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Lui & Lei

Adulteri 2; Lucio


di geniodirazza
15.11.2023    |    2.419    |    1 9.4
"Quando lei si rese conto irrimediabilmente di essere incinta e di poter solo fare ricorso con gravi rischi, ai maneggi di un aborto clandestino, avendo..."
Lucio, quarantaquattrenne architetto già ampiamente affermato, aveva una vita lineare e quasi soddisfacente, a determinare il ‘quasi’ era l’atteggiamento di sua moglie, Elena, quarantenne direttrice di un’agenzia di pubblicità, che non riusciva ad accettare né la famiglia, né il tempo che passava e che, principalmente, a tutti cercava di imporre la sua volontà e la sua personale visione delle singole cose; quello che lei riteneva giusto era Verità assoluta a cui tutti si dovevano inchinare.
Era stato così anche quando, più di vent’anni prima, Lucio si era imbattuto in lei, per sua disgrazia veniva fatto di dire; nella smania di partecipare ad una delle tante scorribande che la ‘banda’ dei ragazzi come lui organizzava per bar e discoteche, notò subito la più vivace del gruppo, quella che tutti additavano come disponile a qualunque esperienza; quando l’ebbe a portata di cazzo, non esitò a scoparsela; per sua sfortuna, fu l’unico a farlo senza preservativo.
Quando lei si rese conto irrimediabilmente di essere incinta e di poter solo fare ricorso con gravi rischi, ai maneggi di un aborto clandestino, avendo superato tute le fasi utili per quello terapeutico, inevitabilmente si vide costretto ad assumersi la responsabilità di quella maternità e ad accettare il matrimonio come soluzione praticabile; la decisione non lo spaventò perché il matrimonio era nei suoi progetti, la ragazza non gli dispiaceva e volle fare la sua parte con dignità.
Si era da poco laureato in architettura, aveva avviato un suo studio privato, mentre accompagnava, da assistente, un suo Professore all’Università; non solo godeva di una condizione economica forse invidiabile, ma poteva anche disertare spesso lo studio e lavorare da casa mentre ai tavoli da disegno si affannavano i ragazzi assunti come disegnatori o esecutori di plastici; quando sua moglie avvertì che non avrebbe allattato e lasciava la cura della casa a lui, accettò pazientemente di fare da solo.
Era nato Roberto, che curò amorevolmente per tutta la vita, dalle poppate agli studi universitari; a venti anni, suo figlio prometteva di ereditare dal padre non solo la creatività e il talento ma anche le scelte professionali; quando sua moglie, per la solita superficialità, rimase di nuovo incinta, Roby aveva sei anni e Francesca fu la perla di papà, la figlia attesa e desiderata, nella totale indifferenza della madre.
Elena sin dalla luna di miele aveva dichiaratamente manifestato il suo libertinaggio che mascherava da libertà e da impegno indefesso nel lavoro; suo marito si era abituato, e lo fecero anche i figli dopo, a restare in casa a fare il ‘mammo’ e il ‘massaio’, spesso fino alle ore piccole della notte; Elena appariva di tanto in tanto per imporre i suoi personali dictat; non c’erano documenti di corna fatte, ma era certo che la ragazzina che la dava a tutti non si era smentita dopo il matrimonio e le due maternità.
Il pomeriggio che, tornando a casa dallo studio, trovò Francesca piangente, cercò di consolarla raccomandandole di non far pesare troppo piccoli incidenti; la ragazza gli consegnò una chiavetta con una registrazione e Lucio scoprì che sua moglie aveva intrecciato una relazione adulterina col primo fidanzato adolescente, divenuto ora un bell’uomo di una quarantina d’anni; come i figli, ritenne che la misura fosse piena e che fosse il caso di sciogliere un nodo ormai insopportabile.
Chiamò l’ufficio da dove era appena arrivato e parlò con Flora, la giovane assistente che, entrata nello studio qualche anno prima come stagista che ambiva ad avere come Mentore l’archistar del momento, si era progressivamente ambientata e, presa dall’incanto per lui professionista, a mano a mano si era trovata impigliata in un reticolo d’amore assai difficile da districare, visto il matrimonio e la prole che lui accettava supinamente dimostrandosi ostile a qualunque idea di tradimento o di rottura.
Flora impiegò, orologio alla mano, due minuti per cogliere il senso del discorso appassionato e sofferto che le fece il suo idolo; lo avvertì che il suo amore non gli consentiva scampo; se decideva di lasciare la moglie, lei era pronta a portarlo a vivere con lei nel suo appartamento, ad essere la sua compagna e a trascorrere con lui tutta la vita, sicuramente a condizioni più leali e limpide della moglie; se davvero decideva di saltare il fosso, doveva solo fare le valigie.
Non era una scelta del momento; da mesi ormai Lucio accarezzava l’idea di abbandonare sua moglie alle sue esagerazioni e di fare una scelta nuova e diversa; l’ipotesi di concedersi alla devozione di Flora lo aveva sollecitato spesso, al punto che anche Elena ci aveva pesantemente e volgarmente scherzato quando se ne era resa conto; quando decise di andarsene, la sua assistente fu il primo pensiero che gli venne alla mente; non esitò a metterlo in atto, quando sentì la disponibilità di lei.
Roberto, suo figlio, quando vide il padre tirare giù dallo sgabuzzino le valigie e riempirle di vestiti, biancheria, documenti e quanto c’era di suo in quella casa, capì il senso del dialogo telefonico che aveva sentito a sprazzi; prese coscienza che anche lui non aveva prospettive e che forse doveva cercarsi una diversa collazione; l’unico riferimento utile risultava quello della ragazza con cui aveva una storia meravigliosa e con la quale avevano talvolta parlato di andare a vivere insieme.
Uscito dal suo appartamento, Lucio con determinazione andò direttamente a casa di Flora; anche se per anni aveva glissato sui sentimenti di lei che gli aveva più volte professato amore, stavolta era deciso a dichiararsi senza esitazione; uscire dall’appartamento matrimoniale era per lui uscire anche dalla prigionia del matrimonio e dalla vita di sua moglie; coi figli si sarebbe confrontato e avrebbero stabilito una possibile convivenza disarmata.
Ma Flora diventava quasi naturalmente il suo nuovo approdo di vita; sentiva che era giunto il momento di lasciarsi andare e di amarla come aveva sempre desiderato; quando lei gli aprì la porta, non pronunziarono nemmeno una sillaba; caddero letteralmente l’uno nelle braccia dell’altra e si trascinarono, baciandosi e accarezzandosi, fino alla camera da letto; anche Flora quasi non credeva a se stessa quando se lo trovò davanti e tra le braccia.
Appena la porta della camera si chiuse dietro le loro spalle, lo stava avvolgendo nell’abbraccio più caldo che avrebbe mai desiderato; si strinse contro di lui e gli fece sentire tutta la voglia del sesso rovente, desiderosa del suo che la sventrasse e le facesse toccare il paradiso che sperava da anni; sentì una mazza che si rizzava prepotente e la stimolava, da sopra i vestiti, e le procurava emozioni di piacere mai assaporate in vita; allungò una mano e lo sentì vivo.
Lui la portò quasi a forza fino al letto e le impose di sedersi; lei aprì il pantalone e glielo abbassò alle caviglie, insieme al boxer; il ‘mostro’ le apparve in tutta la sua possanza e lo amò, dal primissimo momento; lo prese a due mani e lo accarezzò, dal pube alla punta; allungò la lingua e saggiò il sapore delle gocce di precum che uscivano dal meato; lambì con le labbra la cappella e la spinse sulla lingua, contro il palato; lui fremette e le strinse le tempie in un gesto d’amore.
Prima che riuscisse ad ingoiare l’asta quanto desiderava, l’aveva sollevata in piedi e la stava spogliando; si liberò di pantaloni e boxer scalciandoli lontano e le sfilò la camicetta finché restò in reggiseno, abbassò la gonna e lei la scalciò via; poi gli sfilò giacca e camicia; fu nudo, tranne i calzini; lo bloccò e lo divorò con gli occhi; fu un attimo stupendo, lo amava ancora di più; prese a baciare la pelle di tutto il corpo, dal viso al petto e tentò di scendere più giù; la fermò e la stese supina.
La lingua che lambiva la vulva le scatenò scosse elettriche nel cervello; le mani le presero le caviglie e le distanziarono finché fu totalmente scosciata; la bocca che si strinse intorno al clitoride aveva la dolcezza di un bacio delicato e, quando cominciò a succhiare, le provocò fremiti d’orgasmo irresistibili; la lingua separò le grandi labbra, poi le piccole e infine lambì il clitoride che le labbra stavano succhiando; leccò e succhiò, contemporaneamente, il piccolo organo centro della libidine; la fece godere.
Gli orgasmi si susseguirono a ritmo serrato; gemette e godette continuamente; si abbandonò a lui, al maschio che stava chino sul ventre, a Lucio, l’uomo che amava da sempre.
“Amore, mi fai morire se vai avanti così; ti prego, non insistere!”
Lo prese per le tempie e lo costrinse a raggiungerla sul letto; rotolò verso il centro e lo portò con se; si accoccolò accanto al sesso e lo prese finalmente in bocca, costringendolo a stare fermo; leccò e succhiò senza sosta, senza fermarsi neppure quando gemeva quasi di dolore; spinse la cappella fino all’ugola e copulò in gola finché non esplose dentro la sua bocca; trattenne il sesso che spruzzava fiotti di sperma; li ingoiò ad uno ad uno; lui si rilassò e si godette la sua bocca.
Si sentì svuotata e si sdraiò al suo fianco, adagiandosi contro la sua figura imponente, gli baciò il capezzolo più vicino anche se, in quel momento, il titillamento lo disturbava; le prese la testa e portò la bocca sulla sua; si distese sulla sua figura massiccia e si sentì dominata dal suo amore; lui la baciava con intensità e sentivano che i corpi si risvegliavano; la mazza riprese a premere sulla vulva e la vagina piangeva lacrime di orgasmo.
“Flora, c’è chimica tra noi; ti amo come non ho mai amato in vita mia; ti desidero come solo una volta nella vita si può desiderare; sei la mia donna, lo sento; ti voglio, ti voglio tutta e non ti permetterò di andartene.”
“Non vado da nessuna parte, Lucio; lo so che sei l’uomo che volevo e non ti lascio andare neppure io; voglio appartenerti tutta, voglio darti quello che non ho mai dato a nessuno; ora so che ti amo davvero, tanto; adesso prendimi, voglio sentirti dentro e voglio andare in paradiso con te, a costo di farmi sventrare dal tuo mostro meraviglioso … ”
Passarono quella notte, che per loro era quasi una luna di miele anomala, scopando, anzi facendo tanto amore, senza porsi né obiettivi né limiti, solo preoccupandosi di incontrarsi e di conoscersi, come la Bibbia opportunamente mistifica gli amplessi; Lucio scoprì nella sua assistente una donna calda e appassionata, capace di empiti straordinari di passione e pronta a sperimentare qualunque forma di sesso le venisse proposta; lei finalmente aveva il suo uomo nudo nel letto.
Non impiegarono molto tempo ad assestarsi nella nuova dimensione di coppia di fatto; una consuetudine quasi decennale a convivere nello spazio dello studio e ad amarsi in silenzio, nel rispetto di un matrimonio rivelatosi molto effimero ed ipocrita, aveva già determinato un’intimità che, uscito dai limiti della vita coniugale, Lucio trasformò rapidamente in convivenza amorosa molto calda ed appassionata.
La sorpresa venne, inaspettatamente, dalla piccola Francesca che rivelò un’abitudine, di vecchia data, a riferirsi a Flora come ad una sorta di sorella putativa; rimasta da sola a ‘sorbirsi’ le irrequietezze di sua madre, dopo la ‘fuga’ del padre e del fratello, spiegò a Lucio che da molti anni per i piccoli e grandi problemi che si pongono normalmente ad una ragazza della sua età e della sua crescita, aveva trovato nella sua assistente l’amica del cuore.
Non avendo mai potuto fare affidamento su sua madre, perennemente uccel di bosco, e non potendo coinvolgere suo padre in vicende che riguardavano la sua crescita e le sue emozioni adolescenziali, aveva trovato in Flora le orecchie pronte ad ascoltare e la voce disposta a spiegare, suggerire, consigliare; di fronte alle perplessità di suo padre che non capiva, gli precisò che era corsa dalla sua assistente quando si era spaventata alla vista del primo sangue mestruale.
Gli ricordò episodi da lui dimenticati, come la meraviglia di lui davanti al conto pagato ad un negozio di intimo dove Flora le aveva fatto acquistare il primo reggiseno, lo slip coi cuoricini, il bikini e gli indumenti ‘osè’ che aveva cominciato ad usare per essere più ‘femmina’; Flora era stata per lei la madre assente, la sorella putativa, l’amica del cuore e la consulente per i problemi di cuore quando aveva avuto i primi palpiti strani per il compagno di classe.
Divenne facilmente consuetudine, per lei, andare allo studio, uscendo da scuola, pranzare col padre e con la sua compagna, fermarsi a studiare nello studio dove i due lavoravano e trattenesi fino a cena; solo a sera l’accompagnavano a casa, dove si gestiva la solitudine mentre la madre impazzava tra i suoi amorazzi; non erano poche le volte che si fermava a dormire da loro, su un divano nella sala comune, finché suo padre non le attrezzò una cameretta che divenne sua.
Francesca manteneva suo padre aggiornato sui fatti che interessavano Roberto, suo figlio, che aveva trovato una sistemazione assai convincente a casa di Barbara, la sua ragazza, con la quale conviveva in casa di sua madre, Lucia, che ospitava anche Ettore, un imprenditore edile già noto a Lucio che aveva collaborato alla realizzazione di un quartiere residenziale alla periferia della città; Ettore aveva anche assunto il giovanotto come disegnatore part time assicurandogli uno stipendio modesto ma utile.
Elena non sapeva molto delle vicende di casa e, come aveva sempre fatto, neppure se ne curava; ottenuta la sentenza di separazione e l’affidamento della figlia con l’assegno previsto che, insieme ai suoi guadagni, le consentiva di vivere nell’agio, se non nel lusso, si dedicava unicamente al suo lavoro accanito ed ai sollazzi che volentieri si prendeva da amanti occasionali, incurante della sofferenza di sua figlia davanti alla processione di maschi in mutande nella camera di sua madre.
Un giorno Francesca, nauseata, se ne lamentò con Flora e insieme organizzarono un blitz che avrebbe sconvolto gli assetti; una sera che, dopo accurati studi, la ragazza era certa che sua madre avrebbe passato la notte con un caprone che una volta a settimana andava a scoparsela a casa sua, dopo le undici si recò a casa con suo padre e con un suo amico avvocato che aveva curato la parte legale della separazione dei coniugi.
La lunga, insistente e nervosa scampanellata annunciò subito ad Elena che non si trattava di buone notizie; uscì dalla camera e andò ad aprire coperta appena da una vestaglia trasparente che non nascondeva niente delle sue forme giunoniche; quando si trovò di fronte alla figlia, sbalordì non poco.
“Francesca, perché non sei a letto? ... C’è anche tu padre ... Perché? ... O dio, anche l’avvocato?!”
“Elena, domani fatti trovare in tribunale!”
“In tribunale?!? Perché mai?”
“Perché chiederò al giudice di sottrarti l’affidamento d nostra figlia; Non ti sei neanche accorta che non era in casa ... “
“Aspetta; è stato un caso unico ... “
“Mamma, ci sono testimoni che dichiarano che normalmente non torni a casa prima delle tre di mattina e che non sai mai né dove sono né cosa faccio; i miei professori possono venire a testimoniare che non ti hanno mai visto in tutti gli incontri con le famiglie; chi è adesso il caprone che gira per la casa in mutande, visto come sono scostumati ed incivili gli amanti che ti porti in casa senza nessun rispetto per me? Domani al giudice e agli assistenti sociali racconterò queste cose ... ”
Proprio in quel momento un individuo anonimo si affacciò dalla sua camera, in mutande, ed uscì per andare in cucina; Lucio usò il telefonino per scattare un’istantanea di lei in vestaglia, di lui in mutande e della figlia tra loro.
“Questa è la ‘pistola fumante’ se capisci cosa intendo!”
“Va bene; cosa vuoi, figlia ingrata?”
“Me ne vado, troia; seguo l’esempio di mio padre e di mio fratello; ti lascio alle tue copule smodate e incontrollate; vado a fare famiglia con chi mi merita. Domani vai dal giudice e comunica che rinunci all’affidamento; se non lo fai, ti perseguito e ti mando in galera, te lo giuro!”
“Va bene; visto che avete fatto sempre così, quadrato contro di me, vattene anche tu e non rompetemi più le scatole; finalmente forse potrò essere giovane e libera da zavorre inutili!”
“Francesca, metti in un valigia poche cose veramente indispensabili e andiamo via da questo letamaio; signora delicatissima, sappia che con la perdita dell’affidamento lei rinuncerà anche all’assegno che le era stato concesso; stia bene attenta a come spende e spande, se non vuole trovarsi male, prima o poi.”
Alzò il medio della mano destra e chiuse la porta alla sue spalle, quando la figlia si presentò con una valigia pronta; la sua sicumera era però destinata a sgonfiarsi lo stesso giorno seguente, praticamente dopo poche ore, quando la sentenza del giudice le rese la sua indipendenza ma una discutibile autonomia economica, visto che anche tutto il lavoro dell’agenzia di pubblicità aveva fatto aggio per anni sul capitale personale di suo marito, sul quale adesso non poteva più contare.
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