Racconti Erotici > Gay & Bisex > Milano 1 - Giambellino-Lorenteggio
Gay & Bisex

Milano 1 - Giambellino-Lorenteggio


di jacdap
25.01.2025    |    54    |    1 9.3
"Intendeva che andassi più sopra al clitoride, ma io manco sapevo che esistesse, così, forse spazientita, disse: "métet giò long" e lì a terra si..."

Ho abitato 5 anni a Milano, periferia sud-ovest. Ci ho fatto 4^ e 5^ elementare e le tre medie. E vabbè, direte, eri un bimbo. Certo, ma molto, molto precoce... e un adolescente piuttosto porcello e con già un uccello invidiabile. Non sapevo quasi niente ma imparavo in fretta e le occasioni non mancavano. I miei amichetti ed io stavamo tutti fra via Lorenteggio e via Giambellino; si passavano insieme vari pomeriggi senza l'ansia per genitori e noi di non doverci lasciar soli. Erano tempi diversi dagli attuali: la gente era ancora socievole e fondamentalmente amichevole; i tram 8 e 21 sferragliavano simpaticamente e gli ultimi bigliettai erano ancora sulle carrozze che si leccavano il pollice per strappare il biglietto dal blocchetto e allungartelo lentamente in cambio della moneta in modo bonario e quasi solenne; la periferia della città non era così degradata come verrebbe da pensare, anzi aveva una dimensione "umana" tra le sue case vecchie e fabbriche dismesse tra piazza Napoli e San Cristoforo; la domenica pomeriggio bastava ci fossero con noi un paio di ragazzi più grandicelli che ci lasciavano andare da soli al cinema Savona con la sola raccomandazione di stare sempre tutti assieme in gruppo. Spesso era affollatissimo e si stava in piedi abbastanza pigiati. A me piaceva perché spesso appoggiavo il culo o il cazzo, che già diventava duro, contro i cazzi o i culi di quelli che non conoscevo, in genere adulti. E lì ho trovato il primo uomo che mi ha toccato l'uccello in modo sistematico, ma è stato tutto lì in quanto il "gruppo" mi ha risucchiato. Però fece in tempo a sussurrarmi di infilare la mano nella sua tasca. Era scucita e gli potevo toccare l'uccello. Era una sensazione oltremodo piacevole toccare il cazzo duro di un adulto.

Il cinema Savona era una sala normalissima ma che si prestava a performances un po' osé. Me lo ricordo bene anche perché è stata la scena del mio primo contatto con l'altro genere.
Poiché, sebbene molto ragazzino, ero fisicamente ben stazzato, le ragazzine mi sbavavano dietro. Stavo sbaciucchiandomi con Magda dietro gli arbusti in un cortile di via Lorenteggio, quando passò Nadia, due anni più di noi, che ci disse che non ci sapevamo fare e che bisognava usare di più la lingua e toccarci. Magda scappò e io rimasi in modalità stoccafisso. Lei disse:
- Mi pensi che te sàvet fà nagott, ma preòcupes minga, se te vöret, andumm dumàn da bass al cinema Savona e t'inségni mi tuscoss.
Erano le vacanze pasquali e non avevo niente da fare per cui accettai. L'aspettai in strada e lei venne dicendo:
- Che bèl che t'é no tirà indrè 'l cü. Che significava che era contenta che non mi fossi rimangiato la parola.
Era una bella camminata arrivare al Savona e parlammo di tante cose. O per lo meno, parlava lei. Sempre in dialetto, un po' volgarotta, tuttavia simpatica. Mi disse che mi aveva visto delle altre volte e che ero "un gran bel fiëu" e che "ghe fasévi tant sàng". Al cinema eravamo noi due in fondo e tre vecchietti sparsi qua e là. Era molto esperta, appena spenta la luce subito mi slinguazzò e mi sbottonò i calzoni, me lo menò e succhiò. Non ero nuovo alle seghe ma la pompa era una novità e pensavo che la sua foga, un po' eccessiva, mi impediva di prendere conoscenza della sua figa che sarebbe stata la prima che avrei esplorato dopo i giochini da bambino con una mia cuginetta. Disse "ti gaa un bìgul comm un òmm faa, al vöri" e mi trascinò nel cesso delle donne. Mi sbattè contro la parete e mi calò i calzoni fino ai piedi lappando e succhiando, poi si alzò dicendo: "sèntet giò". Sedetti a terra, Si avvicinò sollevando la gonna; non indossava intimo, mi sfregò la gnocca, che avrei invece voluto esplorare prima, sul muso e sebbene pensassi "finalmente", non mi piacque l'odore di cozze un po' sfatte che sapeva. Ero a conoscenza che avrei dovuto leccare e lo feci, ma senza molta convinzione e lei diceva "pu sée sura". Intendeva che andassi più sopra al clitoride, ma io manco sapevo che esistesse, così, forse spazientita, disse: "métet giò long" e lì a terra si impalò sulla mia nerchia con grande facilità anche se, a dir suo, era come quella di un uomo fatto. Si prese il suo piacere cavalcandomi, dimenandosi e sgrillettandosi, incurante della confusione che faceva. Le dissi che stavo per venire e lei:
- Möves ca cuminci a avègh frègg.
Io ingenuo:
- Ma se vengo dentro e resti incinta...
- Ma vaa, l'è minga ancamò bona...
Così a nemmeno 14 anni eiaculai nella mia prima passera, quella di Nadia che mi aveva praticamente risucchiato il cazzo con quella sua bocca pelosa fra le cosce magre. Dato che ero vergine e inesperto mi aveva praticamente scopato lei lasciandomi frastornato e in un certo senso compiaciuto.

 A 11 anni già avevo le contrazioni dell'eiaculazione ma non usciva niente, e chiedevo ai miei amici com'era per loro. Chiedevo anche di provare assieme; i più piccoli li obbligavo anche in coppia a masturbarsi, a quelli più grandi chiedevo di lasciarsi segare. Ero davvero terribile. C'era chi si negava, ma io non demordevo, me ne fregavo delle loro insinuazioni e alla fine cedevano quasi tutti. Ricordo che la sborrina trasparente e filamentosa di Valerio, mio compagno di classe di 2^ media, non mi aveva dato soddisfazione e allora volli vedere com'era quella di Mario, un ventenne che ci sorvegliava quando giocavamo a calcio o a pallavolo o a palla prigioniera in un collegio di via Giambellino dove si andava, come "esterni", al doposcuola e dove un adulto ci sorvegliava mentre facevamo i compiti e, se ci riusciva, ci dava anche una mano. Altro che mano...questo mi trascinò nel locale caldaie e per poco lì non ci rimisi la verginità in quanto questo si allupò alquanto e mi usò una semiviolenza conclusasi con una sua eiaculazione in fase di tentata introduzione.
Poi realizzai che il mio compagno di classe Leonardo poteva essere una giusta via di mezzo; aveva 15 o 16 anni ed era piuttosto duretto in cervice ma con un fisico da metalmeccanico che non passava inosservato. Studiare non gli piaceva, anzi diciamo pure che non gli piaceva la scuola e questa non si faceva scrupoli di bocciare ogni anno questo povero ragazzo peraltro serio ed educato che regolarmente prendeva 4 quasi in tutto. Ragazzo? Uomo agli occhi miei: due spalle da nuotatore, i pelini su tutto il petto che si aprivano a ventaglio, una facciotta bella e simpatica, capelli neri, ricci come Lucio Battisti, braccia... dio mio che braccia... parevano fatte col tornio, quello dell'officina nella quale gli piaceva lavorare anziché studiare. Ma le medie bisognava pure che le finisse... e poiché io ero il solito "bravino" della classe, mi affiancarono a lui per aiutarlo un po'. A dire il vero io avrei voluto subito tirargli fuori l'uccello ma mi imposi di pazientare e cercai di capire come fare per aiutarlo nel rendimento scolastico. Mi fu subito chiaro che gli serviva ripetere le cose a voce alta e magari anche qualche volta in più, ma da solo non lo faceva, ci voleva uno che l'ascoltasse, o almeno fingesse d'ascoltarlo... infatti io continuavo a pensare a come poteva essere il suo uccello...
Lui stava in piazza Frattini, io verso piazza Tirana, stazione di San Cristoforo. Il collegio dove si faceva doposcuola circa a mezza via. Anche i grandi avevano capito la necessità di Leo di ripetere a voce alta, per cui lui ed io andavamo "a ripetere" in corridoio dove avevamo due sedie. Non passava mai nessuno. Un giorno Leonardo disse:
- Devo andare a cagare...
- Mbè vai, ti aspetto qua.
Invece no. Gli andai appresso fino ai cessi che avevano le porte che non arrivavano fino al pavimento, ma c'era un apertura di circa 15 centimetri. Ovviamente non c'era nessuno. Mi inginocchiai a terra lateralmente alla sua porta ma un po' distante così da non essere scorto e finalmente glielo vidi. Mi sembrò una cosa enorme. E sì che io ero già ben sviluppato, ma quel "coso" che puntava orizzontalmente la porta e lasciava scendere qualche goccio di urina ogni volta che stringeva gli sfinteri, mi pareva davvero una proboscide... e le palle dietro mi apparivano enormi. Non mi rendevo conto che era anche la posizione oltre al chiaroscuro della poca illuminazione che falsavano un poco la realtà, tuttavia ne fui impressionato e appena sentii che lui si puliva, corsi al mio posto. Mentre lui arrivava, io non staccavo gli occhi dal suo basso ventre immaginando di dover per forza vedere un grosso gonfiore. Ma era tutto "normale" e io continuai solo a fantasticare. Fu qualche giorno dopo che mi disse che aveva perso delle monete perché aveva un buco in una tasca. Fu un flash ricordare il tizio del cinema Savona...
- Davvero? fai sentire...
Fu una richiesta inconscia e la cosa strana fu che lui acconsentì agevolando pure l'ingresso della mia mano. Gli toccai subito le palle e visto che non diceva nulla, anche la canna. Subito cominciò a ingrossarsi e io ero al settimo cielo.
- Andiamo in bagno... - dissi.
- No, continua così...
Non era una posizione molto comoda rimanere seduti e fargli una sega via tasca, ma soprattutto non glielo vedevo e quello era ciò che desideravo di più. Comunque non venne, almeno non quella volta. I giorni successivi si scuciva apposta la tasca. Gli chiedevo se sua madre non sospettasse niente a trovargli sempre le tasche scucite, ma lui diceva di no...
- E poi è la sinistra...
"Come se le seghe uno se le facesse solo colla destra" non potei fare a meno di pensare. Comunque in seguito ci fu l'andata al cesso e qui finalmente glielo vidi in tutta la sua potenza e lo feci sborrare più di una volta; ma non si spogliava e teneva sempre i calzoni con una mano (coll'altra mi abbracciava in vita). Solo una volta dietro mia insistenza mi fece vedere le chiappe nude... un sogno di muscoli. Non potei esimermi dal dirgli che era bellissimo, al che abbozzò un sorriso e non si sbilanciò.

Vacanze di Natale di 3^ media. Collegio chiuso. Qualche pomeriggio andavo a casa sua, ma c'era sempre sua madre in casa per cui potevo solo fare qualche toccatina. 2 gennaio '93 ore18 circa, un freddo porco e nebbioso, vado in piazza Napoli per prendere l'8 che vedo arrivare, corro come un forsennato rischiando pure di farmi travolgere da un'auto e la porta del tram mi si chiude davanti al naso, busso ma lui va. Ho imprecato come un uomo grande, era buio, ero pure sudatino per la corsa per cui sentivo di più il freddo, fino all'anno prima c'era anche il 21 che potevo prendere ma ora c'era solo l'8 e neppure molto frequente, a piedi mi ci voleva mezzora...
- Vado a Corsico, serve un passaggio?
Era il conduttore dell'auto sotto la quale avevo rischiato di finire, aveva inchiodato e non era ripartito perché mi voleva dare del pirla, ma aveva finito per godersi la scena e mettersi a ridere.
- Urca, volentieri, grazie, vado a piazza Tirana...
Era uno grande, un po' molliccio, voce melliflua... non parte subito, chiede dove sono stato, cosa faccio in giro e altre amenità alle quali rispondo educatamente ma mi chiedevo che cavolo aspettasse a partire. E mi mette una mano calda sulla coscia... Cazzo questo mi vuol fare... penso di scendere ma intanto parte. E chiede se ho la ragazza, se mi faccio seghe, se sborro molto... roba da matti penso e intanto sono arrivato ma lui gira a sinistra verso il campo sportivo e poi va lungo la ferrovia dove l'illuminazione è scarsissima. Mette il freno a mano e mi trovo a dire un po' astioso:
- Si può sapere cos'ha intenzione di fare?
- Bé potrei farti un pompino...
Cazzo penso, è un'occasione da non perdere. Dopo Nadia nessuno mi aveva più pompato. Faccio scivolare i calzoni sotto le chiappe offrendogli il cazzo molle, lui fa lo stesso esibendo un uccello che, già duro, non era gran che più del mio. Mi lecca l'orecchio... non era una sensazione piacevole, almeno non lì, con lui e in quel momento per cui dico:
- Senta, faccia quello che deve fare e basta.
Me lo prende alla base e lo stringe un po', non mi si rizza neppure tanto, lo scappella, lecca girando la lingua sul solco del prepuzio, insiste sul frenulo e poi ciuccia la punta della cappella per poi inghiottirla tutta. Era una sensazione che definire sublime era poco, pareva che il buco del culo mi si contraesse e mi si intorcessero tutte le budella e benché l'uccello fosse non dico moscio ma neppure proprio duro, a sentire questa bocca umida e calda intorno alla mia capocchia, sono venuto abbondantemente in un amen a cazzo semimolle. Volevo quasi scusarmi, ma vedevo che lui apprezzava lo stesso e si menava l'uccello con ancora la bocca chiusa attorno al mio uccello e, senza schiuderla, ha cercato un fazzoletto e ci è venuto dentro poi ha aperto la portiera e ha sputato. Mi ero rivestito in fretta e sono sceso ringraziando per il passaggio e per il resto.
- Ma aspetta che ti accompagno...
- No no sono due passi.
E corsi via. Ero un po' gasato dal fatto che un adulto mi avesse fatto un pompino... secondo me a nessuno dei miei compagni di classe li avevano fatti, tranne forse Leonardo che era pure già fidanzato... Il giorno dopo glielo chiesi.
- Dimmi la verità Leo, Francesca ti fa i pompini?
La sua espressione non cambiò di molto sebbene la domanda a bruciapelo avrebbe dovuto per lo meno meravigliarlo.
- Ma senti questo... saranno poi affari miei... o no?
- Certo certo, ero solo curioso.
- Come mai questa curiosità? Credevo che non sapessi neppure cosa sono i pompini...
- Te li fa o no?
- Bé... mmm, insomma, un po'...
- Un pooo? O li fa o non li fa...
- Me lo bacia, ci dà delle leccatine, ma non succhia... ecco, contento?
- Vorrei provare a fartene uno io.
Stavolta la meraviglia era più visibile sul suo volto in cui ridevano più gli occhi della bocca...
- Ma figurati se sai farlo, te sei capaci di mordermi il bìgolo...
Così gli raccontai quanto successomi a San Cristoforo la sera prima. Mi guardava con un espressione libidinosa e il cazzo gli era diventato duro. Ma che dico duro... durissimo; gli usciva la cappella dall'alto della tuta ginnica. Si alzò, chiuse la porta della camera a chiave dicendo:
- Mia madre non sale di solito ma non si sa mai... e si abbassò la tuta al ginocchio. Non indossava slip, si era messo libero perché così era pronto per la mia solita sega invece...
Immaginavo che anche per lui fosse una situazione emozionante come per me: a lui finalmente qualcuno faceva una pompa vera e non surrogata e io non solo finalmente avevo in mano quei sui fantastici 19 centimetri ma li avrei anche assaggiati. Feci tutto quello che il tipo della sera prima aveva fatto a me, ma mi ritrovai bravino anche a metterci del mio. D'altra parte lui non venne subito come avevo fatto io e alla fine mi disse che ero stato davvero bravo. Io, anche in corso d'opera, non smisi mai di analizzare le sensazioni che provavo. Non fu piacevole quella dell'odore, ma cercai di ignorarla, invece il sentire questa ciliegiona morbida e dura nello stesso tempo in bocca mi dava un piacere quasi come quello che avevo provato quando lo succhiavano a me. L'istinto era quello di mordergliela leggermente ma, ovviamente, non lo feci. Trovavo eccitanti gli ansimi di Leonardo che aveva le spalle contro la porta mentre io ero inginocchiato. Notai che Leo si pizzicava un capezzolo, ancora non sapevo che fosse una zona erogena, e, per parte mia, mi venne istintivo afferrargli entrambe le chiappe con le mani stringendogliele. Lui contrasse i glutei spingendo più a fondo l'uccello nella mia bocca. Io temevo di prendergli contro coi denti, ma invece andò tutto bene perché sibilò:
- Spostati che sborro...
Anche lui non sapeva ancora tutto e pensava fosse giusto venire a terra. Io avevo ancora i calzoni e mi alzai con un cazzo durissimo. Disse:
- Dai, càlateli.
Mentre abbassavo jeans e slip esibendo il mio tarello che, pur se non come il suo, era di tutto rispetto, pensavo esterrefatto che volesse ricambiarmi il pompino. Esterrefatto perché lui, in tutto quel periodo in cui io lo segavo al cesso, non si era mai neppure abbassato a guardarmelo. Non mi fece il pompino ma una sega sì, il che, immagino, per lui dovesse essere già troppo. Tuttavia guardava il mio uccello con un certo interesse da sopra la mia spalla; si era infatti messo dietro di me e sentivo il caldo del suo cazzo ancora barzotto contro le mie chiappe. Mentre la mia sborra ingrossava sul pavimento la chiazza della sua, non potei non pensare che, se me lo avesse chiesto, probabilmente mi sarei fatto scopare.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.3
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Milano 1 - Giambellino-Lorenteggio:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni