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Lui & Lei

Una saga familiare 1


di geniodirazza
04.01.2024    |    2.512    |    0 9.0
"In compenso, le infilò una mano nello slip del costume, incontrò la figa vergine e depilata con cura lasciando una striscia bionda che partiva dal pube e..."
Edoardo, 22 anni, una laurea in Economia, un fisico atletico forgiato dal lavoro e da quel poco di sport che poteva consentirsi, era finalmente in condizione di pavoneggiarsi sulle spiagge, d’estate, e nelle discoteche, d’inverno, grazie ai successi che una solida preparazione, un certo grado di fortuna ed un’invidiabile capacità di lanciarsi nelle avventure più azzardate gli garantivano ad un’età che per molti era ancora quella di adagiarsi nella bambagia dei ‘bamboccioni’ legati a genitori disponibili.
Ornella, 17 anni anni e un corpo acerbo ma decisamente bello, armonioso e pieno nei punti giusti, con un seno matronale, un culo disegnato da un angelo e un paio di gambe da fare invidia a qualunque miss, stava per concludere il liceo e imperversava da protagonista in tutti gli ambienti che frequentava, col benevolo disinteresse dei genitori che si fidavano della loro preziosa figlia; non aveva tradito le attese e maturava lentamente, tra sogni e fantasie adolescenziali.
Lui la agganciò una sera lungo la passeggiata a mare e riuscì ad incantonarla alla fine dei lidi, dietro barche tirate in secco; quella volta, lui si limitò a farle assaporare in mano il cazzo che le aveva fatto già sentire tra le cosce mentre ballavano allacciati sulla rotonda del lido che frequentavano; lei, che aveva frequentato fino a quel momento solo i ‘piselli’ di qualche compagno di scuola, al massimo masturbandoli sul sedile posteriore di un’auto, in una veloce corsa con altre coppie, un poco si sorprese.
I suoi smanacciamenti incerti diedero al ragazzo la precisa convinzione che si trattasse di una ragazza totalmente casta e vergine; la guidò con dolcezza tenendole il polso e facendo scivolare le dita sulla notevole mazza; nel giro di una mezz’ora lei lo segava con sapienza e giocava con le palle e la cappella mandandolo in brodo di giuggiole; per quella sera, lui ritenne che fosse sufficiente l’approccio corretto col cazzo e si limitò a farsi masturbare fino a sborrare sulla sabbia.
In compenso, le infilò una mano nello slip del costume, incontrò la figa vergine e depilata con cura lasciando una striscia bionda che partiva dal pube e raggiungeva quasi l’ombelico; appoggiò due dita al clitoride e la manipolò sapientemente a lungo, evitando di penetrarla, certo che fosse ancora vergine, anche se alla sua età quasi tutte l’avevano già data via; Ornella scoprì il piacere di essere titillata fino a che la sborrata le diede la sensazione di essersela fatta addosso e se ne vergognò.
Lui la rassicurò e le spiegò che era una conseguenza naturale del piacere che provavano insieme e che lei già manifestava con grande forza quando gli divorava la bocca con baci voracissimi; rasserenata, lei si concedette dolcemente e si gustò l’immenso piacere di sentire la mano di lui darle piacere e la sua darne a lui tanto da farlo godere come succedeva a lei; lui si convinse che fosse quella giusta e la ‘educò’ al sesso ed al piacere.
I mesi successivi furono un lungo percorso attraverso forme di piacere tutte da scoprire, per una ragazza arrivata quasi pura al sesso e che si andava emancipando progressivamente con l’uomo che aveva già deciso di volere come compagno di vita; ci mise un poco, lui, a convincerla ad abbassare la testa sul ventre e a prendere in bocca il cazzo duro e voglioso; ma nel giro di qualche settimana arrivò a frequentare abitualmente il pompino diventando sempre più brava a succhiare l’uccello.
Impiegò molto più tempo per convincersi a farsi lubrificare il culo con un olio speciale e a farsi sfondare lo sfintere dalla notevole mazza di lui; ma alla fine si convinse che era la più logica alternativa al cazzo in figa, per mantenere vivo il tabù della verginità che aveva giurato a se stessa di rispettare finché fosse stato possibile; a lungo andare, però, i pruriti di figa che la tormentavano continuamente la spinsero ad essere lei a cercare di farsi riempire l’utero da quella mazza che ormai considerava sua.
Una sera che Edoardo si trovò ad avere la casa libera, perché i suoi erano in viaggio, non ebbe esitazioni e gli suggerì di andare in camera sua; per la prima volta, voleva averlo tutto per se, nudo e disponibile, come il suo desiderio da tempo reclamava; dopo un primo, lieve impaccio, per la sorpresa, lui non esitò a guidarla fino alla sua camera e cominciarono a spogliarsi con tutta la passione che la giovane età imponeva; si trovò in reggiseno e slip prima di averlo chiesto; lo spogliò velocemente.
Finalmente poté vedere esploderle davanti agli occhi il cazzo tanto desiderato e tanto libidinosamente provato su tutto il corpo; si fermò ad ammirarlo estasiata, lo accarezzò su tutta la superficie, dalle palle alla cappella, accostò la bocca alla punta e leccò via le gocce di presperma che comparivano per la voglia infinita; amava quel cazzo più di se stessa e lo succhiò a lungo; poi sussurrò.
“Stasera mi farai fare l’amore completamente; ti voglio dentro, tutto!”
Fu la sera più bella che lui visse nella sua giovinezza; la stese supina sul letto, le sfilò slip e reggiseno, le montò addosso e appoggiò la punta del cazzo alla figa; fu lei ad aprire con le dita le piccole labbra e avvertire la punta che violava l’accesso all’utero; lo sentì scivolare dolcemente nel canale vaginale; ebbe un sobbalzo quando la punta forzò l’imene e lo ruppe con un dolore che quasi non avvertì, tanto la passione l’aveva stordita; sentì la cavalcata come un suo percorso al piacere e sborrò con tutta se stessa.
Impararono presto a scopare anche in figa e per qualche anno le cose andarono benissimo; lei si rivolse al consultorio familiare e cominciò a prendere la pillola; l’interruzione per un ciclo, dopo un anno, fu l’occasione in cui un’ingenuità di lei ed un’irruenza eccessiva di lui determinarono quella maternità non molto desiderata che avrebbe condizionato le fasi successive della loro esistenza; lei aveva poco più di diciannove anni; lui andava per i venticinque ed era già un temuto imprenditore.
Non presero nemmeno in considerazione l’ipotesi dell’aborto; lui era pronto per il matrimonio; lei era desiderosa di realizzarsi in una famiglia con l’uomo che riteneva ‘suo’ e la scelta di sposarsi venne quasi naturale; lui si sentiva ormai realizzato, con un patrimonio invidiabile, un’attività produttiva che lo vedeva a capo di almeno tre strutture e con il desiderio di dare un senso alla sua vita con un rapporto stabile; si sposarono con una cerimonia fastosa come vollero i genitori di lei.
Giancarlo, detto in casa Gianky, nacque l’anno seguente; due anni dopo decisero di non lasciarlo unico e viziato; nacque anche Franco e i ragazzi crebbero insieme sotto l’attenta guida della madre che se ne occupò con amore fino almeno ai cinque o sei anni del primo; quando lei, tra i venticinque e i ventisei anni, si sentiva molto giovane, bella, ammirata e calda soprattutto per suo marito che amava teneramente da quando, giovanissima, gli si era concessa totalmente.
Fu in quei tempi che la crisi esplose all’improvviso ed incrinò fatalmente la loro felicità; improvvisamente, lei ‘scoprì’ di avere praticamente rinunciato a vivere i sogni adolescenziali di cui le amiche parlavano ancora, a quasi dieci anni di distanza, come di un miraggio che non rinunciavano ad inseguire spesso con l’aiuto di rapporti extra matrimoniali che mettevano in atto quasi che scopare con ragazzi molto più giovani potesse consentire loro di recuperare occasioni perdute o sciupate.
Anche Ornella finì nella trappola dell’illusione del grande amore; lo individuò in Tiago, un ragazzo del loro stesso quartiere, di alcuni anni più giovane, che non era mai entrato nel panorama delle sue preferenze e che era diventato oggetto, anni dopo che lei si era sposata, di passioni smodate di tutte le donne del suo entourage per la grazia raffinata, il senso romantico dei rapporti e per una facilità di innamoramento che sfociava in una pratica del sesso finanche ossessiva.
Lo incontrò ad una festa che si celebrava in una sala pubblica e impiegarono poco o riconoscere i luoghi e le persone che avevano in comune nelle personali vicende; quando lui, a fine serata, si offrì di accompagnarla, al posto di suo marito che era dovuto scappare via per altri impegni indifferibili, lei gioì intimamente e, in qualche modo, riprovò le emozioni adolescenziali vissute a sedici anni quando conobbe suo marito.
Tiago guidò fino al parcheggio deserto di un centro commerciale periferico; lei colse che la mano poggiata cautamente ma disinvoltamente sul ginocchio era l’avvio di un’esperienza trasgressiva che, in fondo, aveva sperato; non batté ciglio neppure quando avanzò sulla coscia e raggiunse lo slip; si adagiò meglio sul sedile e lasciò che lui penetrasse con due dita in figa e la masturbasse sapientemente; ci sapeva fare, il ragazzo; e lei ebbe un primo forte orgasmo.
Quella condizione di precarietà, in un’auto ferma in un parcheggio, al buio, con un ragazzo quasi imbranato ma voglioso e pronto a imparare tutto dall’esperienza diretta; la voglia infinita che le montava dalla figa al cuore e al cervello la spiazzarono; rivisse per un attimo le emozioni che aveva provato le prime volte, tanti ani prima, col suo primo vero grande amore; avvertì di colpo che troppo tempo era passato, che si era affievolita la fiamma della passione; si rifiutò di essere invecchiata tanto.
Avvolse il giovane in un bacio cannibalesco e prese in bocca le labbra che leccò, mordette e titillò; infilò la lingua e lo invitò con l’esempio a succhiarla come un piccolo cazzo; catturò tra i denti la sua e la tirò dentro la cavità orale per succhiarla a sua volta; si rese conto che il giovane partner era molto attento a quello che lei faceva per impararlo e metterlo in atto a sua volta; decise che avrebbe portato quel ragazzo per tutte le praterie del piacere e lo avrebbe stordito d’amore.
Aprì la camicia mentre percorreva con le labbra il petto fino ai capezzoli che afferrò tra le labbra e tormentò succhiandoli, baciandoli e mordicchiandoli con libidine e passione; come aveva pensato e desiderato, fu ricambiata immediatamente della stessa moneta e sentì la bocca di lui svariare sulla gola, sul petto e sui seni che percorse voracemente con le labbra finché aggiunse i capezzoli sui quali scatenò la sua lussuria.
Prendendo esempio, Tiago abbassò il corpetto dell’abito, slacciò il reggiseno e mise in luce il seno matronale con tutto il busto e si lanciò in un’appassionata leccata e suzione delle mammelle, soffermandosi a lungo sui capezzoli duri come pietra; tentò di abbassare il vestito oltre la vita; lei lo aiutò spostandosi acrobaticamente sul sedile e in breve si trovò con ventre e figa esposti; prese la testa di lui e la affondò con forza fra le gambe, finché lui capì e le succhiò la figa.
Il giovane la convinse ad uscire dall’auto e l’abbracciò voluttuosamente con tutto il trasporto che in quel momento sentiva; riuscì a trasmetterle, con la sola presa delle spalle, la voglia di possederla e il desiderio di sentirla, per quel poco che potevano, disponibile e pronta anche a scelte definitive; lei sentì l’abbraccio come un gesto protettivo, quasi il mantello che rende invisibile o che trasporta nell’empireo, come da bambina aveva spesso sognato; Tiago le apparve come il principe azzurro capace di tutelarla da ogni male.
Spinse il pube contro l’altro e andò a sentire il vigore della mazza ritta contro la figa e il ventre; Ornella si sorprese un attimo, verificando che lo spessore era quello a cui era abituata, se non maggiore; con quel cazzo prevedeva scopate immense, lui le aveva fatto passare un braccio in vita, portando una mano sulla curva morbida delle natiche, là dove le dolci colline dei glutei cominciavano a levarsi al cielo; l’altra mano la usò per carezzarle il viso, dolcemente, in ogni punto, quasi a prendere coscienza della sua conformazione; la carezza lieve la mandò ai pazzi, specie quando si soffermò sulla bocca e sulle orecchie.
“Tiago, fammi sentire nel corpo la tua virilità; poi ci carezzeremo quanto vogliamo; più di te, desidero sentire il tuo corpo, centimetro per centimetro, e vivere il tuo amore sull’epidermide, nel sesso, in tutti gli anfratti del corpo; ma, nell’immediato, ho bisogno di sentire la tua mazza riempirmi il ventre; anche se devi farmi violenza, prendimi subito, senza neppure spogliarci; poi saremo gli amanti esperti e maturi che vorremo.”
Non ebbe bisogno di rispondere perché forse aveva la stessa emozione; la spinse sul sedile posteriore, vi salì anche lui e si stese sul corpo morbido e languido di lei; le salì addosso, facendo combaciare arto ad arto, corpo a corpo; sentì che quasi coincidevano, nella passione, le mani che si stringevano, i ventri che si strusciavano, i capezzoli che si sfregavano; infilò tra i corpi una mano e le sollevò il vestito fino all’inguine; lo arrotolò sullo stomaco, afferrò uno slip zuppo di umori, infilò il medio e lo infilò in figa.
Ornella non se ne stette immobile a farsi possedere; la sua mano scivolò sulla patta e fece scorrere la cerniera; il sesso era ora a portata di mano, chiuso ancora nel boxer ma vivo e palpitante; lui la aiutò sfilando pantalone e boxer e facendoli scorrere fino ai piedi; lei sentì finalmente la mazza nuda nella mano e la carezzò come per impossessarsene; guidò la punta alla figa, scattò verso l’alto col ventre e si infilò il cazzo fino all’utero, con un gemito lungo di piacere.
Non la cavalcò, lasciò che fosse lei a cercare il contatto, la scopata e la sborrata che era senz’altro l’obiettivo previsto; i corpi cavernosi che si riempivano gonfiarono la mazza che occupava il canale vaginale e stimolava i fasci muscolari che lo proteggevano; lei sentì che la figa stava succhiando, con le contrazioni muscolari, il piacere dal cazzo; girò le gambe intorno alla vita di lui e incrociò i piedi dietro la schiena; sentì che la mazza era tutta dentro e godette senza soste.
L’orgasmo arrivò incontrollato, quasi imprevisto, e li mandò in un paradiso psichedelico; Ornella era sconvolta da come il piacere l’avesse sommersa all’improvviso e si fosse sentita travolta da uno tsunami di libidine; Tiago stava ancora cercando di capire cosa mai gli fosse capitato con una signora che aveva incontrato e riconosciuto solo quella sera; dovette ammettere a se stesso che questa donna lo aveva sconvolto e gli aveva provocato emozioni di cui ancora non valutava la portata.
Quella sera lui la riaccompagnò a casa quasi educatamente, ma al momento di lasciarsi si promisero che non sarebbe stata una botta e via; da quella sera, più volte si trovarono a scopare come scimmie; lui riempì tutte le sue lacune in fatto di sesso e si affidò a lei che, presa dalla frenesia dell’amore adolescenziale recuperato e mettendo a frutto le esperienze col marito non si negò niente e alzò continuamente asticella del tradimento, fino a portarselo nella camera matrimoniale quando il marito era impegnato fuori.
Imparò rapidamente, Ornella, a inventarsi le scuse più astruse per uscire clandestinamente la sera, alcune volte a settimana, per andare a scopare con il suo giovane cicisbeo, con tutto l’entusiasmo che poteva mettere una donna ancora giovane e bella come lei a coltivare il sogno di un amore adolescenziale, nonostante la presenza di due figli di cui occuparsi e di un marito assai esigente ma super impegnato nelle attività lavorative in cui emergeva come un faro per tutti.
L’amante non era nemmeno molto esigente, a parte i prestiti senza ritorno che spesso gli faceva per sostenere il suo piccolo vizio della ludopatia che lo vedeva incollato alle macchinette mangiasoldi dei bar per intere giornate; d’altronde, la ricchezza che il mulo suo marito accumulava con le migliaia di iniziative a cui dava vita, spesso al limite, ed oltre, della legalità; doveva per lo meno servire a garantire a lei la facoltà di mantenere un giovane amante che la faceva sentire viva.
La tresca andò avanti per qualche anno, nel corso dei quali le pretese di Tiago si fecero sempre più pressanti e, con esse, le minacce di andare via e dimenticare la donna di cui si proclamava innamorato; recuperando un poco di lucidità e forse di buonsenso, Ornella più volte fu costretta a negargli i ‘prestiti’ che il giovane reclamava; la rottura venne quasi naturale; di colpo, lui sparì dall’orizzonte della donna che si trovò all’improvviso sola ed infelice.
Sfiorò la depressione e si impose di recuperare una certa lucidità; un amante si ‘rabberciava’ dovunque e comunque; bastava decidere di volerlo; i suggerimenti di qualche perversa amica le indicarono la strada per continuare a tradire suo marito, vittima innocente della sua perfidia, e per cercarsi giovani stalloni disponibili fuori dai limiti delle amicizie comuni, per evitare scandali pericolosi per tutti; divenne presto un’artista delle corna.
Ma il tarlo del ‘grande amore’ infantile non la abbandonò e continuò a sperare in cuor suo che Tiago ripensasse la sua scelta di esilio e tornasse più innamorato che mai; le andò bene, in fondo, a meno di un anno dall’improvvisa sparizione, lui le ricomparve davanti col solito immutabile fascino e le propose di ripristinare i vecchi riti per ritrovare quello che proponeva come un amore immacolato ma che era solo la possibilità di una ‘gallina dalle uova d’oro’ a cui attingere per favorire la sua ludopatia.
Col tempo, però, i suoi interessi si erano spostati dalle macchinette mangiasoldi alle bische clandestine e i debiti a cui fare fronte diventavano ogni volta più onerosi; questo lo obbligava, quasi, a proporsi con l’immagine sempreverde del giovane innamorato disposto a tutto per stare con la donna amata ma soprattutto con la personale fonte di approvvigionamento, a spese del mulo di casa che si affannava ad arricchire sempre più il suo capitale.
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