Gay & Bisex

Daddy


di leatherbootsfetish
08.12.2024    |    9.040    |    13 9.7
"Tenendogli un braccio dietro alla schiena mi appoggiai a lui con tutto il mio peso, immobilizzandolo..."
“Weekend con il gruppo della palestra” era stata la versione ufficiale per poter andare a passare il fine settimana con i suoi amici.
Anche se abbiamo un rapporto aperto mi sta sempre sulle palle quando va in giro a spassarsela senza di me, ma questa volta non sarei certo rimasto a casa a tirarmi seghe in attesa del suo ritorno e per la prima volta dopo tanti mesi, decisi che non c’era nessuna ragione valida per prolungare ulteriormente la condizione di monogamia volontaria nella quale mi ero messo.

Così, nonostante non fossi proprio dell’umore ideale, mi preparai di tutto punto e quando arrivai nel noto locale nel quale il nostro amico aveva deciso di festeggiare il suo compleanno lo trovai già pieno di gente. Finito il consueto giro di saluti cominciai ad aggirarmi al suo interno provando grande invidia per le coppiette che se ne stavano appartate negli angoli più defilati a farsi gli affari loro.
Mi mancava un casino il mio bestione e cominciai a pentirmi di essere venuto lì soltanto per un insano desiderio di ripicca.
Confidando nell’alcool per tirarmi un po’ su di morale passai gran parte del tempo seduto al bar scrutando la variegata tipologia di persone che affollavano quel posto, quando vidi entrare un uomo alto e molto figo che catturò la mia attenzione. Si presentò in compagnia di un ragazzino tutto tirato che avrebbe potuto essere suo figlio.
Da una prima occhiata gli attribuii cinquant’anni o poco più, portati magnificamente grazie alla schiena dritta, alla postura atletica e le spalle larghe. Sia per età che per modi di fare era assolutamente diverso da tutte le altre persone che affollavano il locale e non poteva certo passare inosservato.
Mi piacciono molto gli uomini maturi, generalmente poco frettolosi e spesso molto appassionati, ma prima di allora non ne avevo mai incontrato uno in forma come il tipo che non riuscivo a smettere di guardare in lontananza

Dato che non avevo niente di meglio da fare li tenni entrambi costantemente d’occhio, ma mentre il giovane si intratteneva con un sacco di gente, l’adulto sembrava spaesato e si aggirò per un po’ senza una meta precisa fino a quando non puntò lo sguardo in direzione del bar e venne quindi a sedersi di fianco a me, dandomi finalmente l’occasione per dargli un’occhiata più approfondita. Nonostante non l’avessi quasi mai perso di vista, fu soltanto in quel momento che notai gli stivali di coccodrillo infilati sotto ai jeans beige chiari.
Sebbene un po’ pacchiani, quegli stivali da cowboy così maschili e fuori dall’ordinario comunicavano la grande sicurezza in sé stesso del loro proprietario, rendendolo ancora più attraente.
Era chiaramente un uomo abituato a fregarsene delle convenzioni o del giudizio della gente e, data la mia ossessione per gli uomini dalla personalità forte, quel tipo catturò definitivamente tutta la mia attenzione.

Cercando di non farmi notare, mi soffermai sugli stretti jeans chiari che facevano intuire gambe toniche, oltre a mettere in risalto il ventre piatto e i glutei tondi assolutamente inconsueti per un uomo della sua età. Inoltre, grazie alla giacca aperta si poteva chiaramente indovinare il fisico di un uomo sportivo, con i capezzoli che premevano sotto alla stretta camicia blu dalla quale spuntavano i peli grigi del petto.
Immaginai che da giovane potesse essere stato un corridore o comunque un atleta che non aveva mai smesso di combattere contro il passare del tempo.
Le rughe sul viso, i capelli grigi e la curata barbetta spruzzata di bianco tradivano gli anni reali, senza però nulla togliere al suo aspetto maschio, rude e virile nonostante il fisico asciutto.
Tutto l’insieme, compreso il profumo che aveva scelto per la serata, mi intrigò da matti ed ero sempre più curioso di conoscerlo meglio. Così attaccai bottone e cominciammo a chiacchierare nonostante il casino che c’era nel locale.

Matteo, questo è il nome che mi dette, cominciò a raccontarmi po’ di sé, dei suoi interessi e della sua attività commerciale senza tralasciare di sottolineare a più riprese la quantità di soldi che gli giravano per le mani. Era senza dubbio un uomo di grande fascino, con uno sguardo magnetico e una voce profonda anche se un po’ impostata. Nonostante non fosse più un ragazzo era proprio un bell’uomo e sapeva perfettamente di esserlo.
Mi disse che non conosceva nessuno dei presenti ed era evidente che quello non era il suo mondo. Non si stava divertendo e non riuscivo quindi a capire perché si attardasse ancora all’interno di quel locale chiacchierando con uno sconosciuto.

“Come mai stai qui tutto solo? Dov’è la tua ragazza?” mi chiese a un certo punto con fare indifferente.
“Il mio compagno se la sta spassando con i suoi amici e mi ha lasciato solo per tutto il fine settimana” gli risposi. Poi aggiunsi: “E tu? Non credi che tuo figlio se la possa cavare anche senza la tua presenza”
Mi fissò per un attimo prima di rispondermi accennando un sorriso: “Quello non è mio figlio”.
Vedendo la mia espressione fintamente stupita, fece un sorriso e continuò: “Si, mi piacciono molto giovani”
Poi mi squadrò da capo a piedi e aggiunse serio: “Ma per una bella sgualdrinella come te potrei senz’altro fare un’eccezione. Ho notato come mi stai guardando fin da quando sono arrivato”.
Lo stronzo era in caccia e mi stava offrendo l’occasione per svoltare finalmente la serata.
Improvvisamente ringalluzzito, prima di rispondergli appoggiai i gomiti sul bancone inarcando la schiena il più possibile spingendo in fuori il sedere.
“Potrei stupirti. Nonostante i miei trent’anni suonati, credo che mi resti ancora qualche carta da giocare con un uomo arrapante come te”.

Vuotò il bicchiere e lasciò una mancia per il barista per poi portare la bocca all’altezza del mio orecchio in modo che potessi sentire distintamente ciò che aveva da dirmi.
“Andiamo a casa mia” mi ordinò facendo scorrere la mano lungo la mia schiena mentre scendeva dallo sgabello e poi aggiunse: “Se sei bravo come sembri saprò ricompensarti”.
Rimasi a guardarlo tenendo le mani in tasca mentre pagava le consumazioni di entrambi, così da rimarcare ancora una volta che per lui i soldi non erano un problema.
Avviandoci verso l’uscita gli indicai con lo sguardo il ragazzino con il quale era arrivato.
“Di lui che ne fai?” gli chiesi.
“È solo uno che ho appena conosciuto. L’ho rimorchiato per la serata ma finora gli sono servito soltanto per farsi pagare l’entrata e permettergli di stare con i suoi amici. Troverà di certo qualcuno che si prenda cura di lui e lo riporti a casa sano e salvo”.
Passammo al guardaroba a ritirare le nostre giacche e mi guidò verso la sua macchina costosa.
“Ti piace? Me la sono appena regalata” mi disse con il chiaro intento di impressionarmi.

Per tutto il viaggio rimase in silenzio continuando però ad accarezzarmi la coscia sinistra mentre guidava, facendo scorrere la mano sulla superficie liscia e morbida dei miei pantaloni di pelle fino a cercare di infilarmela sfacciatamente tra le gambe. Mi sentii come se stesse saggiando la merce che aveva appena comprato, ma quel gioco mi stava divertendo a tal punto che non ebbi un attimo di esitazione ad allargare leggermente le gambe, sistemandomi in modo da consentirgli completo accesso.
Parcheggiata l’auto nel box privato di un elegante palazzo in una zona residenziale, mi guidò verso l’ascensore e non appena si chiusero le porte aderì al mio corpo mettendomi una mano sul culo per accarezzarmelo, insistendo in modo particolare all’altezza della zona anale.
“Hai proprio un bel culetto. Sodo e muscoloso”.
“Grazie” gli risposi ammiccando. “Faccio anch’io quello che posso per tenermi in forma”

Mi accolse nel suo appartamento accendendo teatralmente tutte le luci per illuminare l’ampio soggiorno. Ancora una volta tentò di fare colpo su di me quando, da vero gentiluomo d’altri tempi, chiuse la porta prendendo il mio giaccone per riporlo insieme al suo.
A quel punto si trasformò, allungò improvvisamente un braccio per spingermi con forza contro il muro e dopo avermi infilato la lingua in bocca si portò la mia mano all’altezza dell’inguine con fare arrogante affinché mi prendessi cura di ciò che aveva nelle mutande.
Quel gioco aveva intrigato anche me, così non ebbi nessuna remora ad accarezzargli le palle e il cazzo che sentivo farsi sempre più consistente sotto alla tela dei jeans.

Poi si staccò, appoggiò le mani sulle mie spalle tirandomi a sé per poi fare pressione verso il basso con un’espressione del volto che non lasciava dubbi su ciò che si aspettava da me.
“Datti da fare” mi ordinò imperioso con un sorrisetto bastardo, ma io non mi mossi di un millimetro continuando invece a fissarlo negli occhi con aria di sfida mentre sentivo che aumentava la pressione sulle spalle, fino a quando non smise di premere e vidi lo smarrimento dipingersi sul suo volto.
Molto probabilmente si era reso conto solo in quel momento che non aveva tra le mani uno dei suoi soliti frocetti passivi, abbagliati dal suo indubbio fascino e dai soldi che continuava a ostentare.
Approfittando dell’attimo di incertezza, non mi fu difficile prenderlo di sorpresa per costringerlo a girarsi su sé stesso per poi spingerlo faccia al muro. Tenendogli un braccio dietro alla schiena mi appoggiai a lui con tutto il mio peso, immobilizzandolo.
“Forse tu sei più veloce, ma io sono più grosso. Se provi a reagire scopriamo subito chi dei due rischia di farsi più male” gli sussurrai in un orecchio.

Sentii tutto il suo corpo arrendersi all’improvviso e cominciò a implorarmi: “Ti prego, non ti ho fatto niente. Prendi quello che vuoi e vattene”.
Non sono mai stato un violento, ma nell’istante in cui ebbi la certezza che da quel momento in poi sarei stato io a dettare le regole del gioco mi sentii incredibilmente forte e potente.
Mollai il suo braccio e gli passai le mani sotto alla giacca per accarezzargli energicamente i pettorali, premendo contemporaneamente il bacino contro il suo fondoschiena. Scesi ancora lungo il ventre piatto fino ad arrivare al cavallo dei jeans e stringergli il pacco con le dita per fargli capire che era definitivamente in mano mia. Porca puttana, quanto mi piaceva quell’uomo.
“Non so cosa farmene dei tuoi soldi e nemmeno della tua macchina” gli sussurrai all’orecchio tenendolo per le palle. “A te piace scoparti i ragazzini mentre io preferisco di gran lunga gli uomini adulti. Ancora di più quando sono fighi come te. Quindi adesso fai il bravo: chiudi la porta a chiave e spegni il cellulare così potrò tentare di allargare i tuoi orizzonti senza che nessuno ci disturbi”

Lo liberai tenendolo d’occhio mentre eseguiva passivamente i miei ordini.
“Vieni qui” e lui si avvicinò tenendo lo sguardo basso. Aveva perso tutta la baldanza e l’intraprendenza che aveva mostrato fin da quando ci eravamo conosciuti. Completamente arreso, se ne stava in attesa che gli dessi istruzioni su quello che avrebbe dovuto fare. Ma così non era più l’uomo intrigante che avevo deciso di portarmi a letto e sentii che stavo cominciando a perdere interesse.
Quindi cercai di stuzzicarlo.
“Puoi anche decidere di essere una sorta di bambola gonfiabile, ma ti assicuro che è molto più divertente quando si gioca in due. Mi spiace solo di aver pensato che tu fossi un tipo con le palle”.
All’improvviso mi venne un’idea e, verificatane rapidamente la fattibilità con il proprietario, gli ordinai di togliermi gli stivali e sostituirli con i suoi. Colsi l’attimo di stupore per quella strana richiesta, ma eseguì l’ordine senza discutere.
Erano bellissimi e calzavano quasi alla perfezione. Credo che soltanto un altro feticista come me possa comprendere il senso di perversa eccitazione che provai nell’indossare gli stivali dell’uomo grande e forte che mi ero messo in mente di chiavare di lì a poco, ancora caldi dei suoi piedi.

Lo feci rialzare e lo guardai fisso negli occhi mentre, tolta di mezzo la giacca, gli sbottonai la camicia approfittandone per passare ancora una volta le mani su quel fisico allenato e sui peli che potevo percepire sotto al cotone leggero. Gliela sfilai dai pantaloni e la lanciai lontano lasciandolo a torso nudo per poi togliere la maglia a mia volta.
Seppure fossimo all’incirca alti uguali, i nostri corpi apparvero in tutte le loro differenze creando uno strano contrasto: massiccio e glabro il mio, magro e peloso il suo.
Gli accarezzai il boschetto che copriva il petto sotto al quale si percepivano chiaramente i muscoli tesi. Gli stuzzicai i capezzoli con entrambe le mani per poi stringerlo a me per poterlo baciare lascivamente sul collo. Quando lo liberai gli misi a mia volta una mano sulla nuca premendo verso il basso fino a quando non si ritrovò con le ginocchia appoggiate sul pavimento e la faccia all’altezza del mio inguine. A quel punto lasciai che andasse avanti da solo.
Lo guardai tastarmi timidamente il pacco accarezzando la pelle lucida dei pantaloni. Sembrava ipnotizzato oppure semplicemente indeciso su come comportarsi, così fui costretto a ridestarlo.
“Guardami, cazzo. Così potrò guidarti e ti sarà più facile capire la differenza con ciò a cui sei abituato”.
Matteo alzò la testa ma non smise di accarezzarmi la zona inguinale da sopra i pantaloni, facendomelo immancabilmente risvegliare.

Non appena sentì il cambio di consistenza si affrettò a sbottonare la patta e ci infilò una mano liberandomi l’uccello per poi restare affascinato a guardarlo penzolare barzotto davanti ai suoi occhi, quasi fosse stata la prima volta che ne vedeva uno.
Quando prese confidenza cominciò ad accarezzarlo impugnandolo delicatamente, facendo scorrere le dita dalla base fino alla punta e viceversa, in uno stato di crescente eccitazione. Non gli era più possibile fingere: era evidente quanto gli piacesse il mio cazzo.
“In bocca. Tira via le mani e prendilo in bocca” gli dissi piegando leggermente le gambe per facilitargli il compito.
Si prese magnificamente cura della cappella ciucciandosela con gusto, tenendo le mani appoggiate sulle mie gambe. Ogni volta che le sue labbra perdevano la presa facevo ondeggiare leggermente il bacino per costringerlo a inseguire la mia minchia per poi lasciare che ricominciasse a succhiare.
Avevo il cazzo duro da fare male e le palle piene, così gli tenni ferma la testa e cominciai a scoparlo in bocca con estrema lentezza, lasciando che apprezzasse il più possibile la lunghezza di ciò che gli arrivava alla gola e ne sentisse il rilievo delle vene sulla superficie.
Non ci fu bisogno di incitarlo o istruirlo e neppure di guidarlo. Lo prese quasi tutto nella sua bocca calda continuando a succhiare, facendomi godere come una bestia.

Se non fosse stato che le gambe cominciavano a farmi male sarei rimasto a scoparlo così per tutta la sera, ma decisi di mollare la presa lasciandolo ancora qualche istante in ginocchio prima di condurlo al livello successivo e lui colse immediatamente l’opportunità per passarmi la lingua sulle palle.
“Sei grande. Hai la lingua calda di una vera troia”
Preso dalla sua voglia di cazzo e incentivato dalle mie parole, Matteo ritrovò finalmente la sicurezza in sé stesso che mi aveva colpito fin dal primo momento e iniziò a usare la lingua anche per leccarmi l’asta in tutta la sua lunghezza. Il piacere che provai ogni volta che la sua barba mi accarezzava le palle quando ripartiva dalla base fu qualcosa che rischiò di mandarmi ai matti.
“Mmh … Vai così… Sei bravissimo” mugolai.

Il cambiamento aveva dell’incredibile: mentre all’inizio la sua arrendevolezza avrebbe potuto essere attribuita alla paura che gli facessi del male, adesso la libidine aveva preso il sopravvento e ci scoprimmo perfettamente sintonizzati.
Si rimise in piedi dicendomi: “Andiamo in camera mia. Ho troppa voglia di averti dentro di me”
Sorridendo mi guidò fino al suo letto senza perdermi di vista mentre gli andavo dietro con il cazzo ancora in tiro che sporgeva dalla patta come un osceno missile.
In piedi uno davanti all’altro feci scorrere la cerniera dei suoi jeans e infilai la mano per accarezzargli il cazzo in tiro ancora nascosto all’interno degli slip bianchi. Matteo mi lasciò fare, limitandosi a emettere un gemito quando gli diedi nuovamente una leggera strizzata di palle.
“Bentornato bell’uomo, temevo di averti perso. Quindi, mi stavi dicendo che hai voglia di essere scopato come un animale?” gli dissi spingendolo sul letto per sfilargli i jeans e le calze.
Era chiaramente eccitato come lo ero io, perché annuì entusiasta allargando un grande sorriso e in un attimo fece volare gli slip liberando finalmente l’asta eretta che si prese in mano smanettandola piano, per poi mettersi a quattro zampe per offrirmi spontaneamente il suo culo da chiavare.

“Non essere impaziente. La notte è ancora lunga e avremo tempo anche per quello”
Lo sistemai sul bordo del letto e gli infilai di nuovo il cazzo in bocca. Aveva dimostrato di saperci fare alla grande e non c’era quindi ragione per non approfittarne, anche perché mi era sembrato che la cosa piacesse a lui almeno quanto piacesse a me.
E non mi sbagliavo.
Una volta risistemato nella sua bocca mi appoggiai le mani sul sedere spingendo il bacino in avanti in modo da affondare l’uccello sempre più in profondità dentro quell’antro caldo e umido, facendoglielo scorrere tra le labbra con movimenti lenti e profondi, guardandolo mentre lo imboccava sempre più in profondità fino a rischiare di strozzarsi.
Ma l’abbondante saliva che colava mi costrinse a malincuore a staccarmi da lui e mi sedetti sul bordo del letto per cavarmi gli stivali e togliere i pantaloni per non sporcarli, mentre Matteo seguiva attentamente ogni mia mossa con il cazzo in mano, in attesa degli eventi. Dopodiché, finalmente nudo, calzai di nuovo i suoi stivali.
Volevo che il messaggio fosse chiaro, così mi chinai su di lui avvicinandomi al suo viso e, guardandolo negli occhi, gli dissi: “Come vedi mi sono già preso i tuoi stivali. È arrivato il momento che mi prenda anche te”

Gli infilai due dita in bocca affinché le insalivasse per bene per potergliele far scivolare agevolmente nel culo sentendolo già piuttosto dilatato. Ne dedussi che quel maialino, oltre alla sua passione per i ragazzini, potesse aver nascosto da qualche parte i giocattoli con i quali trastullarsi nei momenti di solitudine.
Mi lasciò giocare a lungo con il suo culetto godendo del lavoro delle mie dita, inumidite ripetutamente nella sua bocca, che continuavano imperterrite a stuzzicargli la rosetta.
“Ohh, sii… che bello” gemeva. Il cazzo puntava prepotentemente in avanti colando liquido denso, a dimostrazione che non stava fingendo.
“Lo vuoi?”
“Porco cane, si. Si, mettimelo in culo. Voglio che mi scopi”
“Dove tieni i preservativi?”
Allungò una mano al cassetto del comodino indicandomi sia i preservativi che il tubetto di gel e dopo che mi fui preoccupato di usare entrambi nel modo corretto gli ordinai di rimettersi a quattro zampe ma lui non si limitò semplicemente a eseguire il mio ordine restando in attesa, bensì sporse il sedere per mettermi davanti agli occhi il suo buco voglioso, cominciando a scodinzolare per dimostrarmi quanto fosse pronto.
“Sbrigati, non resisto”
“Questo è proprio quello che mi aspettavo che tu fossi. Un uomo che sa cosa vuole da altro uomo e sa anche come conquistarselo”
Percorsi la spina dorsale con la lingua partendo dall’osso sacro risalendo fino ad arrivare al collo, aderendo gradualmente con tutto il mio corpo contro il suo fino a quando mi ritrovai con la minchia dura tra le sue chiappe e Matteo cominciò a muovere il culo su e giù mentre ero ancora intento a baciarlo sul collo.
“È colpa tua se è così duro. Quindi adesso rilassati perché sto per entrare nel tuo bel culetto” e lo penetrai così, tenendogli un braccio attorno al collo per immobilizzarlo e lui lo accolse limitandosi a emettere un gemito. “Sii … ahh … Finalmente, cazzo. Scopami”

Ma quando fui dentro le consuete infinite sensazioni connesse all’essere all’interno di un uomo mi diedero al cervello.
Il piacere intenso che provavo stando dentro a quel canale si mischiò con la sensazione di dominio e di potenza e cominciai a incularlo con forza tenendolo fermo sui fianchi.
Nessuno dei due parlava, ma la stanza si riempì del ritmico rumore caratteristico di due corpi sudati che sbattono con violenza uno contro l’altro e dei versi tipici di due uomini che scopano come bestie: più io ansimavo e sbuffavo per lo sforzo, più Matteo gemeva e mugolava per il piacere.

“Girati bell’uomo, fammi vedere come godi quando lo prendi nel culo” gli dissi dopo averlo allargato per bene e non appena si fu sistemato supino e aver sollevato le gambe, mi rintanai nuovamente dentro di lui. Da quella posizione potevo vedere la quasi totalità del suo corpo, oltre alle smorfie che faceva reclinando la testa sotto gli affondi dei miei lombi.
Si stava godendo quella scopata con le gambe aperte tenute per aria e allungò le braccia per accarezzarmi il petto in preda all’eccitazione.
Sentendo che non sarei riuscito a resistere ancora molto tenendo quel ritmo, mi fermai un attimo per riprendere fiato, rimanendo però ben saldo dentro di lui.
“Sei bello. Sei porco. E adesso sei mio” gli dissi prendendo il suo cazzo in mano, ma lui mi implorò di non fermarmi: “Continua, ti prego. Non ti fermare. Mi fai troppo godere”.
Fui felice di accontentarlo ricominciando a scoparlo con sempre maggior vigore fino a quando riempii il preservativo emettendo un urlo strozzato.

Mi accasciai sul suo corpo e lo baciai con tutto il trasporto di cui ero capace, venendo ampiamente corrisposto.
“Tocca a te, bell’uomo” gli dissi mettendomi supino sull’altro lato allargando le gambe per invitarlo a mettersi tra di esse mentre mi sistemavo con la schiena appoggiata alla testiera imbottita del suo letto. Si adagiò su di me mettendosi comodo, permettendomi quindi di accarezzargli il petto o stuzzicargli i capezzoli con una mano, mentre con l’altra gli accarezzavo le palle o gli massaggiavo la mazza tesa come un fuso.
Avevo quell’uomo a mia completa disposizione e i suoi stivali ancora ai piedi. Cosa avrei potuto chiedere di più?
Lo tirai scemo per un po’ rimandando il più possibile il momento del suo orgasmo, ma quando questo arrivò fu come se si fosse aperta una diga.
Matteo emise un gemito prolungato e venne in abbondanza colando il suo seme sulla mano che lo stava smanettando vigorosamente.
Quando si fu rilassato lo obbligai a pulirmela con la lingua tenendolo abbracciato al mio corpo.

Era notte fonda quando mi decisi a tornare a casa e una volta pronto per andarmene lo salutai con un bacio veloce sulla bocca e una pacca sul culo nudo dicendogli: “Mi sono divertito molto. Sei proprio un bel porcellino”.
Matteo si alzò dal letto, prese il portafoglio e mi allungò quattro biglietti da cento, lasciandomi interdetto per la sorpresa.
Non ho mai fatto marchette in vita mia e men che meno ho mai pagato qualcuno per fare sesso, ma il fatto che mi aveva considerato la sua puttana a pagamento rendeva tutto ancora più perverso ed eccitante.
Così mi ripresi rapidamente, misi in tasca quei soldi facili senza battere ciglio e lo lasciai dopo avergli dato un ultimo bacio veloce.

Tornato alla mia normale routine, ciò che accadde quella sera rimase nulla di più di episodio del quale non avevo ancora deciso se ci sarebbe mai stato un seguito. Fino a quando mi vidi recapitare un grosso pacco e scoppiai a ridere quando lessi il biglietto che accompagnava quel magnifico paio di stivali in coccodrillo.
“Questi sono tuoi. Ti faccio sapere quando puoi venire a riprenderti anche il resto”.

Mi era piaciuto un casino scopare con quell’uomo e il suo regalo, così come l’annesso biglietto, dimostravano quanto le mie fantasie sessuali fossero compatibili con le sue.
Così, iniziai immediatamente a pensare a cosa avrei potuto fare per evitare di deludere il mio unico cliente.
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