Lui & Lei

Dolly 2


di geniodirazza
09.04.2024    |    969    |    1 9.0
"In una conversazione perfino troppo lunga, il ragazzo chiarì a suo padre che Dolores aveva inteso sottrarlo all’influenza paterna per restare l’unica arbitra..."
Scivolarono blandamente, gli anni, una volta realizzata la pace armoniosa e intatta che, in fondo, era nei desideri di tutti; Pino poté anche avviare e far portare in porto la pratica per il divorzio, quando i tempi legali lo consentirono; ma scelsero ancora di vivere inseme da separati, nel senso che si incontravano tutti i giorni per il lavoro, spesso finivano a letto dopo una buona cena, ma comunque non assunsero formali impegni.
La telefonata arrivò come un fulmine a ciel sereno; a riceverla fu Flora che immediatamente la passò a Pino; ‘Papà .. ‘ fu la prima parola che sentì e l’unica che accolse distintamente; poi andò in confusione; fu la solita Flora a prendere le redini del dialogo e ad organizzarsi con Matteo, che stava chiamando dall’Argentina, per poter essere lei a chiamare dal cellulare del padre; avendo colto il senso della chiamata, si attivò per rendere continuo e proficuo il rapporto padre - figlio.
In una conversazione perfino troppo lunga, il ragazzo chiarì a suo padre che Dolores aveva inteso sottrarlo all’influenza paterna per restare l’unica arbitra della vita di suo figlio ‘carne della sua carne’ come amava spesso ribadire; solo nelle ultime settimane, facendo altre ricerche, era venuto a capo degli eventi; aveva trovato un albo professionale e da lì aveva recuperato il numero dello studio; voleva parlargli e forse prendere serie decisioni.
La madre non aveva riferimenti a Rosario perché quando aveva sedici anni era scomparsa da casa e non aveva tenuto contatti; era riuscita a sopravvivere forse attaccandosi a varie relazioni compresa quella con l‘avvocato che poi avrebbe massacrato Pino in tribunale; Matteo era stato ‘sistemato’ in un convitto di gesuiti dove era stato ‘internato’ per gli otto anni di istituto medio e iscritto alla facoltà di letteratura contro la sua volontà, perché sua madre voleva realizzare nel figlio sue antiche ambizioni.
Esaminando antichi volumi di prosa, si era imbattuto in una sezione dell’archivio del tribunale; spulciando per curiosità il fascicolo della condanna di suo padre, aveva scoperta che Dolores, in combutta con l’amante avvocato, aveva costruito accuse terribili che avevano determinato l’esclusione di Pino dalla cura del figlio; poiché entro pochi mesi sarebbe diventato maggiorenne, chiedeva a suo padre se fosse possibile andare a vivere con lui a Roma e iscriversi al Politecnico, come sognava fin da bambino.
Pino dovette chiarire, con dolore, che, finché era minorenne, gli era proibito avvicinarlo, se non voleva finire in galera; Flora gli suggerì che poteva aprirgli un conto segreto e consentirgli autonomia economica anche prima della maggiore età; si attivò lei stessa per dare corpo all’impegno; suggerì a Matteo che, appena maggiorenne, facesse le scelte che riteneva giuste ed opportune; dopo la lunga telefonata, dovette fare l’amore con Pino più sere e con molto amore, per aiutarlo a ritrovare serenità.
Passarono ancora molti mesi, durante i quali Pino si dedicò intensamente a nuovi progetti; si sentirono molte volte padre e figlio; in occasione del compleanno di Matteo, fu Flora a preoccuparsi di fargli avere sul conto una notevole somma, per lo meno quella che sarebbe stata necessaria per un regalo adeguato alla particolarità della maggiore età; tutto sembrava scivolare sul piano quasi banale di una frequentazione telefonica fra tutti e tre.
Il frastuono che si generò, una mattina qualsiasi, all’ingresso dello studio non preoccupò Pino che si limitò a chiedere ordine e silenzio; la sorpresa fu vedere Flora entrare nel suo ufficio abbracciando in vita un giovanotto assai bello e temprato.
“Pino, ti presento il signor Matteo Rossi, tuo figlio!”
Balzò in piedi dalla poltrona e si precipitò ad abbracciarlo; a stento trattenne lacrime di commozione.
Dopo che ebbero scaricato una marea di domande e di risposte impossibili, riuscirono finalmente a farsi guidare, da Flora, imperturbabile come sempre quando si metteva a dirigere e organizzare, a preoccuparsi dell’accoglienza dell’ospite inatteso e delle sue esigenze per rifarsi di un viaggio assai lungo; quando finalmente furono seduti faccia a faccia nel salotto dell’appartamento del padre, il ragazzo diede la stura alla narrazione delle vicende che lo avevano portato fin là.
Chiarì che, come Pino aveva sospettato, sua madre aveva deciso di prendere con se il figlio e di allontanarlo dal padre, per avere tutto per se il frutto del suo ventre; le speciose motivazioni che aveva suggerito all’avvocato avevano avuto solo lo scopo di raggiungere l’obiettivo con poche difficoltà; chiarì che aveva appurato, da indagini recenti, che sua madre aveva irretito nelle sue grazie l’avvocato, per conquistarne la complicità; con lui aveva retto quasi un anno e in otto anni aveva avuto una decina di amanti.
La necessità di avere relazioni che la mantenessero era stata dettata dalla situazione di rottura con sua madre; dalla quale era scappata via a sedici anni quando suo padre era già evaporato da almeno dieci anni; dopo anni di silenzio totale, si era presentata col figlio, ma era stata avvertita che la nonna avrebbe anche potuto accettare di tenere il nipote, ma non avrebbe mai sopportato la figlia transfuga; Dolores si era vista costretta ad affidare lui ad un convitto tenuto da gesuiti.
Per realizzare il sogno di un figlio timorato di dio e ligio alla sua volontà, aveva chiesto al tribunale che non gli fosse imposto, come in uso nei paesi iberici e ispanici, il doppio cognome, paterno e materno; era diventato Mateo Blanco, argentino; questo aveva procurato a lui gravi disagi perché la mancanza del cognome paterno suggeriva che fosse un ‘figlio di p...’, epiteto che lo aveva accompagnato per tutti gli anni di soggiorno al convitto, dalla scuola media alle superiori e all’università.
Sua madre lo aveva ripreso perché non denunciava l’ironia dei compagni, quasi non si rendesse conto dei circuiti in cui il bullismo si esprimeva; per soprammercato, aveva respinto con disgusto la sua idea di iscriversi al Politecnico per laurearsi in architettura, come suo padre, e gli aveva imposto il corso di letteratura, a lei più congeniale e gradito; aveva frequentato Letteratura per un anno ma meditava di scappare e di andare a Roma per laurearsi in Architettura; non sapeva come poteva reagire suo padre.
Sua madre aveva creato infatti il mito del padre violento e incapace di educare il figlio; lui sapeva che non era vero, ma non era mai stato interpellato e, per amore filiale, aveva subito le scelte, fino a che alcune ricerche in biblioteca, su testi antichi di prosa, lo avevano messo per caso in contatto con la sezione di archivio del tribunale ospitata nella stessa biblioteca; la presa in visione del faldone del processo contro suo padre gli aveva aperto gli occhi sulle menzogne su cui l’accusa era stata costruita.
Gli apparve chiara la volontà subdola di sua madre di esprimere al massimo la sua voglia di ‘chioccia possessiva’ e la scelta fatta, di soggiogarlo al potere di gesuiti per piegarlo alla sua visione della vita; la condizione di quasi prigionia nel convitto e il controllo dei frati gli aveva impedito qualsiasi mossa finché non aveva recuperato da una rivista il numero di telefono dello studio; il resto della storia lo conoscevano; bisognava solo aggiungere che, coi soldi versatigli sul conto, aveva comprato il biglietto aereo per Roma.
A Flora che gli chiedeva delle intenzioni e delle prospettive, si limitò a dire che per ora era scappato via, sperando di trovare nel padre una sponda per fare le sue scelte; se così non fosse stato, forse avrebbe fatto la fame ma non sarebbe tornato indietro, specialmente perché l’ultimo amante di sua madre era un costruttore spagnolo con residenza a Barcellona; Dolores da mesi si era trasferita presso di lui e ignorava quasi quello che suo figlio faceva, certa che obbedisse ciecamente ai suoi dictat.
Pino lo accarezzò dolcemente sul viso, gli fece presente che lui aveva un solo parente, visto che non aveva fratelli o nipoti e che i genitori erano morti da tempo; Matteo si trovava ad essere anche erede unico e incontrovertibile del suo patrimonio; gli fece notare che in quegli anni aveva acquisito l’attico che ora conteneva lo studio, su un lato, e due appartamenti, sull’altro; uno era quello dove vivevano nella sua infanzia e l’altro era abitato al tempo dalla famiglia Bellarmino la cui bambina gli era stata compagna di giochi.
Al momento, lui viveva nel vecchio appartamento; suo figlio poteva disporre dell’altro a suo piacimento anche ospitando amici e persone care; chiese a Flora se le pesasse occuparsi di tutti gli adempienti per suo figlio, dalla regolarizzazione della situazione di cittadino italo - argentino all’iscrizione al Politecnico; lei se ne dichiarò felice, se Matteo avesse voluto il suo aiuto; lui andò ad abbracciarla e le sussurrò ‘Ti va di essere la mia amica fedele?’Si abbracciarono, in risposta.
Passarono gioiosamente i primi due anni della frequenza di Matteo al Politecnico per la laurea in Architettura; naturalmente, Flora lo avviò presto al confronto concreto degli studi con la realtà del lavoro di progettazione, di disegno, di creazione di plastici spesso assai interessanti e divertenti; era la parte che più affascinava il giovane che da bambino, come ricordava benissimo e come era stato volutamente nascosto da sua madre nella causa di divorzio, aveva spesso giocato col padre a creare ‘città di fantasia’.
In aula aveva conosciuto Corinna, una studentessa del suo stesso corso, di un anno più giovane, con la quale aveva intrecciato una storia di amore adolescenziale assai intenso e convinto; la fece conoscere a Flora, che la apprezzò molto ed invitò i giovani a ricordare che, alla loro età, Matteo aveva già due anni; non commettessero gli errori fatti da Pino e da Dolores; suggerì l’uso di preservativi o, meglio ancora, la visita al consultorio per la prescrizione della pillola; avevano già provveduto da soli, per cautela.
Il momento che Corinna temeva e che teneva comunque agitato Matteo era quello dell’incontro tra il padre e la ragazza; Flora li prese a lungo in giro, specie quando arrivò il gran Gala dell’Ordine dove la sua fedele compagna presentò al suo principale ‘la ragazza di suo figlio’; l’abbraccio in cui si lanciò suo padre riempì il cuore di Matteo che ci aveva tanto sperato; più ancora, fibrillarono scoprendo che il padre di Corinna era un grosso imprenditore edile con cui Pino collaborava spesso.
Anche quell’incontro si risolse in abbracci assai affettuosi tra Matteo e la madre della ragazza, già informata puntualmente dalla figlia, e in affettuose strette di mano tra il padre, l’architetto e suo figlio; anche lui, attestato che dai volti brillava la certezza che non fossero solo ragazzi ‘innamorati’ ma anche presi da severa passione, suggerì di non farlo diventare nonno troppo presto e di laurearsi almeno, prima di fare scelte decisive ma che a loro piacevano molto.
La conclusione fu che Matteo avvertì suo padre che quella sera Corinna sarebbe andata da lui e, se lo desiderava, ci sarebbe restata anche per entrare nella vita operativa di uno studio; poiché Pino non mostrò nessuna riserva, il figlio ne approfittò per chiedergli perché mai non si decidesse a sposare Flora, considerato che il divorzio era già operante e che lei era decisamente insostituibile presenza al suo fianco; al padre che chiedeva perché, rispose che una madre putativa era l’ideale per il suo benessere.
Quella sera i ragazzi, col benestare dei genitori, si ritirarono nell’ala dell’edificio che lui occupava ed ebbe luogo la cerimonia della ‘luna di miele’ attesa da entrambi con ansia e voglia; la più felice era Corinna che decise di rompere ogni indugio e di essere protagonista della scelta di passione; non erano nemmeno entrati nella camera che aveva aperto la camicia e gliela stava sfilando mettendo a nudo il torace tonico e muscoloso; accarezzava fronte, viso, collo, spalle forti e capezzoli.
Voleva la sua bocca e volle sentirla sulla sua, volle che la sua lingua esplorasse tutta la cavità orale e la facesse eccitare, godere, fibrillare; volle succhiare quella lingua e trarne tutto l’amore di cui aveva bisogno; lui la seguì docile e innamorato, la baciò a lungo e la strinse a se; percorse, prima con le dita, poi con le labbra, il viso limpido e bellissimo, dall’attaccatura dei capelli attraverso la fronte fino agli occhi.
“Ti voglio, Matteo, ti desidero con tutta me stessa.”
Lei aveva forzato la cintura; lui aprì la fibbia, fece scorrere la cerniera; lei prese dai lati il pantalone e lo slip, insieme, e li abbassò; le sue mani incontrarono il sesso duro come il cemento, ma caldo, pulsante, vivo; lo afferrò con le due mani e lo tenne stretto.
“Devi insegnarmi tutto; sei nuovo per me, voglio essere tutta nuova per te.”
Quasi a dimostrarlo, si sedette sul letto e baciò il sesso giunto all’altezza della bocca; toccò a Matteo guidare la testa e suggerire i movimenti per la prima vera fellazione; Corinna scoprì il gusto di assaporare il precum, di leccare i testicoli e l’asta tutta, ritta contro il ventre, finché la cappella le scivolò in bocca, dolcemente; ricordò i discorsi ‘immorali’ delle amiche universitarie e trovò in qualche ricordo fanciullesco la guida per amare il sesso che le violentava dolcemente la bocca, fino alla gola.
Imparò in un niente a succhiare con foga, a leccare con intensità, a sentire il piacere scorrere sulla lingua fino al ventre e al cuore; osservò da sotto in su, con vista strabica, il volto di lui sformato dalle smorfie che la libidine gli suggeriva; capì che stavano godendo insieme, per la prima volta; e si rese conto che finalmente stavano facendo l’amore con tutto il corpo; trattenne in bocca il sesso quasi a volerlo assorbire in se.
Matteo non cercò di copulare; si lasciò accarezzare con la lingua, con le labbra, col palato, con la gola; poi la frenò e la spinse supina sul letto, le sollevò le gambe e la fece aprire scosciata a ventaglio; aveva davanti a se la vulva che grondava umori; si abbassò col corpo, immerse il viso tra le gambe e cominciò a leccare le grandi labbra; le percorse ripetutamente raccogliendo gli umori; Corinna ebbe un istintivo rifiuto per atavici divieti igienici; lui le sorrise con gli occhi e lei si arrese.
Godeva e urlava come massacrata, la donna; ma era in preda ad un orgasmo infinito e dolcissimo; sentire la sua bocca che succhiava il clitoride le dava la sensazione di fuochi d’artificio che esplodevano negli occhi, nella testa; la lingua che lambiva le grandi e le piccole labbra le provocava nelle orecchie suoni sovrannaturali; ad occhi chiusi, aveva l’impressione di attraversare un coro di angeli e si sentì esaltare dall’amore; lo tirò su di se e cercò la bocca da baciare.
Le salì addosso e la occupò tutta con la sua mole; Corinna era felice di sentirsi come sopraffatta e si accucciò smaniosa sotto il suo corpo; sentì la punta dell’asta che scivolava fra le cosce e raggiungeva la vagina, avvertì che entrava e ingombrava il canale vaginale; istintivamente, sollevò le gambe e le avvolse intorno alle reni; lui le prese i piedi e li intrecciò dietro la schiena; lei si spinse in su col ventre e soffocò in bocca a lui un urlo di goduria.
Corinna non riusciva a rilassarsi completamente; era la prima volta che sentiva l’amore riempirla e farla godere in ogni fibra del corpo; era quasi spaventata dalla gioia che provava a sentire il suo corpo invaso da quello di lui; Matteo riuscì, non solo in quell’occasione, a farla godere anche mentre parlavano di tutto e di niente; e sentiva come completamento lussurioso la penetrazione che avvertiva nettamente fino al ventre. L’urlo di lei che godeva fu ferino, inarrestabile; persino Pino se ne spaventò.
“Corinna, stai bene? Matteo cosa le stai facendo?”
“Dormi paparino, sto volando tra gli angeli …. “
“Non è un urlo di dolore?”
“No, è amore, è tutto e solo amore!!!!!!”
“Perbacco, non avrei mai pensato di avere testimoni alla nostra luna di miele un padre e una madre putativa così attenti e sensibili.”
“Matteo, neanche io sapevo di essere al centro di tanto amore. Come faccio a dirti quanto sono felice?
“Non lo dici. Adesso ti accoccoli in braccio a me e dormiamo.”
Riuscirono persino a dormire un paio d’ore, tra un assalto e l’altro; e non fu Matteo il più vivace; Corinna sembrava non essere mai sazia di passione e di voglia; chiese e concesse tutto, prese confidenza col sesso e sentì di amare quell’uomo al di sopra di tutto; aveva ben chiara la svolta che aveva dato alla sua vita e si svegliò molto determinata a farla evolvere secondo natura.
Cominciò da quel momento una vita paradossale, col padre che viveva con la sua assistente in un appartamento e, in quello a fianco, il figlio e la sua ragazza che conducevano una normale vita da conviventi; ciliegina sulla torta, nello studio a fianco Pino e Flora erano fin troppo attivi, a giornate intere, e i due giovani spesso si intrattenevano a studiare, partecipare, verificare e spesso anche collaborare; il padre era certo che lo studio avrebbe trovato nei ragazzi ottimi eredi.
In una chiacchierata privata con un addetto dell’ambasciata, in una delle feste a cui partecipavano per dovere sociale, Pino e Matteo seppero che Dolores aveva più volte tentato di imporre i suoi presunti diritti di maternità ossessiva; c’era voluto un bel po’ a convincerla che ora suo figlio decideva da solo ed aveva fatto una scelta chiara, vivere con suo padre; sembrava avere finalmente rinunciato ad avanzare pretese, forse perché i suoi avvocati e i legali dell’ambasciata l’avevano persuasa.
Qualche anno dopo, quando ormai il figlio era laureato e si apprestava, con Corinna, ad affiancare suo padre nella conduzione dello studio, piombò come una belva nell’ufficio dell’ex marito a protestare che avevano discriminato, nella realizzazione di un progetto internazionale di grande valore, la ditta del compagno Ramon Zamorano senza fornire adeguate motivazioni; Pino la guardò stupito perché non si era occupato lui degli accordi internazionali; chiamò Flora e le chiese chiarimenti.
La compagna impassibile avvertì che era stata una decisione di Matteo che lei aveva condiviso; se proprio sentivano il bisogno di spiegazioni, dovevano parlare col figlio che stava per rientrare con Corinna da un controllo ad un cantiere; Dolores sobbalzò quando sentì parlare di Corinna come compagna del suo ‘bambino’; non fu facile convincerla che suo figlio, ormai più che ventenne, aveva una compagna con cui viveva nell’appartamento a fianco a quello di suo padre; il mondo le cadde addosso.
Matteo, rientrato, trovò la sorpresa della madre feroce contro di lui; perse le staffe e le sbatté in faccia tutte le colpe che lei aveva sbolognato per anni come amore materno e capricci veniali; quando suo padre gli chiese conto delle scelte nella collaborazione internazionale, dovette solo limitarsi a chiarire che il rappresentante legale della ditta del caprone con cui sua madre scopava era lo stesso avvocato che aveva sfruttato, scopandoselo, per incriminare suo padre.
Per sovrammercato, aggiunse che la ditta Zamorano era osservata dagli investigatori perché in odore di collusione con certa malavita internazionale, mentre quella che aveva scelto, la Hierro, assicurava garanzie di efficienza e di pulizia; Pino vide la ex moglie piegarsi quasi su se stessa e tacque, finalmente; ormai la colpe erano emerse tutte e il legame tra lui e suo figlio risultava ben saldo; per Dolores invece la cose si mettevano male.
La situazione di estrema difficoltà economica in cui versava il suo amante e che solo la partecipazione al progetto poteva risolvere, rendeva assai delicata la sua posizione, dal momento che lui la manteneva nel ruolo di amante ormai quasi solo per inerzia, visto che per l’età non più giovanissima si prospettavano giorni non semplici; Dolores non riusciva neppure a piangere, ma era chiaro che le tegole del terremoto da lei scatenato le cadevano in testa una ad una.
Matteo ancora una volta fu inesorabile e urlò a sua madre di andarsene in Spagna, dove ancora resisteva l’ultima sua conquista o, alla peggio, da sua madre, a Rosario, cospargendosi di cenere e chiedendo perdono delle antiche colpe; lei piegò la testa e stavolta diede libero sfogo alle lacrime che non reggeva più; Flora scattò come una belva e accusò di disumanità un figlio che usava il linguaggio della vendetta contro la madre colpevole forse solo di eccessivo amore.
Non risparmiò rimbrotti nemmeno a Pino, che quella donna aveva amato e vissuto per dieci anni, con la quale aveva avuto un figlio meraviglioso e che ora si divertiva a massacrare; il compagno le fece osservare che quella donna era diventata un’autentica estranea, che era stata lei a massacrarlo rimanendo impunita per più di dieci anni; comunque, lui non aveva con Dolores né obblighi né diritti; se suo figlio voleva sostenerla, per lui andava benissimo.
“Mamma, per la prima volta nella tua vita, ce la fai ad essere chiara e serena almeno con tuo figlio? Mio padre mi lascia usare a mio piacimento l’appartamento che fu dei Bellarmino; lo conosci bene perché per dieci anni sono stati gli amici vicini di casa; se ti va, una stanza per te ce l’ho; se hai bisogno di lavorare per non essere più la parassita dei tuoi amanti, sono in grado di chiedere a mio padre di offrirti un posto in studio, a quell’archivio su cui una volta ti divertivi a lavorare per amore e per gioco.
Questa casa è quella di una famiglia anomala, con un padre, una madre putativa e due giovani innamorati che presto si sposeranno; anche il tuo ex marito si deciderà, per fare contenti tutti, a sposare la compagna; tu saresti la madre naturale aggiunta, senza parassitismi ma con molto affetto di tutti; se trovi un uomo da amare, ma sul serio e con precise intenzioni di sistemare la tua vita, sarà il benvenuto; più di questo non sono in grado di proporti ... “
“Voi che ne pensate?”
“Dolores, cancellare il passato farebbe bene a tutti; credo che anche Flora sia d’accordo che ci possiamo sistemare come il mio fantasioso figliolo ha determinato; vedo che anche Corinna è d’accordo; non capisco perché insiste a volermi vedere sposato con Flora; stiamo benissimo insieme ... Non sei convinta, amore? ... Flora, fai le carte e sposiamoci; non ho nessuna intenzione di impazzire ancora alla ricerca di un equilibrio; se per te sta bene, a me va benissimo; volevi questo, figlio maledetto?”
“No; vorrei vederti portare un bellissimo anello, inginocchiarti davanti alla mia madre putativa e chiederle di sposarti, come si fa tra gentiluomini; visto che Flora non ha parenti te lo impongono i figli putativi, vero Corinna?... La mossa è a te, come negli scacchi; bada che tra poco andremo in Germania per quel progetto sovranazionale che ti potrebbe laureare meritatamente archistar; non vedo occasione migliore per il vostro viaggio di nozze ... Flora, non essere emozionata, sei già abituata al suo sonno pesante!!!! ... “
“Figlio perfido degno di sua madre, riesci a inventarti sempre le soluzioni intriganti, come sul lavoro; allora è deciso, Dolores; ti trasferisci nell’appartamento di tuo figlio e cerchi di amarlo per lui e non per come lo sognavi; lavori in segreteria con noi e sarai inquadrata regolarmente; se trovi un uomo che ti interessi, sei libera di scegliere; non pensare neanche per errore a mio marito; ti cavo gli occhi, se lo stuzzichi ... “
“Signori, mi pare il caso di smettere di punzecchiarvi sulle banalità; c’è un lavoro da svolgere, uno studio da mandare avanti; ciascuno può risolvere i problemi strettamente personali; lo farà per conto suo o con chi sia strettamente interessato; i cantieri aspettano i nostri progetti e le indicazioni per l’esecutività; Matteo, uno di questi giorni presentiamo tua madre ai consuoceri; te la vedrai tu per spiegare il rapporto che c’è tra tuo padre, tua madre e Flora ... “
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