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Gay & Bisex

Due storie in parallelo


di jacdap
21.01.2025    |    153    |    1 8.3
"Era con due amici che si misero a ballare lasciandolo solo..."

Ai tempi ero un bel trentenne, palestrato quanto basta, abbastanza disinvolto, magari non bellissimo ma piuttosto bono. Inoltre mi davo abbastanza da fare: non che scopassi con cani e porci in quanto sono sempre stato abbastanza selettivo, tuttavia le occasioni non me le lasciavo scappare. Oltre a "ogni lasciata è persa" l'altro motto che avevo fatto mio era "magari non posso più scegliere ma posso sempre rifiutare". Avventure, certo, ma anche storie brevi. Tra queste anche due in parallelo.
Lavoravo per una società con sede legale a Roma e vi ho soggiornato per sei mesi. È qui che ho avuto stabilmente due amanti: Sergio e Romano. Sergio mi veniva a trovare ogni mattino, Romano nel pomeriggio; la sera me ne uscivo per una passeggiata o andavo al cinema o in trattoria, talvolta in un locale, ma sempre da solo e la gente che aveva imparato a riconoscermi se ne meravigliava un po'. Sergio era agile e snello, Romano tosto e muscoloso e la loro alternanza rinfocolava il mio desiderio. Uscito Sergio, nascondevo ogni traccia di lui; con Romano facevo lo stesso. Credo d'esser sempre riuscito a evitare che uno sapesse dell'altro, allora e forse anche in seguito.
All'inizio accadeva che talvolta mi sbagliassi e dicessi a uno cose che avevano senso solo se dette all'altro, ma presto riuscii a separare bene le due storie: ognuna aveva il suo corso e il proprio dipanarsi di conversazioni e continuità d'abitudini.
Credevo (o credevo di credere) che l'esperienza nel sesso fosse trasmissibile da uno all'altro: Sergio ne sapeva più di me e per Romano il sesso tra maschi era una novità; pensavo quindi di riuscire a trasmettergli ciò che imparavo da Sergio. Mi ingannavo perché erano ognuno un mondo a sè in cui tutto vale solo quando è spontaneo e diretto.

Sergio era il classico porco. Ero andato in una tabaccheria per acquistare un biglietto spiritoso di buon compleanno. Mentre lo sceglievo, lui da dietro il bancone non mi toglieva gli occhi da dosso. "Avrò la faccia di uno che ruba..." pensai. Ma mi accorsi presto che si aggiustava il pacco; accortosi che me ne ero accorto, si passò lascivamente la lingua sulle labbra. Mi venne da ridere e poiché in negozio non c'era nessuno dissi:
- Che fai, ti tocchi? Bada che non porto sfiga...
- Ciò so. Anzi me credo che porti bene. - disse con fare da zoccola.
Contagiato dal clima instauratosi dissi:
- Bene o pene?
- Me ce vorebbero tutt'e due - rispose mentre mi dava il resto. E aggiunse: - Ce l'hai un posto?
- Sto in un mini poco più il là. Il palazzo nuovo all'angolo con la piazza, interno 314, ricordati il pi-greco...
- Ar pomeriggio sò qua, ma aa matina sò sempre libbero. Domani aae 9 e mezza te va? Io sò Sergio.
- Aggiudicato. Io sono Jacopo.
Mio coetaneo, fidanzato, longilineo, castano, un po' stempiato, poco peloso, un uccello sempre pronto con un cappellone sproporzionato rispetto al resto dell'asta, terribilmente eccitante da tenere in bocca e stringere fra le labbra e anche fra i denti (senza forzare ovviamente). Credo di non avere mai apprezzato tanto un cazzo in bocca come il suo. Era fantastica questa prugna che riempiva tutto il cavo orale e la si sentiva contro il palato. Mi dilungavo a stringerla fra palato e lingua e poi a lapparla torno torno senza estrarla dalla bocca. Mi divertiva anche, dopo essere arrivato colla bocca in fondo all'asta, risalire con le labbra ben serrate sempre aspirando cosicché quando il suo cazzo usciva si sentiva uno schiocco. Sergio non era da meno e sapeva contraccambiare alla grande. In più aveva una grande fantasia: a volte era miele colato sul mio cazzo che lui toglieva con un sapiente uso della lingua a mò di cucchiaino, altre volte era maionese oppure panna spray con cui mi ricopriva piedi, gambe, addome e petto e che mi toglieva lentamente godendo del mio solletico. E poi il culo... tra due chiappette abbastanza secche, tutto sommato poco erotizzanti, c'era un antro caldo, accogliente, muscoloso; sapeva contrarre lo sfintere attorno alla mia cappella che lui chiedeva di tenere lì senza aver fretta di spingere. Mi chiedeva di indossare il preservativo dopo questa azione propedeutica all'inculata vera e propria che invece avveniva sempre in modo protetto. Spesso voleva farlo con me seduto su una sedia e lui seduto su di me dandomi la schiena col cazzo duro e il cappellone color malva svettante mentre lo prendeva dietro. Ho un ricordo sublime di lui che, puntando i piedi, saliva e scendeva sul mio cazzo nel suo retto mentre il suo bastone curvo oscillava e lui biascicava frasi sincopate tra le quali mi pareva di intuire un " amo' " ogni tanto. Non era raro che venisse senza toccarsi mentre io duravo di più. Altre volte invece, sempre sulla sedia, mi si sedeva sopra voltato verso di me. E qui erano baci lunghi e profondi e i suoi movimenti erano diversi, molto più lenti e orizzontali dato che non puntava i piedi a terra. Una volta lo abbracciai stretto e mi alzai in piedi appoggiandogli la schiena alla parete e qui lo fottei mentre lui mi mordeva labbra, lingua e lobi delle orecchie fino al reciproco orgasmo, un'altra volta si ruppe la spalliera della sedia e finimmo a terra ridendo e facendoci pure un po' male.
Solitamente non si faceva il bis. Lui verso mezzogiorno se ne andava, passava da casa e, dopo un pranzo veloce, sostituiva il suo futuro cognato nella tabaccheria ove spesso stava anche la sua fidanzata. La sera la passava in genere con lei ma diceva di scoparci poco e quando lo faceva pensava ai maschi. Il mattino seguente era da me spesso con in testa un'idea nuova e porca: poteva essere del popper, un bondage leggero, una doppia penetrazione con un cazzo di lattice o semplicemente qualche cassetta porno. Non ha mai portato intimo femminile.
- Pure se s'o pija in der culo, s'a da esse sempre maschi - diceva.

Romano era un prof di educazione fisica, sposato con moglie danarosa e bruttina. Aveva 7 o 8 anni più di me. Era il classico manzetto apparentemente un po' tarchiato perché non molto alto, con bei muscoli definiti e un'incipiente calvizie, un viso aperto con un sorriso accattivante, lo sguardo vagamente sfuggente, pelo corto sul petto armoniosamente distribuito, collo forte, braccia robuste, ventre teso, zero anelli attorno ai fianchi, cosce tornite, uccello normale sui 17 cm e due fantastiche chiappe a mandolino. Lo conobbi una sera in un locale fuori Roma. Era con due amici che si misero a ballare lasciandolo solo. In diversi lo avvicinarono dicendogli qualcosa, ma sempre se ne venivano via. Io, appoggiato al bancone del bar lo guardavo e lui pure mi lanciava qualche occhiata che subito distoglieva. I suoi amici tornarono e scherzarono con lui vociando:
- Aò, ma sempre 'nchiodato qua stai? Viè armeno al bar a fatte la consumazione che te spetta...
E lo trascinarono dove ero io. Mi spostai e sorrisi. Uno dei due, rivolgendosi a me, disse:
- Aò, se fà 'na fatica a fà smove 'sti etero curiosi..
- Curiosi e vogliosi - aggiunse l'altro mentre con uno scatto fece per dargli una botta nelle palle.
Romano schizzò col culo indietro urtandomi e facendo uscire un goccio del long drink che avevo in mano.
Così incominciò una breve conversazione in cui i due suoi amici lo prendevano un po' in giro perché la moglie, ora all'estero per lavoro, era ceo di una ditta importante e lui faceva il principe consorte. Tornarono poi a ballare e Romano ed io continuammo a chiacchierare. Vuotai il mio bicchiere e lui bevve un whiskey poi uscimmo a prendere un po' di fresco. Mi disse che, per quanto attratto dai maschi si sentiva a disagio nei locali e anche coi suoi amici quando "facevano le checche"...
- Ma d'altra parte sono in auto con loro e mi tocca di star qui...
- Bè io ho l'auto, se vuoi ce ne andiamo... possiamo andare a far due passi al Celio...
Rientrò ad avvisare gli amici e ce ne andammo. Non andammo al Celio, mi chiese di andare in centro. Abitava a Torpignattara, Torpi per gli amici, disse. Io ero in zona, verso Centocelle, praticamente per andare a casa sua passavo sotto il palazzo in cui stavo. Fermai e gli chiesi se voleva salire per un Chivas ed eventualmente altro. L'avevo detto con ironia e non mi aspettavo acconsentisse. Invece disse di sì. Fu molto piacevole spogliarlo, spompinarlo e baciarlo. In questo era riluttante ma poi si lasciò andare come pure faceva (almeno ci provava) a fare a me tutto quello che io facevo a lui. Quando volli leccargli il buchetto, disse di no e poiché ci rimasi un po' male disse che mi avrebbe dato tutto, ma con calma e che si doveva "preparare". Pensavo intendesse psicologicamente, invece intendeva proprio nel concreto. Quando, in uno dei pomeriggi seguenti, disse che voleva essere "posseduto" si era fatto due clisteri ed erano alcuni giorni che si esercitava introducendo vari articoli. Grato per tanta dedizione, gli feci una preparazione memorabile e alla fine mi implorò di infilarglielo. E così fu. Poco a poco, alternando introduzione e rimming finché lo ebbe tutto dentro. Disse che era una sensazione strana ma che non provava male. Fui delicato nell'andirivieni e mi trattenni perché volevo che venisse prima lui. Ero in piedi con lui a pecora: il suo torace sul letto e i piedi a terra con le gambe molto divaricate. Quando si sollevò sulle mani, gli presi il cazzo ed iniziai a menarglielo.
- Ma così mi fai venire... - disse.
- E' quel che voglio - risposi - non preoccuparti se sporchi.
Sentii sul mio uccello le contrazioni del suo orgasmo. Fece un mare di sborra che io raccolsi in una mia mano che poi avvicinai alla sua bocca.
- No, che schifo... -disse. Ed io con voce suadente:
- Assaggia... è roba tua...
Lo fece ed io gli impiastricciai tutta la faccia della sua crema. Avevo ancora l'uccello ben duro nel suo retto e ricominciai a muovermi, stavolta più velocemente. Poi lo feci alzare in piedi e gli dissi di assecondare i miei movimenti. Mi sedetti sul bordo del letto tenendomi Romano incollato all'inguine.
- Ora vai tu, scopati sul mio cazzo...
Non era esperto ma imparava in fretta, il suo cazzo si indurì di nuovo e incominciò a menarselo con foga mentre si impalava. Lo presi per i fianchi e la sensazione che mi dava stringerglieli mi causò in breve l'orgasmo. Poco dopo lui venne di nuovo con me ancora dentro.

In tutti i pomeriggi in cui ci si vide, sempre si fece ciò che aveva pianificato e per cui si era "preparato". Non mi riuscì mai di fare le cose che avevo fatto con turbo-Sergio. E ciò valeva anche per i discorsi. Se raccontavo un fatto che mi era capitato la sera prima, la stessa cosa interessava uno e non l'altro o, se interessava entrambi, i dettagli che mi richiedevano erano diversi come pure erano diversi i commenti e i giudizi che ne derivavano. Dovevo sempre trarre dallo stesso punto due racconti distinti, ma non solo. Arrivai a rendermi conto ogni sera che vivevo in due modi differenti gli eventi, giudicando cose e persone secondo l'ottica di Sergio o quella di Romano così come nelle conversazioni replicavo in due modi diversi alle battute altrui, uno che sarebbe piaciuto a Sergio, l'altro a Romano. Non mi piaceva questo mio sdoppiamento che agiva non in loro presenza ma in loro assenza ed il mio animo era diventato un campo di battaglia tra loro due che, sebbene si ignorassero nella vita esteriore, dentro di me si azzuffavano e si contendevano il territorio. Io esistevo solo per ospitare quella loro lotta rivale di cui nulla sapevano.
Questo fu il vero motivo che mi indusse ad accelerare la mia partenza da Roma dopo i canonici 15 giorni di preavviso all'agenzia che mi aveva affittato il mini. In realtà bastò una settimana. A Sergio e Romano dissi che sarei stato via qualche tempo e me ne andai senza salutarli.
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