Racconti Erotici > Lui & Lei > Proverbiale pazienza 2
Lui & Lei

Proverbiale pazienza 2


di geniodirazza
05.02.2023    |    4.227    |    1 9.6
"Quando riemersi dal mio eremo, mia madre mi annunciò che aveva preparato per noi tre perché Manlio era dovuto partire; precisò che si erano organizzati per..."
In un ulteriore raptus di imbecillità, non resistetti alla tentazione di vedere come si comportassero mio marito e mia madre in camera da letto; lasciai mio padre che brigava con le sue carte e mi accostai alla porta della camera che, forse a bella posta, i due avevano lasciato aperta; li vidi sdraiati, insieme, sul letto, che si carezzavano e si titillavano con un’aria imbambolata che non riuscivo a spiegarmi e che non avevo mai visto; forse era quello, l’amore di cui mi parlavano e che non conoscevo.
“Papà, ma non ti senti stupido a startene qui mentre tua moglie si sta facendo scopare da mio marito?”
“Ormai mi è chiaro che non sai nemmeno avere un’idea lontana dell’essere innamorati; se non hai capito che Manlio sopportava la croce che gli hai imposto da prima di sposarlo, è evidente che non sai nemmeno di che cosa parli, si tratti di amore o di sesso non conta; forse potresti capire qualcosa se pensassi a due persone che si amano alla follia e desiderano solo che l’altro stia bene, che stia veramente bene, capisci?
Se tu stavi bene scopando con altri, tuo marito accettava anche l’umiliazione delle corna; se tua madre per stare bene voleva un altro cazzo, non mi sarei mai opposto, perché mi interessava solo il suo stare bene; ne abbiamo fatte di tutti i colori, assai più di quante tu possa immaginare; ma le abbiamo fatte sempre avendo di mira il benessere dell’altro; il sesso si può dare in giro senza problemi, cercando solo di evitare la nascita di bastardi; ma l’amore è solo nostro ed è quello che ci tiene uniti.
Siamo stati capaci, e lo siamo ancora, io ed Annamaria, di scopare con un’altra o con un altro; al terzo, diamo solo sesso; tra noi, basta che ci teniamo la mano, che ci guardiamo negli occhi, che osserviamo quello che resta fuori guardarci con amore, tutto diventa perfetto perché c’è sesso, con chiunque, e amore, tra noi due; io so che tua madre, essendo ormai io impotente, ha bisogno di fare sesso e non con giocattoli di plastica; se con Manlio riesce a farlo e sta bene, io posso esserne solo felice!
Ho paura che tu ti preoccupi di far stare bene solo te stessa; ma farti sbattere una mazza enorme in figa o nel culo non può essere il tuo stare bene; forse, nel tuo egoismo e nella tua tigna, non sai capire neppure cosa vuoi fare; posso solo sperare che tu sia malata; se non lo sei, sei così tarata dentro che non c’è scampo; un malato si cura; uno che abbia dentro una tara inguaribile può solo fare male a se stesso e a chi gli sta intorno!”
Ero sconvolta, soprattutto nell’apprendere che i miei genitori praticavano sesso trasgressivo senza intaccare la loro intesa che avevo sempre visto perfetta; per di più, mio padre leggeva in chiave di amore il comportamento di mio marito che io avevo sempre considerato vile e rinunciatario; la voglia di capire mi induceva, quasi inevitabilmente, a controllare le mie stesse reazioni, se per caso avessi guardato la loro scopata con intenzione diversa; tornai in camera e mi sedetti a osservare.
Erano stesi a sessantanove; mia madre stava leccando con golosità per me inaspettata la grossa mazza di Manlio, altro che ipodotato!, e se ne beava ad occhi chiusi, persa in un languore che, in fondo, conoscevo perché anch’io, sollazzandomi con quella bestia, mi trovavo spesso a volare in un giardino terrestre solo mio; intanto, teneva bloccata tra le cosce il viso di lui; mi appariva chiaro che anche lei non amava la duplice funzione; buon sangue non mente.
Finché era lei che si sbizzarriva su quel grosso cazzo, leccando, carezzando, ingoiando e spingendo in fondo, non voleva che lui, contemporaneamente, si lasciasse andare a libidinose manipolazioni; quando lei allentava la pressione delle cosce sul viso, era lui, allora, che si scatenava sulla sua figa, ancora meravigliosa da guardare, anche per me che ero la figlia e di certo eterosessuale; gli occhi di mio marito erano accesi di voglia mentre si dedicava da artista al cunnilinguo.
Quando lo sguardo di mia madre incontrò il mio, mi fece l’occhiolino ed ebbe una smorfia di piacere, quasi dedicasse a me l’orgasmo che in quel momento lui le procurava; per istinto, mi mossi e le andai ad accarezzare il viso; lei prese la mia mano nella sua, intrecciò le dita, si mosse sul corpo di lui ed ebbe delle contrazioni violente del ventre; toccai con mano quello che mio padre mia aveva detto; mia madre mi stava dicendo che stava benissimo e che mi amava, mentre godeva con Manlio.
Per un momento, desiderai ripetere il gesto con mio marito; forse in quella strana ‘scoperta’ poteva essere la chiave per recuperare un minimo di possibilità di ricominciare; ma ebbi paura delle reazioni e mi fermai; tornai a sedermi sulla poltrona e li stavo a guardare; conoscendo Manlio, pensavo che avrebbe portato a lungo i preliminari, prima di penetrarla; mi sentii molto stupida e mi resi conto che tutte le mie scopate non valevano quegli attimi di sesso e amore.
Ancora una volta, le mie ipotesi su mio marito e su mia madre erano destinate a rivelasi troppo frettolose; che Annamaria fosse una donna persino troppo calda, mi appariva in chiara evidenza; sul tempo lungo di durata dei preliminari nella ‘ritualità’ di mio marito, avrei anche messo la mano sul fuoco; ma, a sorpresa, lei chiese di prenderla alla missionaria; mio padre non era con lei, lì a scopare, come di solito facevano; preferiva non lasciarlo a lungo in nervosa attesa.
Quando Manlio le montò addosso, ebbi modo di vedere con quanta cura, lui, e con quanta devozione, lei, assistessero alla penetrazione lenta e misurata del cazzo in figa; io lo obbligavo sempre a montarmi assai più in fretta e mi sentii gelosa di fronte alla libidine con cui Annamaria pareva rallentare a bella posta la penetrazione, quasi per assaporare più delicatamente e convintamente il piacere che la mazza le procurava.
Anche la spinta contro la testa dell’utero fu segnalata da lei con un gemito lungo che aveva il sapore della lussuria, non certo del fastidio che, come sapevo bene, dava la mazza quando veniva spinta troppo a fondo; la penetrazione lenta, voluta, desiderata, attesa, aveva avuto l’effetto di predisporli alla botta che non aveva avuto nessun effetto se non quello di farla godere ancora; non la cavalcò neppure una volta; lasciò che cazzo e muscoli vaginali, giocando tra loro, li portassero alla sborrata contemporanea.
L’urlo con cui conclusero mi bucò i timpani e il cervello; il cuore per un attimo si fermò; rimasi incantata a guardarli mentre, rilassati coi corpi avvinti, lasciavano che il respiro tornasse regolare, dopo l’affanno della scopata; sentii che mia madre, sussurrando, gli chiedeva se si sarebbero ancora visti ed avrebbero vissuto momenti anche più intensi; lui la rassicurò che, nonostante le situazioni che viveva, per lei avrebbe sempre trovato momenti come quello.
La raccomandazione ulteriore fu che dovevano spiegare con maggiore chiarezza a mio padre le intenzioni e che dovevano coinvolgerlo perché l’amore era suo privilegio e lei sentiva di tradirlo se scopava con suo genero lontano dal marito; mi trovai mio malgrado ad intervenire su questo punto, forse per tentare una condivisione di colpe di cui non ero degna.
“Ma non credi di averlo già tradito scopando come avete fatto voi? Io che vi ho visto farlo, so perfettamente che c’è stato anche amore, tra di voi, non solo sesso; non puoi parlare di solo sesso, con Manlio che non scopa se non è innamorato … “
Mia madre evitò di rispondermi, si ripulì alla meglio e si rivestì; uscita dalla camera, affrontò con dolcezza suo marito e gli disse con estrema chiarezza che non sarebbe mai riuscita, con suo genero, a rimanere al di qua dell’amore; forse, in qualche modo, poteva offenderlo; ma aveva avuto la più bella occasione di sesso e di amore, non l’aveva rifiutata e ne era felice; mio padre l’accarezzò con affetto infinito e le chiese se aveva già previsto con Manlio una relazione lunga e duratura.
Intervenne mio marito a scusarsi, a raccomandargli che non si nascondesse se fosse capitato ancora, perché lui apprezzava il punto di vista ed era pronto a condividere la donna che l’altro amava e per la quale la sua passione era ‘inquinata’ dall’amore antico; di fronte alle ‘smancerie’ che si scambiavano, fui quasi irritata; ma, a farmi male, era piuttosto la coscienza che le stesse porcate che mi attiravano potevano assumere una veste di grande amore, se i protagonisti lo volevano insieme.
Forse per alzare un poco l’asticella, o con la segreta speranza che qualcosa cambiasse, chiesi a mio marito come intendeva regolarsi, ora; avvisò mia madre, a cui si rivolgeva come alla referente primaria, che ormai la sua vita da mesi si svolgeva in Svizzera, nei pressi di Lugano; loro due, mio padre e mia madre, potevano stabilirsi nella casa che era stata di noi due, senza preoccuparsi di quello che avrei fatto io; stizzita, mi chiusi nella camera degli ospiti e non uscii fino all’ora di cena.
Quando riemersi dal mio eremo, mia madre mi annunciò che aveva preparato per noi tre perché Manlio era dovuto partire; precisò che si erano organizzati per alloggiare nel nostro appartamento; io potevo essere la figlia che viveva in casa, ma le porcate le dovevo andare a fare dovunque potessi o volessi, non in quella casa; mio padre aveva già attivato i suoi legali per riprendere il pieno possesso dell’azienda e della sua Amministrazione; il suo conto estero avrebbe coperto i danni provocati da me.
Abbassai la testa, vergognandomi per il riferimento alla mia sinecura che aveva portato quasi al fallimento mio padre; le chiesi solo di riservarmi, un giorno, qualche ora perché dovevo parlarle; mi rassicurò che, nonostante il ciclone distruttivo che avevo fatto passare sulle nostre vite, lei e mio padre erano ancora legati a me da molto affetto; avrebbe parlato con me volentieri e, se ci fossero state delle soluzioni possibili ai nostri problemi, le avemmo esaminate insieme.
Non passò una settimana che mi trovai seduta con mia madre davanti ad un te, a parlare dei miei problemi; difficile trovare una radice ai miei comportamenti, a cui non erano estranei forse certi elementi ereditari, visti i costumi che i miei mi avevano appena confessato; mia madre fu costretta a riconoscere che molta parte era dovuta anche alla superficialità dei loro atteggiamenti nell’acconsentire ai miei capricci fin da bambina.
Il problema maggiore era rappresentato dalla ricerca di modi di intervento che consentissero di cambiare radicalmente i miei costumi; l’unica ipotesi che mia madre fu in grado di formulare, fu che erotomane e ninfomane, i miei caratteri dominanti, dovessero equipararsi a difficoltà di comportamento come eroinomane e cocainomane; in pratica, era convinta che fossi schiava del sesso come i tossici lo sono delle droghe.
Tra le sue amicizie, c’era una suor Maria, che aveva dato vita ad una comunità di recupero per tossici; nel suo lavoro, era stata in grado di avviare le persone affidate a lei ad attività utili che in molti casi avevano fatto dimenticare la tossicità; era molto speranzosa che, parlando con la sua amica, potevo trovare il percorso giusto per liberarmi della mia dipendenza o almeno ridurla ad una dimensione razionale e compatibile con le mie responsabilità.
Nei sei mesi successivi, frequentando il centro di suor Maria, riuscii a ridurre le mie eccessive pulsioni sessuali e, iscritta ad un corso da infermiera della CRI, arrivai anche a cambiare il mio atteggiamento e a diventare una valida assistente per malati; in quel tempo, i miei si sistemarono nell’appartamento che era stato mio e di mio marito e ci vissero in una straordinaria armonia che potevo solo ammirare quando, libera progressivamente dalla cura, mi trovai in casa ad assistere mio padre.
Manlio aveva preso a frequentarli un paio di volte al mese; viveva normalmente in Svizzera, preso dai suoi esorbitanti impegni di amministratore di un’impresa gigantesca; non sapevo, e non volli mai sapere, se avesse una nuova compagna; ma tutte le volte che veniva da noi era soprattutto per fare l’amore con mia madre che aveva appeso la sua sessualità a quegli incontri; mio padre era contento e passavano settimane coccolandosi e masturbandosi in lunghe ore di sesso ‘particolare’.
Stuzzicata sul tema, mia madre mi confidò che lui era diventato particolarmente bravo nell’uso delle dita e della bocca; la masturbava meravigliosamente per ore, addirittura, ricorrendo talvolta anche a giocattoli più o meno elaborati che avevano acquistato insieme in internet; lui era sempre stato molto abile nel cunnilinguo; mettere a frutto quella naturale propensione gli consentiva di deliziarla per intere nottate.
Naturalmente, la soddisfazione di mio padre, sempre e solo mentale, si realizzava quasi compiutamente quasi ogni volta che scopavano in quel particolare modo; mia madre invece registrava sempre, in fondo, una certa piccola delusione perché le mancava la possibilità di succhiare un bel cazzo o di sentirsene riempita in culo e in figa; ma erano unanimi, lei e mio padre, nel ritenere che la soluzione fosse attendere il mio ormai ex marito, col quale avevano raggiunto un’intesa perfetta.
Quando Manlio preannunciava la sua visita, i due entravano letteralmente in fibrillazione per prepararsi alla scopata attesa concordemente talvolta per un mese; si erano organizzati perché alcuni momenti li passassero in un letto a tre piazze, con mio padre presente, non solo in funzione passiva di guardone ma anche partecipando attivamente per la parte che poteva; ad un certo punto, lui si ritirava nella stanza degli ospiti per lasciarli liberi tutta la notte.
Mio marito si fermava in genere per il week end, dal venerdì alla domenica pomeriggio; io fui invitata a trovarmi un alloggio per le due notti; lealmente e serenamente dissi che non avevo difficoltà ad accettare la strana complicità, decisamente assai più bella delle corna che facevo io; mio padre decise di dormire nella stanza degli ospiti dove io soggiornavo abitualmente, entrambi con i tappi alle orecchie per non sentire quanto e come urlasse sua moglie a letto con suo genero.
Furono i mesi più belli e dolci della nostra storia, anche matrimoniale; fui anche gelosa di mia madre, che riusciva a far quadrare i conti della sua vita prendendosi tutto e non scontentando nessuno, nemmeno me; più volte mi chiese se dovesse, nei momenti di requie dopo una grande scopata, aprire il discorso con Manlio su una possibile ricucitura con me; spaventata da un possibile rifiuto che, a quel punto della nostra storia, mi avrebbe fatto molto male, la pregai di soprassedere.
Volli invece sapere come mai lei accettasse di aspettare due settimane o addirittura un mese prima di sfogare la sua esigenza di cazzo duro, di cui mi aveva parlato mio padre; dal mio punto di vista, la cosa più semplice sarebbe stata cercarsi qualche giovane stallone; mia madre era decisamente una gran bella donna e non avrebbe avuto difficoltà a trovare maschi ben attrezzati disposti a scoparla anche per ore, con o senza suo marito.
Il sorriso irridente di mia madre mi infastidì, come sempre, perché sembrava darmi della stupida, incapace di cogliere cose semplici; mi chiese se ricordassi come scopava mio marito; non ebbi difficoltà a confessare che ricordavo bene quanto amore ci mettesse lui; ero io, che non lo amavo ma volevo solo sbattermelo come tutti gli altri, che riuscivo a malapena a cogliere il senso di quello che faceva.
Mi chiese se mi ero mai accorta che quando baciava, riusciva a stimolare le papille di tutta la bocca facendo arrivare brividi di piacere alla spina dorsale e alla figa; non ci avevo mai badato, presa com’ero dalla fregola di farmi sbattere dentro la mazza; ripensandoci provavo quasi le emozioni di quando, arrivando a casa spesso inatteso, mi afferrava dietro la porta e cominciava a baciarmi lussuriosamente.
Ricordavo bene le emozioni di cui diceva mamma; ma, più ancora, mi tornavano in mente le sferzate di piacere mentre il suo cazzo meraviglioso, spinto contro il pube e strusciato come se mi scopasse in piedi, da sopra i vestiti, mi stimolava la figa fino a farmi sbrodolare in continuazione; ricordavo che mi spogliava mentre ancora andavamo alla camera, dove io mi sedevo sul bordo del letto e prendevo in bocca il cazzo ormai durissimo senza togliergli il pantalone.
Mia madre invece mi raccontava il piacere libidinoso con cui lui, in camera, la spogliava dei vestiti con cura e metodo, scoprendo progressivamente il corpo, dal seno alla figa; io amavo il sesso aggressivo e immediato; imponendo la mia scelta, aggredivo subito la mazza e me la spupazzavo a mio piacimento in tutti i buchi; mia madre, invece, goduriosa e forse metodica, amava percorrere tutti i sentieri del piacere, come aveva imparato con mio padre; gli proponeva un percorso lento e trovava il partner ideale.
Quando arrivava a sedersi sul bordo del letto ed affrontava il pompino in cui si diceva maestra, erano già ambedue nudi e lei provava un intenso piacere a leccare, succhiare e mordere tutto il corpo, dalla bocca al cazzo; lo step successivo, mi raccontava, era il cunnilinguo in cui Manlio dimostrava tutta la sua grandezza; sapevo bene di cosa parlasse perché lo avevo sperimentato personalmente, ma non avevo mai sottolineato, come lei faceva nel racconto, il piacere di quei momenti.
Di fatto, mentre io continuavo a seguire, sul modello delle scopate veloci nel bagno, il piacere di sentirmi sfondare, lei si perdeva dietro la sensualità anche dei piccoli gesti; quando, dopo il cunnilinguo, si passava alla doppia fellazione, a sessantanove, io miravo a portare il cazzo alla massima erezione e la figa alla massima apertura; mia madre invece mi descriveva i passaggi delle loro leccate, alternate per non sovrapporre i piaceri, come un esercizio di libidine lussurioso.
Per lei, come per me, il passo successivo, la scopata in figa, era un momento sublime di compenetrazione, accompagnato da baci intensi e passionali; per me era la spinta violenta contro l’utero di una mazza dura come poche, quella di un maschio come tanti; per questo, non davo alla scopata il senso assoluto che invece mia madre diceva di assegnarle; l’idea di trasmettere, attraverso il cazzo in figa, amore e desiderio di possesso, era lontano da me mille miglia.
Avvertivo qualcosa di fastidioso, nella distanza tra noi delle emozioni che accompagnavano le scopate; ero gelosa di mia madre, non perché aspettava con ansia da adolescente uno stallone che io avevo sempre messo nel mucchio, ma perché riusciva ad attribuire a una semplice scopata valori che non avevo mai preso in considerazione; in qualche modo, sentivo, nella sua esaltazione, mentre mi raccontava come lui la montasse, un implicito rimprovero per il mio cinismo; quasi per provocarla, le chiesi se la leccasse solo da davanti e la montasse solo in figa e alla missionaria.
Non mi rise in faccia per non offendermi, ma il suo sguardo valeva quella risata soffocata; quasi per ribattere colpo su colpo, passò a raccontarmi come lui la facesse piegare carponi sul bordo del letto e trascorresse a volte ore leccandole dolcemente figa e culo, accosciato dietro di lei ai bordi del letto; dalla sua descrizione, mi pareva di sentire la lingua di mio marito scivolare a spatola sul perineo, dal monte di venere al coccige, fermandosi a penetrare figa e culo.
Avevo vissuto quei momenti e mi erano rimasti da qualche parte nel fondo della memoria; sentirli rievocare fu quasi un tornare a scopare con Manlio, sul letto che era stato nostro per una vita, praticamente, e dove lui mi aveva fatto passeggiare assai spesso per i sentieri del piacere, non privandomi di nessuno, dal pompino più elementare all’inculata più elaborata; chiesi a mia madre se gli avesse dato il culo; altra faccia irridente che mi turbò.
Era persino ovvio che si fosse fatta inculare anche davanti agli occhi di suo marito, perché lei amava prenderlo nel retto e mio padre sapeva perfettamente quanta goduria lei provasse nel farsi titillare l’utero da dietro; era stato lui stesso, più volte, a passare il gel lubrificante sulle parti, perché la penetrazione avvenisse nella maniera più dolce e naturale possibile, nonostante le dimensioni della mazza che lei si prendeva nel ventre con estremo piacere.
Mi aggiunse che Manlio era estremamente delicato; dopo essere penetrato da dietro, la faceva girare e la inculava stando faccia a faccia, perché voleva che si guardassero mentre scopavano nel culo e potesse baciarla e succhiarle i capezzoli, mentre la scopava; mi assicurò che, con mio marito, sentire il cazzo nel culo e la bocca sui capezzoli era un piacere che non aveva mai provato negli incontri ‘alternativi’ che aveva fatto con mio padre.
Mi vergognai un poco, quando mi disse questo, perché, alla fine, era chiaro che avesse scopato senza limiti, ma in concordia e di intesa con l’uomo che aveva amato tutta la vita; anche adesso, che scopava con mio marito perché il suo non poteva, erano concordi e consonanti; praticamente, un paio di corna diventava il cemento con cui la loro storia d’amore si rafforzava; a me, di tutte le mazze che mi erano passate dal corpo, non restava niente.
Fui costretta a chiederle di smettere la narrazione, per favore, perché mi pareva un atto di accusa contro di me sentire come la inculasse da dietro, sdraiati di lato su una gamba o sull’altra, disteso sulla schiena di lei a scoparla su tutto il corpo, senza contare le acrobazie, di cui mi parlava mia madre, quando si lanciavano in spagnole con pompino annesso, davvero epiche; smise di raccontare, ma era evidente che ancora rievocava, perché la sua mano non si mosse dalla figa che stava masturbando.
Ottavio, mio padre, era riuscito a organizzarsi un modo di vita che gli consentiva di dirigere l’attività da casa, con l’aiuto di collaboratori fidatissimi, e di essere presente in ufficio poche volte a settimana; mia madre lo sostituiva in tutte le competenze e se ne occupava con affetto dolcissimo; specialmente dopo il corso da infermiera, mi trovai più volte a prendermene cura, con lei o da sola, e scoprii il piacere di essere figlia amorosa e innamorata di mio padre.
Le capacità sessuali erano morte all’improvviso e gli pesava la perdita di quella mascolinità che, in fondo, alimenta l’orgoglio proprio di qualunque uomo e che in lui aveva avuto un ruolo assai importante; le ‘mazzate’ prese negli ultimi tempi avevano inciso sul suo cuore già non fortissimo; per vari motivi, rischiava pericolose crisi cardiache anche per piccole cose; per questo motivo, eravamo molto attente e quasi lo opprimevamo con l’affetto e le premure.
La volta che ebbe un mancamento, ci spaventammo a morte, io e mia madre; in ospedale riuscirono a normalizzarlo e ci raccomandarono di farlo vivere in un ambiente sereno ed ecologicamente garantito; mia madre chiamò senza esitazioni Manlio e gli espose il problema; fu da noi in poche ore; per nostra fortuna era in viaggio dalle nostre parti; ancora una volta, dovetti incantarmi di fronte alla sua capacità di affrontare il problema, trovare la soluzione e farla diventare immediatamente operativa.
Ci avvertì che a Lugano disponeva di una villa grande, con a fianco una dependance, dove senza problemi potevamo trovare spazio noi tre; l’area era dominata da un bosco, ai cui margini erano collocati la villa e il parco; ma, soprattutto, la casa distava un tiro di schioppo da una delle cliniche più attrezzate per la cura dei malati di cuore; disse a mia madre di raccogliere in due valigie, al massimo, l’indispensabile, e di andare via immediatamente con suo marito.
Incaricò me di raccogliere tutto quello che dovesse essere trasportato nel nuovo alloggio e di mandarlo per corriere; di parlare col dirigente di cui mio padre si fidava ed avvisarlo che si sarebbe tenuto in contatto, con lui e con mio padre, per telefono o per video conferenza e insomma che loro avrebbero agito a distanza e lui avrebbe diretto l’azienda in presenza; quando avessi sbrigato le incombenze, sarei andata a raggiungere i miei e mi sarei sistemata con loro.
La cosa fu semplice e sbrigativa più di quanto avessi immaginato; per la prima volta, da quando ci avevo scopato la prima volta, Manlio mi affidava un incarico non grave ma certamente impegnativo, mi chiedeva di trasferirmi, coi miei genitori, accanto a lui; guardai mia madre con un’aria speranzosa; mi rispose con un sorriso che la illuminò tutta; più di me, nutriva l’utopia che mio marito avesse in animo di ricucire, almeno parzialmente, con me.
Passarono settimane da autentico paradiso terrestre; mio padre rifiorì in pochissimo tempo e riprese perfino le sue sedute di sesso ‘arrangiato’ con mia madre; io mi sentii sempre più leggera e lieta, anche se faticavo molto per essere molto attenta e devota a mio padre che aveva comunque bisogno di cure continue; mia madre fece una vita da sogno; Manlio infatti intensificò notevolmente la sua frequenza con lei e con mio padre; giunse a venire a scopare con loro una volta a settimana.
Mi meravigliava molto che non avesse una donna con cui fare sesso, sicché trovava affascinante venire da mia madre; quella straordinaria routine mi intrigava molto e spesso mi masturbai al suono dei rumori che producevano specialmente quando mio padre, dopo un’intensa seduta a tre, si rifugiava nella sua camera e li lasciava liberi di amarsi alla morte; dovetti ammettere con me stessa, molte volte, che volentieri avrei preso il posto di mio padre, quando si allontanava.
Ma, memore dei danni che avevo fatto, me ne stavo in disparte e, al massimo, usavo qualcuno dei ‘giocattoli’ di mia madre per procurarmi piacere solitario; per lo stesso motivo, impedii a mia madre di avanzare con mio marito ipotesi di recupero totale; non ero in grado di chiedergli di dimenticare e non ero certa che avesse voglia di farlo; fino a quel momento, la passione per mia madre e, soprattutto, per mio padre e per il lavoro che li accomunava, erano dominanti.
Spesso passava intere giornate in studio con mio padre, per seguire le varie attività, anche internazionali, a cui aveva dato vita; una mattina che era in difficoltà con certe iniziative, mio padre mi pregò di andare in villa per avvertire Manlio che aveva bisogno del suo supporto; mi mossi con una certa ansia, perché non avevo mai visto da vicino la casa in cui abitava mio marito, forse con una nuova compagna.
Mi aprì una donna di mezza età, una collaboratrice domestica o qualcosa di simile; ebbi solo il tempo di dire.
“Io sono ... “
“So bene che lei è Clotilde la moglie dell’ingegnere; lui non è in casa, in questo momento … “
“Mio padre avrebbe bisogno di interpellarlo per problemi di lavoro; sa come può fare?”
“Certo; posso metterli in comunicazione; ho un numero di emergenza; ma non vorrei lasciare solo il bambino ... “
“C’è un bambino, in questa casa? E’ suo figlio?”
“No; è il figlio dell’ingegnere, non lo sa? Ha sei anni ed è molto vivace; non posso quasi mai lasciarlo solo … “
“Sua madre non è in casa?”
“Forse solo Dio sa dov’è finita; da quando nacque Nicolino, non si è più vista; ma … perché non viene a conoscerlo?”
Mi trovai di fronte ad una sorta di angioletto coi capelli neri e riccioluti, intento a colorare un album di disegni preconfezionati; gli feci ciao con la mano; mi rispose con lo stesso cenno; poi mi chiese chi fossi.
“La signora è la moglie del tuo papà; si chiama Clotilde … “
“Ti posso chiamare mamma Titti?”
“Puoi chiamarmi come vuoi; io posso chiamarti Nico?”
“Si; anche papà spesso mi chiama Nico … “
Mi sedetti accanto a lui e mi persi nell’ammirazione di quel bambino che colorava case, alberi e stelle seguendo le linee segnate su un album; mi si strinse addosso e mi sentii sciogliere dall’emozione sentendo quel prolungamento di mio marito come una parte di lui che volevo conquistare; lo toccavo, lo accarezzavo e lo sbaciucchiavo come fosse suo padre, al quale adesso mi sentivo decisa a chiedere di riallacciare i fili di una storia che avevo vissuto malissimo ma che ora era la mia nuova vita.
La governante di Nicolino si perse nei dialoghi con mio padre; probabilmente ne intrecciò di nuovi con mia madre e sparì per tutta la mattinata; si ripresentò quasi ad ora di pranzo e mi avvertì che sarebbe stata la solita battaglia convincere il bimbo a mangiare; lui probabilmente colse il senso del dialogo ed annunciò.
“Mangio solo se me lo da mamma Titti.”
Risi tra me, considerando che faceva i miei stessi capricci; eppure niente ci legava; forse, semplicemente, ero stata io a non voler crescere da quella condizione infantile; sapevo che probabilmente era sbagliato, ma acconsentii a imboccarlo; subito dopo avere mangiato, il bambino si accucciò soddisfatto sul suo lettino e rapidamente cadde in un sonno profondo; ne approfittai per tornare finalmente a casa per il pranzo; mia madre confessò finalmente che sapeva tutto del bambino; eravamo in preparativi per la cena quando entrò del tutto inaspettato Manlio che mi si rivolse con tono grave in contrasto col sorriso che gli occhi tradivano.
”Si può sapere che avete combinato tu e Nico? Dice che non dorme se mamma Titti non gli legge la favola! Da dove escono questa mamma Titti e questa favola?”
“Scusami, non c’eri e ho conosciuto tuo figlio; non sapeva pronunciare ‘Clotilde’ e per lui sono diventata Titti; Sofia gli ha detto che sono tua moglie, ma non ha precisato che sono la tua ex, e per lui sono diventata ‘mamma Titti’; per dormire, dopo pranzo, mi ha chiesto di leggergli una favola; alla prima pagina dormiva.”
“Anna, ti risulta che mia moglie ha presentato istanza di separazione o di divorzio? … No?!?! … E allora sei giuridicamente ancora mia moglie; anzi, poiché ho legittimato mio figlio e la madre non c’è, per la legge, la mia legittima moglie può essere anche madre legittima di Nicola che, così, diventa ‘nostro’ figlio! Per favore, vieni a metterlo a letto prima che scateni una guerra in casa?”
“Sì; subito; senza esitazione; mamma, prepara per te e per papà; io mi arrangio dopo che avrò messo a letto Nicolino.”
“Lascia perdere, Anna; ci sono due bistecche in attesa; ceneremo con quelle … “
“Dopo aver messo a letto il bambino, pensate di andarci anche voi due?”
“Sì; è arrivato il momento di verificare se riusciamo ad essere coppia e ad occuparci di un figlio quasi nostro … “
“Manlio, non devo dirti io che Nicolino è già mio figlio; ma io ne vorrei uno nostro; pensi di potermelo dare?”
“Possiamo aprire stasera il cantiere di lavoro o sei ancora protetta?”
“Da che cosa dovevo proteggermi, se da sei mesi sono qui che aspetto solo mio marito per fare l’amore?”
“Cloti, ma se ricuci con tuo marito, io dovrò rinunciare alla mia serata settimanale?”
“Mamma, se lui ci sta, io non ho problemi ad accettare che offra in giro il suo salsicciotto; credo proprio di avere capito che l’amore è ben altra cosa; se lui dà ad altre la sua passione, io mi limito ad aspettare che a me e ai nostri figli porti l’amore che desideriamo; se a te fa visita una volta alla settimana, può essere solo un gesto di attenzione di una figlia ingrata a una madre benemerita!”
“Buonanotte, ragazzi; ci vediamo domani!”
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.6
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Proverbiale pazienza 2:

Altri Racconti Erotici in Lui & Lei:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni