Lui & Lei
SCHEMI SALTATI - 2


27.04.2025 |
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"A volte non rientrava la notte..."
Anna mi era entrata dentro, come un seme che prende vita e germoglia. Ogni momento, ogni scusa era buona per andare da lei, poterla vedere. Mia moglie trascorreva con lei un sacco di tempo al telefono e si vedevano. Parlavano e discutevano sulla nostra situazione che ormai aveva preso una rotta verso la definitiva fine del nostro rapporto. Mia moglie aveva un altro con il quale si vedeva spesso. A volte non rientrava la notte. Ormai eravamo separati in casa. Dal canto mio spesso ero da Anna per un motivo o un altro.In una giornata molto calda di maggio io non avevo rinunciato alla mia corsa. Incrociai lei vicino casa che rientrava dal supermercato.
“Ciao, ma lo sai che non si va a correre con questo caldo?”
Mi disse mentre con occhi famelici la guardavo: indossava una corta gonna di jeans, zeppe alla schiava ed una maglietta che lasciava intravedere le sue belle e grosse tette. Solo a vederla il mio cazzo ebbe un sussulto.
Proseguimmo per qualche minuto a colloquiare ironicamente e amichevolmente. Poi mi invitò ad andare da lei per bere un po’ d’acqua o una birretta.
La seguì senza riuscire a togliere gli occhi dalle sue chiappe fasciate dalla stretta gonna, immaginando che sotto quel sottile strato di tela elasticizzata non vi fosse alcuna traccia di biancheria intima. Aprì l’anta del frigorifero.
- “Vuoi acqua, birra o succo?” - mi chiese.
Optai per l’acqua e mi accomodai su una sedia, bevendo e conversando ancora qualche minuto quindi lei mi informò, avviandosi verso il bagno, che sentiva il bisogno di togliersi quegli indumenti zuppi di sudore.
“Fai pure come fossi a casa tua” – aggiunse.
Allontanandosi da me e portando con sé quella meravigliosa dotazione di chiappe sulle quali avrei voluto immediatamente appoggiare le mie mani. Dopo un minuto riapparse riempiendo in un istante la stanza, l’appartamento, il quartiere, il mondo intero, ma soprattutto, i miei occhi, con la sua nudità. Una meraviglia. Rimasi senza parole, probabilmente con stampata in faccia un’espressione da ebete, avendo l’impressione che la mia mandibola avesse toccato il pavimento.
Non avrei mai pensato che fosse diventata così audace e piena di iniziativa. In effetti nei nostri incontri ero sempre io che cominciavo a toccarla, accarezzarla, baciarla, mettere le mie mani dappertutto su quel corpo generoso e maturo.
“Beh che c’è? Non hai mai visto una donna nuda?” –
Balbettai qualcosa. Non mi aspettavo un tale coraggio e sfrontatezza da parte sua.
“Ehm, beh, ma, ecco, cioè, io, tu ….”
“Io mi faccio una doccia, ne hai bisogno anche tu, se ti va la facciamo insieme!”
Qualcosa risposi, certamente buttando là un cenno assertivo, fatto sta che i pochi indumenti che indossavo presero il volo immediatamente e così, Anna, si ritrovò di fronte un inebetito ed estatico me che le esibiva, in tutta la mia rigida eccitazione, la felicità di accettare il suo insperato invito. Fece un passo avanti, mi agguantò l’uccello con una mano, con l’altra mi afferrò i capelli e mi attirò a se infilandomi la lingua in gola perlustrando a lungo la mia cavità orale quindi, senza mollare la presa dal mio cazzo, mi guidò verso il bagno.
Presi il bagnoschiuma e iniziai ad insaponarle la schiena, scendendo lungo i fianchi arrivai al suo magnifico culo, lo massaggiai, lo strizzai, lo accarezzai, insinuandomi, impertinente, con le dita sino al suo, a me fino a quel momento, sconosciuto, buchetto. Completai il servizio proseguendo lungo le gambe sino ai piedi. Completata l’attività igienico esplorativa del culo di quel corpo meraviglioso, la feci voltare e mi applicai diligentemente sul davanti, il collo, le tette, il ventre e, ovviamente, la figa. La esplorai curioso, feci scorrere la mano sul suo sesso morbido e liscio, la penetrai col dito medio, appurando quanto fosse già bagnata, lei mi infilò nuovamente la lingua in bocca, avida di baci. Feci scivolare le dita nella fessura tra le labbra, massaggiandolo lentamente e constatando la turgidità del suo clitoride. Quindi, affinché non si dica che io sono contro la parità dei sessi, lasciai che fosse lei ad applicare lo stesso trattamento a me. Ormai senza freni inibitori e da vera porca si soffermò sul mio culo, lo esplorò sino al mio orifizio, con dita esperte, procurandomi piacevoli brividi lungo la schiena, abbandonandolo solo per dedicarsi al mio cazzo che, per quanto possibile, aveva incrementato il suo vigore. Le mie palle fecero conoscenza col sapiente e delicato tocco delle sue mani. Ci sciacquammo a vicenda e terminata questa operazione le appoggiai il cazzo tra le chiappe, le afferrai un seno stringendo, tra pollice e indice, il capezzolo eretto mentre con l’altra mano le giravo la testa e le infilavo la lingua in bocca. Lei non si ritrasse, strinse le cosce e le chiappe attorno al mio uccello, io spingevo e ritraevo, sentivo la mia cappella strofinarsi contro le creste del suo buco nero. Cercai di piegarla in avanti per penetrarla ma si divincolò.
“Aspetta.” - mi disse e girandosi prese a leccarmi i capezzoli.
Poi abbassandosi arrivò al mio cazzo e ai coglioni, ne prese uno in bocca mentre stringendomi nella mano mi segava con una lentezza esasperante, ogni tanto racchiudeva nel suo palmo la mia cappella pulsante e la massaggiava roteando il polso, quindi riprendeva ad andare su e giù lungo la mia asta passando all’altro testicolo.
“Ti piace?” mi chiese.
“Cazzo si!” mugolai.
Allora lei prese a leccarmi dai coglioni al frenulo avvolgendo, di quando in quando, la mia cappella con le sue labbra. Poi ingoiò tutto il mio uccello nella sua bocca e prese a solleticarmi il buco del culo con le dita, quindi iniziò a pomparmi lentamente, le presi la testa tra le mani e provai a guidare il ritmo. Lei intensificò gli affondi, liberò la sua bocca giusto il tempo per dirmi:
“Voglio bere il tuo sperma!” - e sentii il suo dito farsi strada dentro di me.
Contemporaneamente riprese a spompinarmi con aumentato vigore sino a quando sentii di essere all’apice del mio piacere e nell’impossibilità di trattenermi esplosi fiotti di sborra nella sua accogliente e avida bocca. Lei ingoiò e rialzandosi mi disse.
“Sai di dolce e salato al tempo stesso” e baciandomi la sua lingua ingaggiò una battaglia con la mia.
Attesi il tempo necessario per riprendere il controllo delle mie articolazioni inferiori che, in seguito all’orgasmo appena raggiunto, sembrava avessero la consistenza della gelatina, poi concentrai le mie attenzioni alle sue tettone. Ho una predilezione per i capezzoli e il clitoride, sentire come si inturgidiscono tra le mie dita o tra le mie labbra. Mi soffermai a lungo leccando, baciando, succhiando quei frutti sodi e deliziosi, poi sentii le sue dita affondare tra i miei capelli e le sue mani spingere la mia testa in basso verso il suo ventre, verso la sua figa. Mi soffermai con la lingua nel suo ombelico, ma lei aumentò la pressione finché non incontrai il suo sesso. Le leccai la pelle liscia delle grandi labbra, giù e su, dal basso verso l’alto in senso orario poi antiorario e di nuovo in senso orario. Prese ad emettere quei mugolii che già conoscevo per averli sentiti altre volte. A quel punto presi a far scorrere la punta della lingua nella sua fessura leccandole avidamente le piccole labbra bagnate dei suoi umori, assaporando il suo sapore, spingendo la lingua dentro, facendola mugolare ancora più forte, per tornare a leccarla lentamente dentro e fuori. Sentendola ormai preda del piacere che le stavo procurando ebbi cura di avvicinarmi al suo pistillo che lei mi offriva divaricando con le dita i petali che lo racchiudevano. Mi presi cura del suo clitoride sollecitandolo con la lingua, baciandolo e succhiandolo con le labbra, per tornare a ripercorrerlo lungo la sua circonferenza descrivendo piccoli cerchi quindi ancora a succhiarlo e baciarlo. Lei intanto ansimava ancora più forte.
“Ahh si, così. Mi fai venire, dai, mi fai venire!”
Da parte mia tutto l’insieme di questa situazione aveva risvegliato il mio cazzo, ma volevo diligentemente concludere l’opera, non doveva mancare molto al suo orgasmo e allora cominciai a fare al suo grilletto quello che potremmo definire tecnicamente un pompino. Venne tenendomi la testa premuta contro la sua passera e condividendo, con generosa profusione di decibel, il suo piacere con me.
Mi rimisi in piedi e le lasciai il tempo di riprendersi regolarizzando la respirazione, quindi la baciai ripetutamente sul collo, le mordicchiai i lobi delle orecchie mentre con le mani le massaggiavo le poppe rotonde e sode. Lei ripeteva.
- “Cazzo, cazzo, cazzo!” –
Allora premetti la mia nerchia contro la sua passera lasciandole intendere quale continuazione volevo dare al nostro incontro, lei però mi allontanò dicendomi.
- “Non qui!” – esclamò.
E agguantandomi ancora per il cazzo e le palle, senza prenderci la briga di asciugarci, mi guidò con urgenza verso il letto, mi spinse facendomi sdraiare sulla schiena e con agilità felina salì anche lei mettendosi a cavalcioni sopra di me. Iniziò a strusciare la sua figa sul mio uccello e dopo averne saggiato la consistenza si mosse in modo che l’apice puntasse l’entrata della sua passera. Sentivo la cappella penetrarla lentamente e altrettanto lentamente la sentivo uscire per poi rientrare dolcemente in un andirivieni guidato dai suoi movimenti, inarcava la schiena ed io ero fuori, spingeva indietro le chiappe ed ero dentro di lei. Poi appoggiò le sue mani sul mio petto e con un movimento repentino prese dentro di sé tutto quello che avevo da offrirle. Sentivo le pareti della sua figa contrarsi attorno al mio cazzo. Restò ferma così per un tempo indefinito, ero estasiato, dalla mia posizione vedevo il suo seno salire e scendere seguendo il ritmo del suo respiro. Mi tirai su, in posizione seduta, afferrandole i fianchi, raggiunsi con le labbra il suo seno e inizia a baciarlo, lei incrociò le gambe dietro la mia schiena, sentivo il suo respiro aumentare di intensità, lasciai che la mia lingua entrasse in azione titillandole i capezzoli con la punta, iniziò ad emettere i primi vocalizzi. Poi mi spinse indietro facendomi tornare alla posizione sdraiata e prese a muoversi con un ritmo che aumentava ad ogni colpo, percepivo il mio uccello penetrare e ritirarsi nella sua passera fradicia dei suoi umori, prese a cavalcarmi al trotto, poi al galoppo e poi furiosamente, emettendo suoni ed esclamazioni al livello sonoro che ormai conoscevo bene. Infine venne; inarcando la schiena all’indietro, stringendo le sue mani attorno alle mie caviglie e spingendo in avanti il bacino quasi a volere dentro sé, oltre al mio uccello, anche i miei coglioni. La voce le si smorzò in gola e per un tempo che mi parve eterno smise di respirare, tanto che pensai le fosse preso un colpo apoplettico. Quando riprese a respirare ansimava come un mantice, come se avesse appena concluso un’intera maratona. Aspettai che tornasse in sé e mi girai accompagnandola fino a farla sdraiare sulla schiena, a questo punto afferrai le sue caviglie divaricandole le gambe tanto quanto le mie braccia permettevano e in quella posizione presi a stantuffarla molto lentamente, ritraevo il mio cazzo sino a vedere la cappella avvolta dalle labbra della sua figa accogliente, quindi tornavo a spingerlo dentro fino in fondo, fino a farle sentire le mie palle premute contro le sue chiappe. Mi incitava a gran voce di chiavarla più velocemente ma volevo farla morire con movimenti lenti, quando sentii che era quasi pronta a godere nuovamente aumentai la frequenza delle spinte e all’improvviso mi fermai estraendo il mio arnese con suo sonoro disappunto. La feci girare carponi facendole afferrare con le mani la spalliera del letto, mi abbassai e cominciai a lavorarle, con la lingua, il buco del culo e l’entrata della sua figa gocciolante, continuai sino a quando lei, esasperata, mi disse:
“Ti prego, voglio sentirti dentro di me!”
Le spinsi il pollice nella figa, lo ritrassi bagnato delle sue abbondanti secrezioni e iniziai a lubrificare la sua entrata posteriore, andando avanti così sino a quando sentii che il mio dito scivolava dentro il suo culo senza fatica. Lei apprezzava verbalizzando.
“Siiiii, così, sbattimelo dentro!” - e ancora.
“Voglio il tuo cazzo dentro di me!” -, l’accontentai. Ero una furia non l’avevo mai sentita parlare così esplicitamente.
Mi misi dietro di lei, puntai l’uccello all’apertura fremente della sua figa e lo spinsi fino in fondo, contemporaneamente col pollice la scopavo nel culo. La sentivo gemere di piacere mentre, senza fretta, aumentavo il ritmo degli affondi. Come in precedenza, sentii il suo respiro fermarsi nell’estasi dell’orgasmo ed ebbi l’impressione che mi avesse inondato dei suoi umori perché avvertivo la sensazione che gocce del suo piacere scivolassero lungo il mio uccello sino ai coglioni. A quel punto, senza liberarle l’accogliente buco posteriore, le afferrai il fianco con la mano libera l’attirai a me cominciando a spingere con sempre più foga finché avvertii un calore al basso ventre, le mie gambe diventare molli, e il primo fiotto di sborra esplodere nella profondità della sua figa, seguito da un altro e un altro e un altro ancora, finché tutto lo sperma di cui disponevo non fu riversato in quella fantastica e avvolgente ampolla. Anche lei gridò all’universo intero, una volta ancora, tutto il suo godimento. Rimasi dentro di lei sino a quando la rigidità del mio arnese lo consentì, poi ci sdraiammo uno di fronte all’altro, unimmo le nostre labbra in un bacio infinito continuando così, in un modo più dolce, il nostro amplesso.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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