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Lui & Lei

La mattana - proseguimento by Castellozzo


di Castellozzo02
22.10.2024    |    551    |    6 9.2
"Stai sul vago ma fagli capire che c’è uno spiraglio..."
https://www.annunci69.it/racconti-erotici/prime/La-Mattana-Solo-un-inizio_151557.html

Ecco il mio proseguimento del racconto di cui sopra trovate il link.
Gli autori del racconto sono: https://www.annunci69.it/user/Coppia-Curiosa90

Poco dopo mi inviò una foto che mi ritraeva di spalle, ma perfettamente riconoscibile, con la gonna alzata: me l’aveva scattata dopo avermi accompagnata all’auto di Marco.
Sotto alla foto mi scrisse un'unica parola di commento: “Parliamone”.
Un subdolo, viscido ricatto. Posai momentaneamente lo smartphone sul materasso e andai alla finestra. La aprii. Avevo bisogno aria fresca. Poco dopo la richiusi e chiamai Marco.
Controllando la mia agitazione, dovuta a un misto di paura e rabbia, gli riferii l’accaduto. Marco rispose con alcuni interminabili secondi di silenzio.
Alla fine si schiarì la gola e parlò «Prendi tempo. Stai sul vago ma fagli capire che c’è uno spiraglio.»
«Cosa?» gridai.
«Lo devi illudere. Almeno starà tranquillo. In questo momento ha lui il coltello dalla parte del manico e io devo riflettere. Prendere tempo, questo è ciò che dobbiamo fare.»
Respirai a fondo e annuii. «D’accordo.» dissi con un filo di voce.
«Ti amo.»
Io riuscii solo ad annuire mentre tremavo per lo sforzo di non scoppiare a piangere.
Marco emise ancora un sospiro e chiuse la chiamata.
Mentre ero al telefono con Marco, Giancarlo mi aveva inviato un messaggio di soli punti interrogativi e uno smiley che strizza l’occhio. “Figlio della merda!”, pensai. Feci un respiro e risposi con un altro smiley che strizza l’occhio, un bacio e “Dolce notte!”. Spensi lo smartphone e mi distesi sulla schiena lasciando la luce accesa.
Non so quando mi addormentai e nemmeno quando mi svegliai. Non fino a quando accesi lo smartphone. «Cazzo! Le otto e mezza passate!» urlai. Avrei dovuto alzarmi prima delle sette!
Feci di tutto per uscire attorno alle nove e arrivai in ufficio poco prima delle dieci meno un quarto.
Mi affacciai all’ufficio del mio capo per scusarmi del ritardo. Lui distolse lo sguardo dallo schermo, mi fissò per qualche istante e chiese «Non stai bene?»
«Così così.» risposi. Lui emise un grugnito e tornò a rivolgere la sua attenzione al monitor.
Entrai nel mio loculo nell’open space e accesi il computer. Da sotto la tastiera sporgeva un angolino di carta gialla. “Un post-it”, pensai. Spostai la tastiera. Sul foglietto era stato disegnata una faccia rotonda che sorrideva tenendo un occhio chiuso. Un brivido mi corse lungo la schiena “Era venuto sfacciatamente alla mia postazione!”
In quel momento entrò un messaggio. Sperai non fosse ancora quello stronzo. No. Era Marco.
“Sentiamoci all’ora di pranzo. Ti amo!” trattenni le lacrime e mandai un cuore.
Verso le undici accadde quello che avevo temuto tutta mattina e che mi aveva impedito di concentrarmi sulle mie pratiche: si affacciò quello stronzo di Giancarlo con un sorriso a trentadue denti.
«Buongiorrrrrrrno...» disse.
«Ehilà!» risposi sforzandomi di apparire contenta di vederlo.
«Arrivata tardi?»
«Già...»
«Come mai?»
Scrollai le spalle.
«Pranziamo insieme?» disse lui.
«Tu e io? Soli?»
Lui esitò un attimo e poi, sempre sorridendo, disse «Già. Forse è meglio di no.» e si guardò attorno.
«Però un caffè lo possiamo prendere insieme, no?»
«Ok. Dopo pranzo. Ne ho preso uno mezz’ora fa.» mentii. Lui mi strizzò l’occhio e se ne andò.
Mi asciugai le mani sui jeans “Figlio della merda!”.
Non pranzai. Mi rifugiai in un parco e telefonai a mio marito che mi accennò a due possibilità per risolvere la faccenda ma non volle darmi dettagli al telefono. Mi disse che sarebbe rientrato quella sera stessa, anticipando il suo ritorno dalla trasferta per parlarmene di persona. Alle ventuno varcò la porta di casa. Ordinammo due pizze e, durante la cena, mi espose le due alternative.
Una consisteva nel coinvolgere, tramite un suo conoscente, un certo Don Vito Castellozzo che, mi assicurò Marco, avrebbe trovato un sistema molto efficace e definitivo per far desistere Giancarlo dal fare minchiate ma che ci avrebbe portati in debito perpetuo nei confronti del Padrino.
L’altra possibilità era quella di attirare il coglione in una trappola e renderlo in questo modo inoffensivo.
E quella mi intrigava assai!
Il giorno successivo feci in modo di poter parlare a quattr’occhi con Giancarlo facendogli una proposta “indecente”.
Seguendo le istruzioni di Marco gli proposi un incontro clandestino in un appartamento di una mia amica single che me l’avrebbe prestato in un pomeriggio da concordare.
«Perché non in un motel?» aveva chiesto Giancarlo.
Fortunatamente io e Marco avevamo previsto la sua obiezione.
Motivai la mia proposta così: «Non ho voglia di stare in un posto con lo sguardo fisso sull’orologio e poi sarebbe stupido spendere dei soldi quando si può avere lo stesso comfort gratis.»
Gli si allargò un sorriso malizioso sul volto. Volle sapere dove si trovasse l’appartamento e io gli accennai la zona. Lui annuì.
La sera stessa riferii il colloquio a Marco. «Bene, fissa un giorno per la prossima settimana.» disse.
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In previsione di quel giovedì in cui Giancarlo e io avremmo dovuto consumare il nostro lercio adulterio, io e Marco ci attivammo.
L’appartamento era di un collega di Marco. Un collega a cui Marco aveva coperto le spalle più di una volta. Un collega che aveva un cugino farmacista.
Qual era il piano?
Eccolo: il cugino farmacista aveva preparato una mistura di farmaci da banco che, opportunamente miscelati e con l’aggiunta di alcol avrebbero avuto un effetto leggermente sedativo. Marco aveva poi sistemato nella cucina dell’appartamento dei bicchieri da vino di cristallo colorato di un bordeaux intenso e, sul fondo di uno di questi, aveva spalmato la mistura che aveva addensato con dello zucchero.
Quando Giancarlo e io saremmo stati nell’appartamento, gli avrei proposto di brindare al nostro incontro. A tale scopo c’era già pronta una bottiglia di spumante nel frigorifero. Essendo da stappare, Giancarlo non avrebbe sospettato. Il suo bicchiere avrebbe avuto un segnetto che soltanto io e Marco conoscevamo.
Avrei versato il vino, la mistura si sarebbe sciolta grazie anche all’anidride carbonica dello spumante e lui avrebbe bevuto. Lo zucchero avrebbe accelerato l’assorbimento del sedativo.
Poi, io mi sarei versato ancora dello spumante e lui ne avrebbe preteso dell’altro. Poco dopo il sedativo avrebbe fatto effetto. Giancarlo non avrebbe perso conoscenza ma le sue membra si sarebbero intorpidite. A quel punto avrebbe fatto la sua apparizione Marco che si era nascosto nel ripostiglio.
Insieme avremmo trasportato Giancarlo in camera da letto dove lo avremmo spogliato.
Marco avrebbe indossato della mia biancheria intima e anche una parrucca e una mascherina per coprirsi il volto.
Avremmo poi scattato delle foto di Marco che posava il cazzo sulla bocca di Giancarlo e altre in cui Giancarlo, messo a pecora e fotografato di lato, con Marco nell’atto di montarlo.
Ciò che contava era che il volto di Giancarlo fosse sempre ben riconoscibile.
Terminato il “book fottografico”, avrei recuperato lo smartphone di Giancarlo e lo avrei immerso nella tazza del cesso. Vi avrei versato un intero flacone di candeggina - giusto per andare a colpo sicuro. Lasciato lo smartphone immerso nella candeggina per almeno mezz’ora.
Dopodiché avrei tirato lo sciacquone in modo da eliminare la candeggina. Infine ci saremmo liberati di quello smartphone portandolo in un’isola ecologica.
E Giancarlo?
Gli avremmo preparato un caffè concentrato che gli avrebbe dato la svegliata e gli avremmo spiegato, mostrandogli le foto (che sarebbero state caricate anche su “cloud”) che sarebbe stato meglio se se ne fosse andato a fare in culo.
...
Ma le cose andarono diversamente. Due sere prima del fatidico giorno, Giancarlo stava parlando al telefono mentre attraversava un ponte sul Naviglio Grande. Sfiga volle che incrociò una baby gang sul sentiero di guerra. I ragazzini pretesero lo smartphone ma Giancarlo rifiutò. Ne nacque una colluttazione e lo smartphone volò oltre la balaustra finendo su una piccola chiatta che trasportava turisti diretti a Gaggiano. Il figlio tredicenne dei coniugi De Bernardis raccolse lo smartphone e tentò di accedervi. Non essendoci riuscito, lo gettò in acqua in un punto non definito del canale.
Nel frattempo Giancarlo, ingaggiata una furibonda lotta con i giovani teppistelli e averne gettati quattro oltre il parapetto, finì per avere la meglio. Gli altri, considerata la mala parata, erano corsi via lanciando minacce e bestemmie.
Così, io e Marco ci trovammo con un appartamento a disposizione e una camera da letto attrezzata a studio cinematografico.
«Sai che c’è?» gli dissi.
«Cosa?»
«Ci facciamo un bel film porno!»
«E poi?»
...già. E poi?
E poi ci siamo iscritti su A69 dove stiamo scoprendo le gioie orgasmiche dello scambio di coppia.
E Giancarlo?
Giancarlo, a sere alterne, torna in quella zona industriale in cui mi aveva fotografato a tradimento nella speranza che io vi ritorni - col cazzo!
.
Marco e io, dal canto nostro, siamo riusciti a coinvolgere nascostamente sua moglie portandola a diversi festini - e ho scoperto che mi piace anche la figa! La sua in particolar modo.
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