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Gay & Bisex

Olandesi - 3^parte


di jacdap
16.04.2025    |    15    |    0 8.7
"Peter mi propose, assieme ad altri collaboratori, di partecipare al completo ripensamento della struttura creando al pian terreno negozi, ristorante e bar..."


Ruud.

E' nei momenti di difficoltà che vengono in mente le soluzioni più creative ed innovative.
Ho incontrato sette anni fa Peter nella sauna Nieuwezijds dove ogni tanto andavo a cercare e trovavo quella promiscuità, praticata peraltro con attenzione, di cui avevo bisogno per dimenticare le difficoltà che la vita ci prospetta in continuazione. 
Il mio desiderio di fare un lavoro legato al mare è rimasto un desiderio vago. Avevo perfino frequentato un corso per diventare conduttore di traghetti, ma poi ho lasciato perdere dato che ormai lavoravo stabilmente in una casa per anziani di Amsterdam. La mia vita a Marken con conseguente pendolarismo era diventata insostenibile. E comunque per i più vecchi ero sempre il finocchio che tanti anni prima aveva "rovinato" il figlio del guardiano del faro; per i pochi giovani, quasi tutti skinheads, che bivaccavano al pub vicino all'imbarco, ero il finocchio e basta. Per lo meno non mi urlavano più insulti quando passavo dopo che ne avevo affrontati due, uno dei quali lo avevo letteralmente scaraventato in acqua. Mi si erano avvicinati, alticci, con in mano un mass di lager e uno mi si era parato davanti:
- Ehi, oggi è venuto a cercarti uno dei tuoi amichetti...
Lo guardai inespressivo.
- Una fighetta bionda, delicatina... - aggiunse l'altro.
Guardai freddamente anche questo e già i muscoli sotto la tuta mi si stavano contraendo.
- Ti cercava dentro il pub... - ribatté il primo - come se gente come voi venisse lì...
- Posti da maschi... - sghignazzò l'altro - sapessi come se l'è data subito a gambe appena ha capito la situazione...
Cercavo di immaginare chi poteva essere che mi veniva a cercare a Marken senza sapere esattamente dove trovarmi quando uno dei due mi si avvicina all'orecchio e dice a bassa voce:
- Non ci piacciono i finocchi.
Lo metto a fuoco e gli sibilo: - Siamo pari... a me non piacciono le teste rapate.
Lui, lentamente e sorridendo, mi svuota la birra residua in testa. Lascio fare e appena si mette a ridere gli mollo un velocissimo pugno allo stomaco e un altro al fegato che lo fanno sedere a terra senza fiato. L'altro mi lancia il suo boccale, che io schivo, e si fionda su di me. Lo afferro per la vita e lo faccio ruotare per aria lanciandolo in acqua. Mi avvicino a quello a terra che sta dicendo con voce strozzata:
- Non sai in che vespaio ti sei cacciato... non finisce qui...
- Oh credo di sì. A meno che non vogliate fare incazzare davvero una cintura nera di arte marziali... e se pensi che io sia sempre da solo ti sbagli...
Invece ero sempre da solo e per andare a casa solitamente facevo un giro più lungo per non passare lì davanti. Mi scrissero con la vernice bianca e a caratteri giganteschi "flikker" sulla facciata della casa e tentarono pure di incendiarmela. La misi in vendita ma concludere non fu semplice. Praticamente la svendetti con anche tutti i mobili, ma realizzai comunque una più che discreta somma.
Era un luglio caldo ed afosissimo l'ultimo giorno che fui là. Di notte tutti avevano le finestre semiaperte compreso il pub che aveva sul retro dei finestrini a bocca di lupo. Mi ero procurato in un negozio di pesca un quantitativo industriale di bigattini, le larve di mosca che, se lasciate libere in un locale, in breve e per parecchi giorni a venire le si trovano ovunque. Ne ho sversato un'enormità dentro i finestrini e questo è stato il mio regalo al pub di Marken ed ai suoi frequentatori.
Ad Amsterdam condividevo un costosissimo "buco" con due universitari: Sores e Jurrien, entrambi schifosamente etero e con 20 anni meno di me. Era difficile trovare abitazioni e i costi erano altissimi. La privacy in quel buco era inesistente e loro si portavano a casa le ragazze per cui o mi chiudevo in camera o smammavo. E spesso andavo in sauna. Fu qui che, un tardo pomeriggio in cui non c'era quasi nessuno, trovai Peter che, seduto al bancone, fissava il suo long drink con fare pensoso.
"Ecco uno che ha più problemi di me" pensai. Era più anziano di me, magro, barba piena corta e capelli a spazzola, entrambi bianchissimi, fisico curato e tonico con ancora discreti addominali. Sedetti sullo sgabello a fianco del suo, ma lui non si mosse; continuava a fissare il long drink. Come nei film ordinai: - Lo stesso del signore... - e allora si voltò. Accennai a un sorriso.
- Non sono qui per rimorchiare - disse fissandomi.
- Io non necessariamente, ma forse anche sì, dipende... - e allargai il mio sorriso, atteggiando un brindisi col bicchiere, che nel frattempo mi era stato dato. Sospirò:
- Sono Peter, sposato con tre figlie e sono qui perché mi manca ogni tanto un maschio con cui relazionarmi. Pensai: "l'hai trovato" ma dissi:
- Sono un buon ascoltatore e anche una discreta spalla nel caso volessi piangerci su.
Sorrise e mi squadrò:
- Le spalle sono ben più che discrete... e il resto non è certo da meno...
Parlammo a lungo di un mare di cose anche perché lavoravamo nello stesso ramo: io ero animatore e operatore sanitario in una struttura protetta, lui ne dirigeva una. Più tardi ci trasferimmo in un camerino dove rimanemmo fino al mattino parlando, dormendo ogni tanto e anche scopando. Ci salutammo dandoci appuntamento di lì a tre giorni in un ristorante fico in cui immaginavo che di certo non l'avrei trovato e lui mi confidò che aveva pensato lo stesso di me.
Fu l'inizio di una bella amicizia che fu sessualizzata ancora qualche volta. Mi offrì lavoro come direttore del personale nella sua struttura. Dato che era compreso l'alloggio e lo stipendio era ottimo, accettai sebbene fosse a più di cento km da Amsterdam. In fin dei conti cosa mi legava ad Amsterdam?

Di lì a poco in Olanda cambiò la normativa sull’assistenza di lungo periodo con grande aumento dei costi per l’assistenza agli anziani e conseguente loro rinuncia alla struttura pubblica. Peter mi propose, assieme ad altri collaboratori, di partecipare al completo ripensamento della struttura creando al pian terreno negozi, ristorante e bar aperti al pubblico verso il quale si sarebbe promossa una vasta campagna di incentivazione al volontariato. Investii quanto avevo nella cosa e feci parte del comitato direttivo. L'amministratrice delegata sposò una mia proposta rivoluzionaria, quella di ospitare in modo gratuito studenti universitari in cambio di una trentina di ore mensili di volontariato agli anziani della struttura.
I lavori sono stati rapidi e l'iniziativa del modello di convivenza intergenerazionale è stato un successo che sta diffondendosi a livello internazionale.
I benefici della convivenza sono davvero importanti, soprattutto per gli anziani, ma anche per i giovani. Il mio ex coinquilino Jurrien ne ha fatto subito parte e continua tuttora a fare volontariato dopo l’università. Si è reso conto di quanto era importante il proprio ruolo all’interno della casa di riposo. Tra gli anziani e i giovani si formano legami duraturi e genuini.
Ora abbiamo una sorta di lista d’attesa e le persone che risiedono in altre case di riposo vogliono venire da noi, perché da noi non c’è mai un momento di noia, Se vuoi tranquillità puoi averla, se vuoi una vita più attiva puoi trovarla ogni giorno.
Fra i miei compiti c'è quello di valutare i curricula per l'assunzione di nuovi operatori sanitari ed ora sono qui nel mio ufficio con in mano un plico di incartamenti e un inaspettato quanto sconvolgente crampo allo stomaco.
Più che il nome che leggo, mi ha precipitato in uno stato d'ansia irrazionale la foto-tessera allegata.
"È bellissimo, cazzo! Cos'avrà adesso? 24 - 25 anni? Bè no... se io vado per i 45 lui ne dovrebbe avere sui 27 o 28. Merda, mi si sta rizzando il cazzo... Che bello che è... ciuffo sbarazzino, lineamenti dolci, sguardo un po' malizioso... un po' da marchetta in effetti... chissà quante ne ha fatte..."
E d'improvviso mi sopraffà quell'angosciosa morsa allo stomaco che mi svuota, mi inquieta e mi butta a terra... pare che una pompa mi aspiri l'aria che cerco di ingoiare, rivivo la sensazione di quel corpo tonico e guizzante che stringevo tra le braccia e un ricordo, forse migliorato dal tempo passato, di un bel cazzo svettante, duro, giovane, caldo... il profumo di giovinezza della sua pelle... il suo sapore... Devo masturbarmi, non reggo...
"Maledetto Jan... ci ho messo anni a cercare di dimenticarti e in un attimo è come se il tempo intercorso fosse annullato, come se fosse la notte scorsa che ti ho preso da dietro in quella stanza fredda dello studentato... Accidenti a te Jan che mi sei entrato nella vita e me l'hai sconvolta, me la fai sentire come priva di qualcosa che solo tu potresti darmi, non so cosa di preciso o forse sì ma non oso dirlo. E adesso Jan de Vries, giovane e bello, lasci la città con tutto ciò che può offrirti per venire qui nell'Overijssel in mezzo al nulla e lontano da tutto. Che ti è successo? Cazzo Jan ti voglio quanto allora, e ancora una volta sono in posizione di vantaggio perché sono io che ti devo assumere, ma non voglio che tu pensi che, se lo faccio, lo faccio per averti...  maledizione Jan... te lo sto ficcando in culo... ti vengo dentro... diavolo... cribbio... accidenti, che casino...


Jan.

Strana la vita. T'ho cercato per 7 anni e incredibilmente forse ti trovo adesso che avevo smesso di cercarti. Forse si tratta solo dello stesso cognome che in Olanda non è poi così insolito. Certo che se sei tu è una combinazione mica da ridere...
"Egr. sig, Jan de Vries, in merito alla sua richiesta di assunzione come fisioterapista presso la ns. casa di cura, la invitiamo il tal giorno alle ore 11 precise per il colloquio formale col direttore del personale sig, Van de Gerde... E' gradita la puntualità".
Ecco... signor, non dottor o altro... mi sa che sei proprio tu Ruud... chissà se ti ricordi di me e del panta rei... E chissà come sei tu adesso: magari sei diventato un pancione imbolsito, magari ti sei sposato e hai tre mocciosi, magari sei diventato un moralista pedante e noioso. O forse sei ancora un bel manzo con quelle spalle larghe e la vita sottile... e i fianchi stretti e le chiappe tornite che si contraevano mentre inchiappettavi il cuoco... A pensarci bene il tuo cazzo da vicino manco l'ho mai visto... l'ho solo solo sentito...
Ho fatto ricerche e sapevo che abitavi a Marken, in quel postaccio verdone che pare uscito da un dagherrotipo seppiato di due secoli fa con le donnette che si mettono i vestiti tradizionali ad uso turisti. Ho fatto l'errore di entrare nell'unico bar che ho visto per chiedere se ti conoscevano e mi sono ritrovato in un film di John Boorman con questi naziskin che mi fissavano dapprima inespressivi, poi provocatori e infine minacciosi. Me la sono data vergognosamente a gambe fiondandomi sul traghetto fortunatamente in partenza e mandando a fanculo te e la  tua cittadina di merda.
Certo che anche sto posto è proprio di una tristezza unica... più di un'ora di treno da Amsterdam.... Ma che fa la gente qui la sera?... La sera? ma anche il giorno!...
D'altra parte là non potevo più stare... dovevo per forza cambiare aria dopo il casino combinato all'ospedale dove mi hanno beccato a scopare con un paziente in ortopedia. Insomma, che ci posso fare se piaccio.... Questo ragazzo, con gamba ingessata dall'inguine, mi guardava languidamente e con palese cupidigia e un mattino che ero da solo a lavarlo, esibì un'erezione mostruosa. Ero poi di turno la notte stessa. Mentre gli mettevo la flebo di calmante, mi mise una mano sul cazzo e l'altra sulle chiappe. Continuai a regolare la velocità della flebo che, guarda caso, non era mai quella giusta. Risalì colle mani sotto la casacca accarezzandomi prima la schiena e poi i capezzoli. Mi piaceva, cazzo se mi piaceva... Ma dovevo continuare il mio giro. La notte però mentre tutti dormivano, tornai da lui. Non dormiva, mi fece un largo sorriso, mi avvicinai al letto e abbassai la tuta e gli slip. Me lo prese in bocca mentre mi strizzava le chiappe. Si accorse che stavo per venire quando si succhiò il pollice e me lo infilò nel culo. Gli venni in faccia e gliela leccai tutta mentre si masturbava. Allora mi tolsi i calzoni,  gli salii a cavalcioni mettendo i piedi sui bordi del materasso e mi impalai. Era uno spegnimoccolo stupendo ma lui ebbe un orgasmo troppo sonoro che svegliò il vicino di letto non abbastanza pieno di sonniferi che iniziò a premere il pulsante di chiamata al quale ero io che dovevo accorrere. Insomma era un corto circuito e la collega del reparto contiguo mi trovò che stavo ancora ricomponendomi. Mi cambiarono reparto ma la voce si era diffusa e qualche tempo dopo mi dissero avrei fatto meglio a presentare le mie dimissioni. Ne ho approfittato per frequentare a tempo pieno il corso di fisioterapia che frequentavo già part time e ho preso il master.
Ora, in anticipo sull'orario del mio primo colloquio di lavoro come fisioterapista, mi faccio una bella colazione a questo bar di fianco alla casa di cura dove mi dovrò far valutare probabilmente da Ruud.
- Un bicchiere di latte freddo, un caffè doppio un po' lungo, un croissant vuoto e un toast di solo formaggio. Posso sedermi?
- Prego. Le porto il tutto al tavolo.
Mi siedo dietro una colonna. Sul tavolino c'è un giornale che mi metto a sfogliare distrattamente. Nessun altro cliente. Mi portano quanto ho chiesto e mi gusto il quasi-brunch. 
- Ehi Ruud, il solito? - sento chiedere dal barman. 
Subito alzo il giornale, di cui stavo leggendo i titoli, a coprirmi la faccia.
- Ciao Adrian. Solo un espresso... oggi ho fretta...
Quella voce... profonda... piena... bassa... dolce... intrigante... non l'ho mai scordata. E' proprio lui. Che cazzo è questa agitazione che mi prende? Avrò 200 pulsazioni al minuto... Devo vederlo... Abbasso il bordo del giornale a scoprire un occhio. E' appoggiato al bancone e parla col barman. Non sento cosa dice perché la mia mente è distratta: sta cercando i lineamenti che ricordavo. Ricordavo male, forse in meglio. Vabbè che è di profilo, ma probabilmente se lo incontravo per strada forse non lo avrei riconosciuto. Non porta più quella barbetta morbida e intrigante che mi solleticava quando mi stringeva da dietro... e i capelli non sono più a spazzola ma un po' lunghi... e le tempie sono grigie... Eh sì... è invecchiato... anche se Il fisico pare ancora al top... si vede che si è tenuto in forma... E' comunque senza dubbio ancora un bell'uomo...
- Ruud, è arrivato il fisioterapista?
Sulla porta c'è una specie di virago simile a una guardia carceraria di un carcere femminile americano.
- Non saprei Gail, ma non credo. Comunque vengo subito...
- Speriamo che sia valido...
Buffo sentire parlare di me in termini speranzosi. Ruud si è girato ed ho potuto vederlo secondo un'angolazione diversa. Sì, è un po' diverso da come lo ricordavo ma indiscutibilmente ancora bello. Oddio, proprio bello forse no, ma bono certamente sì. Ruud raggiunge Gail e vanno via assieme. Aspetto un paio di minuti e mi incammino pure io.
- Il signor Van de Gerle la sta aspettando, seconda porta a destra - dice da dietro il vetro una ragazza priva di un  braccio senza che io abbia finito di dire con chi avevo appuntamento.
- Entra Jan, che bello rivederti... siedi... quanto tempo eh?
Sono impappinato, non so cosa dire e non so come dirlo. E sì che mi ero preparato un lungo discorso, anzi più di uno, a seconda di come sarebbe stato l'impatto. Ma questi incredibili occhi azzurri sorridenti in cui vedo un che di indagatore mi destabilizzano.
- Signore... dico goffamente.
- Ma vuoi scherzare? Qui signori non ce ne sono. Raccontami un po' che hai combinato in questi... quanti sono... dodici anni?
Capisco che vuole stemperare la tensione ma non ho voglia di raccontare le cose mie e quindi sto sul generico. Capisco che capisce il mio stato d'animo e si mette a parlare di sé, del lavoro, della casa di cura, dei colleghi, di dove abita ora, di dove abitava ad Amsterdam dopo aver venduto la casa di Marken... Si ferma improvvisamente di parlare aggrottando la fronte, come se un lampo gli avesse d'improvviso attraversato il cervello... poi riprende abbassando il tono di voce:
- Per caso Jan, sei tu che sei venuto a cercarmi a Marken qualche anno fa?
- Ehm...sì.
Sorride quasi imbarazzato e mi guarda con compiacimento:
- Avrei dovuto immaginarlo...
Si alza, viene dietro la poltrona in cui siedo, abbassa la testa in avanti sul mio viso e avvicina le labbra alle mie. Sento il suo calore e un profumo indistinto di caffè, di dopobarba, di burrocacao... di maschio... e mentre il cazzo inizia a fremere, socchiudo le labbra e lascio che la sua lingua cerchi la mia. Sollevo un braccio in alto dietro la sua nuca, la tiro verso di me e contraccambio il bacio con sentimento. Nel mentre mi alzo con movimento rotatorio. Mi stringe i fianchi e mi bacia ovunque bisbigliando il mio nome. Abbiamo entrambi il cazzo duro e io gli sbottono i bottoni dei jeans. Non porta intimo, una cosa questa che mi fa impazzire. Glielo prendo in mano, finalmente lo vedo. E' un cazzo normalissimo ma molto ben fatto. Faccio scivolare una mano sotto le palle non depilate. Anche questo mi piace in un uomo. Gli prendo in bocca la cappella e mi beo del suo sapore. Sta un poco fermo poi mi stacca la bocca. Va a chiudere a chiave la porta, socchiude le veneziane della finestra, va alla scrivania e solleva il telefono:
- Whilelmina... non ci sono per nessuno e per nessun motivo.
Quando abbassa il telefono io sono già davanti a lui. Anzi dabbasso a lui. Finalmente mi posso godere questo cazzo sul quale ho tanto fantasticato. Sì, ne ho presi di molto più grossi, ma sarà per l'uomo a cui è attaccato che mi piace così tanto. D'improvviso, mi stacca la bocca e, mi solleva da sotto le ascelle, mi leva la felpa e inizia a mordermi i capezzoli, mi lecca e mordicchia ovunque, mi viene dietro, mi slaccia il bottone dei jeans e me li abbassa insieme ai boxer, mi ruota, mi spinge il torace sulla scrivania e mi apre le chiappe, mugola e mi lecca il buchetto. Anche se ho preso tanti cazzi, la rosetta è bella stretta. Me la lavora a lungo mentre mi tiene in mano l'uccello stringendolo forte, mi scocca baci sul buco alternandoli a morsi e a penetrazioni di lingua.
- Voglio scoparti... qui... ora... - bisbiglia con quella voce e quel tono basso che mi fanno impazzire.
- N... non senza profilattico - riesco a dire.
- Merda, qui non ne ho...
- M... ma io sì...
Mi vergogno del tono da troia della mia riposta, ma a lui si illuminano gli occhi; io scalcio via le sneakers, mi levo i jeans, ravàno in una tasca posteriore in cerca del preservativo... "merda, non c'è... ma se ne avevo due... forse non è la tasca giusta... ah ecco sono nell'altra..."
Glielo allungo, me lo prende, in un attimo lo indossa, ci sputa sopra ed ha già la cappella contro il mio buco. Ricordo ancora il colpo secco di 12 anni prima come fosse adesso. Ora è diverso, spinge gradualmente con lieve accelerazione. I miei muscoli anali, dopo una breve resistenza, si fanno violare e accettano il corpo estraneo che si fa lentamente strada, il budello si adatta progressivamente all'intruso finché è a fine corsa. Assolutamente dolore zero... Mi piace molto come me lo ha infilato... ho dentro di me il cazzo di questo bel maschio con questi occhi azzurri magnetici che pare mi vedano dentro... Ora mi sta baciando con passione e mi stringe i bicipiti, mi passa le mani sotto le spalle e sento una specie di possesso nella sua presa. Mi tira verso di sé mentre estrae l'uccello dal fondo del retto, lo spinge dentro di nuovo e resta fermo qualche attimo, lo estrae quasi tutto e lo re-immette alcune volte. Io non ci sono più con la testa, mi pare di essere in un filmino porno... E penso: "...inculato su una scrivania in un ufficio da un maschio potente... manca solo che lui sia in camicia e cravatta... anzi, ora che ci faccio caso si è pure tolto la camicia... cazzo... bel torace... a quasi cinquant'anni... dai maschione, scopami... svangami... sbudellami... sì... sventrami..."
Sento montarmi la voglia di sborrare per godermi l'acme di quel senso di sdiliquimento che sto provando. 
- Guai a te se vieni... - mormora come se mi avesse letto nel pensiero. Si sfila, si leva scarpe e calzoni e si siede sulla sedia col cazzo inguainato bello dritto.
- Sieditici sopra, vuoi?
Non rispondo ma penso "che cazzo di domande fai?... figurati se non voglio..." 
Gli do la schiena, metto un piede sul bracciolo lasciando l'altro a terra, in questo modo ho il culo bello aperto e il suo cazzo entra liscio liscio. Prendo il ritmo che ritengo più funzionale al mio godimento mentre lui mi stringe in vita agevolandomi nel movimento. Mi piace un casino questa inculata ma lui si alza improvvisamente facendomi cadere in avanti. Appoggio le mani a terra divaricando un po' le gambe.
- Sì, così... - mugola - afferrati le caviglie...
Più che una pecorina è un incaprettamento, ma mi piace, di nuovo sento di venire e glielo dico.
- Ah no, lo decido io quando vieni...
Potrebbe essere una frase dal tono imperioso ma il registro di voce che usa ha risvolti amorosi.
Mi fa sollevare e mi ruota facendomi appoggiare col culo contro la scrivania, mi alza le gambe mentre con la schiena faccio cadere registri e quant'altro. Mi appoggia i piedi sulle spalle ma non mi incula; mette le mani sotto le chiappe e me le solleva mentre si abbassa e me lo succhia. Non avrei mai pensato che avesse voluto farmi un pompino... anzi... un pompino superbo. Sento di star per venire e di nuovo glielo dico. Si stacca e riprende a leccarmi il culo divaricandomi al massimo le cosce. E finalmente me lo mette dentro spingendolo in fondo; sento i suoi coglioni sbattere contro le mie natiche e un rimestolìo di contrazioni nervose dallo stomaco fino alle mie palle e al buco del culo...
- Vieni - dice
Ho appena il tempo di pensare "cazzo, ma questo mi legge nella mente..." che, contraendo ogni muscolo del corpo, sborro a fontana. Lui rallenta la scopata man mano che le mie contrazioni sono meno frequenti e, quando sono rilassato, lo toglie. Mi afferra le caviglie e mi ruota sulla scrivania facendomi uscire con la testa dal piano sotto al suo cazzo. Mi lascia i piedi, si sfila il profilattico e si masturba rapidamente. Gli vedo i pettorali contrarsi e gli addominali ritrarsi, appoggia la cappella alla mia bocca che prontamente spalanco e inizia a scaricarsi. Ingoio tutto. Raccolgo le ultime gocce con la lingua e lui di nuovo mi rigira. Sono seduto ora con le gambe che sfiorano terra, lui mi tira a sé per le braccia e mi bacia.
- Ti amo Ian... - gli sento mormorare - ti ho sempre amato...
Questa affermazione mi stupisce, un po' mi lusinga, un po' mi spaventa. Il suo respiro sul mio collo mi dà piccoli brividi. Quando si stacca riassumo l'aria strafottente:
- Allora ho superato l'esame?
Non risponde, si infila i calzoni, mi guarda e chiede:
- E io?
- Oh sì, alla grande... tuttavia alcune parti del contratto non mi dispiacerebbe riesaminarle...
- Ora andiamo a pranzo, poi valuteremo i dettagli, magari stasera... ho una casa grande...
- Ci posso passare la notte?
- Se vuoi anche tutta la vita.

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