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Lui & Lei

Il divino cazzo


di geniodirazza
28.11.2023    |    5.602    |    1 9.0
"“Tu sei un dirigente e devi andare; io sono solo un’assistente dell’ufficio e non intendo per niente bruciare la mie vacanze per una decisione presa dall’alto!..."
Si erano incontrati su un Lido di moda, Maddalena, detta Lena, e Giobbe detto Giò; 20 anni lei, 23 anni lui; finirono a letto quasi immediatamente, perché Lena non si lasciava crescere l’erba sotto i piedi e, appena poteva, si scatenava nel sesso come non ci dovesse essere un domani; lui era prossimo a laurearsi in Ingegneria Gestionale, lei era iscritta al secondo anno di Giurisprudenza; non appena furono in condizione di azzardare una scelta decisiva, andarono a convivere.
Quello che Giò non aveva previsto, era che la sua amata convivente si era portata dietro, senza smettere di coltivarla amorosamente, la tendenza a cercare il sesso dovunque e comunque praticabile, specie se trasgressivo, alle spalle di tutti i possibili ‘controllori’, genitori prima della ‘liberazione’ nella convivenza, e compagno, dopo che andò a vivere con Giobbe; la nuova condizione sociale le imponeva comunque una qualche prudenza; ma Lena era ben abituata a gestirsi la clandestinità.
L’assunzione in fabbrica, nel ruolo di impiegata amministrativa, la rese alquanto più libera ed autonoma; sfruttando il piccolo potere che si andava costruendo in fabbrica, Giobbe ottenne che la compagna fosse destinata come assistente legale al suo ufficio, in forza della laurea in legge che aveva conseguito; in sostanza, vivevano fianco a fianco per l’intera giornata, nel lavoro e nelle soste per il pranzo che consumavano in mensa.
Il lavoro prevedeva due turni, mattutino e pomeridiano, con l’intervallo per il pranzo; il giovedì l’ufficio restava aperto solo di mattina; Lena aveva così mezza giornata di libertà che, per le sue perverse intenzioni, fu eletto ‘pomeriggio del sesso libero’ alla faccia del partner che neppure pensava a certi risolti trasgressivi di Lena, anche se ne conosceva il temperamento caldo e la tendenza ad esagerare nel libertinaggio.
Per evitare i facili pettegolezzi, lei ci mise poco ad organizzarsi per andare a cercarsi i cazzi desiderati in una città vicina, dove spopolava con le forme prorompenti e magnetiche; impegnata com’era sul lavoro, non poteva permettersi soste troppo lunghe; in genere risolveva in un pomeriggio fino a sera, accampando improbabili incontri con amiche e interminabili tornei, altrettanto poco credibili, di burraco a cui diceva di partecipare per solidarietà con le altre; Giobbe non trovava niente da obiettare.
In breve fu in grado di gestirsi le ‘scappate’, all’incirca una a settimana, individuando un alberghetto opportunamente discreto e vari punti di ritrovo dove, nell’ampio suv del compagno, poteva dedicarsi a calde scopate in tutti i buchi; quando le capitava di trovare un partner abbastanza interessante, per la dotazione sessuale, tirava in lungo il pomeriggio di libidine proponendosi per le più perverse specialità di scopata senza negarsi niente.
Nell’arco di un paio di mesi, solo una volta trovò un soggetto abbastanza interessante da indurla a chiedergli di incontrarsi a fine settimana, il pomeriggio di sabato, e di attrezzarsi per passare insieme la notte fino a domenica mattina, quando riteneva giusto tornare a casa a ‘recitare’ la parte della mogliettina affettuosa e fedele, alla faccia di quel cornuto di Giobbe al quale chiedeva, alla fine, soltanto di rispettare il suo nome e di avere la pazienza necessaria per lasciarle libertà di vivere a modo suo.
Aveva avvertito il compagno di una esigenza familiare che la obbligava ad assentarsi per la notte fino a domenica mattina; subito dopo il pranzo, consumato a casa in armonia col compagno, scusandosi mille volte con lui perché non era mai capitato che lo lasciasse solo per una notte intera, montò in macchina e si precipitò a spron battuto all’appuntamento; incontrò il suo bull al bar che frequentava di solito e si diresse all’hotel dove prese una camera.
Il ragazzo, piuttosto giovane, si rivelò nei fatti un buon amante; non perse tempo; appena entrati, la avvolse in un bacio forsennato e le perlustrò tutta la bocca con una lingua morbida e pastosa, che la donna apprezzò; sentì immediatamente la mazza che le premeva contro l’inguine ed eccitava il clitoride stretto fra il bastone di carne e l’osso pubico; ebbe un primo involontario e repentino orgasmo; si abbandonò tra le braccia dell’uomo e ne godette le membra forti e rassicuranti; dovette bloccarlo perché minacciava di strapparle la brasiliana; lo placò e si sedette sul bordo del letto per spogliarsi.
Lui si accostò e le sbatté sul viso l’inguine duro per la mazza che premeva; lei slacciò il pantalone e lo tirò giù insieme allo slip; non le ci volle molto per imporre al maschio la calma, afferrando il fallo a due mani, una per i testicoli, e dando il via alla più sapiente delle fellazioni, che le veniva quasi spontanea; in anni di rapporti, il compagno si era fatto succhiare con molto gusto quasi ad ogni copula; sapeva bene come trattare il bastone e stimolarlo per fargli raggiungere l’orgasmo; avviò la sua particolare interpretazione e in un niente l’altro gemeva tra leccate, succhiate e affondi.
Quasi a riscattarsi da quella condizione di subordinazione del suo piacere alle voglie della donna, il maschio le sfilò in parte il bastone dalla bocca, le prese le guance e spinse il fallo in fondo alla gola, incurante delle sue reazioni al limite del soffocamento; Lena, che già si vergognava di umiliare in quel modo un individuo dolce come Giobbe, di fronte a quella aggressione da autentico caprone; fece scattare la sua reazione e controllò con le mani la mazza fuori e con la lingua la cappella in bocca.
Cominciò a succhiare con tutta la sua maestria; si infilò una mano fra le cosce e si masturbò con passione; succhiò il fallo con tanta abilità, con tanta insistenza e con tale energia che in breve l’altro dovette cedere e le sparò contro l’ugola una serie infinita di spruzzi di sperma; mentre anche il suo utero esplodeva in un orgasmo violento, trattenne la cappella in bocca finché il sesso non fu svuotato; raccolse fino all’ultima goccia ed ingoiò con gioia; l’altro si complimentò per l’arte dimostrata.
Lei si spogliò del tutto e si sdraiò schienata al centro del letto; tirò a se il maschio e obbligò la bocca ad appoggiarsi sul seno; l’esperienza con Giò le suggeriva che era il turno di lui a farla godere con la bocca; lo sconosciuto non si tirò indietro; leccò e succhiò sui due capezzoli con molta cura, ma senza l’affetto, anzi la devozione, che metteva il suo compagno; evitò i confronti e si lasciò sollecitare sui seni; quando cercò di portare la bocca sulla vulva, l’altro ebbe una reazione imprevista.
Si stese lui supino al centro del letto e invitò lei a salirgli addosso offrendogli la vulva e impossessandosi del fallo; intuì che le chiedeva un sessantanove e vi si dedicò con tutta la sua esperienza; poiché l’altro aggrediva con foga il sesso, lo imprigionò fra le cosce e riuscì a imporgli l’alternanza nelle funzioni; quando lo succhiava, gli teneva stretta la testa fra le cosce; quando voleva essere succhiata, lo rilasciava.
L’amante, che, nonostante la giovane età, era avvezzo a diverse esperienze, colse il senso della proposta e si adeguò; per una mezz’ora, fecero rinvenire i sessi succhiandosi a vicenda, lei la mazza sempre più dura e lui la vagina e l’ano che trovò pronto alla penetrazione; la previsione di una copula straordinaria gli suggerì di affidarsi alla donna, che in breve divenne padrona della situazione e gli fece attraversare il mondo del piacere.
Si fece leccare e stimolare ano e vulva da dietro, standosene carponi; da quella stessa posizione si fece penetrare in vagina, accettando con gioia le spinte vigorose del maschio contro il suo didietro che ad ogni colpo era spinto notevolmente in avanti; capito che l‘altro amava il sesso aggressivo, al limite del dolore, scelse le posizioni e i modi più favorevoli attingendo alle esperienze fatte, prima che con il compagno e prima del matrimonio, quando incontrava giovani violenti.
Il focoso amante copulò in vagina, da dietro, da davanti, da sopra, da sotto, a cucchiaio, standole steso sulla schiena con l’asta infilata nella vagina; insomma, in quasi un’ora di copula, la possedette continuamente cambiando spesso posizione; lei seguitava ad avere orgasmi sfiancanti e non cessava di bearsi della libidine che manifestava; quando decise di godere, lui la possedette a missionaria e, assicuratosi che era protetta, le versò nell’utero un fiume di sperma.
Scoparono come scimmie per tutto il tempo della ‘vacanza’, dal pomeriggio del sabato alla domenica mattina; lui la violò anche analmente; aveva con se un tubetto di lubrificante; al momento opportuno, leccò accuratamente e amorevolmente l’ano, passò il lubrificante sul canale rettale e sull’asta e la penetrò con un certo garbo nell’intestino; Lena godette infinitamente della pressione che, dal retto, la mazza esercitava sull’utero; la lussuria fu immensa.
Prima di chiudere la kermesse, lui le chiese un ultimo orgasmo e la possedette canonicamente, occhi negli occhi, beandosi ambedue delle smorfie di piacere e dei gemiti dell’altra; quando le ebbe scaricato nell’utero l’eiaculazione, lei si rivestì quasi in fretta, per non tardare oltre, e lasciò che lo sperma assorbito si riversasse sugli striminziti laccetti della brasiliana; rinunciò anche ad una nuova doccia, troppo lunga per il tempo di cui disponeva, e si precipitò a casa.
Rientrò intorno alle nove del mattino di domenica e trovò Giobbe che faceva colazione; si versò del caffè e lo bevve in fretta, poi si fiondò in bagno e si affidò sensualmente al getto tiepido dell’acqua lavando accuratamente le scorie della notte di violenza sessuale vissuta con gioia; quando entrò in camera per cambiarsi d’abito, rimase colpita dall’ordine perfetto che regnava nell’arredamento, senza le solite tracce di abiti lasciati in giro, e sul letto, dove pareva che nessuno avesse dormito.
Per un momento le attraversò la mente l’idea di chiedere al compagno come mai non sembrasse usata; ma la sua sfacciataggine non raggiunse quel livello di improntitudine e presto dimenticò anche la sorpresa che aveva ricevuto vedendo le condizioni della camera; la sicumera e l’arroganza le impedirono di sospettare che Giobbe avesse ricambiato le corna passando una notte di lussuria con un’altra.
La delicata costruzione di menzogne ed inganni che aveva organizzato crollò nel mese di agosto, quando entrambi ottennero le ferie estive, a cavallo di ferragosto; Lena organizzò un veloce soggiorno ad Ibiza, località all’apice dei gusti festaioli del momento, si occupò lei di effettuare le prenotazioni, dell’albergo e del volo andata e ritorno; solo quando presero possesso della camera nella località di villeggiatura fu costretta a prendere atto che sarebbero stati appiccicati per tutta la durata della vacanza.
Si scoprì rabbiosa contro se stessa per essersi condannata a passare due intere settimane con il compagno, tra spiaggia e camera d’albergo, con poche o nessuna nessuna possibilità di dare sfogo alla sua ‘turpe voglia’ di scatenarsi in qualche avventura di sesso libero nell’isola che per definizione era la culla del sesso incontrollato; si impose la pazienza e per più di una settimana, fin dopo ferragosto, resse al ‘dovere’ di moglie fedele e inamovibile dal fianco del compagno.
Due giorni dopo ferragosto, quando ormai rischiava di scoppiare dalla rabbia, decise che si sarebbe scatenata secondo il suo estro, a costo di distruggere il rapporto di convivenza; uscì dall’albergo con il bikini più azzardato che possedeva e andò a stendersi in pose provocatorie sulla sabbia; le ci volle poco per catturare l’attenzione di tutti i maschi della spiaggia che cominciarono a sfilare quasi in processione davanti al suo telo per ammirarne le forme graziosamente offerte alla vista.
Giobbe si tenne distante e distratto, all’apparenza; in realtà, avendo colto qualche perversa intenzione della compagna, si rivolse volentieri ad una bella bionda sotto un ombrellone più avanti; aveva colto, da alcune battute scambiate a tavola, che la donna, americana in vacanza, si trovava a disagio non conoscendo altre lingue che la sua; lui, che parlava un inglese fluente da studente di Eton, si lanciò in un dialogo che infiammò la forestiera e le fece apprezzare molto l’italian lover che vedeva in lui.
Lena decise l’affondo e si concentrò su un bel moretto steso in posa provocante di fronte a lei con un costumino che evidenziava bene il notevole pacco; di fronte agli ammiccamenti ed ai gesti lussuriosi che lei celava dietro movimenti all’apparenza ingenui, il bel morettino si fece via via più ardito e si carezzò libidinosamente il sesso facendo in modo che il profilo si disegnasse netto sul costume in tutta la possanza degli oltre venti centimetri di cui disponeva.
Quando sentì che la figa le bruciava quasi dalla voglia di un gesto di libertà, o di perversione, Lena si diresse, ancheggiando allusivamente, ai bagni; ogni tanto si girava per vedere se l’altro la seguiva; ne ebbe conferma quando aprì uno dei servizi a cabina ed entrò lasciando la porta accostata; subito dopo, il ragazzo si infilò nello stesso stesso box e l’avvolse in un caldissimo bacio con la lingua che percorreva tutta la cavità orale.
Non si persero in chiacchiere o in preliminari; appena lui ebbe chiuso la porta alle sue spalle, lei lo accolse nel suo abbraccio tentacolare e subito dopo era già accovacciata in attesa del cazzo che le apparve bello grosso e nodoso, quando lui abbassò il pantaloncino; immediatamente dopo, la punta forzava già le labbra carnose di Lena; stava succhiandolo lei, impedendogli di scoparla in bocca; rapidamente la grossa mazza entrò in gola e le sue labbra sfiorarono i peli del pube; ma lei adorava succhiare il cazzo e non era strano che si prendesse quella sberla fin oltre l’ugola; per qualche minuto lo succhiò e lo leccò provocandogli intensi spasmi di piacere.
Il tempo a loro disposizione era molto limitato, perché non potevano occupare a lungo il bagno senza rischiare sorprese; lei si staccò con rammarico dalla fellazione e si girò appoggiandosi al water; lui le afferrò i glutei che palpò a lungo, spostò il laccetto del perizoma e appoggiò la mazza alla figa esposta al massimo per la sua visione; un colpo netto e il grosso batacchio sparì dentro, mentre lei soffocava in una mano il grido di piacere.
La scopò per qualche minuto e dimostrò la sua goduria con mugugni sincopati e con smorfie strane del viso; era chiaro che godeva molto; si sfilò per un attimo, sputò sull’ano e spostò la cappella in alto; stava entrando nel culo; lei per un momento lo fermò quando lo sfintere venne forzato, poi lo invitò con le mani a spingere e infine respirò di libidine quando le palle batterono sulla figa; l’inculata durò assai poco, rispetto al loro desiderio.
Pressato dalla fretta, sfilò il cazzo dal culo, la fece girare seduta e riportò l’asta in bocca; il pompino stavolta fu intenso e ricco; non si fermò fino a che con un ululato strano dimostrò, spingendo il ventre contro la bocca, che stava versandole in gola una lava di sborra; Lena ingoiò quasi devotamente la sborrata che fu tanto intensa da riversarsi in parte fuori; la raccolse con un dito e la riprese; raccolse devotamente anche una goccia che le sfuggì e cadde sulla parte superiore del bikini.
Uscendo dalla zona dei bagni, incrociò lo sguardo del compagno che, sotto l’ombrellone accanto al loro, dialogava in atteggiamento affettuoso con la bella americana; un’occhiata feroce di lui la incenerì sul posto; capì che forse aveva fatto male i suoi conti; Giobbe non avrebbe avuto stavolta la proverbiale pazienza e lei avrebbe fatto bene a frenare le sue voglie; ma questa stessa considerazione bastò da sola a farle decidere un’umiliazione definitiva ‘allo stronzo’.
A tavola, comunicò freddamente a Giobbe che aveva scopato con gioia con lo sconosciuto e che, dopo cena, se lo sarebbe portato in camera; lui, se era il cornuto contento che lei sospettava, poteva stare a guardare e masturbarsi; se era ancora più slave di quanto lei pensasse, poteva deliziarsi a leccare la sua figa dopo la scopata con il moretto; se, addirittura, era anche un poco frocio, potevano trattare con lo sconosciuto perché inculasse anche lui, dopo averlo fatto a lei.
Neppure le rispose; si alzò dalla tavola e lo vide dirigersi dall’americana; non pensò, e non se ne preoccupò, che lui l’avesse prelevata ed invitata ad una gita nell’interno, per passare poi, in un bed and breakfast, la più intensa notte d’amore che la turista avesse mai vissuto nelle sue peregrinazioni in Europa, uno di quei momenti dei quali, al ritorno, parlare con le amiche per mesi interi, ricordando con nostalgia le ore paradisiache vissute con un grande amante italiano, in Spagna.
Lena passò a crogiolarsi al sole gran parte del pomeriggio, fin quasi all’ora di cena, che risolse con un’enorme insalata; subito dopo, fece un cenno all’occasionale amante e si diresse alla camera; il quesito su come si sarebbe regolato per la notte il suo compagno la sfiorò solo per un attimo e fu subito cancellato; si rinfrescò sotto la doccia e rimase nuda per la stanza; così la trovò il moretto quando bussò delicatamente alla porta e lei gli aprì.
Decisa a passare direttamente all’attacco, lo avvolse in uno dei suoi baci travolgenti; resistette imperterrito e ricambiò con altrettanta foga e libidine; poco dopo, le lingue ingaggiano una battaglia molto affascinante per arrivare a succhiare l’altra come un piccolo cazzo; salivavano entrambi con molta lussuria e stettero un bel po’ a scambiarsi umori e sapori, mentre le mani vagavano ansiose e vogliose sui corpi.
Gli aprì la camicia e osservò il torace forte; agganciò i capezzoli e li titillò fra le dita; immediatamente si abbassò a succhiarli e sentì che erano molto sensibili e lussuriosi; mentre godeva a leccarli e succhiarli, avvertì che la mazza si induriva fra le cosce e confermava la sensazione, ricevuta nel bagno la mattina, di un batacchio grosso più di quello che a casa era abituata da anni a godersi senza limiti.
Si augurò che lo sapesse usare con la stessa sapienza con cui Giobbe la faceva godere immensamente ogni volta; già dai primi movimenti sul corpo capì che aveva di fronte un amante di qualità; infatti lo sconosciuto le aveva carezzato a lungo i fianchi e i lati del seno, era sceso sulle natiche e le stringeva con evidente desiderio; la cosa la mandava in brodo di giuggiole; si sentì afferrare i glutei e spingere il cazzo duro contro il ventre.
Il clitoride titillato reagiva da par suo; cominciò a colare dalla figa fino a formare una piccola pozza su pavimento; sculettò un poco sensualmente per accentuare il piacere del titillamento e sentì che mimava una scopata in piedi per farle sentire il cazzo in profondità; si piegò sulle ginocchia davanti a lei, finché le tette carnose gli balzarono in faccia in tutta la loro superba bellezza; afferrò i capezzoli e li torturò delicatamente e a lungo, provocandole intensi brividi di piacere.
Si abbassò sul petto e cominciò a succhiarli con abilità e sapienza; capì immediatamente che ci sapeva fare; dopo che si fu cibato a lungo delle mammelle, si staccò con una certa riluttanza, la prese per mano e la accompagnò al letto; la guardò con ammirazione da capo a piedi; gustava il piacere già dalla vista e questo lo rendeva caro, almeno per il tempo di quella che prevedeva una grande scopata.
Si sedette sul letto, lo attirò a se prendendolo per le natiche sode e accostò il cazzo alla bocca; cominciò un delirio di lussuria, con la grossa mazza che accarezzava sensualmente, a due mani, una sull’asta ed una sui coglioni grossi e morbidi; passò delicatamente la lingua su tutta la superficie, poi andò a stuzzicare l’ano, tenendo ritta la mazza sul ventre; succhiò i coglioni e li prese in bocca, uno per volta, con molta libidine.
Prese a leccare tutta la mazza e la spinse delicatamente in bocca, facendo entrare la cappella fin contro il palato; la lingua seguì la penetrazione e accarezzò tutto il bastone; con una mano trattenne fuori l’eccesso di cazzo; lo sconosciuto spinse il bacino per ottenere una maggiore penetrazione, a volte disturbandola con conati di vomito; gli impose il ritmo e strizzò i coglioni quando sentiva i brividi da sborrata.
Portò avanti la fellazione per un lungo periodo e si spupazzò l’asta in ogni lembo della bocca, della gola e della lingua; sentiva che le sue leccate, le profonde succhiate e qualche giochino coi denti, piazzato al momento e nel modo giusto, lo facevano godere intensamente; si lasciò scopare in bocca e in gola per un tempo che le parve infinito; in una sosta gli chiese se voleva sborrare in bocca; la avvertì che no, perché la notte sarebbe stata lunga; si staccò e la spinse supina sul letto.
Stesa, tirò indietro i piedi, sollevò le ginocchia e le aprì a compasso; lui si gettò famelico sulla figa e cominciò a leccare, succhiare e mordicchiare con libidine infinita; lei sentiva che l’altro riusciva a trovare i punti erogeni con un’abilità quasi pari a quella del ‘suo’ Giò che per anni si era esercitato in quella tecnica di leccare, succhiare e mordicchiare per dare il massimo del piacere; quella scopata le dava quasi il piacere immenso che cercavo nelle trasgressioni.
Andò avanti a lungo, il provvisorio amante; le fece percorrere tutti i sentieri della lussuria, strappandole continui orgasmi ed uno squirt assai abbondante che ingoiò amorosamente senza badare a che cosa si prendeva in bocca; lo sollevò per un attimo e lo baciò con intensa emozione, quasi a ringraziarlo dell’enorme piacere che le stava dando; proseguì nel lavoro di bocca, di lingua e di dita che scavarono nella figa per un tempo lunghissimo, che a lei parve addirittura troppo breve.
Quando fu ormai svuotata e quasi perdeva la sensibilità alle sue sollecitazioni, lo spinse via e lo fece sdraiare supino al suo fianco, con la mazza che comunque si ergeva superba dal ventre; passarono qualche minuto a rilassarsi, lui con la mano che teneva intera la figa e lei che titillava il cazzo quasi a garantirne la durezza anche mentre si rilassavano; dopo qualche minuto di sosta, lo riprese addosso e ricominciarono.
La penetrò immediatamente in figa e quasi si sorprese a sentire la mazza attraversare il canale vaginale stimolando i muscoli sensibili e pronti a mungere il cazzo che entrava; quando toccò con la punta la cervice dell’utero, si fermò per un momento, poi prese a montarla con immensa voglia; la scopò a missionaria, a lungo, picchiando duro contro il pube; gli cinse la vita con le gambe e incrociò i piedi, dando il ritmo della scopata che risultava deliziosa.
Non sborrò, in quella occasione, e subito dopo la fece sistemare carponi sul letto, le andò dietro e la montò in figa a pecorina; la fece ruotare più volte sul letto continuando a scoparla da dietro, a cucchiaio da destra e da sinistra, steso sulla sua schiena; insomma, percorse tutte le possibili varianti della scopata da dietro; quando si fermò stanco, senza avere ancora sfogato la sua libidine in una sborrata, lei andò alla borsa e prelevò il flacone del gel lubrificante.
A quel punto, una sana inculata era il coronamento ideale di quella kermesse di sesso; gli affidò la boccettina e, senza vederlo, le sembra di sentirlo gioire all’idea di sfondare il didietro perfettamente rotondo, sodo e, all’apparenza, ancora ben stretto, perché non sapeva che la dotazione del compagno aveva già provveduto a spanare ampiamente l’ingresso e il canale rettale, nel quale normalmente entrava senza problemi e le regalava le inculate più dolci e saporite che si possano immaginare.
Mentre ancora la stava montando da dietro, sentì che si ritraeva, si abbassava e cominciava la più dolce e desiderata leccata di figa e di culo che potesse desiderare; la lingua larga e pastosa passava con dolcezza sul perineo; la punta si insinuava golosamente nei buchi e li stimolava; allargò la leccata su tutti i glutei, mentre le dita, già unte di lubrificante, entravano nell’ano e ruotavano a dilatarlo; prima fu solo uno poi diventarono due, tre e infine quattro chiuse a pugno.
Appoggiò poi la punta del cazzo al buco e spinse con determinazione e continuità; non avvertiva molto fastidio, nonostante la mole del batacchio che la sta inculando; lanciò qualche urlo, da perfetta puttana, solo perché era certa che la sensazione di sfondare un culo stretto lo avrebbe galvanizzato parecchio; comunque, sentiva la mazza entrare e uscire con voluttà e lussuria dal culo finché si abbandonò e, finalmente, godette abbondantemente; la sborrata di lei fu altrettanto forte e sincrona alla sua.
Per tutta la notte scoparono alla grande, in tutti i buchi, i tutti i modi, con una passione, una lussuria e una volontà di piacere che erano perfette per la situazione; da parte di lei, il godimento maggiore era l’idea di calpestare il compagno, colpevole di non avere accettato di esserle schiavo in quelle situazioni di piacere; trattenne in figa l’ultima sborrata, quella che lo sconosciuto scaricò prima di salutarsi; non avrebbero avuto nuovi incontri; per lei la scopata si chiudeva lì.
Non vide il compagno fino all’ora di pranzo; lui, rientrato di primo mattino dall’escursione con l’americana, era andato in camera dove aveva raccolto le sue cose in uno zaino; si presentò, al tavolo del ristorante completamente vestito; lei gli chiese stizzita perché mai avesse assunto quell’atteggiamento di rifiuto per un gesto di libertà che lei gli aveva imposto; le mostrò sul tablet una e mail, in cui erano convocati d’urgenza per una riunione del Consiglio di Amministrazione.
“Tu sei un dirigente e devi andare; io sono solo un’assistente dell’ufficio e non intendo per niente bruciare la mie vacanze per una decisione presa dall’alto! Se vuoi essere ligio al dovere, vai pure; io resto qui!”
“Mi spiace che anche in questa scelta la tua arroganza superi qualunque logica e buonsenso; temo che avrai di che pentirti, se non sarai presente con me in rappresentanza dell’ufficio; comunque, che tu voglia scopare o ti rifiuti di lavorare, sono solo cazzi tuoi, come quelli che ti prendi negli alberghi e quelli che ti prenderai quando resterai al palo!”
Solo allora lei si rese conto che lui aveva appoggiato alla reception il suo zaino, avendo largamente previsto la sua illogica reazione; lo guardò allontanarsi verso l’autobus navetta per l’aeroporto e si dedicò al pranzo; passò i tre giorni, che le restavano di soggiorno, a letto quasi tutto il tempo, godendosi i cazzi più belli e nerboruti che aveva individuato; l’albergo era pagato con tutti gli accessori e il biglietto di ritorno era solo da esibire all’imbarco.
Tornò al loro appartamento e lo trovò vuoto; nera come la pece e furiosa contro il compagno sparito, dovette preoccuparsi di riavviare le funzioni della casa; Giobbe non rispondeva al telefonino che risultava bloccato alle sue chiamate e non le venne in mente nessuno che potesse darle notizie del compagno; non trovò requie fino al giorno dopo, quando andò al lavoro in autobus, visto che il suv era sparito con Giobbe; la mazzata che si prese in ufficio fu ancora più dura da incassare.
Tra i provvedimenti presi dal Consiglio di Amministrazione, il più duro risultò il declassamento delle funzioni di quelli che non avevano riposto alla chiamata per la riunione straordinaria di ferragosto; lei era stata esonerata dal ruolo di assistente del Dirigente Amministrativo e spostata a dirigere il magazzino; in pratica, avrebbe dovuto lavorare con turni alternati e passare le ore a controllare il carico di camion in arrivo e in partenza; non sapeva chi l’avesse sostituita a fianco al suo compagno.
Di Giò non riuscì ad avere notizia, neppure nell’ufficio dove ancora godeva di amicizie e complicità; una delle ragazze le sussurrò quasi clandestinamente che il compagno era tornato esasperato e che si era espresso nei suoi confronti con modi violenti e duri; le risultava che avesse preso alloggio in un appartamentino del centro e che ospitasse volentieri ragazze disponibili e vogliose di ingraziarsi un personaggio di rilievo nell’organigramma dell’azienda.
Non le risultava nessun rapporto particolarmente impegnativo; ma nessuna delle ragazze con cui aveva parlato, e che avevano avuto lodi sperticate per il suo modo di fare l’amore, aveva sentito una sola frase di rimpianto dell’ex convivente; Lena a quel punto si sentì letteralmente divisa in due; la parte più lucida e riflessiva di se la spingeva a rivedere le sue convinzioni e a cercare un argine alla frana che aveva scatenato; quella emotiva e vogliosa le suggeriva di maledire lo stronzo e mandarlo al diavolo.
Passò alcuni giorni in quello stato d’animo di incertezza; poi decise che affrontare Giobbe fosse la strategia migliore per risolvere l’ambiguità; ma andarono a vuoto tutti i tentativi di superare lo sbarramento che, in ufficio, lui aveva creato per impedirle di accostarsi alla scrivania ‘dell’ingegnere’ fino a poco tempo prima affiancata alla sua; l’unica possibilità era coglierlo al parcheggio, quando usciva dall’ufficio; si andò ad appostare e bloccò la macchina parandosi pericolosamente di fronte.
Frenò di colpo e lasciò che salisse al posto del passeggero.
“Che cazzo ti sei messo in testa?”
“Io nessuno; tu, piuttosto, ne prendi in figa, in culo, in bocca, dappertutto ma sempre e tenacemente ne hai uno in testa, il tuo dio cazzo per il quale hai preferito cercarne nuovi ad Ibiza rinunciando anche alla carriera; eppure, ti avevo avvertita che rischiavi, prolungando la vacanza!”
“Giò, ti prego, nel mio stato d’animo il peggio che puoi fare è trattarmi da stupida! Ho sbagliato tutto, e lo so; ma, in realtà, sono sbagliata io perché manco di autostima e, per compensare, faccio cazzate; se, invece d aiutarmi, mi deprimi sottolineando anche le imperfezioni del linguaggio, è evidente che mi vuoi umiliata e distrutta!”
“Lena, non ti devo niente; adesso scopro che ero nessuno quando mi hai chiesto di andare a convivere, che sono rimasto nessuno per questi pochi anni di convivenza, che mi hai trattato peggio di una merda di cane sul marciapiede, ad Ibiza specialmente; adesso rischi di farti mettere sotto bloccando la macchina; cosa vuoi esattamente?”
“Non lo so; ho paura del vuoto che mi si è aperto davanti; so che potrei ancora recuperare qualcosa, ma non so se ce la faccio, da sola; il cazzo per me è una droga, come per altri l’eroina o la cocaina; ma non so cosa fare per disintossicarmi; non so neppure se, come per le droghe, esistono centri in grado di aiutare a uscire dal tunnel; penso solo che, come per i drogati, i tentativi di ripulirmi siano destinati al fallimento perché al minimo disagio, ci ricado; vuoi aiutarmi a rinascere, per favore?”
“Non è così facile come lo dici; cosa potrei fare?”
“Fai lo sforzo di volontà di avere ancora una volta la pazienza di Giobbe; non ti chiedo di tornare ad essere compagno di vita; ma di essermi amico e confidente, sodale e comprensivo; questo so che puoi farlo, se lo vuoi; tanto per cominciare, puoi insistere per farmi tornare al mio posto al tuo fianco e accettarmi almeno come una delle tante a cui dai l’amore quando te lo chiedono. E’ possibile?”
“Certamente posso esserti amico e consigliarti; sarai tu a dovere crescere fino ad accettare i suggerimenti e farne tesoro; il posto al mio fianco ti spetta di diritto; basterà minacciare un denuncia sindacale per farti tornare alla tua scrivania; se davvero vuoi smettere con la tua ninfomania, accettando per vera l’ipotesi che hai proposto, di una malattia da cui liberarti, io non mi tiro mai indietro se una bella donna si propone per una serata d’amore, non di sesso bestiale.
Se davvero sei disposta a metterci la buona volontà, forse puoi cercare anche un equilibrio con un nuovo amore; io il mio non smetterò di cercarlo e, quando l’avrò trovato, sarò costretto a chiederti di fare un passo indietro e di lasciarmi vivere la mia vita.”
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