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Il Maschio Alfa - 3/5


di leatherbootsfetish
05.06.2024    |    4.113    |    10 9.2
"Ancora una volta, presi atto del fatto che per lui non ero niente di più che un buco da riempire..."
Credo che gli piacesse entrare piano non tanto per un riguardo a chi si stava scopando, quanto piuttosto per fare in modo che il suo partner avesse modo di apprezzarne con gradualità sia le dimensioni che i rilievi superficiali.
E con me raggiunse perfettamente il suo obiettivo.

“Bambola, hai il buco più caldo e accogliente dell’universo. Voglio stare qui dentro per sempre. Dimmi che lo vuoi anche tu”. Disse quando arrivò a fine corsa.
Non c’era bisogno di fingere. Avere quel cazzo in culo è una delle migliori esperienze che si possano provare.
“Amore, hai il cazzo più bello del mondo. Mi fai godere come una vacca”. Gli risposi.
Contrassi i muscoli anali più che potei e lui sembrò gradire, appoggiò un braccio sulla mia schiena per tenermi fermo e cominciò ad andare avanti e indietro con grande calma per farmi godere dei rilievi delle vene gonfie che facevano affluire il sangue.
“Sei mia, bella fighetta”.
Aumentò gradualmente il ritmo continuando a svilirmi mentre il suo cazzo mi trapanava il buco e le palle sbattevano ritmicamente contro le mie.
“Cazzo che culo che hai. Hai fatto bene a tenerti stretta per me”
Sentivo che il mio cazzo avrebbe voluto esplodere ma non avevo nessuna possibilità di toccarlo.
“Sto venendo … eccolo, eccotelo …”. Lo sentii irrigidirsi un attimo prima che il suo seme denso venisse spruzzato dentro al mio corpo riempiendo il preservativo. Senza però che avessi potuto partecipare attivamente in alcun modo.
Ancora una volta, presi atto del fatto che per lui non ero niente di più che un buco da riempire.
“Porca troia, che scopata. Pensavo che volessi prosciugarmi” disse tornando a sdraiarsi sul letto di fianco a me senza degnarmi di uno sguardo.

Quando riprese fiato mi venne vicino e mi sussurrò: “Solo un ultimo favore per farmi contento”.
Si alzò e si mise in piedi a braccia conserte di fianco al letto, appoggiando la schiena contro al muro.
“Prendi quel clitoride che hai tra le gambe e masturbati. Voglio godermi le espressioni del tuo viso mentre godi”.
Rimase a guardarmi divertito mentre mi prendevo il cazzo in mano e cominciavo a smanettarlo come una furia. Ebbi soltanto una veloce visione del fallo penzolante di Sergio che si stava imbarzottendo a quella vista perché improvvisamente si piegò a raccogliere da terra uno dei suoi stivali. Me lo buttò in grembo dicendo “Tieni, se non ce la fai da sola puoi sempre aiutarti con questo”. E scoppiò a ridere.
Ma non ci fu bisogno di nessun supporto perché il mio cazzo cominciò ad eruttare fiotti di sperma sporcando ovunque. Sembrava non volersi fermare mai.
Crollai disteso sul letto ansimando, finalmente appagato, anche se non completamente soddisfatto.
Vedendomi boccheggiare si affrettò a dire: “Sei così troia che mi verrebbe voglia di scoparti in bocca di nuovo, ma preferisco tenerti per dopo. Metti un po’ di crema su quel culetto arrossato e poi vestiti che andiamo a mangiare. Sto morendo di fame”.
Dato che non era previsto che facessi la doccia non ci misi molto per rimettermi gli abiti che indossavo prima del suo arrivo e che non mi rimase molto atro da fare se non rimanere in attesa a guardarlo mentre finiva di vestirsi ammirandosi continuamente allo specchio.

“Passami gli stivali” mi disse con una strana faccia furbetta mentre si aggiustava il cavallo dei jeans compiacendosi ancora una volta della sua immagine riflessa ed io li raccolsi da terra mettendoglieli davanti ai piedi. Si sedette sul letto pronto per infilare il primo rimanendo però in attesa di qualche cosa. Mi guardò con un sorriso beffardo passandomi quella calzatura e mi ordinò: “Sei stata brava e meriti un premio. Puoi infilarmeli tu”.
Mi misi in ginocchio, allargai l’entrata per invitarlo a mettere il piede all’interno per poi tirarglielo sul polpaccio per permettergli di infilarselo, ma a quel punto spostò la gamba e appoggiò il tacco sul mio inguine premendo forte per calzare lo stivale fino in fondo. Ripetemmo l’identica sequenza con il secondo e quando mi fece rialzare guardò divertito l’erezione che gonfiava i miei pantaloni.
“Tu sei decisamente da curare” mi disse ridendo mentre li celava alla mia vista, facendoci scivolare sopra i jeans.

Era ormai troppo tardi anche per una pizza così optammo per un fast food. In quel breve periodo chiacchierammo del più e del meno senza che venissi a sapere niente di rilevante su di lui, salvo prendere coscienza che ero stato scopato selvaggiamente per tutta la sera da un trentenne che aveva cinque anni meno di me.
Per il resto, sembrava aver eretto un muro oltre il quale non lasciava passare nessuno. Era impenetrabile, freddo e controllato, come se avesse paura di lasciarsi andare.
A un certo punto si sporse verso di me e disse: “Usciamo da qui e torniamo a divertirci a casa tua. Non so cosa farci ma ho di nuovo voglia di fare sesso con te”.
Appena entrato tirò però dritto verso il bagno: “Tu comincia a spogliarti. Con tutta la birra che ho bevuto mi scappa troppo da pisciare”. Sergio non è certo un gentiluomo, ma compensa egregiamente con le altre sue qualità.
Una volta che mi fui denudato completamente mi misi a cercare qualcosa da bere per continuare la serata quando lo vidi tornare con indosso soltanto i boxer.
Venne alle mie spalle ma si limitò a prendermi per i fianchi strusciando il pacco contro il mio culo nudo con leggeri movimenti del bacino per farmi sentire quanto fosse eccitato.
“Bambolina… mmhh…, credo di essermi innamorato di te. Vuoi sposarmi?” e concluse la battuta con una forte risata prima di lasciarmi per andare a stravaccarsi a gambe divaricate sul divano.

Pensai che fosse arrivato il momento giusto per prendere finalmente un briciolo di iniziativa senza aspettare passivamente che mi trattasse alla stregua di un sex toy.
Mi parai in piedi di fronte a lui a gambe larghe impugnando il cazzo alla base per metterglielo bene davanti agli occhi e gli dissi: “Senti bestione, forse ti è sfuggito che io sono un uomo. Per tua informazione, sono orgoglioso di esserlo e mi sono rotto i coglioni che tu continui a ignorare questo fatto. Mi piace sapere di avere un cazzo tra le gambe e sono felice quando riesco a usarlo. Non so che problemi tu abbia, ma se prendi finalmente atto di questa evidenza ti prometto che mi metterò d’impegno per farti godere come solo un altro uomo sa fare. E ovviamente mi aspetto che tu faccia altrettanto”.
Poi, cercando di simulare una fermezza che non avevo, aggiunsi: “Queste sono le mie regole da adesso in poi. Se non ti va bene puoi toglierti anche subito dalle palle. In caso contrario sono pronto ad occuparmi di nuovo del tuo uccello”.
Mi guardò in silenzio per un lungo momento mentre il suo cervello stava elaborando questa novità.

“Non c’è problema” rispose serio.
“Che tu ti senta femmina oppure maschio per me è assolutamente ininfluente. L’unica cosa che conta è che tu prenda coscienza di ciò che sei veramente”.
Si alzò in piedi e mi prese la testa tra le mani guardandomi dall’alto.
“Scommetto che non vedi l’ora di infilarti di nuovo il mio cazzo in gola e so già che mi implorerai di infilzartelo ancora dentro quel bel culetto che hai.
Quello che devi capire è che non lo fai per il tuo o per il mio piacere ma soltanto perché questa è la tua natura. Tra noi c’è stata una chimica pazzesca fin da subito perché è evidente che vogliamo entrambi la stessa cosa, anche se da due punti di vista opposti.”

Nel mio stato confusionale non avevo compreso a fondo le sue parole ma fu sufficiente che mi guardasse in quella maniera mostrandosi seminudo davanti ai miei occhi che mi chinai e gli abbassi i boxer, gli infilai una mano tra le gambe e mi portai il suo biscione alla bocca dopo averglielo scappellato e accarezzato con le dita.
Volevo che fosse orgoglioso di me e del servizietto che gli stavo facendo così gli baciai la cappella tenendola appoggiata sulla mano e rifinii il lavoro passandogli più volte la punta della lingua sul taglietto mentre il pene si ingrossava velocemente prendendo vigore, fino a svettare orgoglioso nella mia mano.
Avere quell’organo vivo e pulsante tra le mani è sempre un’esperienza. Lungo e forte, orgogliosamente spiegato verso l’alto e avvolto da un reticolo di vene in rilievo con due bei coglioni penzolanti a completamento.
Dopo essere rimasto a guardarlo affascinato per qualche istante potei finalmente rimettermelo in bocca tenendolo stretto alla base per poter succhiare e leccare la cappella gonfia. Infine, aprii la bocca cercando di inghiottirne il più possibile e lo rinchiusi tra le labbra cominciando a lavorarglielo.
Ma con il tempo e l’esperienza ho imparato che un pompino dà molta più soddisfazione quando vengono coinvolti anche il cervello e la vista di entrambi i partecipanti. Così feci in modo di tenere sempre lo sguardo verso l’alto per non perdere il contatto visivo con il gigante che troneggiava su di me, gratificato dell’eccitazione che leggevo nei suoi occhi.
Continuava a fare strane smorfie con la faccia, soffiava ed inspirava con la bocca accarezzando contemporaneamente la mia testa e il suo petto.

“Hai visto che avevo ragione? Stai cominciando a capire che non riesci più a fare a meno di lui. Succhia … Ciuccialo per bene ...” mi incitò spingendo il bacino in avanti per facilitarmi il compito, pizzicandosi in continuazione i capezzoli.
Gli ciucciai l’uccello tenendogli le palle nella mano o accarezzandogliele piano tirandole verso il basso, poi usai entrambe le mani per segarlo senza smettere di succhiare con la bocca.
Mi rimise una mano sulla nuca per gestire il ritmo sincronizzato con il bacino mentre io cercavo di prenderlo il più in fondo possibile, producendo saliva a fiumi.
Sapendo quanto ne fosse orgoglioso, mi dedicai con impegno anche alle palle pendenti approfittandone per rilassare la mascella. Sergio si godette ogni istante del mio servizietto accarezzandosi i pettorali in preda a una grande eccitazione.
Andai avanti così per un lungo periodo, deciso a mungerlo fino all’inverosimile con la bocca, mentre facevo scorrere le mani sugli addominali duri.
“Sto venendo. Tira fuori la lingua” mi ordinò all’improvviso, ma io disubbidii serrando invece le labbra attorno al suo scettro poco prima che cominciasse ad eiaculare tutta la sborra che ingoiai con gioia.
Al termine se lo lasciò pulire completamente prima che gli tirassi su di nuovo i boxer, sistemando poi con cura al loro interno l’uccello che si stava rilassando.

Senza dire niente, Sergio si piegò su di me, mi alzò la testa verso di lui e mi diede un primo, veloce, bacio a stampo.
“Sei stato fantastico. Tu sei decisamente un maestro nel lavoro di mano e di bocca”
Sebbene disorientato riuscii a reagire rapidamente.
“Eh, no, bello mio. Ti ho appena fatto un pompino con i fiocchi e la tua sborra calda sta ancora scivolando nella mia gola. Mi merito qualcosa in più” gli dissi alzandomi e mettendogli un braccio attorno al collo, tirandolo a me per arrivare a mettergli la lingua in bocca.
Per la prima volta Sergio ricambiò quel contatto, mi prese tra le braccia sistemandosi le mie gambe attorno alla vita e limonammo per qualche secondo.
“Sei un piccolo frocetto cazzuto. In tutti i sensi” mi disse mentre mi rimetteva giù.
Nonostante non mi sia mai ritenuto piccolo presi quest’affermazione come un complimento ritenendo che, con tutta probabilità, fosse abituato a riparametrare tutte le persone sulla base della sua statura.
“E tu sei un grande uomo con un grande cazzo. Se però tu non fossi così deficiente avremmo la possibilità di divertirci molto di più”.
Rimase interdetto per un attimo poi si piegò nuovamente per baciarmi tenendomi la testa tra le mani, lasciandosi finalmente andare un po’.
“Senti biscottino, sto morendo di sonno e non ho un cazzo di voglia di tornare a casa a quest’ora. Resto a dormire qui così domani sarai più comodo per occuparti ancora un po’ di me”.

Era ormai evidente che avevo fatto una stronzata e che la situazione mi era sfuggita di mano.
Stavamo andando ben oltre la semplice botta e via che avevo pianificato, tanto più che, vedendo che assecondavo qualunque sua decisione senza controbattere, Sergio stava cominciando a disporre di me e della mia casa come se fossimo di sua proprietà.
Non era certo la prima volta che passavo la notte con una persona conosciuta da poco, ma quando è successo ero sempre stato io ad avere il controllo della situazione e non era mai capitato che degli sconosciuti rimanessero a dormire a casa mia senza che fossi stato io a deciderlo. Men che meno una persona apparentemente non troppo raccomandabile.
Non sapevo assolutamente nulla di lui e mi stavo apprestando ad accoglierlo nel mio letto senza avere alcun controllo della situazione. Ma era tanto tempo che qualcuno non mi prendeva di testa in quella maniera, giocando con tutti i miei sensi ed eccitandomi fino al punto da rendermi succube della sua personalità, che non ce la feci a dirgli di no.

Mi tirò giù dal divano come fossi stato un fuscello e mi sistemò contro il suo petto come amava fare per trasmettermi la forza e la potenza del suo fisico e ancora una volta dovetti constatare come ciò mi facesse sentire piccolo e impotente. Ma, al contempo, estremamente eccitato.
“Lo vedi frocetto che so anche essere delicato?”
Evidentemente aveva desistito dal trattarmi come una femmina, preferendo vedermi semplicemente come il suo giocattolo sessuale.

Mi portò in camera e mi buttò sul letto sfatto, fece volare via le mutande in un attimo per poi sdraiarsi nudo di fianco a me.
“Il tuo bel culetto sembra stare meglio e si meriterebbe un’altra ripassata, ma stasera mi hai munto fino al midollo e ora sto morendo di sonno; quindi, non azzardarti ad allungare le mani perché tanto non avrai niente fino a domani”.
“Stai sereno su questo. Oggi non potrei prenderlo un’altra volta nemmeno se lo volessi” gli risposi di rimando.
Aveva disteso un braccio sul mio cuscino e, interpretando questo gesto come un’offerta di abbraccio, appoggiai la spalla dentro a quell’incavo sentendomi improvvisamente rassicurato e protetto e quando piegò il braccio sulla mia schiena tutte le preoccupazioni di poco prima svanirono in un istante.

Non era ancora mattina quando mi svegliai con un’erezione imperiosa in mezzo alle gambe e una voglia incontenibile di potermi scaricare. Non riuscivo a controllare ciò che mi stava capitando, ma era sicuro che quell’uomo mi stava gradualmente trasformando in una ninfomane.
Sergio non era per niente il mio tipo. Troppo grande, troppo biondo, troppo distaccato e troppo concentrato su sé stesso. Per contro, aveva una personalità assolutamente magnetica e un fisico mozzafiato che mi avevano soggiogato, tenendomi attaccato a lui come una calamita e trasformandomi gradualmente nel suo docile e sottomesso schiavo sessuale.
Feci aderire il mio corpo a quello di Sergio che dormiva profondamente e, rimanendo con la faccia appiccicata al suo collo, gli accarezzai piano il petto ampio e completamente senza peli. Mi domandai, provando un po’ di invidia, quanto tempo passasse ad allenarsi per rendere quei pettorali così incredibilmente definiti e sodi.

Preso dall’eccitazione non mi fermai certo alla prima tappa e scesi sempre più in basso lungo il suo busto fino ad arrivare al cazzo moscio che giaceva disteso, appoggiato su una gamba.
I polpastrelli accarezzarono piano tutta la lunghezza di quel salsicciotto e non appena sentii che cominciava a crescere glielo impugnai completamente percependo il calore che emanava. Tenendolo stretto tra le dita cominciai un lento e languido su e giù, mentre continuavo a baciargli il collo e il mento per poi arrivare alla bocca.
Non c’era dubbio che mi stessi comportando come una vera troia affamata di sesso, ma non avevo più alcun tipo di controllo sulle mie azioni.
Nel dormiveglia Sergio ricambiò il mio bacio in maniera incerta fino a quando non si svegliò completamente, aprì le labbra e accolse la mia lingua ricambiando il bacio con trasporto.

Appoggiai la testa sul suo petto continuando imperterrito a massaggiargli delicatamente l’asta ormai in completa erezione prendendo sempre più consapevolezza del livello di sottomissione al quale mi aveva portato.
“Mi sembrava che avessimo fatto un patto. Ma adesso che me l’hai fatto diventare così duro non posso fare a meno di scaricarmi”. Disse con quel suo sguardo furbetto.
“Non ti devi preoccupare di questo. Rilassati e lascia che me ne occupi io” gli risposi guardandolo fisso negli occhi.
Scesi con la faccia tra le sue gambe e la mia bocca si impadronì di quel bastone nodoso che sapeva ancora di sesso, lo baciò con grande rispetto e ne ingoiò soltanto la punta ciucciando con passione la cappella mentre le mani gli segavano l’asta. Si svolse tutto in maniera così naturale ed istintiva che sembrava veramente che non avessi fatto altro per tutta la vita.
Sergio mi lasciò fare evitando qualunque tipo di controllo, limitandosi a passarmi le dita tra i capelli in maniera affettuosa.
Ma non ci perdemmo di vista nemmeno per un momento.
Mi ci lascò giocare a lungo godendosi ogni istante, mugolando e contorcendosi in continuazione fina a quando non sentii il bisogno irrefrenabile di giocare con la sua lingua.
Ē probabile che Sergio avesse avuto lo stesso desiderio perché mi accolse immediatamente e continuammo a baciarci per un tempo infinito senza però che interrompessi la sega che avevo cominciato a fargli, aumentando la velocità della mano all’aumentare dell’intensità della nostra slinguata.

Si fermò soltanto nel momento dell’orgasmo lasciandosi sfuggire un gemito di piacere, per poi ricominciare a baciarmi immediatamente dopo, con un trasporto del tutto nuovo.
Al termine mi portai la mano alla bocca, leccandola bene per ripulirla del suo sperma, per poi risistemarmi con la testa sul suo petto.

“Fratello, se fai così ogni sera giuro che domani mi trasferisco veramente da te”. Il tono della voce indicava che stava scherzando ma era evidente che si stava finalmente rilassando.
Dopodiché rimanemmo in silenzio, ognuno nei propri pensieri, fino a quando il respiro regolare che gonfiava e sgonfiava il suo petto non mi confermò che si era riaddormentato.


Continua ...
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