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Non aprire quella porta - 4 - Una nuova consapevolezza


di leatherbootsfetish
14.01.2023    |    5.206    |    10 9.6
"Cominciò a mangiare senza dire una parola e mentre sorseggiava il suo caffè mi misi in bocca il suo uccello duro e cominciai a fargli il pompino del buongiorno..."
Mangiò da solo senza degnarmi nemmeno di uno sguardo, navigando e chattando sul cellulare o chiacchierando con gli amici. Al termine della cena si alzò e si stravaccò sul divano a guardare la televisione continuando ad ignorarmi.
Io sparecchiai e rimisi tutto a posto. Ero pronto per andare in camera mia quando mi chiamò.
Continuando a guardare la televisione e senza girarsi verso di me, disse: “Guarda che io mi stufo presto della routine e non sopporto di dover sempre essere io a dirti cosa devi fare. Per il tuo bene, ti consiglio di applicarti con impegno e devozione per anticipare ogni mio desiderio.”

L’ipotesi che potesse disfarsi di me come si fa con un oggetto usato, magari divulgando il mio segreto, mi piombò addosso con la forza di un macigno.
Cercai di interpretare le sue parole avvicinandomi e mettendomi in ginocchio davanti alle sue gambe aperte.
Cominciai a passare lentamente la mano sul profilo del suo cazzo mentre continuava a guardare la televisione. Poi gli aprii la patta ed estrassi il duro manganello. Cominciai a menarlo dolcemente rimanendone ipnotizzato.
A quel punto mi guardò fisso negli occhi e disse: “Fai molta attenzione. Io sono il tuo padrone e quando ti occupi di me non devi mai perdermi di vista. Quello che hai in mano è soltanto uno degli strumenti che ti serviranno per darmi piacere e quando lo farai dovrai sempre guardarmi, osservare le mie reazioni e adeguarti di conseguenza senza che io debba dirti nulla”.
Poi, senza aggiungere altro si girò nuovamente a guardare la televisione mentre io mi trovavo ancora con il suo bastone in mano.

Ricominciai quindi il mio servizietto guardandolo fisso in volto, cercando di percepire ogni sua espressione di godimento e di piacere, rallentando e accelerando a secondo di quanto mi diceva l’istinto, leccandolo per tutta la sua lunghezza o indugiando sulla cappella oppure mettendomi in bocca le sue grosse palle.
Non lo persi di vista nemmeno per un secondo e mi resi anche conto che il mio cazzo stava tornando duro e sollevava il gonnellino da casa.
“Paolo” era la prima volta che mi chiamava per nome da quando era cominciata questa nuova dinamica “tu impari in fretta e me ne compiaccio. Sappi che detesto che vada sprecata una sola goccia del mio seme”.
Udito ciò, mi affrettai a prenderlo in bocca e serrare le labbra prima che avesse il tempo di svuotarsi i coglioni.
Aiutandomi con mano, bocca e lingua feci il mio dovere fino a quando non raggiunse l’orgasmo e mi abbeverai del suo nettare tenendolo stretto in gola finché non finirono gli schizzi. Al termine succhiai con cura e devozione il suo pene per ripulirlo, lo rimisi al suo posto e mi leccai le labbra per eliminare ogni traccia residua.
Lo fissai in attesa di una reazione qualunque.
Non sorrideva ma si vedeva che era soddisfatto e senza nemmeno degnarmi di uno sguardo disse: “Adesso puoi andare a letto. Ti chiamerò se avrò ancora bisogno di te”.
Mi alzai e andai in camera mia camminando all’incontrario in modo da non voltargli mai le spalle.

Guardai il telefono e vidi un numero infinito di messaggi della mia fidanzata ma ero ancora troppo frastornato per chiamarla. Così le risposi mandandole un veloce messaggio di buonanotte.
Entrai in bagno e, sollevatomi il gonnellino, mi sparai una sega liberatoria.
Esausto, ma soddisfatto, mi feci una doccia calda e, dopo essermi abbondantemente spalmato il culo di crema lenitiva, andai a dormire nudo come sempre.
Quella sera, ripensando agli ultimi avvenimenti, ebbi una rivelazione che, in cuor mio, giustificava tutti gli avvenimenti delle ultime ore e mi offriva un ultimo barlume di speranza di salvaguardia del mio essere etero. E mi ci aggrappai.
Io volevo soddisfarlo, godevo del suo piacere e mi eccitava lo stato di sottomissione e umiliazione alla quale mi sottoponeva. Io non ero attratto dal suo cazzo, io ero attratto da lui e lui non era il mio uomo. Era il mio padrone.
Confortato da questa nuova consapevolezza, anticipai la sveglia di un’ora e finalmente mi addormentai.

Quando si fece l’ora di alzarsi indossai rapidamente la mia nuova uniforme da casa guardandomi allo specchio, notando che il sedere era molto meno arrossato.
Quindi mi avviai in cucina per preparare la colazione. Misi tutto su un vassoio e andai in camera sua. Appoggiai il vassoio sul comodino e mi avvicinai piano al letto.
Infilai una mano sotto il lenzuolo e impugnai il suo pene ancora in stato di riposo, stupendomi per l’ennesima volta delle sue dimensioni. Cominciai ad accarezzarglielo per tutta la lunghezza fino a farlo irrigidire per poi cominciare a menarglielo piano.
Il suo respiro accelerò e continuando la sega lenta sussurrai dolcemente: “Buongiorno signore, è quasi ora di alzarsi”
Quando aprì gli occhi lessi l’approvazione per la mia iniziativa. “Buongiorno”, mi disse stiracchiandosi e tendendo i muscoli di tutto il corpo. Staccai a malavoglia la mano da quel palo, mi alzai e gli misi il vassoio con la colazione sul letto.

Spostò leggermente il lenzuolo con la mano e le gambe scure e imponenti, in mezzo alle quali il suo cazzo svettava spavaldo, risaltarono contro le lenzuola bianche.
Cominciò a mangiare senza dire una parola e mentre sorseggiava il suo caffè mi misi in bocca il suo uccello duro e cominciai a fargli il pompino del buongiorno con grande dedizione.
Scoprii che gli piaceva quando baciavo la cappella e giocavo con la lingua sul taglietto o sul frenulo. Nonostante cercasse di mantenersi indifferente, le smorfie di piacere erano evidenti sul suo viso.
Imburrando il toast mi disse con noncuranza, sempre senza guardarmi: “Fai presto, oggi non ho tempo da perdere”. Così accelerai il ritmo e raggiunse l’orgasmo giusto al termine della colazione. Ovviamente tenevo la bocca sigillata su quell’idrante e ingoiai tutto rischiando di soffocarmi, ma non sprecai una sola goccia.
Quindi mi alzai, spostai il vassoio sulla scrivania e andai ad accendere l’acqua della vasca.

Lui arrivò poco dopo e si mise in piedi in attesa davanti al gabinetto guardandomi e improvvisamente io capii.
Mi accucciai di fianco a lui prendendogli il cazzo in mano e permettendogli di mirare la tazza con precisione. Al termine lo scrollai dolcemente per far cadere le ultime gocce e tirai l’acqua mentre lui entrava in vasca e rimaneva ad aspettare, guardandomi.
Allora presi il sapone e una spugna, mi misi in ginocchio e cominciai a insaponargli le spalle. Quindi si alzò in piedi e mi permise di insaponargli il resto del corpo.
In quel momento mi resi conto che, per una ragione o per l’altra, mi ritrovavo sempre in posizioni nelle quali io stavo ai suoi piedi mentre lui mi dominava con la sua maschia fisicità.
Era la prima volta che lo vedevo completamente nudo e mentre lo osservavo di fronte a me, alto e imponente, potei notare ogni dettaglio del suo corpo.

Aveva il fisico scolpito da una muscolatura tonica, il culo sodo e sporgente, le gambe solide, i pettorali allenati e la tartaruga evidente.
Non c’era un solo briciolo di grasso su quel bronzeo corpo scultoreo.
Passai il sapone ovunque indugiando sul lungo cazzo e sulle palle pendenti chiedendomi come potesse gestire nella quotidianità tutto quel ben di Dio che si ritrovava tra le gambe.
Era perfetto, era bellissimo.
Era il mio padrone e io mi sentivo orgoglioso di appartenergli.
Probabilmente mi ero incantato a guardarlo perché a un certo punto mi disse con uno sguardo palesemente compiaciuto: “Vedi di darti una mossa. Non posso certo permettermi di passare tutta la giornata a perdere tempo con te”.
Lo asciugai con cura e mentre si lavava i denti mi disse: “Adesso vai di là a prepararmi i vestiti di oggi. Dato che è venerdì non indosserò giacca e cravatta come di consueto. Un abbigliamento business casual sarà perfetto”.

Aprii quindi il suo armadio e scelsi un paio di calzoni blu a gamba sottile che si stringevano verso il fondo, abbinandoli a una camicia bianca e un pullover chiaro di cotone.
Quando mi raggiunse mi porse prima un piede e poi l’altro per permettermi di infilargli i boxer elasticizzati mentre, ancora una volta, stavo in ginocchio davanti a lui. Mi alzai per tirarglieli su e sistemare comodamente il grosso arnese all’interno, per poi proseguire con il resto della vestizione. Completai il tutto con un paio di stivaletti in pelle, alti alla caviglia.
Si guardò allo specchio e sono certo che apprezzò la sua immagine riflessa, ma si guardò bene dal ringraziarmi
Uscì di casa dicendomi distrattamente “Stasera avremo un ospite a cena, niente di formale. Comunque, tornerò a casa presto”
Cominciai le mie faccende di casa e guardandomi allo specchio di fianco alla porta d’entrata con l’aspirapolvere in mano, vestito solo di quel minuscolo grembiulino e degli stivali, mi resi conto di quanto fosse assurdamente cambiata la mia vita in così pochi giorni.
In ogni caso io avevo i miei doveri da eseguire e, finito di pulire e riordinare, mi apprestai ad uscire.

Mi infilai i jeans che mi aveva mostrato la sera precedente e notai che erano piuttosto attillati, tanto che non fu agevole abbottonarli. Non era quindi possibile mascherare il mio ragguardevole pacco e, dato che non possedevo alcun indumento intimo, si potevano facilmente individuare gli avvallamenti causati dall’asta e dalle palle che premevano sotto al tessuto logoro.

Sono sempre stato orgoglioso di quanto madre natura mi ha donato e, senza essere un esibizionista, non ho mai avuto inibizioni nel mostrare il mio pene. Quindi apprezzai quell’abbigliamento e guardandomi allo specchio notai di essere leggermente eccitato.
Misi una felpa, indossai un paio di favolosi stivali texani neri che si infilavano perfettamente sotto i jeans e uscii di casa.

Al supermercato vicino a casa potei chiaramente intercettare gli sguardi che le signore presenti dedicavano alla mia zona inguinale che io non facevo nulla per nascondere, ma notai che il mio pacco in evidenza attirava sguardi anche da parte di qualche maturo avventore e di qualche commesso.
Uno in particolare mi si avvicinò e me lo sfiorò con un movimento casuale della mano chiedendomi con voce carezzevole se avesse potuto essermi utile in qualche modo.
Risposi con durezza che non avevo bisogno di nulla e mi allontanai prima che notasse che, a causa di quel contatto, il mio pene stava cominciato a premere ulteriormente sotto ai jeans.
Completai la spesa e mi incamminai verso casa, sempre orgoglioso della mascolina protuberanza che potevo esibire tra le mie gambe.

Prossimo episodio: "Rivelazioni"
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