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Lui & Lei

Sei nessuno


di geniodirazza
06.07.2023    |    5.628    |    1 8.9
"Quando le ragazze si scatenarono a mimare un burlesque per spogliarsi nude e, soprattutto, quando affrontarono i tre mandingo per denudarli con maestria, ..."
La festa a cui stavano partecipando, passata mezzanotte, sembrava prendere una piega che non piaceva affatto a Carlo, che aveva accettato malvolentieri di partecipare, sollecitato da Cornelia, la ragazza che qualche mese prima lo aveva agganciato e si era proposta per una scopata ben fatta, a casa di lui; da allora, non si era scollata e si era autoproclamata sua compagna; Carlo non aveva, al momento, nessun altro impegno e, per ristorarsi dal lavoro intenso, l’aveva accolta.
Le cose non erano andate male, fino a quel momento; scopavano molto e con gusto; lei sembrava felice di spupazzarsi la sua mazza che nei momenti di massima erezione sfiorava i venti centimetri, una dimensione, per sua conoscenza non superficiale, bene accetta dalla donne che Carlo frequentava spesso e volentieri; quella sera però le cose assunsero un’aria sospetta specie dopo che rimase lui con Cornelia ed altre due ragazze con tre neri dall’aspetto di mandingo.
Aveva visto scorrere molto alcool nella serata e gran parte era finito nello stomaco della sua compagna e in quelli delle due ragazze che erano rimaste quando tutti avevano sfollato; non aveva nessun problema di adattamento, lui che era abituato a privè e spa di ogni genere, con donne che chiedevano solo di trasgredire violentemente per reagire alla vita borghese in cui passavano le giornate inutili con mariti ricchi.
Quando le ragazze si scatenarono a mimare un burlesque per spogliarsi nude e, soprattutto, quando affrontarono i tre mandingo per denudarli con maestria, qualche problema gli si affacciò; i tre esibirono rapidamente mazze formidabili, da venticinque centimetri e oltre, con uno spessore che faceva concorrenza a una lattina di medio contenuto; gli scherzi delle ragazze che esaltavano la grandezza dei tre cazzi gli insinuò il sospetto che mirassero a metterlo in ridicolo.
Cornelia si era lanciata subito sul più vicino e aveva preso a due mani la mazza che gli pendeva tra le cosce; Carlo la osservò ammirato, mentre lei con abili colpi di mano e di lingua portava il cazzo al massimo dell’erezione; quando prese a leccare la cappella con frenetica lussuria, accettò serenamente l’idea che non ce ne sarebbe stato, per lui, in una notte in cui lei si dimostrava un’autentica divoratrice di cazzo; l’aveva intuito ed ora era lapalissiano.
La ragazza sembrava invasata; leccava e succhiava le mazze enormi così come le venivano a tiro; nonostante avesse chiaramente qualche difficoltà ad ingoiarle, le spingeva in fondo alla gola, dando spesso segnali di rigurgiti e di soffocamento; Carlo fu fulminato dal pensiero di lasciarla al suo sollazzo e di abbandonare il campo; non aveva nessuna voglia di mettersi in una competizione persa in partenza, con estranei di cui non gliene fregava niente.
Prima che avesse il tempo di lasciare il campo, la ragazza gli era addosso e lo spogliava con la velocità del lampo, ridendo sguaiatamente delle ridotte dimensioni di tutte le parti del suo corpo confrontate con quelle degli autentici ’bronzi di Riace’ neri che erano i tre mandingo; Cornelia insisteva irridendo e non gli consentì di muoversi; quando lo ebbe denudato, lo costrinse a sdraiarsi su un divano e cominciò a limonare con uno dei neri.
Carlo era abituato a lotte e confronti, nel lavoro; aveva raggiunto anche un livello di potere che lo metteva in condizione di permettersi parecchi lussi; se avesse deciso di applicare a quell’occasione i criteri che solitamente adottava nelle competizioni per accaparrarsi commesse e incarichi, poteva persino pensare di ricorrere ad un gesto di forza che avrebbe fatto pagare caro il gesto di arroganza che Cornelia metteva in atto; cercò di convincersi che era l’alcool a causare quegli effetti e sopportò.
In fondo, una stupidaggine fanciullesca, per apparire più brava e più determinata di tutti, stimolata dall’alcool e dalla competizione implicita alla presenza delle alte due ragazze, poteva bene essere un lenitivo alla rabbia che gli montava di fronte alle scelte che lei faceva forse senza neppure averne chiara coscienza; finché non avesse superato il limite della sua imbarazzante fanciullaggine, della sopportabilità della situazione, poteva anche fare buon viso a cattivo gioco.
Si impose quindi di nascondere l’imbarazzo che gli provocava la sua ragazza che ingoiava una mazza enorme fino a lacrimare quando ne introduceva troppo in gola; arrivò ad ammirare la maestria di lei che sollevò con una mano la mazza lungo il ventre e si abbassò a leccare lussuriosamente i coglioni e a prenderli in bocca uno per volta, nonostante la mole decisamente notevole; apprezzò il volto felice mentre manipolava i grossi cazzi soppesandoli e confrontandoli col suo viso.
Ebbe vita un poco più difficile, quando lei si inginocchiò accanto a un mandingo, costrinse lui ad alzarsi dal divano e prese in ciascuna mano i due cazzi confrontandoli e ridendo.
“Scusa Carlo, ma la differenza è abissale; in questa situazione, non sei assolutamente nessuno; normalmente il tuo cazzo mi piace anche; ma è evidente che quando si arriva al confronto con una bestia vera, non puoi che fare la figura dell’impotente!”
Era la frase che mai avrebbe dovuto pronunciare e che, inevitabilmente, la fece iscrivere nel libro nero dei nemici da distruggere; la mentalità opportunistica dell’imprenditore scattò incontrollabile e Carlo decise che per quella donna non ce n’era più; non voleva fare scoppiare uno scandalo e si limitò a tornare a sedere sul divano, al suo posto di spettatore vittima dell’arroganza di una donna ubriaca e della sua stupida presunzione.
Da quel momento, l’obiettivo di Cornelia fu umiliarlo al massimo; probabilmente scattò in lei una repressa voglia di rivalsa sul maschio che se la sbatteva quasi quotidianamente e al quale strappava agi e vantaggi usando le ricchezze per la sua esaltazione; quando il nero decise di prendere lui l’iniziativa e di stenderla per passare a leccarle la figa come forse era bravo a fare, lei si spostò sul divano e si distese con la testa in grembo al suo partner.
Commentò che il suo cazzo non si rizzava neppure di fronte a scene così libidinose, mentre il mandingo poggiava la sua bocca carnosa e la lingua rosea e grossa sul clitoride di lei e dava il via ad una straordinaria leccata di figa che la mandava in solluchero e la faceva gemere come soffrisse mentre godeva come una pazza; più volte la vide inarcare la schiena in un sussulto di piacere intenso che la faceva urlare.
Il nero la leccò a lungo, profondamene, con grande gioia e partecipazione di Cornelia che esprimeva il massimo della sua troiaggine masturbandosi il clitoride mentre la lingua di lui spazzolava la figa; quando lei era quasi sfinita dalle sborrate, lui la fece girare per riprendere a leccarla da dietro; lei si appoggiò al ventre di Carlo e accennò a leccare il cazzo inerte tra le cosce; la tirò per i capelli e la costrinse ad abbandonare il suo sesso; non voleva concedere niente, a quel punto.
Andò avanti per più di un quarto d’ora, il nero, che leccava sapientemente il perineo dalla figa al culo e infilava la punta della lingua nei due buchi; lei risentiva chiaramente delle sollecitazioni e godeva; Carlo, che abitualmente praticava con lei lunghissimi cunnilinguo, quando scopavano, non ebbe difficoltà a riconoscere tutte quelle reazioni che la figa, il culo e il viso di lei indicavano, insieme ai gemiti che ormai erano ininterrotti.
Decisa ad umiliarlo ad ogni costo, incurante del rifiuto, che lui aveva chiaramente espresso, a partecipare in qualsiasi modo alla sua lussuria, Cornelia si dispose carponi sul divano e appoggiò provocatoriamente la testa sul grembo di Carlo; lo stallone le infilò nella figa un cazzo che sembrava interminabile e incompatibile con il canale vaginale; le afferrò le tette da dietro e le usò in duplice funzione, sfregando i capezzoli tra pollici e indici e tirando o spingendo il corpo nel movimento di vai e vieni dalla figa.
Andarono avanti per un tempo che a lui sembrò infinito, non meno di un quarto d’ora comunque, poi decisero di cambiare posizione; senza abbandonare la postazione sul divano, con la testa in grembo al compagno, lei si distese supina, aprì le gambe a compasso e si prese dentro la mazza in un solo colpo; Carlo si limitò ad ascoltare il suono tipico delle carni che si scontravano quando lui picchiava con forza sulla figa.
Cominciò a sperare che, per esaurimento di forze, si fermassero almeno il tempo di consentirgli di vestirsi e di sparire, visto che il suo ruolo lì era solo quello di un servitorello sciocco dominato da una mistress che gli era apparsa dal nulla, emergendo da una storia di sesso che avevano costruito in pochi mesi di pacifica e dolce convivenza; senza destare scandalo, ora voleva solo andare via e lasciarli in pace a scopare.
Ma i sei non avevano nessuna intenzione né di concludere né di disarmare; quando lei ebbe sborrato almeno cinque volte, lui si staccò e la fece posizionare di nuovo carponi sul divano, nello stesso punto, diventato ormai per Cornelia il patibolo dove ‘giustiziare’ l’amante occasionale di cui aveva subito di malavoglia il potere e la determinazione; ogni invettiva, ogni frase offensiva che accompagnava la scopata indicava con chiarezza che era contro quel potere che si scagliava.
Il nero infilò di nuovo il cazzo, da dietro e, quando si rese conto che i coglioni picchiavano sulla figa perché la mazza era entrata tutta nel ventre della donna, sfilò il manganello, spostò la punta un poco in alto, sputò sull’ano e spinse il cazzo nel culo, che fece qualche piccola resistenza, quando la cappella forzò lo sfintere già largamente abituato alle inculate; si aprì immediatamente a far passare l’enorme cilindro di carne.
Lo stallone la montò a lungo nelle viscere; lei accoglieva gioiendo la mazza di carne che le riempiva l’intestino e incitava con urla disumane il nero a sfondarla, a riempirle l’intestino, a strusciarle l’utero da dietro per farla godere ancora di più; il nero variò molte volte la posizione di inculata; la prese a pecorina e stesa sul divano, da sopra con il ventre sulla schiena; a cucchiaio, da destra e da sinistra, masturbandola mentre il cazzo faceva il suo dovere nel culo.
Andarono avanti per oltre mezz’ora e si sentiva che Cornelia era all’apice del godimento; quando lui si staccò e accostò il cazzo duro al viso, lei tirò fuori la lingua in attesa che lui le sborrasse in bocca; lo stallone cominciò a masturbarsi il cazzo e si vedeva che la sua mano ne prendeva poco più di un terzo; la lunga scopata lo aveva assuefatto e la sborrata tardava ad uscire; ce la fece, alla fine, ed una abbondante crema candida e consistente si abbatté sugli occhi, sulla lingua, nella bocca di lei.
Crollarono stremati, lui su una poltrona e lei sul divano; Carlo si alzò e, quasi di soppiatto, filò via nudo e scalzo, portandosi i vestiti in mano; li indossò quasi correndo nei corridoi ed uscì all’aria aperta respirando a pieni polmoni il fresco della notte; non andò a casa ma imboccò l’autostrada e si fermò in un hotel ad una decina di chilometri; non ebbe problemi, dal momento che aveva una forte partecipazione al pacchetto di maggioranza delle azioni di quel posto, e vi trascorse la domenica.
Vi soggiornò fino al mattino del lunedì ed usò tutti i servizi disponibili, dal ristorante alla lavanderia, dai negozietti circostanti al bar, per rendere piacevole la vacanza lontano dalla parassita convinta di averlo sfruttato, prima, e messo in ridicolo, poi, con la pessima recita del finto burlesque; aveva chiuso il telefono e asportato la batteria, per evitare qualsiasi possibile tentativo di localizzarlo; riaccese appena in ufficio e cestinò tutte le chiamate e i messaggi di lei.
Preferiva non incontrarla, nell’immediato, per non cedere alla violenza della rabbia provata quando aveva preso coscienza che la splendida ragazza che lo aveva abbordato era solo una parassita sfruttatrice che aveva voluto eccedere in tutto, prima facendosi mantenere nel lusso e poi cercando di imporgli il suo punto di vista come fosse verità evangelica, da accettare per fede indipendentemente dal valore di quel che proponeva.
Non poté evitarla il lunedì sera, quando tornò a casa alla chiusura dell’ufficio; la trovò che, con una faccia di bronzo degna di altre occasioni, si era affaccendata in cucina ed aveva preparato la cena per due; evitò accuratamente ogni tentativo di approccio, si sedette a tavola in un silenzio glaciale che dominò per tutta la serata, durante la cena e dopo, quando si sedette in poltrona alla tv e scelse un programma di informazione economica che a lei dava l’orticaria; se ne andò a letto piccata, in silenzio anche lei.
Non la sfiorò nemmeno per errore e proseguì lo sciopero del silenzio e dell’ignoranza dell’altra per tutta la settimana; Cornelia a quel punto non sapeva decidere se provocare il discorso a costo di prendersi qualche brutta sberla o se tacere più tignosamente di lui; prevalse la tigna e se ne stette per suo conto anche quando moriva dalla voglia di sentire almeno le sue mani addosso; decise allora di rompere il muro del silenzio e di affrontare il toro per le corna.
Partì enunciando il principio, inventato praticamente lì per lì, che avevano deciso di vivere ciascuno liberamente la propria sessualità; si accorse che la derideva guardandola con fare interrogativo, come a chiedere da dove derivasse quelle informazioni; fu costretta immediatamente a rimangiarsi l‘affermazione ed a precisare che l’accordo non era stato unanime, lui aveva proposto la trasgressione consensuale e lei la libertà assoluta individuale.
“Quindi, senza tener conto del mio punto di vista, hai applicato il tuo criterio del libertinaggio incontrollato!?!?”
“Non puoi pretendere ancora, nel nuovo millennio, di imporre l’opinione dell’individuo alfa come indiscutibile … !”
“Bene; in nome del libertinaggio, la signorina vive la sua vita sfruttando parassitariamente il mio lavoro!!!!!”
“Credevo che tu mi lasciassi spendere per amore …. “
“Per amore delle corna, quindi? … “
“Le corna le vedi solo tu; io mi sono limitata a vivere la mia sessualità liberamente … “
“E il confronto con i neri, la minaccia di legarmi, le smorfie mentre ti strusciavi addosso, le offese, le umiliazioni, le mortificazioni, fanno tutte parte del pacchetto della tua libertà? La mia dove comincia, se la tua è così invasiva?”
“Ho sbagliato a bere troppo; le parole sono andate al di là del pensiero; non era offenderti; era giocare con le tue debolezze; ti sei offeso perché non sei abituato a perdere, mai; invece ti dimostravo che eri inferiore ai maschi che mi scopavano, che ti obbligavo a piegarti a me mentre mi facevo sbattere … “
“La mia libertà????”
“Te la costruisci tu; sei tanto abituato a comandare che non ti ci vuole molto ad affermare la tua libertà.”
“Allora decido che la mia libertà è cacciarti fuori da questa casa dove sei entrata con l’inganno e ti sei comportata slealmente; sono almeno libero di usare il mio potere economico?”
“Se liberissimo di farlo; ma commetti una vigliaccata perché non puoi rispondere alla sfida che ti ho lanciato … “
“La sfida del cazzo, quindi ... che è proprio una sfida del cazzo, cara la mia puttana stronza; tu adesso te ne vai, senza voltarti indietro; io mi rimangio tutto quello che liberamente e ingenuamente ti avevo promesso, perché, sleale, falsa, infida e non credibile, sei indegna delle promesse … “
“Non puoi mettermi in mezzo alla strada a quest’ora; domani mi cerco un alloggio e tu resterai felice col tuo cazzetto e con le seghe che ti farai!”
“Se dovessi essere feroce come te, andresti in strada adesso a cercarti i cazzi duri che ti diano ospitalità in cambio delle corna e delle umiliazioni che un’imbecille puttana e indegna sa restituire a chi le offre qualcosa … “
“Non ho un amante che mi mantenga; credevo fossi tu, ma vedo che le corna ti prudono troppo per accettare di essere aperto e disponibile … “
“Mi pare che, di aperto e disponibile, ci siano soprattutto le tue cosce, le fogne che hai lì in mezzo e la spudoratezza con cui affermi un punto di vista senza fondamento; strano che una studentessa di legge neppure si accorga di quale paradosso difenda con le sue affermazioni campate in aria; se non bastasse, questo ti rende anche più colpevole. Vattene, prima che perda la pazienza e ti risponda con la stessa tua volgarità e presunzione.”
“Aspetta, Carlo; stiamo dicendo parole troppo forti, perché sono successe cose al di là delle volontà e del buonsenso; vuoi provare a riavvolgere il nastro e cercare di capire senza aggredirci?”
“Non hai aggredito quando mi hai detto che sono nessuno e che dovevo accettare te e le tue devianze?”
“Ti prego, parliamo del futuro senza farci condizionare dal passato; me ne vado, perché giustamente la tua libertà è anche quella di vivere la tua casa senza dover mantenere una persona che sembra che non ti rispetti e non ti stimi; non è vero; ho solo fatto uno scivolone terribile e mi sono lasciata andare alla presunzione ed alla voglia di offenderti ma i dati di fatto parlano contro di me e dicono che ci sono andata giù pesante.
Adesso vuoi riprenderti la tua libertà e mi cacci via; è un tuo sacrosanto diritto; ma tu sai bene che non ho nessuno da cui farmi mantenere, soprattutto non uno che abbia il tuo stesso potere e mi faccia vivere agiatamente come hai fatto tu in questi mesi; non sono certa di avere neanche il sussidio mensile che mi davano i miei, ai quali avevo fatto sapere che non avevo più bisogno di loro, visto che c’eri tu a sostenermi.
Se mi butti in mezzo a una strada, davvero mi costringi a prostituirmi per sbarcare il lunario; ce la fai a stringere i denti ancora una volta e a cercare una qualche soluzione? Mi avevi assicurato che mi avresti sostenuto fino alla laurea; mi manca solo un anno di tasse, di libri e di alloggio; se davvero ti sei nauseato di me, riesci almeno a mantenere le promesse per quelle cose a cui mi avevi detto che avevi già provveduto?”
“Domani passa dal mio ufficio e parla con Titti, la mia segretaria personale; ti spiegherà come fare per avere un posto letto, già pagato, alla Casa dello Studente; ti consegnerà le ricevute delle tasse pagate fino alla laurea; ti spiegherà come acquistare nella Libreria con cui si è accordata solo i testi che, con documenti fedeli, dimostrerai che ti servono per gli esami di quella sessione; non ti offendere, ma con una bugiarda devo garantirmi che non comprerà testi per altri studenti e li rivenderà a metà prezzo.”
“Hai ragione anche in questo; chi si scotta con l’acqua calda ha paura anche della fredda; ormai ho perso la tua fiducia e la tua stima; spero che tu sia ancora convinto che voglio studiare e laurearmi … “
“Su quel versante, non credo che farai le sciocchezze che hai fatto con la figa; non sono stato male con te e, se avrai bisogno, ti aiuterò a laurearti; sei in gamba e sarai un buon avvocato; peccato che come amante fai proprio schifo … !”
“Quindi, è inutile che ti proponga di fare l’amore, stasera! … ”
“In quei pozzi di merda slabbrati e sfasciati da cazzi extra large non ci entrerei almeno per qualche mese; quando avrai recuperato la dignità di una figa e di un culo accettabili, forse potrai anche proporti ad un maschio per scopare; ma intanto sarai abbastanza lontana da non interessarmi. Stasera dormi nella camera degli ospiti e domani te ne vai alla Casa dello Studente; spero di non incontrati mai più. Addio, ragazza mia!”
“Carlo, diciamo subito che va bene tutto; domani sparisco dalla tua vita e mi arrangio a chiudere il ciclo di studi con il tuo aiuto, perché la tua generosità la conosco e so apprezzarla; però adesso mi fai il favore di zittire per un momento e di accettare quelle scudisciate che ti meriti; io mi sto prendendo le tue una per una, segnandomele nella mente e nel cuore, senza cercare di controbattere, ma esigo da te un momento di umiltà; so che sei abbastanza intelligente e sensibile per concedermelo.
Io ho commesso un errore forse imperdonabile; ma non cercare di farlo passare per colpa o per reato perché ti picchio, fisicamente stavolta; ho sbagliato, ho equivocato, ho esagerato ma non ho inteso offendere; le parole sono uscite senza controllo e ti ho detto che eri nessuno; ma non volevo mortificarti; volevo solo, ingenuamente, che subissi una mia prepotenza; tu me ne imponi ogni momento, anche qui, adesso, con la logica inoppugnabile.
Io ammetto di avere sbagliato; se ti può far stare bene te ne chiedo perdono; ma ogni tua parola stasera è una frustata che mi segna il cuore e la mente; nel fisico si vedono le slabbrature; invece non si vedono le scudisciate che mi hai inferto con la tua logica inoppugnabile; ma anche questa non è del tutto vera; la mia figa e il mio culo sono in grado, coi muscoli vaginali e quelli rettali, di imprigionare il tuo cazzo e non farti uscire più finché non avrò munto tutto le sperma dai coglioni.
Lo sai bene, perché non mi hai scopato poche volte e controvoglia, ma molto spesso e con passione, se non con amore; se adesso dici che le caverne che ho al posto della figa e del culo possono spaventarti, menti con la coscienza che stai bluffando; se proprio hai paura delle slabbrature, devo ricordarti io quanto paradiso ti ho fatto toccare quando ti ho succhiato il cazzo con tutta la passione del mondo? O ha dimenticato quanti orgasmi mi hai dato leccando le mie tette?
Sto cercando in tutti i modi di dirti che è finita e ne ho preso coscienza, che domani scomparirò dalla tua vita; ma che tu neppure accetti di provare a dormire con me un’ultima volta, è un segno di arroganza spaventoso; io ti ho costretto a sopportare le mie scopate coi neri; ma tu, cazzo, potresti almeno lasciare che mi strusci su di te un’ultima volta, prima di lasciarci per sempre; perché vuoi ad ogni costo che ci lasciamo qui, ora, mentre stiamo cercando di spiegarci?
E’ arroganza anche la tua, è malanimo, è malafede, è rabbia, è rancore, o è sete di vendetta? Capisci che è contro queste cose che mi sono rivoltata facendo la stronzata di ubriacarmi e di sbroccare? Tu sei straordinario, per intelligenza, per sensibilità, per coerenza, per dialettica; ma quando trovi una povera stupida che sbaglia, scateni tutte le tue qualità per frustare a sangue, forse per lasciare il segno dell’individuo alfa sulla poveretta che non ti capisce.
Ti consiglio di rifletterci, se incontri una donna che ami e che ti ami veramente; fare il censore e colpire ad ogni sbavatura può solo farvi male; non avevo e non ho intenzione di vivere una vita con te, non ti vedo come il principe azzurro dei sogni delle adolescenti; ma il tuo cazzo mi ispira tanta passione, scopare con te significa andare in paradiso; stasera avevo pensato di dormire insieme, senza nemmeno scopare, se ti spaventano le fogne che sospetti tu.
Tu invece metti subito i paletti razionali e mi proibisci di concupirti; se ci pensi bene, sarebbe come voler proibire a due amici di abbracciarsi alla stazione da cui lei sta per partire senza ritorno; è questo tuo limite che induce a volerti contrastare, il desiderio di sentirti palpitare per qualcosa di umano, non logico né razionale, ma umano, emotivo; ho sbagliato a volerti piegare a me, ma sono certa che hai ancora bisogno, una volta tanto, di sentirti più umano e fragile.
So che mi sono preclusa la possibilità di salutarti con il caloroso abbraccio di un’amica; ma il problema mio era che mi stavo innamorando di te; ho voluto frenarmi e forse farmi cacciare perché non sei da sposare, prepotente come sei; innamorarmi sarebbe stato terribile; o ti dovevo adorare o ti dovevo subire; non voglio né questo né quello; ma almeno speravo in un caldo abbraccio di stanotte; se non ti va, ben venga la camera degli ospiti. Sono io, adesso, che ti dico addio per sempre.”
“Sono bravo ad ascoltare e a capire, se c’è da capire; hai ragione; tu hai sbroccato per un capriccio fanciullesco; io ho sbroccato per eccesso di rigore; non posso pretendere che gli altri usino come me la ragione come metro per l’azione; mi sono incazzato, mi sono sentito amareggiato, umiliato e il rancore mi ha fatto fare scelte che forse non erano neppure tanto logiche; è vero che non sarei un marito giusto per te.
Ma è anche altrettanto vero che, se il buongiorno si vede dal mattino, sarai un grande avvocato, una volta che supererai la timidezza iniziale; di questo non avevo ancora coscienza; mi fa piacere sapere che, col mio aiuto, riuscirai a concludere gli studi; se ti va, dormi con me, stasera; ma non è i caso di pensare a una storia eterna; come marito, sono improponibile; ma tu, come moglie, non sei proprio ipotizzabile!”
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