempre più forte, finché il maschio (a proposito, si chiamava Diego) non spruzzò tutto il suo piacere sul viso di Tati, e il resto finì per colare sul suo cazzo ancora duro...
Dovetti ammettere a malincuore che era davvero brava, la cuginetta, ma ero furibondo, perché una cosa era immaginare cosa faceva tutti i giorni – e anche più volte al giorno – in quella stanza, e un'altra assistere con i miei occhi a quello schifo.
La guardai sconfortato, e quella sera maledii tutto il genere maschile... Era normale che una femmina facesse quelle cose? Quello stronzo non era il suo uomo, e la stava trattando con una tale sufficienza che avrei avuto voglia di dirgliene quattro.
Mi trattenni, anche perché sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla sinistra... Era Anna, che aveva capito perfettamente il mio stato d'animo e cercava di calmarmi; con dolcezza, mi portò in cucina e si sedette sul tavolo, con i talloni posati sul piano di modo che le sue cosce si aprirono facendo vedere una passerina vogliosa delle mie attenzioni.
Titubante, mi avvicinai a lei, che mi disse:
- "Caro Claudio, la tua cuginetta non è più una bambina, è una donna, una femmina, e noi femmine nasciamo per darvi soddisfazione... Non devi essere geloso, perché il suo corpo è di mille uomini, ma il suo cuore è solo per te; non c'è stato nemmeno un minuto che non sia stato così... Te lo giuro, me lo ha detto lei tante volte!".
Abbassai lo sguardo per non farmi vedere nuovamente a piangere, ma quelle parole di Anna mi fecero davvero un gran male...
Blanca era "mia", e non poteva esserci distinzione tra corpo e anima. Quei mille uomini, come diceva lei, che diritto avevano su una creatura così “bella”?
Ero terrorizzato, anche perché se esageravo creando difficoltà a lei e ai suoi "amici" temevo di perderla per sempre.
Risposi, allora, alla ragazza che avevo davanti:
- "Anna, non ce la faccio più, credimi, sto lottando strenuamente contro me stesso ma Blanca non è quella che stiamo vedendo stasera, gemella è una donna meravigliosa, quella percui ho combattuto per anni anche contro la nostra stessa famiglia. E per cui lotterò fino alla morte!!!".
Queste ultime parole quasi le urlai, tanto che fummo raggiunti da due giovani che volevano capire cosa stesse accadendo...
Intanto la ragazza mi aveva tirato più vicino a sé, e il mio glande scappucciato finì tra le sue grandi labbra già umide e fradice di umori.
Mi prese dietro la nuca avvicinandomi ancora un altro pò, mentre ora la cappella era entrata quasi per intero dentro l'orifizio vaginale.
Mugolando di piacere, mi disse:
- "Dai, spingi, non restare così a metà strada, fammelo sentire tutto, ti voglio tutto dentro...".
Non sapevo più cosa stessi facendo, e così diedi una botta talmente forte da farla sobbalzare:
- "Ahiii, così mi sfondi l'utero!", mugugnò, quasi piagnucolando.
Ma ormai non la stavo più ad ascoltare, e presi a pompare sempre più forte fino a che le venni con tutto me stesso piantato in lei.
Anna non era ancora contenta, e mi ricordò la parola ottenuta da Tati:
- "Adesso inculami! Ma mi raccomando, fai piano che lì sono ancora vergine...".
Ecco, ora veniva il difficile... Difficile perché l'ultima volta che lo avevo fatto era stato quando avevo sverginato la mia cuginetta; e difficile perché pensai che non potevo immaginare di farlo di nuovo con un'estranea, un'altra donna che non era lei.
Era l'ultima cosa che avevo "in esclusiva" con Blanca, e non intendevo perderla...
Esitai, ed Anna si accorse che c'era qualcosa che non andava, qualcosa che mi tratteneva, e capì cos'era. Mi urlò dalla rabbia:
- "Guarda che tua cugina ci ha dato il permesso... Cosa aspetti? Rompimi il culo!".
Ma io, voltandole le spalle me ne andai...
Avevo lo stomaco in subbuglio, che quasi mi veniva di vomitare, e mi misi in un angolo ad attendere che Blanca avesse finito di dare piacere a quella banda di scalmanati.
Quando finalmente gemella mi vide, venne verso di me e mi chiese, felice:
- "Beh, pisellone mio, lo hai rotto il culetto di Anna? Non l'ho sentita urlare come pensavo...".
Rimasi in silenzio, e la fissai stringendo nervosamente le sue mani nelle mie. Poi, ammisi:
- "Non ce l'ho fatta, Tati... Quella è l'ultima cosa che ho fatto solo con te, con nessun'altra... Non volevo rovinare tutto... Già stasera per me è stato uno strazio indicibile vederti scopare con quei mocciosi che si credono dei Rocco Siffredi! Non voglio rovinarti la serata, ma non potevo non dirtelo...".
Vidi nello sguardo di Blanca calare un velo di pensierosa malinconia, e dopo un pò mi rispose:
- "Non cambierai mai, Tato, ma a me piaci così, ingenuo e pulito... Almeno tu lo sei ancora... Sapevo in cuor mio che non ce l'avresti fatta, ma ho fatto tutto il possibile per farti quel regalo... Lei è una vera puttana, non io, e non ti avrebbe meritato... Ve bene così… Ma stai tranquillo, prima che tutto sarà finito avrai ciò che più desideri: me...".
E mi diede un bacio sulla fronte...

7. Faccia a faccia.

Passarono ancora due ore prima che i bollenti spiriti di quei ragazzi si placarono, ed io le trascorsi meditando e girovagando come un'anima in pena da una stanza all'altra, mentre fuori si esauriva lentamente la "guerra" dei petardi...
Alla fine, Tati era veramente esausta, l'avevano letteralmente sfiancata. Vedevo il suo viso, e provai una pena straziante. Mi chiesi se quello era ciò che le accadeva ogni giorno, e mi dissi:
- "Anche a costo della vita, devo farle capire chi la ama davvero... Lo devo a lei, allo zio e a me stesso!".
Piano piano tutti i ragazzi crollarono dalla stanchezza, e quando Blanca mi prese per mano e insieme ci avviammo anche noi alla camera da letto trovammo una brutta sorpresa: non c'era posto per noi, nemmeno un angoletto...
Tati sospirò con rassegnazione e mi disse, ridendo:
- "Mi sa che per noi c'è rimasta solo la cucina...".
Non dissi nulla, e mentre tornavamo sui nostri passi pensai:
- "Beh, almeno stiamo un pò insieme, solo io e te...".
Chiudemmo la porta a vetri e ci sedemmo. Blanca mi offrì un bicchiere d'acqua – l'unica cosa rimasta dopo la razzia di quelle cavallette – e si mise proprio di fronte a me.
Finalmente eravamo soli, dopo tanto tempo!
Ognuno dei due guardava il fondo del proprio bicchiere, e si capiva che voleva dire qualcosa ma non riusciva a trovare il coraggio sufficiente: quella sera, ogni parola, ogni gesto, sarebbe potuto essere causa di un fraintendimento non voluto, e di dolore certo procurato all'altro.
A un certo punto, con quella sintonia che ci caratterizzava da tutta la vita, alzammo contemporaneamente gli occhi, ed io le dissi:
- "Tati, è l'ora di tornare ad essere noi stessi. Possiamo fingere con gli altri, con tutti, ma non con noi stessi...".
Non riuscii a terminare la frase che la voce mi si strozzò in gola ed ebbi una crisi di pianto, forte come mai mi era successo...
Allora Tati si alzò di scatto e – facendo a razzo il giro del tavolo – mi venne vicino; si sedette sulle mie ginocchia, mi abbracciò forte e fu lei a parlare sottovoce:
- "So cosa vuoi dirmi, e credo sia questo il momento".
Affondò la sua testa sulle mie spalle, e dopo poco sentii delle gocce scendere giù fino al mio fondoschiena, poiché eravamo ancora completamente nudi.
Anche lei stava piangendo, ma ormai avevamo superato la vergogna per questa specie di debolezza.
Restammo cosi, quasi immobili, per non so quanto, finché non feci un grosso respiro e ripresi:
- "Le nostre vite sono state da sempre legate indissolubilmente, e se uno dei due sta male anche l'altro sta male... Giusto? Beh, quello che é successo negli ultimi mesi mi ha fatto capire che io non avrei alcun senso senza di te. Ho provato a farmi una famiglia diversamente, ma tutto è naufragato perché l'unica che mi da senso sei tu. Le tante peripezie che ci hanno fatto passare hanno segnato e forgiato entrambi. E ora non possiamo più scappare dinanzi alle nostre responsabilità. Anche quando non ti capivo, però non ti ho mai voltato le spalle perché era logico così... E adesso dobbiamo prendere una decisione. Magari dura, ma necessaria...".
Blanca mi interruppe e tornò a guardarmi. Avevamo gli occhi rossi dal pianto, ma quegli occhi riuscivano ugualmente a penetrare nelle nostre intimità più profonde. Mi disse, parlando in spagnolo, segno che era un momento solenne ma anche per non farsi sentire dagli altri:
- "Mi pequeño gemelo, si supieras... ¡Estas lágrimas ciertamente no son las primeras en todos estos años! Te extrañé... ¡Te extrañé terriblemente! ¡No creas que antes de que me lo contases no había oído lo que decían de mí en este sucio país! Pero no pude evitarlo, tenía que hacer algo para vivir. Solo a nosotros nunca nadie me ha dado una mano y ya no quiero pasar hambre! Me obligaron a vivir aquí, encerrado en esta casa, con puertas y ventanas cerradas, la luz apagada o tenue, como un ladrón... Es triste, ya sabes, pasarme los días en la cama para satisfacer a quien quiera comprar. yo... ¡Hubiera querido que la tuya, fuera solo tuya! porque somos gemelos...".
Per la prima volta, Tati aveva detto quella frase quasi con disperazione e non con il solito orgoglio di sempre.
Quella disperazione che da quando ero entrato in quella casa stava sovrastando anche me.
Si dice che se si vuole bene a qualcuno bisogna anche avere il coraggio di lasciarlo andare, ma io non ci riuscivo, e mi avvinghiai (anche fisicamente) ancora di più a lei... Le chiesi:
- "Dimmi una cosa: cosa succederebbe se tu decidessi di cambiare tutto? Cosa ne sarebbe dei tuoi cosiddetti amici? Tornerebbero ancora a cercarti?".
E lei, sempre più sconsolata:
- "Mira Tato, cuando empiezas sabes que nunca podrás terminar... Estás limpio, y no te imaginas lo que hay debajo... ¿Conoces las vacas reproductoras? Bueno, me han reducido más o menos a esto... Empecé con unas pocas personas, y ahora ya no tengo tiempo ni para mí... Me he convertido en un objeto...".
La accarezzai teneramente come facevamo quando eravamo bambini, ma non sapevo più cosa dire o cosa fare.
Però, DOVEVO fare qualcosa; e così come a 16 anni mi ero fatto più di 170 chilometri per andare a riprendermela, adesso dovevo tirarla fuori da quella "prigione" magari anche (economicamente parlando) dorata.
E allora mi giocai il tutto per tutto, la carta – appunto – della disperazione... Azzardai:
- "Tati, ascoltami... Molliamo tutto, così come stiamo, andiamocene... Ci sarà un posto dove non ci conoscono e potremo vivere tranquilli! Io vendo la casa, e ne compreremo lì una piccola, per me e te soltanto... Cosi non potranno trovarti... Che ne dici? Non possiamo restare qui dove non ci vogliono, dobbiamo cercare il nido perfetto adatto a noi, dove coltivare i nostri sentimenti, e dove io possa proteggerti meglio...".
Cuginetta non si aspettava certamente una proposta del genere, ma ci pensò. E dopo qualche istante, si decise:
- "Realmente no sé cómo podríamos vivir, pero confío en ti, siempre he confiado y nunca me has traicionado. Hagamos esta locura, ya no puedo más sin ti, sin nosotros...".

8. Com'è bello far l'amore.

Finalmente! Dalla disperazione di qualche minuto prima, ora ero diventato l'uomo più felice del mondo...
Blanca mi montò sopra a cavallo, e cominciammo a pomiciare come due ragazzini, ma soprattutto come facevamo quando dovevamo trasmetterci forza e coraggio a vicenda.
Ritrovai insomma quelle belle sensazioni che ci avevano fatti diventare "gemelli", che ci stavano restituendo un entusiasmo perduto, e che ci avrebbero portati su sentieri nuovi ma più sicuri.
Mi disse, un pò imbarazzata, come a volersi giustificare del suo recente passato:
- "Mi sa che non mi troverai in perfetta forma... Ma se a te va bene...".
Se a me andava bene? Eccome! L’avevo ritrovata, e non potevo chiedere altro…
Inoltre, dopo quei dodici che l'avevano oltraggiata per tutta la notte, ero felice di poterla onorare!
Ad ogni modo, Tati era la mia Tati, e non ebbi la minima esitazione... La volevo, non come la vogliono i suoi "amici", ma per essere di nuovo suo anche fisicamente.
Stavolta, non ci preoccupammo di chiudere le finestre, di spegnere la luce, ma facemmo l'amore "alla luce del sole"...
Si strinse a me in modo che avessi le sue tettone immense schiacciate sul petto, e si dondolò ritmicamente avanti-indietro fino a che il mio uccello – diventato turgido dall'emozione – non la penetrò da solo in un sol colpo.
Si lasciò andare:
- "Ahhh, questo è scopare... Anzi, è fare l'amore... Non una botta e via... Tato, solo tu mi sai prendere come si deve...".
E io di rimando:
- "Perché ti conosco da sempre...".
Non immaginate nemmeno quanto fui felice di sentirle pronunciare quelle parole, e cercai di darmi da fare: presi i suoi capezzoli tra due dita delle due mani e ci giocai fino a portarla sulla soglia di un orgasmo che si preannunciava davvero dirompente; lo sentii perché i suoi muscoli pelvici stavano quasi stritolando l'asta del mio pene che si era ben piantato nel suo ventre.
Allora abbassai la testa, li presi tra le labbra e mi gustai il loro dolce sapore... E più succhiavo, e più quei piccoli grandi chiodoni crescevano...
Sentivo le tette gonfie e dure, e mi piacevano, così come mi piaceva misurare con la mia cappella le pareti della sua vagina.
Blanca prese a muoversi freneticamente, come in preda a delle convulsioni, e di lì a poco venimmo insieme...
Era bellissimo: anche quella cosa così naturale – ma i cui tempi non si possono gestire fino in fondo – l'avevamo fatta insieme, come se fossimo stati un corpo solo, come insieme eravamo venuti a questo mondo...
Ci riflettei su, e poi glielo feci notare:
- "Ti rendi conto Tati che non riusciamo a fare più nulla l'una senza l'altro? E allora, come potrei abbandonarti? No, noi saremo sempre i gemelli indivisibili...".
Lei si lasciò colare lo sperma fuori da quella micetta che poco prima aveva "rallegrato" i dodici ragazzi, e poi si alzò.
La guardai, e dovetti aver fatto uno sguardo deluso, poiché lei si affrettò a rassicurarmi:
- "Aspetta, non è ancora finita... Sai, ho visto prima come mi guardavi mentre facevo il pompino a Diego...".
Si chinò tra le mie gambe e senza dire una parola me lo prese in bocca; questa volta era il mio che ciucciava, non quello di un estraneo, e la rabbia di prima si trasformò in amore, puro e vero amore...
Le carezzai dolcemente il suo meraviglioso caschetto biondo, mentre Tati – tenendoselo dentro – percorse tutta l'asta con le labbra, con quella lentezza esasperante che io ben conoscevo.
Per un tempo che a me parve infinito non si sentì altro che il silenzio della notte e il suo respiro, come se – con quel gesto – volesse trasfondermi il suo irresistibile alito di vita.
Ma ben presto io cominciai ad agitarmi... Blanca mi guardò, e poi riabbassò gli occhi sul suo oggetto del desiderio, mentre i miei gemiti erano diventati come un metronomo che le indicavano quando fermarsi e quando ricominciare.
Dentro il mio cuore ebbi così la certezza di aver ritrovato finalmente la mia gemella di sempre, e tornando a massaggiarle i capelli le dissi:
- “Oh, Tati, come mi sei mancata, non voglio più perderti, sono stato troppo male…”.
E cercai di toccarmi il pisello, ma lei mi tolse subito le mani da lì, massaggiandomi le cosce e la zona dell’inguine; poi prese a "mordere" dolcemente il prepuzio, quell'ammasso di pelle di cui si era presa tanto cura in passato, e ricominciò il classico pompino...
Sembrava che si divertisse a "torturarmi" con la lingua, costringendomi a soffocare la mia voglia di urlare per non svegliare tutto il vicinato.
Mi esplorò con le mani – palmo a palmo – tutto il corpo, dandomi così il tempo di riprendermi un poco, e quindi riavviò la pompata, forte, vigorosa.
E quando le sembrò che ci fossimo spinti abbastanza al limite, allora decise di "accontentarmi". Con una vocina da bimba innocente mi domandò:
- "Ma quando ti decidi? Sono un pò stanca... Uffa...".
Non le diedi nemmeno il tempo di finire la frase che presi ad inzupparle il suo bel faccino con la mia crema, mentre lei rideva ed io stringevo i pugni attendendo che la "furia" si esaurisse.
Tutto era tornato tranquillo, ma Tati non lo era affatto...
Prese un fazzolettino e si pulì sommariamente, poi – toccandomi lievemente il mento e spalancando quei suoi occhioni grandi – bisbigliò:
- "Hai visto, gemellino mio, che ho mantenuto la promessa? Con te, non è stato come con gli altri, l'ho fatto prendendoci tutto il nostro tempo... Allora, tu è piaciuto? Ora riposati un pò. Che voglio fare l’amore. Non scopare, capisci?, ma fare l'amore... Contigo QUIERO-HACER-EL-AMOR!!!".
Lo disse scandendo bene le parole, ed io le risposi:
- "Guarda che io sono pronto... Ho così tanta fame di te che non posso aspettare neanche un minuto! Dai, facciamolo, non mi importa se ci vedono, anzi tutti devono vedere la differenza tra quando "lavori" e quando fai sul serio...".
Blanca accolse sollecitamente il mio invito, si alzò e mi spinse sul tavolo della cucina, stendendomi con la schiena contro il piano.
Francamente non mi aspettavo un'azione così "brutale", e mi sentii quasi paralizzato; non seppi che fare, ma lei in un attimo – senza neanche avere un istante di esitazione – mi salì sopra con le gambe aperte, facendo una sorta di spaccata a pochi centimetri dalla mia faccia.
Con entrambe le mani mi prese la testa e la fece risalire fino a far coincidere le mie labbra con quelle della sua fica.
Gioii dentro di me, perché avevamo ritrovato la nostra intimità più grande... Sapeva di buono, e nonostante quella povera passerina avesse "faticato" molto la sera precedente, aveva un buon profumo: il profumo di Tati. Quello che in tutto quel tempo non avevo mai dimenticato...
Gemella mi diceva sempre che facevo dei cunnilingus perfetti, e così presi a leccarla avidamente. Leccai il clitoride e le mordicchiai le labbra.
Allora mi disse, con una voce che denotava tutta la sua esaltazione:
- "Sii, così... Bravo... Vedo che non ti sei dimenticato come mi piace... Ancora, siii, non ti fermareeeee...".
Sentivo i suoi umori che mi colavano in bocca, ma quello non era un problema, anzi, era il mio agognato premio: fin da piccoli, infatti, mi ero abituato a "nutrirmi" di quelle goccioline luccicanti che a volte si trasformavano anche in energici spruzzi di felicità.
Dopo un pò in quella posizione, quando si ritenne soddisfatta (e anch'io lo ero), si voltò dandomi le spalle, in modo che il suo culo – grande e bellissimo – andasse ad adagiarsi placidamente sulla mia faccia.
Colto di sorpresa un'altra volta, non riuscivo a respirare, ma subito lei piegò il busto in avanti offrendo alla mia lingua anche il suo sfintere.
Così, appoggiando le mani sul fondoschiena di Tati per sistemarmelo meglio, mi misi a leccarglielo. Lo vedevo "battere", aprirsi e chiudersi davanti ai miei occhi affamati anche di quel prodigio, e non potei esimermi dal pensare:
- "Mamma mia, è proprio affaticato poverino... Chi ne ha fatto uso, non gli ha riservato molte attenzioni!".
Passai con la lingua fin sulla fica, e poi tornai a tormentare il buchetto...
Alla fine, si sollevò dandomi un pò di tregua, e si girò di nuovo, impalandosi nella pancia, in profondità.
Le sue tettone mi strusciavano sul viso, quasi ci sbattevano ogni volta che lei faceva su e giù, con ritmo, per godersi la scopata fino in fondo.
Anche la mia eccitazione stava crescendo, mentre lei mi prese la faccia tra le mani e mi baciò con la lingua in bocca.
Avrebbe voluto dirmi qualcosa, ma non ci riuscì, poiché io non volli perdermi anche quest'altro suo sapore.
Mi stantuffò ancora, ma dopo qualche altro movimento io forzai la situazione e – staccandomi dalla sua bocca – le urlai:
- "Tati, sto venendo!!!".
Ma lei non si scompose più di tanto, e ridendo mi rispose:
- "Ma come?, non ce ne siamo mai fatti un problema, e proprio adesso te ne preoccupi? Non ti ho detto che ti voglio TUTTO dentro?".
Forse anche per la suggestione di stare di nuovo nel corpo di gemella, la godei con mille e mille schizzi che tempestarono la sua fica...
In quell’istante pensai che tutto era veramente finito, ma ebbi la sensazione che pure lei stesse cominciando a godere; mi strinse le cosce attorno al cazzo, e finalmente sentii le contrazioni dell’orgasmo...
Era distrutta, e io ero a pezzi. Si accasciò su di me, sorridendo:
- "Eh, se tutti i maschi fossero come te... Ma a me basti tu solo".
Stava sorgendo l'alba quando gli altri ragazzi – svegliatisi perché richiamati dai nostri gemiti – si affacciarono sulla porta della cucina.
Io e Blanca eravamo in uno stato tale che non avremmo riconosciuto nessuno se Anna non si fosse avvicinata scuotendoci per sincerarsi che stessimo bene.
Tati li guardò uno ad uno, e poi gli disse:
- "Stanotte siamo stati in Paradiso!".
E dopo avermi baciato ancora una volta ci addormentammo lì, sul tavolo...
Mi risvegliò un urlo di Blanca che era ormai quasi mezzogiorno:
- "Tatoooo, sbrigati, è tardissimo!!!! Chissà che diranno le tue arpie... Su, vai a casa, e fammi sapere...".
La guardai... Stavo lasciando lì il mio cuore, di questo ne ero certo, e volli domandarle per l'ultima volta:
- "Tati, allora hai deciso... Ce ne andiamo? Non avrai mai più nulla a che fare con quella gente, vero?".
E lei:
- "Tranquillo, ormai tutto è deciso".

9. Una nuova settimana sulle montagne russe.

Era il primo giorno dell'anno... Un anno nuovo pieno di speranza, al quale chiedevo solo una cosa: riavere la mia gemella, riavere Blanca. Nient’altro!
Avevo appena affrontato la litigata decisiva con la mia (ex) compagna... Lei sarebbe rimasta a casa mia finché non avesse traslocato tutta la sua roba, ma ciò era poca cosa al pensiero di potermi di nuovo addormentare e svegliare ogni giorno con LEI accanto... Sì, scopare anche, ma soprattutto avere con me LA donna di tutta la mia vita, l'unica e insostituibile.
Presi il cane ed uscii per la solita passeggiata, e tutto mi parve tranquillo. Non notai altro, ma dopo quella notte il silenzio fuori mi parve qualcosa di spettrale.
Dopo anni in cui ci eravamo persi di vista, e una promessa che ce ne saremmo andati via insieme da quel paese ostile, questo giorno mi avrebbe regalato un'altra doccia fredda: Blanca non era qui. Tutto chiuso, senza nessun segno di vita.
Arrivò il primo pomeriggio, e la situazione non cambiò. Ma a differenza della mattina, alzando lo sguardo verso quelle finestre, notai che la finestrella del corridoio che dava anche sulla cucina era accostata con tutte e due le ante...
Mi caddero le braccia, e pensai subito:
- "Ma come?, me lo aveva giurato... Dio mio, sarà andata da qualche parte a farsi scopare, o è partita improvvisamente per una vacanza senza dirmi niente? O le è successo qualcosa... No, non voglio nemmeno pensarci...".
E mi tornarono in mente tutte quelle situazioni percui io le avevo messo "i bastoni tra le ruote" con i suoi amici...
Forse – mi dissi ancora – era andata a "lavorare" chissà dove... Ero stato uno stupido: invece di risolvere il problema, lo avevo complicato più di quello che già non era; ed ora, dove andavo a trovarla?
Comunque sia, era un'altra bella mazzata: ovunque fosse stata in quel momento, non potevo difendere la mia gemella!
Ad ogni "appuntamento", speravo... Speravo di vedere quella "benedetta" luce filtrare, e speravo di poter ascoltare il frastuono quasi insopportabile della "sua" musica, incurante delle reprimende che sarebbero venute dai paesani... Ma nulla di nuovo ci fu anche alle 18, quando ebbi la conferma (con l'oscurità le luci dentro dovevano essere accese) che pure a quell'ora non era in casa...
Mi sentii solo, veramente solo al mondo, abbandonato da chi era la mia unica e incrollabile certezza:
- "Questa, non è vita da Tati", mi dissi.
Era come se mi mancasse l'ossigeno, senza presente e senza futuro.
Non capivo perché fosse sparita così, perché non si metteva in contatto con me ben sapendo che l'avrei cercata... lei lo poteva fare (aveva i miei recapiti), io no.
Non sapevo più cosa augurarmi e augurarle...
La sera dello stesso giorno, infatti, proprio mentre sopraggiungevo anch'io sulla piazza centrale deserta, mi passò davanti un ragazzo.
Pensai che si trattasse di uno dei soliti "amici", magari uno dei pochi che io non avevo "censito", e che dunque Blanca avesse ricominciato quel "commercio. E mi diedi subito la spiegazione:
- "Forse si è fatto accompagnare con la macchina fino a un pò più lontano e poi è venuto su da solo, per non destare sospetti...".
Indossava una felpa arancione e un paio di pantaloni scuri. Non aveva borse o borsoni con il cambio com'era di solito, ma questo ragionamento lo feci in un secondo momento...
Ebbene, il ragazzo aveva un cellulare da cui proveniva della musica "spagnoleggiante". Mi raffigurai che fosse lei a chiamarlo per dargli indicazioni su dove raggiungerla; come al sito, lo lasciai andare avanti, ma subito allungai il passo per stargli dietro...
Purtroppo, lo persi di vista e ipotizzai che – quando fui sotto casa di lei – fosse già entrato dal portoncino. Ma aveva fatto troppo in fretta, dalla casa non proveniva nessuna musica "di copertura", e soprattutto la luce era spenta e tutto era come l'avevo visto dalla mattina...
Feci un altro passaggio per assicurarmi di aver visto bene, ma era proprio cosi: forse l'incertezza di prima era dovuta ad un riflesso sulle persiane.
Mi "tranquillizzai" – per quanto Tati mi poteva far stare tranquillo in questo periodo – ma ciò che era strano era proprio non sapere più cosa desiderare realmente per lei e per noi...
Certamente, io "la volevo", e sapere che c'era e che era tutto tranquillo, che nessuno la importunava, era un fatto "positivo".
Ma, allo stesso tempo, sapere che c'era poteva anche significare... No, non lo volevo neanche immaginare, tanto che il solo pensiero mi fece provare brividi di paura, e mi ricacciò all'inferno...
- "E ora, cosa faccio?", mi chiesi.
Per fortuna, la mattina dopo, trovai che la finestrella non era più come il giorno precedente, e fuori c'era il secchio della spazzatura...
Esclamai:
- "Dio ti ringrazio!, è tornata...".
Avrei voluto correre su da lei, come quando anni e anni prima sua madre mi disse che non stava bene, ma questa volta ad ostacolarmi non fu un essere in carne ed ossa ma un pensiero:
- "Starai riposando, ed io non voglio disturbarti, anzi veglierò su di te!".
Sbagliai per amore, ma sbagliai, poiché il giorno successivo già non c'era piu...
Silenzio, buio, uno stato di immobile indifferenza avvolse nuovamente la sua casa, e nessuno a cui avrei potuto chiedere notizie... D'altronde, a chi interessa una "puttana"?
E il mio cuore urlò:
- "A me, a me interessa! Perché non si tratta di una puttana, ma di gemella! La tua gemella! Non puoi arrenderti, così sarebbe tutto insensato… Solo 24 ore prima vi siete amati, vi siete giurati di scappare via insieme, ed ora? È scappata solo lei... Ora tu devi dimostrare chi è veramente per te... Sì, io lo so, tu lo sai, ma contano i fatti, come quando – ragazzino con pochi mezzi – te la andasti a riprendere...".
Come sempre, il mio cuore aveva ragione, ma dove andare a cercarla? Poteva essere ovunque in giro per il mondo!
Passò una settimana senza sue notizie, anche la Befana...
Mi dissi:
- "Proprio delle belle feste sono state... Dal primo all'ultimo giorno senza la consolazione di chi amavo di più al mondo.
Ma all’improvviso, il cellulare tornò a trillare. Un'altro SMS, che faceva così:
- "TATO NON ESSERE IN PENSIERO. NON PIANGERE, ANCHE SE LE LACRIME NON SONO UN SEGNO DI DEBOLEZZA MA MESSAGGERE D'AMORE. E NOI D'AMORE NE ABBIAMO TANTO. COME SAREBBE BELLO ABBRACCIARCI E NON LASCIARCI MAI PIÙ. MI MANCHI ANCHE TU, MA NON ESSERE TRISTE. SEI LA MIA FORZA. PRESTO CAPIRAI. PERCHÉ NOI NON SIAMO NORMALI! FIDATI DI ME".
Rimasi sconvolto... Era una dichiarazione d'amore e un incoraggiamento, ma quelle ultime parole furono come una spada nella gola. Non riuscivo a dire niente, a pensare niente... Poi, le risposi:
- "RICORDATI CHE SIAMO GEMELLI. RICORDATI LA MALEDIZIONE DEI GEMELLI. IO DEVO CAPIRE. ADESSO. LA NOTTE DI CAPODANNO MI PARVE DI TOCCARE IL CIELO CON UN DITO. CI ERAVAMO PROMESSI. NON LASCIARMI SOLO. NON PUOI".
Passai tutta la notte sveglio, e ad un certo punto mi rivestii e scesi per strada. Camminavo sperando di trovare sollievo dal movimento, ma invece la solitudine cresceva...
Credevo di impazzire, non vedevo via d'uscita. Avevo paura. Paura di non vederla mai più, a dispetto dei nostri progetti per l'eternità.

***
Com'è andata a finire? Non è andata a finire in nessun modo, perché siamo alla sera della Befana e io la sto aspettando. Un solo segnale, uno solo, ed io mollo tutto e corro da lei...
Ebbene, alle 21 la luce tornò a filtrare dalle finestre e anche da sotto l'uscio della porta.
Mi dissi:
- "Tati, finalmente sei tornata!".
Ma ebbi anche la percezione che qualcosa di "terribile" stava accadendo la dentro. O era già accaduta...
Tirai dritto, comunque, per la mia strada, e al giro successivo vidi uscire un uomo (nell'ombra, non sono riuscito a capire bene l'età) da quel famigerato portoncino.
Per poco non ci siamo sfiorati spalla a spalla, vidi solo che aveva come una felpa rossa...
Era chiaro cosa fosse andato a fare, e gli augurai che – tornando a casa – potesse essere andato a sbattere contro un albero: ormai è guerra, senza esclusione di colpi, dove non si fanno prigionieri, e io non posso permettermi di perdere...
Un altro "giro di ronda": Blanca ha spento la luce all'ingresso.
Forse ho capito: adesso vanno da lei alle 20, ma io non posso fermarmi, e devo "adeguarmi", vegliare su gemella è una cosa troppo importante.
Era questo che voleva dirmi quando mi ha scritto? "CERCA DI CAPIRE"? Che non poteva mollare tutto? Non lo so...
Demoralizzato, non so più dove andare a sbattere la testa, è tardi per andare a parlare con lei e passerò un'altra nottata insonne...

FINE.
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