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Gay & Bisex

Il riscatto 2 - Il nonno viene a riscuotere


di Porco86_Milano
13.03.2025    |    512    |    3 8.7
"“Ti piace, eh?” diceva uno mentre mi veniva in bocca..."
Ero a letto, il pomeriggio stava quasi finendo, e ancora una volta avevo accettato l’ennesimo cliente per tirare su qualche euro.

Avevo bisogno di soldi. Ora più che mai.

Ma nessuno pagava abbastanza per quello che io sapevo valere, o meglio, che sognavo di valere.

Il rider era magrebino, giovane, muscoloso, tatuaggi sulle braccia e un odore forte di sudore e dopobarba economico.
Era venuto a casa mia con la scusa di portarmi qualcosa da mangiare, ma sapevamo entrambi cosa sarebbe successo.

Ero già piegato sul letto, con il culo all’aria, nudo, mentre lui si sfilava i jeans e lasciava cadere la maglietta a terra, senza nemmeno salutarmi.

Appena il suo cazzo — lungo, scuro, spesso, con le vene gonfie — sfiorò il mio buco, un brivido mi attraversò la schiena, e sentii il cuore accelerare.

“Stai pronto, troietta”, mi disse, e senza troppi complimenti mi spinse dentro, con un colpo secco che mi fece gemere forte.

Il letto scricchiolava sotto di noi, mentre lui iniziava a scoparmi con colpi lenti ma profondi, affondando tutto il cazzo dentro di me a ogni spinta.
“Lo vuoi, eh? Cagna arrapata…”
Io ansimavo, con le mani che afferravano le lenzuola, e il cazzo duro sotto di me, che gocciolava già liquido trasparente.

E fu proprio in quel momento che la porta si aprì.

“Vedo che ti diverti ancora, Paolino.”
La voce di mio nonno mi trapassò la schiena come una lama gelata.

Mi bloccai di colpo, il cuore in gola.
Mi voltai di scatto, ma il rider continuava a muoversi dentro di me, quasi eccitato da quella presenza inaspettata.

Il nonno era lì, appoggiato allo stipite, le chiavi di casa in mano, lo sguardo duro, il sorriso sprezzante.

“Finisci quello che stavi facendo,” disse al rider, senza nemmeno guardarlo.

Il ragazzo sorrise e ricominciò a spingere dentro di me, ora ancora più deciso, mentre io gemetti, pieno di vergogna ma anche di eccitazione per quello sguardo che mi bruciava addosso.

Mio nonno si sedette su una sedia davanti al letto, le gambe larghe, le mani intrecciate sul pacco gonfio sotto i jeans, e mi fissava mentre venivo scopato davanti a lui.

“Guarda come sei ridotto. E non pensavi di pagarmi, vero?”

Io ansimavo, con le lacrime agli occhi, il cazzo duro che batteva contro il materasso a ogni spinta del rider.

“Lo so che ti piace, Paolino. Ti piace mostrarti così, eh? Schiavo, troia, davanti a me.”

Il rider affondò ancora più forte, e il mio cazzo esplose in una sborrata improvvisa, violenta, senza che lo toccassi, mentre gemevo il nome del nonno piano, come un sussurro soffocato.

Sentii il ragazzo riempirmi subito dopo, con un gemito basso e soddisfatto, e poi si tirò fuori lentamente, lasciandomi vuoto, bagnato e ancora tremante.

Mio nonno si alzò in piedi lentamente, venne verso di me e mi diede uno schiaffo secco sulla faccia, facendomi girare la testa.

“Così mi ripaghi, Paolino? Con questa buffonata? I soldi dove sono?”

“Non ce li ho…” sussurrai, con la voce rotta. “Mi servono per… migliorarmi… per cambiare vita…”

Lui rise, ma era un riso freddo, cattivo.

“Tu non cambierai mai. Tu sei questo. E sarai questo finché io vorrò.”

Mi prese per i capelli e mi tirò su dal letto, nudo, ancora col cazzo mezzo duro, sporco del rider.

“Vestiti.”
Mi lanciò sul letto il jockstrap nero e le sneakers.

“Solo questo. E poi vieni con me.”

Mentre mi vestivo, tremante, il nonno si accarezzava il pacco gonfio nei pantaloni, fissandomi senza dire una parola.
“Muoviti.” Disse.

Uscimmo di casa. Durante il viaggio, mentre lui guidava, io non riuscivo a staccare gli occhi dalla sua erezione, palese, dura sotto i jeans.

Provai ad allungare la mano, ma mi scostò con forza.
“Non oggi, puttana. Oggi paghi.”

Arrivammo in una stradina buia, in periferia, vicino a Tor Bella Monaca.

“Via la giacca. Scendi.” Mi disse con un tono pacato e autoritario che non ammetteva repliche.

Mi tolsi la giacca, restando solo col jockstrap e le scarpe.

Dal buio cominciarono ad avvicinarsi figure.
Uomini sporchi, ubriachi, ragazzi di strada, vecchi barboni.

Li vidi apparire piano, come attratti dall’odore del sesso.

“Guardate che bella troia vi porto oggi”, sussurrò il nonno, accendendosi una sigaretta.

Uno mi venne vicino, mi accarezzò il petto, poi tirò via il jockstrap con uno strappo, lasciandomi nudo.

“Pieghiamolo, forza”, disse un altro.

Mi spinsero con forza contro il cofano della macchina, con il culo in alto.

Uno mi affondò un dito dentro, poi subito il cazzo duro, senza nemmeno avvisare, e cominciò a scoparmi.

Altri ridevano, e uno mi spinse il cazzo in bocca, iniziando a farmelo succhiare, sporco di piscio.

Altri ancora si avvicinavano.
“Lasciate un po’ anche a noi.”
“Guardate come gocciola dal cazzo questo porco.”

Ogni colpo dentro il mio culo e dentro la mia gola mi faceva tremare, e il mio cazzo continuava a gocciolare.

“Ti piace, eh?” diceva uno mentre mi veniva in bocca.
“Guarda che cagna”, diceva un altro, mentre mi stringeva le palle.

Mi pisciarono addosso, mi riempirono la bocca e il culo di sperma.
Io venni senza toccarmi, più volte, mentre piangevo e gemevo di piacere.

Quando fui a terra, esausto, tremante, pieno di liquidi, il nonno si avvicinò e mi tirò su per i capelli.
“A casa.”

Arrivati, mi buttò sul letto ancora lurido, si tolse i pantaloni e tirò fuori il suo cazzo enorme.
“Adesso paghi per davvero.”

Mi prese con forza, mi scopò con rabbia, mentre io venivo ancora, piangendo.
“Sei mio. Sempre mio. E lo sarai finché campo.”

Quando venne, mi riempì dentro, poi si alzò e prese i soldi nascosti sotto il letto.
“Non provare mai più a mancare un pagamento.”

Rimasi a letto, nudo, distrutto, tremante.

Eppure, mentre lo vedevo andar via, sapevo che lo amavo, come si ama il proprio padrone, il proprio dio, l’unico che può darti tutto o toglierti tutto.

E io, a ventuno anni, ero suo. Per sempre.

Continua…
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