Prime Esperienze
Il maglione bianco (cap. 1)
di pierpatty6151
04.11.2017 |
14.628 |
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"Stasera ho questa imbarazzante sensazione da quando ho visto quella signora con i capelli neri raccolti in un'ordinata coda..."
E' Sabato, giorno di mercato. I banchi traboccano di colori e profumi delle golosità montane. Gli urlanti Ambulanti si sbracciano nell'esaltare salumi, frutta e verdure genuine.Le massaie tra una chiacchiera, un pettegolezzo e un cordiale saluto fanno le provviste settimanali.
I montanari hanno momentaneamente abbandonato l'isolamento d'alta quota, e si esibiscono in vivaci saluti, invitandosi al pomeridiano "bicchierino di rosso".
In quest'ambiente d'altri tempi, gironzolo senza meta. Mi sento traslato all'epoca delle mie corse in pantaloncini corti, in mezzo a questi stessi banchi.
Canute signore e orgogliosi paesani mi salutano sorridendo, rispondo e sorridendo per educazione, anche se non mi ricordo di tutti, ma loro mi riconoscono. e questo mi basta.
Tra un saluto e un " come ti va?", sono coinvolto da un esuberante gruppetto di "vecchietti", che non sentendo ragione mi arruolano nel loro rito pomeridiano del bianchino con focaccia, salame e formaggio.
Mi ritrovo nel loro rustico capanno-ritrovo. Il primo bianchino va giù nel triste ricordo di chi non c'è più a far baldoria sotto questo pergolato. I vecchietti fanno a gara nel ricordare e raccontare aneddoti gioiosi, amorosi e birichini della loro lontana gioventù.
Le ore passano, le bottiglie di artigianale bianco e rosso si svuotano. Le fette di salame, di pancetta, di formaggio, magistralmente decanati dagli artigiani macellai, spariscono nella calda focaccia.
Altro che i cittadini apericena, qui la gioia di vivere invecchiando insieme si sente palpabile e saziando l'anima.
Il sole sta scendendo dietro il monte, Qualcuno ha tirato fuori un sacchetto di castagne. Nulla di più invitante e senza programmare nulla qualcuno le sta incidendo, qualcun altro accende il falò, e spunta la vecchia padella forata dal manico lungo che negli anni ha cotto quintalate di caldarroste. Le bottiglie vuote si accumulano, e sono velocemente sostituite dalle piene, arrivate dalle vicine cantine.
Come spesso succede il tamtam paesano è partito e senza pregiudizi o particolari inviti arrivano altri a ingrossare quest'allegra brigata. Spuntano anche mogli, figlie o sorelle che preoccupate, vengono a vedere che stanno combinano i loro maschi, e invece rimangono coinvolte in questa estemporanea baldoria. Il gruppo aumenta, il vociare anche, le risate si sprecano, le seggiole finiscono e si rimedia con rudimentali panche fatte con tavolacci appoggiati a grossi ceppi. Non importa chi hai a fianco uomo o donna, giovane o vecchio è lo stesso.
Spunta una fisarmonica e la bicchierata si trasforma in montana festa estemporanea.
Non so se vi è mai copiato di vedere una sconosciuta e avere la sensazione di conoscerla, senza ricordare né quando né come l'avete conosciuta. Stasera ho questa imbarazzante sensazione da quando ho visto quella signora con i capelli neri raccolti in un'ordinata coda. La osservo e non la ricordo. Il suo sorridente viso, il suo sinuoso corpo, mi dovrebbe ricordare un qualcosa, invece nulla.
Lei mi ha salutato scandendo il mio nome. Lasciandomi nel più profondo nulla. Non me la sono sentita di chiederle "scusa ma chi sei?", e sono ricorso alla mia faccia tosta per non fare la figura di merda. Per ora so solo che è una sessuale donna, figlia di un vecchietto grande amicone di mio padre. E che suo padre la chiama Lucia.
Forse da piccoli giocavamo insieme. Mi ritrovo a fantasticare che il nostro gioco preferito fosse "il dottore e la paziente". M'immagino di essermi intrufolato sotto la sua gonnellina scoprendo che al posto del pisellino c'era un qualcosa d'altro, una "piccola e morbida cosina" che mi piaceva, e che mi attira ancora oggi. Forse avrò visto le mie prime tettine, che oggi si sono trasformate in un meraviglioso seno, mal celato dal maglione bianco. Un seno portato e proposto orgogliosamente agli sguardi.
Forse sarà l'ennesimo bicchierino, che mi fa fantasticare, ma il mio pisello si è risvegliato realmente ed è strizzato dagli stretti jeans.
Devo avere una faccia rimbecillita, spero giustificato dal vino.
Cerco di essere indifferente ma continuo a guardarla, e sognarla, alla fievole luce delle lanterne a petrolio. Più volte lei mi sorprende ad osservarle le lunghe gambe, che complice la larga gonna, spuntano belle, lisce e attraenti. Lei mi guarda, sorride consapevole di essere la donna che desidero.
Lei sa chi sono e che abbiamo fatto insieme. Sensazione che mi mette "sotto scopa" imbarazzandomi, e svuotando ulteriormente la mia memoria.
La serata volge al termine.
Arriva il mio amicone Antonio. Non lo vedo da anni, ci abbracciamo salutandoci calorosamente. Giustifica il suo endemico ritardo lamentandosi del turno pomeridiano nei cantieri navali, giù a Riva.
Lui lo ricordo benissimo, da piccoli eravamo inseparabili, sia a scuola sia per i vicoli. Insieme abbiamo iniziato a scoprire il sesso con i primi vietati giornalini erotici, con le primissime seghe comuni, nascosti nella campagna.
Lucia interrompe i nostri "come stai?", "che hai fatto in tutti questi anni", "voglio sapere tutto di te", con un gioioso "ciao amore" e da un casto bacio sulla guancia di Antonio.
Trotterellando arriva anche un nanerottolo con un cartoccio di caldarroste. Offrendole ad Antonio, e lo chiama papà.
E così scopro un pezzettino della storia della splendida donna dal maglione bianco. Resta il mistero del come e di quando ho conosciuto Lucia.
Mentre il fuoco si sta spegnendo, stanchi e mezzi sbronzi, s'iniziano i saluti. Anche il padre di Lucia è stato convinto ad andare a "nanna".
Lucia si avvicina e a bassa voce mi dice: "E' stata una magnifica serata... so che sei tornato al paesello, stavolta non ti lascio andare via... buona notte, ci si vede". Prendendo per mano il suo piccolo, e sotto braccio suo padre si avvia seguita da Antonio, e ben presto tutta la famigliola sparisce nel buio del vecchio viottolo che conduce al paese.
Insieme al padrone del capanno mi assicuro che le braci siano ben spente, e dopo l'ultimo grappino artigianale, ci avviamo verso casa. La mia prima serata in paese è finita.
Non riesco a prendere sonno. Ancora mi risuona in testa la frase: "... stavolta non ti lascio andare via...". Che avrà voluto dirmi. Le supposizioni mi si aggrovigliano in testa. Pensando che per stanotte Lucia mi ha sconvolto abbastanza, riesco finalmente ad addormentarmi.
Il sole ha già inondato la stanza. Non so che ora sono, e sostanzialmente poco m'importa sono in cassa integrazione ed è anche Domenica. Desidero solo tanto caffè nero, forte e caldo. A mala voglia mi srotolo dalle incasinate coperte, stanotte devo aver scopato con qualcuna, impossibile sono solo.
Con la testa che ronza a mo di alveare incazzato, riesco a preparare la caffettiera e a metterla sul fuoco.
Mentre aspetto il gorgoglio della caffettiera, si ripresenta il maglione bianco che protegge il bel seno di Lucia.
Accidenti non puoi aspettare che beva il caffè, non puoi lasciarmi svegliare in pace.
Sorseggiando il caffè seguo i pensieri che svolazzano nel mio cervello, e prima di impazzire decido di affrontarla domandandogli chi è, che centra con me, che vuol dire che non mi lascerà più andare. Sono certo che farò una figura di merda, ma forse me la merito. D'altronde lei è sposata e sembra felice di vivere con un mio amico. Sarebbe terribile prendere una travata per un qualcosa d'inesistente.
Con questi pensieri mi trascino in doccia. L'acqua calda, il profumato e morbido bagnoschiuma, la plurisettimanale assenza di piaceri sessuali, fanno un tutt'uno e mi ritrovo a fantasticare Lucia nuda. Vedo le sue lunghe gambe, i suoi sodi seni, i suoi capezzoli turgidi, le sue curve morbide, il suo sodo e rotondo culo. Sento il suo profumo e calore su di me. Sento i suoi abbracci decisi. Sento le sue labbra sulle mie. Le fantasie sembrano materializzarsi, sotto la calda doccia.
Senza accarezzarlo il mio pisellone è entrato in sintonia con il cervello, indurendosi e sta annusando l'ambiente cercando la figa che non c'è. La mia insaponata mano scivola su di lui, iniziando ad accarezzarlo lentamente. Non so più se è sogno o realtà. Tutto il mio corpo è teso in questa erotica irrealtà. Il piacere aumenta, le gambe non reggono e scivolando mi rannicchi sul fondo della doccia. La mano non si ferma. Finalmente godo, in un totale fremito, sborrando sui vetri della doccia.
Non so per quanto tempo rimango immobile in quella scomoda posizione, ma so che tutto il mio corpo si rilassa e piano piano riacquista la normale vitalità.
Sbarbato, profumato, in abiti sportivi, finalmente esco da casa, speranzoso di incontrare il prima possibile Lucia, mi avvio verso il sagrato della chiesa, dove c'è anche una buona pasticceria. Tradizionale posto dell'aperitivo domenicale.
Tra la gente riconosco Antonio, meglio che niente, lo raggiungo e salutandolo cerco di intravedere Lucia, non la vedo.
Seduto a un tavolino, sorseggio un calice di bianco, e chiacchiero con Antonio. Quando improvvisamente sento la voce di Lucia che mi saluta. Mi giro, è bellissima, il suo profumo mi ricorda la doccia di poco fa.
Lei con un sorriso mi chiede: "Oggi, dove pranzi, se non hai appuntanti con qualche parente sei invitato da noi".
E Antonio rafforza l'invito con: "Se non vieni, ci offendiamo, ma se non puoi, t'invitiamo per stasera".
Non potevo deluderli rifiutando.
Che succederà?....Io lo so!.......E se vorrete, ve lo farò sapere prestissimo.
Pier
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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