Gay & Bisex
Non aprire quella porta - 7 - La luce in fondo al tunnel
di leatherbootsfetish
15.02.2023 |
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"Percorrendo i corridoi fino allo spogliatoio si fermava a salutare gli amici mentre io tenevo lo sguardo basso per l’imbarazzo..."
Quando mi svegliai ero ancora indolenzito ma non potevo certo esimermi dai miei doveri e così mi presentai in camera con il vassoio della colazione proprio mentre si stava svegliando. Aprii le finestre per lasciar entrare il sole e l’aria fresca del mattino augurandogli un buongiorno che ricambiò con fare indifferente.
Era evidente che aveva qualcosa per la testa ma non sapevo cosa fosse. Se ne stava in silenzio per i fatti suoi seguendomi con lo sguardo mentre mi aggiravo per la stanza riordinando i vestiti buttati in giro disordinatamente la sera precedente.
Mi chinai per raccogliere i suoi stivali abbandonati per terra alla base del letto e così mi ritrovai con la faccia a pochi centimetri dai grossi piedi scuri che sporgevano dal lenzuolo. Improvvisamente ebbi un moto di libidine e l’impulso irrefrenabile di baciarli.
Dovevo assolutamente darmi una regolata. Non era possibile che io perdessi il controllo ogni volta che mi ritrovavo nella stessa stanza con lui, ma era qualcosa che non riuscivo proprio a gestire.
Così mi accucciai alla base del letto e, fissandolo negli occhi, cominciai leccandogli la pianta del piede destro per poi mettermi in bocca e ciucciare il grosso alluce. Quindi iniziai la risalita, leccandogli con devozione le caviglie e i polpacci soffermandomi poi sull’interno delle cosce, inebriandomi del suo forte odore di uomo.
Lo tenevo d’occhio e fu quindi impossibile non vedere il suo pene innalzarsi rapidamente.
Mi resi conto che aveva ragione lui: cominciava a piacermi il cazzo ma soprattutto mi piaceva il suo.
Così lo impugnai e tenendolo saldamente tra le dita cominciai a leccargli le palle succhiandole con avidità. Poi partii con un accurato lavoro di lingua lungo tutta l’asta e ogni volta che arrivavo a fine corsa terminavo con un bacio sulla cappella.
Decisi però di tenerlo sulle spine, così abbandonai il pene pulsante e ripartii con il mio pigiama di saliva dalla parte opposta del corpo: cosce, polpacci, caviglie e dita del piede sinistro.
Non resistette più. Improvvisamente spostò il vassoio di lato, piegò le gambe, mi prese per la testa con entrambe le mani portandosela sul cazzo e, tenendola ben ferma, cominciò a scoparmi in bocca con violenza. Lui gestiva il ritmo e l’intensità, io potevo solo subire ma ero eccitato come una bestia.
“Sei veramente un maiale. Lo vedi che effetto mi fai?” disse con la voce strozzata. “Prendilo tutto fino in fondo. So che puoi farcela”.
Ansimava come un animale mentre io colavo saliva a profusione e cercavo di trattenere i conati di vomito causati dallo sbattere del suo lungo uccello sulle mie tonsille.
Poi mollò la presa e mi lasciò continuare da solo lasciandosi andare sui cuscini con le braccia incrociate dietro alla testa.
Lo sentii irrigidirsi e mi venne in gola con un urlo strozzato. Dopodiché si rilassò e io tenni in bocca il suo cazzo mentre si sgonfiava perdendo di consistenza. Ovviamente lasciò che mi occupassi di ripulirglielo, leccando e succhiando ogni goccia residua.
Poi mi sdraiai di traverso sul letto appoggiando la testa di lato sulle sue cosce con il cazzo moscio in primo piano mentre continuavamo a fissarci negli occhi. Glielo stuzzicavo con le dita e ogni tanto glielo baciavo.
Continuava a guardarmi in silenzio e io ancora non riuscivo a capire cosa gli stesse passando per la testa.
Ruppe il silenzio all’improvviso dicendo: “Sei stato una grande sorpresa per me. Ero convinto che ci sarebbe voluto molto più tempo per piegarti alla mia volontà, ma sei stato così intelligente da capire che non avevi scampo. Aiutato dalla tua voglia di cazzo e dal bisogno di sottomissione hai saputo interpretare i miei desideri ed a farli tuoi”
Ero stupito dalla voce rilassata, quasi amichevole, con la quale mi stava parlando.
“Ho deciso di darti una cosa che ho dato a pochissime persone: la mia fiducia. Sappi che non ti conviene deludermi”
Sorpreso e incredulo per questa rivelazione mi tirai su in ginocchio e mi affrettai a rispondere: “Grazie padrone, non vi deluderò. Sarò sempre il vostro devoto servitore”
“Basta con queste cazzate. I ruoli adesso sono chiari e puoi ricominciare a chiamarmi per nome” disse mentre si spostava di lato per alzarsi dal letto.
“Pulisci, metti in ordine questo casino e poi preparati che usciamo. Ti stai rammollendo e ti serve un po’ di palestra”.
Quell’uomo riusciva sempre a destabilizzarmi. Nonostante non fossi mai entrato in una palestra in vita mia ero molto orgoglioso del mio corpo tonico e asciutto. Non sono certo pompato, ma il mio fisico da ragazzo di campagna e ancora oggi solido e definito.
Ma non volevo contraddirlo e pur temendo di rovinare tutto con una domanda stupida gli chiesi: “Padr …. “. Il mio cervello non riusciva ancora ad abituarsi a questo nuovo corso. “…Mike, Perché una palestra dato che ce n’è una qui sotto, attrezzata di tutto punto?”
“Quella mi serve solo quando non ho voglia di uscire durante le fredde giornate invernali ma non mi piace allenarmi da solo. E poi voglio far vedere a tutti il mio nuovo acquisto”.
Era chiaro che si stava riferendo a me.
“Non voglio certo creare difficoltà, ma non sono sicuro di avere l’abbigliamento adatto” gli dissi.
“Sono certo che Francesco avrà pensato anche a questo. Guarda tra le tue cose e fai in fretta”
Misi tutto in ordine, cambiai le lenzuola del letto e andai in camera mia.
Tra le cose comprate con Francesco trovai due strani indumenti di un tessuto elasticizzato molto sottile.
Uno era formato da due semplici bretelle con un motivo leopardato che facevano un tutt’uno con un paio di slip con la stessa fantasia e certamente non mi sarei mai fatto vedere in giro vestito in quella maniera.
L’altro sembrava uno di quei costumi da wrestling che avevo visto in televisione.
Slacciai il gonnellino e lo indossai. Aderiva al mio corpo coprendolo dal torace a metà coscia ma il mio cazzo a riposo premeva sotto al tessuto leggero e, dato che non possedevo intimo, poteva muoversi liberamente all’interno.
Proprio mentre mi stavo domandando se fosse stata la cosa più opportuna da indossare per andare in palestra, Mike si affacciò sulla porta e disse: “Perfetto, so che posso sempre contare su Francesco. Cambiati, cercati un paio di scarpe nel mio armadio e andiamo”.
Tolsi quel costume elasticizzato e indossai jeans, maglietta e stivali. Andai nel suo armadio, misi un paio di Nike nella borsa e lo raggiunsi in macchina.
Arrivammo alla palestra dove Mike sembrava essere di casa visto che la ragazza all’ingresso lo salutò sorridendo con fare amichevole. Lui ricambiò il saluto con un sorriso complice, ci presentò al volo ed entrammo.
L’ambiente non mi colpì favorevolmente. Era asettico e impersonale con tante strane macchine disposte in maniera ordinata. C’erano specchi ovunque e persone di tutte le età che ripetevano all’infinito gli stessi movimenti, apparentemente senza senso.
E poi c’era quello sgradevole odore di sudore e disinfettante misti a chissà cos’altro che aleggiava ovunque.
Mike mi fece entrare nello spogliatoio e mi condusse agli armadietti che ci avevano assegnato.
Lo vidi sfilarsi gli stivali e togliersi jeans e camicia rimanendo completamente nudo e mi affrettai a fare altrettanto. Indossò una tuta verde e grigia dai pantaloni attillati ma comodi, una felpa con cappuccio che metteva in risalto il suo fisico scolpito e un paio di scarpe bianche.
Rimase a guardarmi mentre indossavo il mio sottile costumino. Non c’era modo di nascondere il mio pisello che si stava imbarzottendo alla vista del pacco penzolante che premeva sotto i pantaloni della tuta di Mike.
Lui se ne accorse e disse sorridendo: “Farai impazzire tutte le donne e almeno la metà degli uomini che sono di là in questo momento. Andiamo”
Cominciammo con una corsa di riscaldamento sui rulli.
Guardando le nostre immagini riflesse dallo specchio potevo vedere i nostri cazzi che ballavano da una parte all’altra al ritmo della corsa, ma mentre quello di Mike era più discreto, il mio non era in alcun modo contenibile sotto al sottile tessuto elasticizzato.
Ero eccitato e imbarazzato allo stesso tempo.
Mike faceva a finta di nulla e continuava a chiacchierare con gran parte degli uomini e delle donne che affollavano la palestra. La sua falcata era felina, lunga ed aggraziata.
Mi portò in giro per tutta la palestra facendomi provare altre macchine che servivano per allenare braccia, gambe, addominali e ogni altro muscolo possibile. Poi decise che dovevo allenare i pettorali e mi portò verso una panca con bilanciere.
Mi fece sdraiare e si mise dietro la mia testa, mi spiegò l’esercizio e mi passò l’attrezzo assistendomi durante la salita e la discesa.
Facendo ciò, continuava a spingere in avanti il suo bacino così che, guardando in alto durante l’esercizio, avevo sempre davanti agli occhi il suo cazzo penzolante che premeva dentro i pantaloni della tuta.
“Se continui così me lo metto in bocca davanti a tutti” gli sussurrai. Lui si mise a ridere e, fingendo uno sforzo piegò di più le gambe e me lo piazzò esattamente sulla faccia. Come sempre, l’odore del suo sudore mi assalì e mi eccitò al massimo.
Solo quando mi alzai al termine delle ripetizioni mi resi conto dell’erezione che avevo in mezzo alle gambe e che non era possibile nascondere agli sguardi delle altre persone che si stavano allenando intorno a noi.
Mike decise quindi che potevamo andare a farci una doccia ed andarcene. Percorrendo i corridoi fino allo spogliatoio si fermava a salutare gli amici mentre io tenevo lo sguardo basso per l’imbarazzo.
Mentre mi stavo insaponando Mike mi disse a bassa voce: “Hai notato che quando siamo entrati le docce erano praticamente vuote? Guarda che effetto fai agli uomini”. Mi guardai intorno e mi resi conto che le docce erano adesso completamente occupate e che molti degli uomini presenti stavano guardando verso di noi con fare indifferente mentre si lavavano.
Tornando a casa chiacchierammo allegramente e ridemmo di quanto accaduto e, per la prima volta, lo vidi rilassato.
Lasciata la macchina mi disse: “Vado in piscina. Per pranzo preparami un sandwich”
Una volta cambiato andai in cucina, preparai il sandwich come richiesto e lo raggiunsi in piscina.
Quando mi vide raggiunse il bordo con le ultime vigorose bracciate ed uscì dall’acqua completamente nudo. Ormai mi conosceva bene e sapendo l’effetto che mi faceva non perdeva occasione per provocarmi.
“Aspetta qui” mi disse mentre si sdraiava sul lettino ad asciugarsi al sole ed io rimasi ipnotizzato dalle gocce che gli facevano brillare tutto il corpo liscio e muscoloso. Dopo qualche minuto, si alzò e mi mise in mano un tubetto di crema da sole. “Pensaci tu intanto che mangio”.
Cominciai dalle lunghe gambe ccucciato ai suoi piedi per poi alzarmi e ungergli il sedere, la schiena e le braccia forti. Spalmandogli la crema sui pettorali sodi e sull’addome piatto mi eccitai di nuovo.
Mi prese il pene saldamente in mano e disse: “Devi avere pazienza. Stasera avrai la tua razione di cazzo e ti consiglio di essere pronto per allora. Prenditi il pomeriggio libero per prepararti a dovere”.
Lo guardai mentre si sdraiava di nuovo sul lettino e me ne andai con l’immagine di quell’uomo dalla pelle scura sdraiato sotto al sole, con il membro mollemente adagiato sulla coscia.
Ma le sue ultime parole non mi erano affatto chiare e così chiamai Francesco che disse che mi avrebbe raggiunto entro mezz’ora per darmi una mano. Quando arrivò ci chiudemmo in camera mia e prese due dildo che mi aveva comprato.
“Come ti dicevo, devi essere sempre pronto per qualunque evenienza. Cominciamo con questo” disse impugnando quello di dimensioni minori.
Mi fece mettere a quattro zampe e mi versò il gel sul buchetto assicurandosi che ce ne fosse a sufficienza anche all’interno. Unse per bene anche il dildo e cominciò a infilarmelo lentamente.
Date le ultime esperienze riuscii a prenderlo senza difficoltà e Francesco lo spinse più volte dentro e fuori.
“Credo che siamo pronti per qualcosa di più impegnativo” e ripeté la stessa procedura con quello di dimensioni più grosse. Qui le cose furono meno facili e lo accolsi con maggiore fatica. Ma entrò anche questo. Evidentemente quella pratica doveva aver eccitato Francesco perché continuava a sistemarsi l’asta da sopra i jeans.
A un certo punto si fermò, mi fece mettere sdraiato a pancia in su con il dildo ancora ben piantato nel culo e si mise in bocca il mio cazzo eretto cominciando un lento pompino, distogliendo quindi la mia attenzione da quell’attrezzo in lattice che invadeva il mio intestino.
Fu il miglior pompino della mia vita.
Si dice che solo un uomo sa interpretare i desideri di un altro uomo ed effettivamente Francesco riuscì a rendere quell’esperienza indimenticabile. Probabilmente ne avevo accumulata troppa nei giorni precedenti e quando giunse l’orgasmo gli riempii la bocca con una serie infinita di schizzi. Lui succhiò avidamente e al termine mi regalò uno dei suoi sorrisi radiosi con il mio seme che gli colava dalla bocca.
Giocò ancora un po’ con il dildo e lo estrasse dicendo: “Ecco, dovresti essere pronto. Ma non ti dimenticare di tenere il culo lubrificato” e scappò via furtivo come quando era arrivato.
Dopo una rapida doccia mi toccai in mezzo alle chiappe e, resomi conto della larghezza del mio ano, mi domandai se avrebbe mai ripreso le sue dimensioni normali.
Stavo ancora rilassandomi nudo sul letto quando mi resi conto che stava venendo sera. In quel momento Mike entrò nella mia stanza senza bussare e mi buttò qualcosa sul letto dicendo: “Vestiti, tra mezz’ora usciamo”. Mi aveva portato un paio di pantaloni e una giacca, entrambi in morbida pelle nera che indossai velocemente oltre a un paio di stivali da biker.
Quell’abbigliamento non finiva mai di eccitarmi e non vedevo l’ora di farmi vedere da tutti vestito in quella maniera.
Andai di là e rimasi senza fiato quando lo vidi vestito con un paio di attillatissimi jeans leggeri sotto i quali si disegnavano chiaramente i grossi testicoli che spingevano sotto la stoffa sottile e il membro che correva lungo la coscia. Li aveva infilati in un paio di alti stivaloni neri e sotto la giacca in pelle non indossava nulla. Un cappellino con visiera e un paio di occhiali scuri completavano l’outfit.
Ero sicuro di aver visto un’immagine simile in una delle riviste leather della stanza segreta, ma averlo davanti in carne e ossa era tutta un’altra cosa. Era l’essenza della mascolinità ed era incredibilmente eccitante.
“Andiamo”.
“Non hai paura di essere riconosciuto?
“Il posto dove stiamo andando non è certo frequentato dalle persone della mia azienda. E poi ormai è quasi buio”.
Guidò per quasi un’ora durante la quale mi chiese: “Che effetto ti fa essere vestito così?”
“Mi piace da impazzire la sensazione che questi pantaloni e la giacca trasmettono sotto alla pelle.
È come se qualcuno ti accarezzasse continuamente tutto il corpo e quando sono vestito così mi ritrovo in uno stato di continua eccitazione”.
Rise sonoramente: “E la cosa bella è che non ci si abitua mai”
Ci fermammo davanti a quello che sembrava un capannone. Una squallida insegna al neon lo identificava come un leather club.
Varcata la soglia, nonostante la luce fioca vidi decine di uomini, la maggior parte dei quali vestiti più o meno come noi. Un cameriere vestito soltanto di corti pantaloncini di jeans e stivali texani ci fece accomodare in un angolo riservato, ci portarono da bere e ordinammo qualcosa da mangiare.
“Questa è una delle mie valvole di sfogo dalla routine quotidiana” mi confidò. “Qui posso essere me stesso e incontrare persone che hanno i miei stessi interessi”. “Vai a farti un giro, intanto che faccio un paio di telefonate”
Mi alzai e cominciai a girovagare senza una meta precisa guardando distrattamente gli uomini seduti al bar che si sorseggiavano una birra chiacchierando e guardandosi intorno, coppie che si baciavano sui divanetti appartati o si toccavano negli angoli più bui. C’era anche una stanza adibita a discoteca gremita di uomini più o meno muscolosi che ballavano muovendo il loro corpo e strusciandosi tra loro in maniera scandalosa e inequivocabile.
Raccolsi tantissimi sguardi ammiccanti e qualcuno mi accarezzò sensualmente il sedere o il pacco.
Tornai da Mike e mi sedetti al suo fianco allungando languidamente una mano sulla sua coscia, risalendo fino a sfiorargli con le dita il cazzo stretto in quei pantaloni.
“Mi fai impazzire vestito così. Praticamente non lasci niente all’immaginazione”.
“Non temere, stasera avrai di che divertiti”
“Che posto! Stavo riflettendo su quanto sia lontano questo mondo da ciò che ho conosciuto nella mia breve vita. Grazie per avermi portato qui”.
Lui mi rispose: “Però devi fare attenzione. Qui è pieno di psicopatici che non si fanno scrupoli a superare il limite. Possono farti molto male”.
Passammo un’ora a guardare e commentare le persone che ci passavano davanti. Mike sembrava conoscere tutti ed avere una storia per ognuno di loro.
A un certo punto mi disse che si era fatta ora di tornare a casa e durante il tragitto mi chiese:
“Come ti senti?”
“Frastornato e eccitato” risposi di botto. “Mi sembra di non aver cominciato a vivere solo adesso”
“A chi devi tutto ciò?”
Lo guardai languido “Solo al mio padrone”
“E come pensi di esprimere la tua gratitudine?”
Capii l’antifona e allungai la mano sul suo cazzo accarezzandoglielo attraverso quei jeans stretti sentendo che le vene stavano cominciando a far affluire il sangue.
“E’ così grosso!” pensai tra me e me mentre mi venivano in mente i pensieri peggiori.
Mentre guidava verso casa gli aprii la patta, lo tirai fuori a fatica e cominciai a menarglielo lentamente mentre cresceva. Poi cercai una posizione il più comoda possibile in quella macchina sportiva, me lo misi in bocca e glielo succhiai avidamente finché non eiaculò rischiando di andare fuori strada.
Una volta a casa gettò le chiavi all’entrata e mi prese per mano guidandomi al piano di sopra.
Mentre salivamo le scale non smettevo di ammirare il suo culo alto e sodo che i jeans mettevano in risalto.
Arrivati in camera sua si appoggiò alla scrivania tenendomi di fronte a lui e disse: “Spogliati per il tuo uomo”
Dati i pochi vestiti che indossavo fu presto fatto. Tolsi la giacca, gli allungai prima una gamba poi l’altra chiedendogli languidamente una mano a cavare gli stivali e quindi sbottonai lentamente gli attillati pantaloni neri e lui me li tolse tirandoli dal fondo.
Mi adagiai completamente nudo al suo corpo massaggiando il suo cazzo con una mano e i pettorali con l’altra e succhiandogli i capezzoli duri.
“Sei proprio una puttana vogliosa di cazzo. Ma non temere tra poco avrai ciò che desideri” mi bisbigliò all’orecchio.
Mi accucciai e cominciai a slacciargli i bottoni della patta. Liberai il suo membro e lo impugnai mentre continuavo a guardarlo negli occhi rimanendo ai suoi piedi.
“Spogliami” disse allungando un piede. Abbracciai la sua gamba e cominciai lentamente a leccare lo stivale prima di sfilarglielo, ripetendo poi l’operazione con l’altra.
Poi cominciai a baciargli le lunghe gambe ancora avvolte nei jeans stretti partendo dall’interno coscia, soffermandomi lungamente sul cavallo e su ciò che si disegnava al di sotto della stoffa.
Li sbottonai completamente e glieli calai per poi sfilarglieli, tirandoli dal basso. Mi alzai e tornai a succhiargli i capezzoli togliendogli la giacca per poi buttarla a terra insieme al resto.
Mi buttò su letto e si posizionò sopra di me. Impugnò entrambi i nostri membri con la sua grande mano nera muovendoli su e giù e guardandomi fisso negli occhi sibilò: “Preparati a ricevere il tuo osso di ricompensa”
Mi allargò le gambe e sputò sul buchino. Sparse la saliva con la mano, accarezzandomelo con il dito medio e mandandomi in estasi.
Poi salì sul letto e si mise sopra di me dalla parte opposta così che, avendo il suo palo davanti agli occhi non potei far altro che infilarmelo in bocca e cominciare a succhiare.
Lui continuò ad accarezzarmi, picchiettarmi e insalivarmi l’ano trasmettendomi scariche che mi arrivavano dritte al cervello.
Poi mi fece inginocchiare sul pavimento ai piedi del letto, si sedette sul bordo e si sdraiò indietro appoggiandosi sui gomiti mentre io rimanevo per terra davanti a lui.
Il suo membro troneggiava davanti a me in attesa della mia bocca e della mia lingua ed io non lo feci attendere. Nonostante i crampi alla mandibola continuai per un tempo interminabile.
Mi alzò nuovamente e mi fece mettere a quattro zampe sul bordo del letto. Sputò sul buco ancora una volta, appoggiò la punta e cominciò a spingere con decisione.
Grazie all’allenamento del pomeriggio entrò quasi senza fatica e arrivato in fondo si fermò per permettere ai tessuti di abituarsi all’intrusione e per, ne sono sicuro, sottolineare che lo scettro del potere era in mano sua e stabilire ancora una volta chi tra noi due fosse il maschio.
Io non avevo bisogno di ulteriori certezze ed ero perfettamente cosciente che quando stavo con lui a me spettava il ruolo della femmina devota. Così presi l’iniziativa e cominciai a muovere il mio bacino impalandomi sul suo grosso membro, godendo come una troia consumata.
Poi mi fece girare a pancia in su tenendomi le gambe divaricate in una posizione oscenamente aperta, con gli occhi fissi nei miei.
Ma in loro non c’era più la rabbia e la cattiveria dei giorni precedenti. Leggevo solo la sua lussuria e il suo bisogno di dominarmi.
Entrò di nuovo e si mise a pompare come un animale. Mi spinse più indietro in modo da poter salire sul letto con me, appoggiò le mie gambe sulle sue spalle e ricominciò. Larghe gocce del suo sudore mi piovevano addosso bagnandomi il petto e l’addome.
Non so più quanto tempo passò e quante posizioni cambiammo. Quando si rese conto di essere arrivato alla fine mi ordinò di inginocchiarmi davanti a lui con le mani a coppa a ricevere il suo seme.
Schizzò ovunque come una furia ed io la raccolsi come potevo per poi mettermela in bocca leccandomi le dita.
Mi facevano male tutti i muscoli ma ero appagato e mi sentivo felice come non mi capitava da tanto tempo.
Ci rilassammo nel suo letto uno di fianco all’altro con i nostri corpi che sapevano di sudore e di sesso e quel profumo mi entrava prepotente nelle narici mentre stavo accoccolato con la testa appoggiata sul suo petto e una gamba piegata sulle sue. Gli stuzzicavo il pene mentre lui mi accarezzava dolcemente il sedere.
E così ci addormentammo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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