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Gay & Bisex

Fantasy 1 - I pomodori di Jaim


di jacdap
24.12.2024    |    124    |    2 9.4
"È vero che siamo fisicamente un po' diversi, ma sul piano emotivo praticamente non ci sono differenze e coi traduttori automatici sottocutanei che tutti..."

La luce esterna non è ancora forte ma deve essere giorno già da un pezzo. D'altra parte su questo pianeta che ha due soli e le stagioni non esistono non si sa come contare il tempo che passa.
Sono arrivato qui dopo un naufragio intergalattico di cui ho un ricordo vago; ricordo bene invece la deriva della mia navetta di salvataggio per un tempo lunghissimo in cui un'angosciosa immobile solitudine mi ha quasi portato alla pazzia. Poi, fortunatamente, un raggio traente mi ha fatto scendere qui su Jaim. È un pianeta simile a Delgu da cui provengo e. Quello che so è che, diversi millenni fa, entrambi i pianeti erano stati abitati da una specie umanoide che non esiste più e dalla quale entrambe le popolazioni discendono. Non ci sono rapporti né politici né diplomatici né commerciali fra i nostri due pianeti. Jaim era noto solo per essere un mondo in gran parte inesplorato e assolutamente povero di risorse. Si diceva fosse abitato da gente simile a noi ma molto primitiva.
La prima sorpresa è stata che in realtà i Jaimiani primitivi non lo sono affatto e il fatto stesso che abbiano una tecnologia atta al recupero di navicelle alla deriva nel cosmo me lo ha subito dimostrato. La seconda è stata la constatazione dell'estrema cordialità ed ospitalità delle persone ad ogni livello sociale. È vero che siamo fisicamente un po' diversi, ma sul piano emotivo praticamente non ci sono differenze e coi traduttori automatici sottocutanei che tutti abbiamo non ci sono problemi a comunicare.
Dopo avermi rimesso in sesto, mi hanno comunicato la loro impossibilità di rispedirmi a casa per la loro mancanza di tecnologia aerospaziale intergalattica, cosa che ho in seguito appurato non essere vera: in realtà qualcuno voleva che rimanessi qui.
In attesa di trovare il modo e i tempi di contattare Delgu mi hanno offerto di rimanere su Jaim e, dato che sono un ingegnere alimentare, mi hanno offerto la co-conduzione di una enorme stazione sperimentale agraria in cui da secoli sopravvivono faticosamente in gigantesche serre specie animali e vegetali di altri mondi, il mio compreso. Ma il costo di queste megastrutture aveva ormai costi insostenibili per il pianeta anche perché bisognava creare le stagioni artificialmente. Ho accettato, rassegnandomi a diventare un immigrato, animato anche dal pregiudizio che la mia intelligenza avrebbe certamente risolto più di una questione. Anche dopo i primi insuccessi volevo a tutti i costi riuscire nell'impresa di rendere autonoma la parte abitata di questo pianeta dal punto di vista alimentare: era una sfida anche con me stesso.

L'atmosfera di Jaim è respirabile benché un po' rarefatta e l'acqua abbondante, ma il pianeta è abitato solo in piccola parte e non è che sia molta di più la parte teoricamente abitabile. Tutto il resto è mare o roccia apparentemente senza forme di vita neppure elementari. Gli abitanti che si sono riprodotti qui non hanno alta fertilità ed evidentemente ritengono che il fatto che ci si possa respirare è una condizione sufficiente per insistere nel viverci, dato che anche come ricchezze non è che offra molto. Ma meglio così, dicono, così nessuno pensa ad una invasione con relative guerre e distruzioni. Vivono una vita sociale quasi comunitaria e hanno enorme empatia per tutti, sconosciuti compresi.

Fel è il mio condirettore. È nato qui. Come la quasi totalità dei jaimiani ha una struttura un po' diversa dalla mia: sono tutti un po' più tozzi, un po' tarchiatini, con un torace un po' voluminoso, le chiappe un po' formose così come le tette delle donne; sono tutti bruni, cogli occhi dal taglio un po' particolare, insomma, si direbbe, facce un po'... così, lo sguardo dolce, ma anch'esso un po'... così; di primo acchito pare poco espressivo. Insomma pare una razza diversa dalla quella di Delgu cui appartengo, ma in realtà viviamo esattamente con gli stessi meccanismi.
All'inizio ero un po' a disagio con me stesso perché mi rendevo conto di provare una specie di complesso di superiorità, poi parlando con Fel, persona intelligente ed affettuosa, mi pentivo di averlo provato e anche solo di averci pensato. Di sicuro non ero attratto sessualmente dai jaimiani e mi facevo seghe fino a spellarmi le mani. Mi dicevo che avrei dovuto andarmene via se non altro per farmi delle belle scopate, eppure adesso Fel è nel mio letto che dorme placidamente dopo una notte di sesso sfrenato. Gli guardo le spalle massicce, tornite e lisce. Faccio scorrere la coperta che ci siamo buttati addosso e gli libero la schiena. La guardo con occhi diversi: sì è un po' corta rispetto alla lunghezza delle gambe, ma è bella larga, con dei bei dorsali ed è sexy la curva che fa dove iniziano le chiappe. E poi anche queste, sebbene un po' eccessive, hanno fascino e ripensando a quanto ci ho pazziato in mezzo tutta la notte, mi sta ridiventando duro.
Scorro due dita lungo la colonna vertebrale alcune volte e mi sollevo a guardargli la facciotta un po'... così, che, ad occhi chiusi, si illumina di un sorriso anche quello un po'... così.
Quando scendo nel solco delle chiappe, Fel mugola.
- Porco - gli sussurro - hai ancora voglia?
Risponde con un sorriso e un mugolìo. Mi bagno il pollice e gli titillo le increspature del buco. Ruota la gamba un po' di più tirando il ginocchio verso il suo torace. Gli allargo le chiappe e mi ci fiondo in mezzo con la lingua. Odore e sapore non sono il massimo dopo tutto quello che gli ho fatto nelle ore notturne ma non importa, ormai ho di nuovo voglia di fotterlo. Ma non lo faccio, almeno non subito. Ora voglio ingoiare il suo salsiccione.
Fel ha una sventola di 23 centimetri ben proporzionata anche come circonferenza. Non gli viene mai durissima e rimane morbida anche quando eiacula. Gli apro le cosce e la inghiotto fin dove posso lavorando molto di lingua per quanto possibile.
Fel apre gli occhi e mi dice:
- Gyx, non vorrai che venga solo io, vienimi col cazzo sulla faccia.
Ruoto quanto basta e ci prodighiamo in un 69 molto rumoroso. Ma ora voglio il culo e glielo dico.
- E cosa aspetti?
Scendo dal letto, gli afferro i piedi, lo ruoto a pancia in su e lo tiro verso il bordo. Gli sollevo un poco il bacino e affondo di nuovo la mia bocca sul buco, gli lascio un bel po' di saliva e lo infilo in un colpo solo. Si contrae, ma si rilassa quasi subito. Inizio una lenta inculata con estrazione quasi totale della mia asta e potenti affondi con lieve sosta in profondità. Mi chino a baciarlo e a mordergli le labbra mentre gli divarico le ginocchia, poi mi risollevo e guardo la mia nerchia che affonda nel retto di Fel. Ho un fremito al cazzo come se volesse già svuotarsi, ma io non voglio e allora afferro i piedi di Fel e li avvicino alla mia bocca. lecco la pianta e succhio gli alluci. Lui geme e sussurra:
- Gyx sei fantastico... sfondami... sbattimi forte...
Allargo al massimo le cosce di Fel cosicché il suo bacino è molto alto. E' stupendo vedere il mio uccello che risale tirandosi dietro l'anello dello sfintere, poi vedere il solco del glande che si affaccia per poi rituffarsi dentro il retto di Fel che geme mordendosi il labbro inferiore e aggrottando la fronte che poi spiana con un ansimo mentre viene sulla sua pancia e i suoi sfinteri si contraggono ritmicamente. Con una spinta più profonda, mi fermo in fondo al retto di Fel e lo inondo di sperma. Quattro, cinque, sei contrazioni e mi abbandono esausto su di lui. Faccio per sollevarmi ma Fel me lo impedisce abbracciandomi e stringendo gli sfinteri.
- Stai... fallo ammosciare e pisciami dentro...
La richiesta di Fel ha uno strano effetto su di me, ma soprattutto sul mio uccello che ritrova vigore e accenna a ridiventare duro. Provo qualche movimento e l'asta riprende decisamente consistenza.
Afferro Fel sotto la vita e con un po' di fatica lo sollevo verso di me. E' pesante. Ho appena il tempo di ruotare su me stesso e sedermi sul letto con Fel impalato. Lui, mentre io mi stendo, solleva i piedi appoggiandoli sul letto ed inizia un movimento a spegnimoccolo. La sua facciotta un po'... così è una maschera di beatitudine, il suo movimento è sciolto, si siede sul mio uccello muovendosi intorno per qualche attimo poi si solleva e ripiomba giù con alternanza di ritmi veloci e lenti. Il suo uccellone barzotto oscilla ritmicamente, glielo prendo e glielo meno cercando la sincronia coi suoi movimenti verticali su di me che Fel presto sospende sostituendoli con un andirivieni orizzontale sul mio uccello, ora durissimo. Improvvisamente si ferma e, inarcandosi, eiacula. Non ne fa molta. Abbassa ansimando il torace sul mio e si rilassa. Io piego le gambe spingendo in alto il bacino facendo scivolare Fel un po' in avanti. Mi bacia. Riprendo a scoparlo spingendolo in alto ad ogni colpo non senza una certa fatica. Mi impongo di venire, ma ho bisogno di pensare a qualcosa di più erotico se non proprio porno.
E allora mi figuro un altro maschio in piedi tra le mie gambe che appoggia il suo cazzo al grosso culo di Fel e si fa lentamente strada sopra il mio uccello. Eccolo che entra mentre Fel si inarca verso l'alto. Sento la consistenza dura dell'altro uccello che scivola sul mio, poi si ritrae e si reimmerge sollecitando il mio cazzo. E mi figuro i due uccelli che allargano il retto di Fel che non è più in sé dal piacere e si dimena mordendomi i capezzoli. L'estraneo prende un ritmo costante e lievemente accelerato e ad un certo punto si arresta e pulsa. Sento il suo sperma che esce dal suo cazzo e circonda il mio. Lui si è fermato, comincio io a oscillare in su e in giù e la sensazione è quella di muovermi in un fluido tiepido. L'altra nerchia ha ancora sporadiche pulsazioni ed ora sono io a inondarlo del mio seme.
Sborro per l’ennesima volta e mi pare di svenire. Mi accascio esausto sotto Fel che mi sta baciando labbra, occhi, orecchi e collo. Ho urgenza di una decina di minuti di riposo ad occhi chiusi, di una doccia calda e di un caffè forte.

Ci sono voluti circa dieci anni da quando sono a Jaim per arrivare a questo punto. Il circa è per il solito discorso degli anni solari che qui sono due diversi, uno per sole. Cinque anni fa, in un momento di sconforto e amarezza per i miei fallimenti agrotecnici, ho detto basta e ho lasciato animali e piante liberi al pianeta, al suo clima e alle sue non-stagioni pensando che chi campava campava e chi moriva moriva. Ed è morto pressoché tutto. Sono caduto in una forte depressione poiché il poco che aveva resistito metteva una grande tristezza.
Fel, mi incoraggiava e si diceva certo che, ad esempio, gli animali sarebbero tornati e in effetti, dopo qualche tempo è stato così. Le galline avevano penne diverse e facevano uova piccole e chiazzate. Le vacche davano poco latte, peraltro più grasso e di un sapore un po' muschiato; tuttavia pascevano all'esterno e venivano a farsi mungere spontaneamente. Fel mi diceva che era una grande conquista.
Circa tre anni fa, dopo un lungo periodo freddo e piovoso, una mattina Fel mi piomba in camera da letto in preda a una grande agitazione.
- Vieni Gyx. Vieni a vedere. Dai alzati subito...
Io ero nel mezzo di un sogno erotico e ci ho messo qualche secondo a rendermi conto della situazione, il tempo in cui Fel, euforico, tirava via la coperta che nascondeva la mia erezione. Ho notato che, sospeso per un attimo il suo fervore entusiastico, Fel indugiava a guardare il gonfiore del mio bastone dentro il pigiama. Accortosi che me ne ero accorto, si riscosse e, tirandomi per un braccio giù dal letto, disse:
- Sono fioriti gli albicocchi...
- Cosa?
- Sì è un'esplosione di fiori... vieni a vedere, dai...
Il tempo di infilarmi le ciabatte e coll'uccello che sballonzolava cercavo di non rallentare troppo Fel che correva per i corridoi della ex stazione sperimentale agraria. Giunti all'aperto. Lo spettacolo era davvero grandioso. Una cospicua fioritura bianco rosata ma con fiori diversi da quelli che conoscevo. Avevano petali bianchi venati di rosa asimmetrici e molto diseguali gli uni dagli altri e, quello che più mi colpiva era il ronzio delle api che pensavo si fossero perse da qualche parte e che non sarebbero mai ritornate. Io ero incantato, Fel raggiante.
- Te lo dicevo... te lo dicevo...
Mi afferrò le braccia e mi scoccò un bacio rapido.
- Andiamo a vedere i ciliegi e i meli se han fatto qualcosa...
- Fel sono in pigiama e ho freddo...
- Sì, hai ragione entriamo...
La sua felicità era palpabile e contagiosa. Appena entrati e chiusa la porta lo afferrai, lo spinsi contro la porta e gli misi la lingua in bocca. Partecipò al bacio e allungò la mano al mio cazzo che stava di nuovo indurendosi, si abbassò e ingoiò subito il glande roteando la lingua nel solco. Ci sapeva fare. Continuò il pompino per un po' ed io pensai di ricambiare. Gli slacciai i pantaloni e quando saltò fuori la sua salsiccia rimasi basito.
- Cazzo Fel... ma che cazzo di cazzo hai?...
Sorrise e lo liberò del tutto. Lo lappai in lungo e in largo, lo ingoiai succhiandolo e alla fine me lo spinsi fino in gola. Ne rimaneva fuori un bel po' ancora.
Checché se ne dica anche ai gay attivi un bel cazzo piace e dà soddisfazione rendergli onore. Così lo succhiai a lungo pensando che dovesse inturgidirsi di più per poi eruttare, invece con un sordo mugolìo Fel mi riempì il cavo orale praticamente coll'uccello solo barzotto. Continuai a succhiare senza deglutire e solo quando le contrazioni di Fel furono cessate, sputai. Mi chiedevo se tutti i Jaimiani avessero siffatti pistoloni e se tutti non diventassero mai duri del tutto. Ecco forse perché su Jaim la fertilità era bassa... "A questi ci vuole un calzascarpe per metterlo in una passera..." era ciò a cui pensavo. E questo insolito stato mentale fece sì che non volessi venire a mia volta e per quella volta tutto finì così con me perplesso e Fel deluso.
Fui io a cercarlo qualche tempo dopo. Salivamo le scale e lui mi precedeva. Per qualche strano meccanismo mentale guardando il suo grosso culo, il mio cazzo, pur senza ergersi, fremette e mi sorpresi a desiderarlo. Gli chiesi se avessimo cenato assieme così si sarebbe parlato un po'. Accettò con piacere.
Mangiammo poco e non parlammo proprio. Baciandolo profondamente, gli abbassai i calzoni e mi abbassai a prendere di nuovo in bocca la bestia che aveva tra le gambe mentre nel frattempo gli strizzavo le natiche e gliele allargavo. Lo girai poi rapidamente e ci affondai in mezzo la lingua. Sapeva di buono, un che di muschiato e aromatico. Con le mani appoggiate alla parete Fel si abbassò offrendomi ancor meglio il suo buco che ammorbidii a lungo dopo di che vi inserii quattro dita, due per mano, e lo allargai con forza. Vidi la sua carne rosa palpitare, rapidamente mi estrassi il bìgolo durissimo e lo impalai brutalmente.
Fel assorbì l'urto senza lamentarsi, si stese un po' verso l'alto e spinse il suo bacino contro di me. Con le mie palle contro le sue chiappe fu lui a muoversi per primo, poi presi io l'iniziativa afferrandogli i pettorali. Dopo qualche minuto di lento serra-serra gli spinsi le mani in alto contro la parete così da fare una specie di x e, premendogli il dorso della mano colle mie, con le gambe leggermente piegate, lo scopavo dal basso verso l'alto. Sentivo che non avrei resistito molto e quindi, afferratolo per i fianchi, iniziai una montata rapida: una decina di affondi ben assestati e poi la scarica accompagnata dal mio rantolo. Sentii contrazioni anche da parte sua: la macchia sul pavimento diceva che era venuto senza toccarsi. Lo strinsi forte colle braccia attorno alla vita e gli dissi:
- Sei fantastico.
- Anche tu - rispose - mi sono innamorato di te e dei tuoi capelli biondi fin dalla prima volta che ti ho visto.
Non dissi nulla, uscii da lui e, dicendo che mi serviva urgentemente il bagno, tornai in camera. Pensavo che quella faccenda dell'innamoramento non è che mi stesse proprio bene... Fel non mi seguì e per qualche giorno fummo un po' reciprocamente freddini.
Ma poi ci furono i pomodori...
Periodicamente dai semi nascevano piantine che poi morivano o rimanevano lì ad altezza fragola senza fare niente. Ormai ci avevo rinunciato, ma un giorno notai che alcune piantine si erano messe a crescere rapidamente e dopo qualche giorno avevano fatto i fiori. Ero un po' ansioso: i fiori erano gialli come quelli che conoscevo su Delgu, l'odore delle foglie era lo stesso, persino le macchie verdi che rimanevano su pelle e vestiti mi ricordavano il mio pianeta. Poi i fiori si trasformarono in una cosa stranissima: una rastrelliera piatta con delle bacche verdi in fila di qua e di là. Andavo ad osservarle con trepidazione anche più volte al giorno chiedendomi che roba fosse e spesso veniva anche Fel a cui avevo trasmesso la mia smania. Poi, non più grosse di amarene, le bacche divennero rosse.
- Saranno commestibili? - chiesi più a me stesso che a Fel.
- Assaggiamo.
- E se sono tossiche?
- Su Jaim non c'è niente di tossico - e si mise in bocca una bacca masticandola. Gli si illuminarono gli occhi.
- Com'è? - chiesi con trepidazione.
Non rispose ma mi infilò in bocca una bacca. Era un mini-pomodoro a tutti gli effetti, persino più buono. Ne arraffammo una manciata e ce la infilammo in bocca masticando. Avevamo gli occhi lucidi.
- I pomodori di Jaim - disse Fel commosso.
- Già... - risposi e mi misi ad accarezzare le piantine, godendomi il profumo di verde che emanavano.
E mi rintronava in testa la frase di Fel: i pomodori di Jaim... In effetti su Delgu, non c'era niente del genere. Pian piano tutto acquisiva un senso. Le cose qui erano tutte un po' strane, appunto un po' così..., come i jaimiani... come Fel. Era una forzatura pretendere da Jaim le cose del mio pianeta. Ma era poi ancora Delgu il mio pianeta? Guardavo Fel con occhi amorevoli e un senso di gratitudine.
- Grazie Fel per la pazienza che hai avuto con me e con tutto il mio lavoro...
- Il nostro lavoro, Gyx...
- Già... andiamo a festeggiare - gli dissi.
- Hai mai assaggiato il distillato di arven?
- Di che?
- E' una pianta spontanea tipo fico d'india. Dà un ottimo distillato... è solo un po' allucinogeno...
- Bisogna provare tutto nella vita, no? Portalo con te stasera quando vieni a letto...
- Stasera vuoi che venga a dormire da te?
- Non solo stasera... se ti va...
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