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Mitologia 3: Lo scudiero di Ercole


di jacdap
22.02.2025    |    69    |    0 8.0
"C'era dell'olio di mandorle in una ciotola, vi ho intinto una mano ed ho iniziato ad aprirmi la strada con due dita..."

Ila era lo scudiero di Ercole o, sarebbe meglio dire, Eracle, il famoso semidio figlio di Zeus da lui prediletto e furiosamente odiato da sua moglie Era. La sua forza era dovuta al fatto che era stato alimentato col latte di Era mentre ella dormiva. Di Eracle c'è una montagna di letteratura mitologica ma è verosimile che il suo culto nella Roma antica, più che dalle sue mirabolanti imprese fu originato dalla sua morte: in preda ad atroci spasimi e tormenti per aver indossato una tunica avvelenata e non potendo essere ucciso da nessun mortale, si diede la morte da sé lasciandosi bruciare vivo su una pira infuocata. E per questo Zeus lo trasse all'Olimpo: raro caso di un mortale che diventa dio.
Il forzuto spaccamontagne e sventrapassere ebbe numerosi figli, a loro volta protagonisti di miti, ma come era pressoché normale nell'antica Grecia non disdegnava i bei fanciulli e di uno di questi, Ila appunto, se ne era proprio innamorato. Ed era pure ricambiato, ma la felicità alimenta l'invidia altrui e se questi altrui sono delle creature divine allora sono cazzi acidi.

Nell'antica Roma, Ermodoro da Salamina stava costruendo un tempio a lui dedicato ed avrebbe voluto renderlo ineguagliabile. Invocò pertanto Giove, Apollo e lo stesso Ercole perché gli dessero la conoscenza di aspetti molto personali di Ercole cosicché lui fosse in grado di trasferire particolari caratteristici nel tempio in costruzione.

Eracle gli apparve in sogno e parlò così:
" Salve costruttore di templi. So cosa vuoi sapere da me: qualcosa di personale per arricchire il tempio che mi stai costruendo che mi contraddistingua in eterno... ma vai tranquillo perché di eterno non v'è nulla, né il tempio che costruirai che sarà addirittura a lungo chiamato tempio di Vesta anziché di Ercole e neppure noi dei e semidei che fra non molto saremo sostituiti da altre divinità.
Ma io so che vuoi sapere per te stesso qualcosa di morboso che mi riguarda e sono felice di accontentarti.
Le mie imprese sono e saranno a lungo arcinote; le mie mogli e figli un poco meno e difficilmente leggerai dei maschietti che ho posseduto.
Eppure i miei amanti maschi sono oltre ogni possibile conteggio; di questi, quello a me più strettamente legato era il tebano Iolao, mio auriga e scudiero. Come ti è ben noto ai nostri tempi era normale fare figli colle mogli e godere coi maschi. Tant'è vero che Iolao l'ho pure aiutato a trovarsi una moglie anzi gli ho dato una mia ex moglie. Ma gli piaceva farsi trombare dalla mia fantastica verga in ogni momento e non solo dalla mia in quanto era l'eromenos di altri personaggi famosi come Ione o Asclepio tanto che sarà ricordato come "ladro dei talami intonsi"
La cosa non creava problemi alla nostra amicizia tant'è vero che fu lui a dirmi come fare per vincere l'Idra di Lerna bruciandone le teste anziché tagliarle e fu lui ad accendere la pira in cui trovai la morte: grande esempio di amore e devozione.
Ma per Iolao il mio non fu vero amore. Quello forse lo provai per Ila, che però è venuto dopo. Per Iolao io ero un mentore con cui ogni tanto ci si trastullava, ma Ila in effetti non era solo compagno e servitore ma anche un vero amante sessuale a tutti gli effetti. La cosa che meravigliò anche me, oltre la sua eccezionale bellezza, fu che si fece rapire senza opporre resistenza alcuna dopo che gli feci fuori il padre che si rifiutava di darmi da mangiare uno dei suoi due buoi.Beh, non meravigliarti troppo, in fin dei conti, come sarà abitudine dire a Roma fra tanti anni, io ero io e lui non era un cazzo.
Dopo aver ringraziato Zeus mio padre, stavo lautamente banchettando col bove quando il mio sguardo venne catturato da un giovane a dir poco stupendo che non mi toglieva gli occhi di dosso. Saputo chi era, credevo che il suo fissarmi fosse un modo per farmi sentire in colpa o per valutare se aveva modo di vendicarsi tanto che lo chiamai e gli dissi che, come risarcimento per averlo reso orfano, avrebbe potuto chiedermi qualunque cosa e lui disse:
- Portami con te.

La sera stessa il bel giovane rallegrava il mio giaciglio. Era molto piacevole riempire di baci quel bel viso imberbe ma pur sempre maschio, dai lineamenti ben squadrati ma addolciti dalla mano di Artemide e stringere tra le mie braccia, use a spezzare colli di leoni e cani a tre teste, quelle spalle e quelle braccia ben tornite dai giochi di Ares, quel petto liscio e duro sopra un ventre piatto alla cui base si ergeva potente un pisello più che dignitoso. Trovavo piacevole strapazzarlo dolcemente e mordergli i capezzoli finché lui trasaliva, come pure prendergli in bocca l'uccello e mordicchiarlo strizzandogli le palle fino al limite del dolore mentre sentivo il sapore salato del suo liquido pre-eiaculatorio. Poi giratolo a pancia sotto, gli premevo con le mani i lombi verso il basso così da indurlo a sollevare il bacino verso la mia nerchia che reclamava la verginità di quel giovane.
Prima gli ho morso le chiappe a fondo provocandogli dei lamenti, poi gli ho morso il buco del culo provocando intensi mugolìi su un registro diverso, infine sotto le mie potenti slinguate dei veri e propri ansimi goduriosi di libidinoso piacere. Questo giovane era talmente bello che valeva la pena di lavorargli il culo a lungo prima di inchiappettarlo così forse avrebbe accolto la mia bestia senza lamentarsi troppo. C'era dell'olio di mandorle in una ciotola, vi ho intinto una mano ed ho iniziato ad aprirmi la strada con due dita. Il ragazzo reagiva bene, poi le dita sono diventate tre e le mie non sono esattamente dita normali, pure il ragazzo guaiva di piacere e cercava la mia bocca. Allora, lui supino, coi suoi talloni puntati contro le mie clavicole e la lingua nella sua bocca col mio cappellone contro i suoi sfinteri ho iniziato a spingere. Sentivo i muscoli del suo ano tendersi e cercare di respingere il mio corpo estraneo. A un certo punto ho avuto l'impressione che qualcosa si fosse lacerato quando la cappella è entrata facendosi spazio gradualmente nel suo retto. Ho continuato lentamente ma inesorabilmente a spingere gradualmente finché tutto il mio bestione ha riempìto il suo budello nel mentre che Ila faceva profondi respiri sincopati.
- Ti faccio male?
- Un po' ma ne vale la pena. Voglio essere una cosa sola con te.
Ho cominciato a muovermi dentro di lui lentamente ma accelerando quando mi sono reso conto che cominciava a provare piacere. Con gli occhi chiusi, in uno stato estatico biascicava monosillabi incomprensibili finché strabuzzando gli occhi ha eiaculato sul suo ventre. Allora ho puntato le ginocchia, mi sono inarcato di più e ho sfruttato al massimo la corsa del mio uccello dentro il suo budello estraendolo tutto e reinserendolo prepotentemente in quell'orifizio slabbrato e palpitante che subito lo accoglieva chiudendoglisi attorno. Quando Eros ha voluto, ho raggiunto la misura dell'orgasmo ed eruttato nel culo di Ila un quantitativo taurino del mio seme dopo di che mi ci sono accasciato sopra, lasciando che i suoi piedi mi abbracciassero i fianchi e ci siamo addormentati entrambi.

Aurora ci colse ancora in quella posizione. Sentivo gli sfinteri di Ila stringermi il cazzo ormai smollato dal che ho dedotto che non si era lacerato nulla. La sua espressione era estatica, le sue chiappe lisce un portento e subito l'ho desiderato di nuovo. Me lo sono tirato sopra con la sua schiena sul mio petto e da sotto ho guidato il mio glande al suo buchetto. Ila si muoveva con lenti movimenti circolari mentre il suo cazzo svettava verso l'alto. Gliel'ho afferrato e, facendogli un po' male, gli ho sollevato tutto il corpo adattandolo all'inclinazione della mia verga che è entrata strappandogli alcuni lamenti. Ila continuava nel suo movimento rotatorio ed io lo sostenevo ficcando le mie manacce sulle sue chiappe turgide. Ben presto il godimento ci ha preso e questa volta mugolavo pure io. Tutta l'ambrosia dell'Olimpo non valeva gli attimi di piacere che Ila mi procurava. Poi si è sollevato rimanendo seduto sul mio nerchione e si è abbassato a leccarmi una ad una le dita dei piedi; in seguito ha compiuto un mezzo giro sul mio uccello e mi è venuto a baciare mentre non smetteva di mungermi l'asta coi muscoli elastici del suo buco del culo. Il sesso quella mattina fra noi durò due ore abbondanti ma fu solo il preludio di una lunga serie di sane scopate che solo il suo rapimento fecero cessare.
Non pensare che Ila, sebbene si facesse fottere, fosse un efebo. Tutt'altro. Era un giovane uomo dal fascino malinconico caratterizzato da un volto tondo ma non troppo privo di peluria, labbra sensuali e folta capigliatura a grosse ciocche mosse che ricoprivano le orecchie. Il corpo era muscoloso e ben tornito, braccia e gambe potenti, vita sottile, fianchi stretti e un cazzo di tutto rispetto.

Ila mi ha seguito ovunque ed io lo volevo sempre con me. Ci imbarcammo con Giasone assieme alla truppa degli argonauti alla ricerca del vello d'oro e, durante una sosta a Misia, Ila ed io scendemmo dalla nave e lui si allontanò in cerca di una fonte d'acqua dolce. Le ninfe della fonte se ne innamorano immediatamente e nel momento in cui Ila si chinò per prendere l'acqua, una delle ninfe lo prese e lo tirò verso l'acqua per baciarlo nonostante i suoi gusti sessuali contrari. Fu trascinato nel fiume da tutte le ninfe ed io sentii le sue grida disperate, non perché non sapesse nuotare, ma perché aveva realizzato bene qual era il futuro che lo attendeva: sette ninfe affamate di sesso che lo avrebbero violentato a turno fino alla fine dei tempi. Sento ancora in testa quelle urla strazianti; ricercai disperatamente e a lungo il mio eròmenos tanto che gli Argonauti ripartirono senza di me. Ma di Ila non c'era più traccia.
Non che in seguito mi fossero mancate altre imprese. A un certo punto della mia vita gloriosa dovetti raggiungere l'Ade per rapire Cerbero. Prima andai ad Eleusi, dove mi purificai per aver ucciso i Centauri e solo dopo essermi purificato potei accedere all'Erebo.

Quel cane con tre teste rappresentava il passato, il presente e l'avvenire che contengono e divorano tutte le cose. Il fatto che io l'abbia vinto dimostra che le azioni eroiche sono vittoriose del tempo e sussistono nella Memoria della posterità.
In quell'occasione incontrai nell'oltretomba diversi indovini famosi a cui chiesi di Ila ma nessuno ne sapeva nulla. Pareva che non fosse né tra i vivi né tra i morti. Ma uno di loro mi disse che non sarebbe del tutto sparito dalla Memoria della posterità in quanto da qui a un paio di migliaia di anni, in un'era di repressione e ipocrisia, un artista ne avrebbe raffigurato il ratto su una certa superficie piatta, un po' come noi rappresentiamo certe scene sulle anfore. Si sarebbe trattato della raffigurazione delle ninfe intente a fare il bagno mentre accerchiano un giovane ed aitante giovanotto, un bel manzetto che si sporge sullo stagno dove sette ninfe stanno evidentemente raffreddando i propri estrogeni, non abbastanza raffreddati tuttavia da non trascinare il giovane con loro per goderselo ripetutamente. Ma oltre il danno la beffa perché il giovane violentato sarà pure, in spregio al mito, oscurato perché fatto passare per uno spregevole maschilista seduttore di pavide e verginali fanciulle di fresca bellezza e dall'allegro sorriso. Addirittura verrà pensato che i suoi gusti sessuali fossero falsamente rivolti al proprio genere, giusto per poter meglio attuare le sue bieche mire predatorie. Quando dopo una miriade di avventure toccò anche a me di schiattare e mio padre Zeus mi portò sull'Olimpo dove mi sposai pure Ebe, la coppiera degli dei, nel profondo speravo di incontrare il mio vecchio compagno da qualche parte. Invece no, sparito come neve al sole e nessuno di lui ne aveva saputo più niente.

Un giovane capace di dare siffatto godimento non dovrebbe essere privato addirittura del suo spirito. Poteva essere consolatorio il fatto che il suo mito ispirasse gli artisti. Ma, evidentemente, per lui non ci dev'essere pace e la rappresentazione di alcune ninfe discinte ritratte mentre fanno un bagno nella natura e concupiscono un maschio riottoso sarà nelle epoche future, troppo scabrosa e perfino mistificata."


Animula vagula blandula / Hospes comesque corporis / Quae nunc abibis in loca
Pallidula rigida nudula / Nec ut soles dabis iocos

(Adriano imperatore 76 -138 d.C.)
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