Lui & Lei
"L’angelo diventato diavolo"

25.04.2025 |
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""Adesso sì… adesso sei davvero il mio diavolo preferito..."
Era lì, ferma in macchina, sotto la pioggia battente, nel parcheggio semi-deserto del centro commerciale. Bussai al finestrino e le chiesi se avesse bisogno di aiuto. Mi guardò con un sorriso che sapeva già di peccato: "Grazie… sei un angelo."Le chiesi di tenere l’ombrello senza bagnarsi. Indossava una minigonna in pelle nera, calze autoreggenti a righe e tacchi da dieci centimetri. Le sue gambe erano un invito al peccato, lisce, tornite, perfette. Le avrei leccate dalla caviglia all’interno coscia, ma dovevo prima finire di cambiare la ruota.
Appena finito, mi fece cenno di salire. Dentro l’abitacolo c’era un caldo intenso, mescolato al suo profumo dolce e pungente, una fragranza che sapeva di sesso. Mi porse delle salviettine per pulirmi, e io le dissi guardandola fisso: "Vista da vicino, senza ombrello… sei una visione."
Lei mi guardò con occhi carichi di voglia. Io non resistei: mi avvicinai e provai a baciarla. In un primo istante si scostò, ma poi mi afferrò per la nuca e mi divorò la bocca. La sua lingua era calda, bagnata, si muoveva dentro la mia bocca con una fame animalesca. Baciava da troia. Sentivo il cazzo duro, gonfio, che premeva contro la zip dei jeans, pronto a esplodere.
Lei sorrise, abbassò la testa, tirò giù la cerniera e sussurrò: "Il mio angioletto nasconde un cazzone..." E senza perdere tempo, iniziò a succhiarmelo. Lo ingoiava piano, poi veloce, poi di nuovo lento, facendomi impazzire. Mi guardava negli occhi mentre si faceva scivolare tutto il mio cazzo in gola, fino a soffocare. Godevo da impazzire.
Provai ad allungare la mano sotto la sua gonna, volevo sentirla calda, bagnata… ma mi fermò: "Non posso, adesso no…" Mi veniva voglia di strapparle gli slip con i denti e affondare la lingua tra le sue labbra. Ma non potevo.
Allora le presi la testa con entrambe le mani e cominciai a muoverle il bacino contro la faccia, volevo che se lo prendesse tutto in gola, fino all’ultimo centimetro. Lei gemeva soffocata, con la saliva che le colava dagli angoli della bocca. Ero al limite. L’ho avvertita: "Sto venendo…" ma lei non si è fermata.
Ho goduto con una forza bestiale, le ho riempito la gola di sperma, e lei, tossendo appena, ha deglutito tutto. Stava quasi per vomitare, ma non si è tirata indietro. Quando ha alzato lo sguardo, con le labbra sporche e il trucco sbavato, sembrava la più porca delle sante.
Passò una settimana. Continuavo a pensare a lei, a quella bocca, a come mi aveva fatto godere come nessuna prima. Ogni volta che ripensavo a quei minuti in macchina, mi ritrovavo con il cazzo duro. Poi, un pomeriggio, mi arrivò un messaggio: “Oggi ho voglia di peccare… se ti va, vieni nel mio ufficio. Ti aspetto.”
Non ci pensai due volte. Arrivai al piano indicato, bussai alla porta e la trovai lì, seduta alla scrivania, gambe accavallate, occhiali da segretaria e camicetta bianca semiaperta. Il reggiseno in pizzo nero lasciava intravedere un seno che chiedeva solo di essere leccato. Mi fece cenno di entrare e chiuse la porta a chiave, senza dire una parola.
Si alzò lentamente, venne verso di me e mi sussurrò: “Ti sei comportato bene l’altra volta… ora voglio ringraziarti a modo mio.”
Mi spinse sulla poltrona e si inginocchiò tra le mie gambe. Tirò giù la zip, tirò fuori il mio cazzo già mezzo duro, lo prese tra le mani e lo guardò come se fosse il suo giocattolo preferito. “Era da giorni che lo sognavo in gola…” sussurrò, e senza esitazione se lo infilò tutto in bocca.
La scena era da film porno: la testa che si muoveva a ritmo sempre più veloce, la saliva che colava sulle sue dita, il rumore bagnato dei suoi colpi di lingua, i suoi occhi fissi nei miei mentre lo prendeva fino in fondo.
Poi si fermò, si alzò, si voltò e si piegò sulla scrivania: “Ora voglio sentirtelo dentro, voglio che mi scopi come un animale.” Sollevò la gonna e non aveva le mutandine. Il suo culo era perfetto, rotondo, e la sua figa era già bagnata. Non resistetti.
Mi abbassai i pantaloni, mi avvicinai e glielo infilai tutto con una sola spinta. Gemette forte, si aggrappò al bordo della scrivania mentre la prendevo da dietro con colpi violenti, profondi. Il suono del nostro sesso riempiva l’ufficio, mentre lei si mordeva le labbra per non urlare.
“Scopami… scopami forte… vienimi dentro, voglio sentirti caldo dentro di me…” ansimava. E io eseguivo, senza pietà, spingendo sempre più forte, finché esplosi dentro di lei, tremando, mentre il suo corpo si agitava sotto le mie mani.
Rimase piegata lì, ansimante, con la figa che pulsava ancora attorno al mio cazzo. Si voltò con un sorriso soddisfatto: “Benvenuto nel mio ufficio... angelo mio.”
Restammo qualche secondo in silenzio, lei con le gambe ancora tremanti, appoggiata alla scrivania, io con il cazzo ancora duro che pulsava dentro di lei. Si rialzò lentamente, raccolse lo sperma che colava lungo le sue cosce con due dita, se le portò alla bocca e le leccò lentamente, guardandomi con quegli occhi carichi di malizia.
Poi si sedette sulla sedia, accavallò le gambe e mi fissò seria, ma con un sorriso perverso sulle labbra:
"Ti va di giocare davvero? Di vedere fin dove possiamo arrivare?"
Annuii, senza pensarci. Lei sorrise, tirò fuori dal cassetto una piccola scatola nera. Dentro, una benda e delle manette in pelle.
"Adesso sei mio. Ma giochiamo secondo le mie regole."
Mi fece spogliare lentamente. Restai lì, nudo davanti a lei, con il cazzo già duro, pronto a tutto. Si alzò, mi mise la benda sugli occhi e mi fece sedere. Poi, con lentezza sensuale, mi legò i polsi ai braccioli della sedia con le manette.
Sparì per qualche istante. Sentivo solo il rumore dei suoi tacchi, il fruscio del suo corpo che si muoveva... poi il suo tocco. Caldo, deciso. Le sue mani accarezzavano il mio petto, scendevano lungo il ventre fino a stringermi le palle, con la giusta cattiveria. Poi, finalmente, la sua bocca.
Iniziò a succhiarmelo con una lentezza studiata, quasi torturandomi. Alternava colpi di lingua profondi a suzioni forti e improvvise. Sentivo la saliva colare, il rumore bagnato del suo piacere, mentre gemeva piano tra una pompata e l’altra. Era una dannata artista del cazzo.
Poi si fermò di colpo.
"Non voglio che vieni… non ancora."
Mi lasciò lì, teso, col cazzo che sembrava esplodere. Pochi istanti dopo, la sentii salire su di me. Le sue cosce calde mi circondarono, e poi sentii la sua figa, bagnatissima, che mi inghiottiva lentamente. Un gemito le sfuggì dalle labbra mentre si abbassava completamente sul mio cazzo.
"Ti faccio impazzire, ma voglio godere con te."
Cominciò a muoversi piano, con movimenti circolari, facendomi sentire ogni singolo millimetro dentro di lei. Io, legato, bendato, potevo solo gemere e godermi ogni secondo. Aumentò il ritmo, cavalcandomi con forza, le mani sulle mie spalle, i suoi gemiti sempre più forti.
Quando finalmente mi liberò le mani, la presi per i fianchi e iniziai a scoparla con tutta la forza che avevo. Le tirai indietro i capelli, la baciai con fame, mentre affondavo dentro di lei sempre più forte, fino a far tremare la sedia.
"Sì… così… scopami… riempimi…", urlava, mentre l’orgasmo ci travolgeva insieme, violento, caldo, perfetto.
Rimase appoggiata a me, il fiato corto, la pelle sudata.
"Adesso sì… adesso sei davvero il mio diavolo preferito."
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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