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Pigronaldo Fancazzieri - 01


di Castellozzo02
18.10.2024    |    166    |    1 9.0
"Prima solo con contatto delle labbra e poi con le lingue..."
Trentadue anni, all’ennesimo anno fuori corso di Scienze delle Comunicazioni, comunque di bell’aspetto pur leggermente sovrappeso. Folti capelli neri, sguardo – se richiesto – intenso e/o malandrino, ottima dialettica.
Questo è Pigronaldo Fancazzieri.
Sport praticato? Calcetto sporadico il giovedì sera con quarantenni sposati con diversi chili più di lui ma con molto meno fiato.
Tutto qua?
No, quotidianamente pratica il “walking” dal divano al cesso, dal cesso al divano e poi dal divano alla tavola per pranzo e cena.
Come tutte le sere, il padre gli rivolge la stessa domanda: «Il prossimo esame?» e Pigronaldo, con altrettanta costanza risponde con tono serio «Ci sto lavorando!»
«Bene, il più è fatto.» si compiace il padre a la madre annuisce in approvazione.
Fu un giovedì di calcetto che si svolse l’episodio che verrà narrato nelle prossime righe.

Era il dieci ottobre, l’orologio segnava le diciannove e trenta, quando suonò il citofono: era Olobrando Cornaredi che passava a prenderlo.
«Io vado!» gridò Pigronaldo in direzione della cucina dove i genitori erano già a tavola.
Per scendere dal primo piano, Pigronaldo si serviva dell’ascensore.
Uscendo dal portone vide l’utilitaria dell’amico che aveva accostato con le quattro frecce sotto al lampione acceso.
«Eccomi!» disse aprendo lo sportello.
«Sono passato un po’ prima perché devo andare a prendere mia moglie. Le si è fermata l’auto.» spiegò Olobrando.
«Non c’è problema.»
Per fortuna l’inconveniente era capitato nel parcheggio di un centro commerciale e non in mezzo a una strada trafficata.
Olobrando non ci mise molto a localizzare la station wagon della moglie, le si affiancò e spense il motore. La vettura era vuota «Sarà dentro, al caldo.» mormorò Olobrando e selezionò il numero della moglie.
«Pronto? Sono al parcheggio, di fianco alla station wagon. Tu, dove sei? Ah, ok!» riagganciò.
«Che dice?» chiese Pigronaldo.
«Mi aspetta al bar. Vado e torno.»
«Ma non può venire lei, invece di far andare te? Non capisco questo avanti e indietro.» commentò Pigronaldo.
«Sposati e capirai!» rispose l’amico e scese dall’auto.
Poco dopo Pigronaldo vide una donna attorno ai quaranta, slanciata, capelli mossi di media lunghezza sul castano rossiccio che si stava avvicinando. La donna aprì la portiera del lato del guidatore e salì.
«Ciao!» disse con un ampio sorriso.
«Ciao.» rispose Pigronaldo fissandola.
La donna allungò una mano «Teodosia, piacere.»
Pigronaldo gliela strinse e si presentò.
«Sei giovane. Non ti annoi con quei vecchietti?» disse lei sorridendo.
«Sono simpatici.»
«Già.» commentò Teodosia squadrando il giovane da capo a piedi.
Pigronaldo si schiarì la voce.
Lei gli posò con fare casuale una mano sulla coscia. Pigronaldo fu grato all’oscurità che ne nascondeva l’erezione.
«Cosa fai di bello nella vita?» chiese lei.
«In teoria studio.»
«Cosa significa “in teoria”?» rise la donna e la sua mano salì di qualche centimetro verso l’inguine.
«Sono iscritto ma combino poco. Penso che dovrei andare a lavorare.»
«Ma no. Goditela, finché puoi!» rispose lei. «Io lavoro. Per fortuna part-time. Così ho più tempo per me stessa.» la donna si sporse leggermente verso Pigronaldo.
Poi tolse la mano e si sedette composta. Guardò in direzione del centro commerciale. Pigronaldo la imitò e vide Olobrando che usciva dalle porte scorrevoli di vetro. Nella mano sinistra aveva un sacchetto.
Teodosia estrasse il suo smartphone armeggiò velocemente poi disse «Dimmi il tuo numero di telefono. Se riesco a ricordarmelo, ti chiamerò. Ma sarà il nostro segreto.» si girò verso il ragazzo e gli strizzò l’occhio. Pigronaldo recitò la sequenza di cifre e finì un attimo prima che Olobrando aprì la portiera del suo lato. «Dammi una mano che agganciamo l’auto di Teodosia.»
«Cos’hai comprato?» gli chiese Pigronaldo. «Un nuovo paio di scarpe da calcio. Erano in offerta.»
Nel giro di mezz’ora lasciarono la station wagon davanti alla saracinesca del meccanico, accompagnarono Teodosia a casa e raggiunsero gli altri al centro sportivo.
Li avevano già avvisati del ritardo ed entrarono in campo a partita già iniziata.
Durante il viaggio di ritorno, dopo le ventitré, Olobrando volle sapere di cosa avessero parlato Pigronaldo e sua moglie.
«Mi ha chiesto cosa faccio.»
«E tu cosa lei hai risposto?»
«La verità: che non faccio un cazzo.»
Olobrando scoppiò a ridere.
Giunti sotto casa di Pigronaldo, si salutarono dandosi appuntamento per il successivo giovedì.
Il giorno dopo, Pigronaldo aveva da poco terminato il pranzo ed era disteso sul letto dove stava leggendo un vecchio “Tex”, quando squillò lo smartphone. “Numero sconosciuto…”, pensò.
«Pronto?» rispose, temendo che fosse un call center dell’est Europa.
«Ciao.» la voce era di donna ed era calda.
«Ciao…» rispose con tono esitante Pigronaldo.
«Non mi hai riconosciuto?» chiese la donna.
«Teodosia!» esclamò Pigronaldo.
«Bravo. Che stai facendo?»
«Stavo ripassando.»
«Che cosa?»
“Tex contro Mefisto” avrebbe voluto rispondere Pigronaldo ma invece disse «Storia della forchetta a tre denti. Dalle origini ai giorni nostri.»
«Avvincente!» scherzò Teodosia ma Pigronaldo non colse la sottile ironia e sospirò «Insomma.»
«Quanto ci metteresti da casa tua a Cartanello?» chiese lei.
«Non ho la macchina. Devo prendere il pullman. Mezz’ora al massimo. Perché?»
«Avrei piacere mi accompagnassi in un posto.»
«Che posto?»
«Lascia che sia una sorpresa. Allora tra mezz’ora?»
«Sì, ma a Cartanello, dove?»
«Al parcheggio del supermercato. Non farmi aspettare troppo! Ciao.» Teodosia chiuse la telefonata.
Pigronaldo rimase a guardare lo smartphone e poi si alzò. Avvisò la madre che doveva uscire per una commissione urgente per l’università, scese in strada, andò alla fermata del pullman che arrivò in meno di cinque minuti.
Giunto nel paese limitrofo, camminò fino al supermercato dotato di un ampio parcheggio. Lo perlustrò ma non trovò l’auto di Teodosia. Sobbalzò al colpo di claxon alle sue spalle. Era la station wagon. Dal finestrino del guidatore si affacciò la donna che gli ordinò di salire.
Dopo che Pigronaldo si fu allacciato la cintura di sicurezza, la donna si immise nella provinciale e la percorse per cinque chilometri fino ad una rotonda e da lì, svoltato a sinistra proseguì per altri tre. Quando Pigronaldo scorse in lontananza il motel, gli fu chiaro il proposito di Teodosia.
«Ma davvero?» chiese.
«Cosa?»
«Stiamo andando al motel?»
«Ma cosa stai dicendo?» esclamò lei.
Poi scoppiò a ridere e svoltò nell’ingresso costituito da un ampio cancello di ferro scorrevole che dava su un cortile protetto da un alto muro in mattoni rossi.
Teodosia sembrava pratica perché diresse la vettura con abile manovra verso la reception, consegnò il suo documento e quello di Pigronaldo, prese in consegna la chiave della stanza e proseguì fino alla porta numero sessantanove.
Quando si furono chiusi la porta alle spalle, lei disse «Fatti una doccia. Ti aspetto qui. Non metterci troppo.»
Pigronaldo era confuso. «Spogliati e lascia i vestiti su quella poltrona.» disse lei mentre si sfilava i jeans. Pigronaldo ubbidì e poi, tutto nudo, entrò nel bagno. Ne uscì cinque minuti dopo con i capelli ancora umidi.
«Dai, vieni che voglio divertirmi!» disse lei e scostò la coperta leggera. Era nuda, la figa rasata, due belle gambe lunghe, un seno non troppo piccolo, ben fatto, vita stretta.
Pigronaldo l’aveva barzotto. Si avvicinò e si distese su di lei senza schiacciarla. Si baciarono. Prima solo con contatto delle labbra e poi con le lingue. A quel punto il cazzo di Pigronaldo aveva raggiunto l’erezione completa. Teodosia lo fece distendere sulla schiena e lo spompinò. Poi gli salì sopra e lo cavalcò prendendo il proprio piacere. Dopo un’intensa raffica di orgasmi in serie, si sganciò e si distese sulla pancia. «Sarai pure un lazzarone ma il tuo cazzo mi ha riempita per bene.» mormorò sorridendo.
Poi si mise gattoni «Montami come una vacca in calore e godi!»
Pigronaldo non se lo fece ripetere e si mise dietro la donna. Sfregò per qualche istante la cappella lucida contro le grandi labbra e poi spinse penetrandola. I movimenti del bacino partirono lenti per poi prendere sempre più velocità. Pigronaldo chiuse gli occhi e rovesciò la testa all’indietro. Godette dello sfregamento e dei versi di Teodosia. Non si accorse della porta che si aprì ma si arrestò quando percepì l’improvviso dondolio del materasso. Aprì gli occhi. Olobrando, nudo, era in ginocchio sul letto e stava porgendo il cazzo eretto alla bocca della moglie che non si fece pregare.
«Sorpresa!» rise Olobrando fissando il giovane negli occhi.
- continua -
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