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Antebaldo Pornieri Editore 03


di Castellozzo02
11.09.2024    |    1.351    |    7 9.4
"Salve, sono sempre io, il vostro scrittore esordiente che ne ha viste di cotte e di crude! Riprendo da quando io e la mia amica eravamo scesi dal treno..."
Ho fatto i compiti e ho condotto delle ricerche molto approfondite che mi sono costate ore di lavoro e qualche lauta mancia a destra e a manca per far scucire delle bocche dalle quali ho ottenuto informazioni interessanti.
Sì, Terzalberto Castellacci è un utente del sito. Per evitare di alzare inutili polveroni non vi svelerò il nick con cui è iscritto. Confido nella vostra comprensione oltre che nel vostro buonsenso.
Per contro il Castellacci si è presentato anche quest’oggi alla mia porta con un nuovo incartamento che ho provveduto a “epurare” delle sue “licenze poetiche” in modo da renderlo leggibile.
Divertitevi. Al limite - se ci riuscite! - eccitatevi pure.

Salve, sono sempre io, il vostro scrittore esordiente che ne ha viste di cotte e di crude!
Riprendo da quando io e la mia amica eravamo scesi dal treno perché era arrivato al capolinea.
Allora non eravamo ancora amici ma lo stavettimo (questo l’ho lasciato ndr) diventando.
Le stavo raccontando che poco dopo sposati mia moglie aveva detto che non sentiva più l’esigenza di fare sesso. Per essere sicura che il messaggio arrivasse forte e chiaro, l’aveva scritto anche su quattro post-it che aveva poi attaccato al frigo e allo specchio in bagno.
«E quand’eravate fidanzati, com’era?»
«Le piaceva farsela leccare e poi salirmi sopra.»
«E poi?»
«E poi veniva. E dopo io. Però nei fazzoletti.»
«E a te piaceva?»
«No, però speravo in una minchiamorfosi.»
«Cioè?»
«Cioè che diventasse minchia dipendente. Possibilmente della mia.»
«Capisco... Senti, adesso abbiamo poco tempo. Ti lascio il mio numero. Chiamami quando hai un po’ di tempo. Mi chiamo Ghirlanda.»
Memorizzai il suo numero sotto “Ghirlo Calcetto” e poi ci salutammo.
Quella mattina arrivai in ufficio con mezz’ora di ritardo.
«Perché solo adesso?» mi chiese Guascona Scimitarra dell’ufficio personale.
Stavo per dirle cosa mi era successo ma optai per inventare una scusa «Stavano girando un film sul treno e allora...»
«Vabbe’, lasciamo perdere. Corri in ufficio che c’è tanto lavoro.»
«Pranziamo insieme?» le chiesi.
«No, oggi sono tutto il giorno dal titolare.»
Io compresi che era il “giorno del pompino per far carriera” e non insistetti. E non me la presi nemmeno a male poiché ora c’era Ghirlanda nella mia vita. Forse...
Trascorsi due ore di intenso lavoro alla mia scrivania che sta nell’ufficio che condivido con Glauco Zetarguto, il mio coordinatore.
In azienda sono inquadrato con la mansione di “spinzettamento”; praticamente prendo gruppi di fogli che sono stati pinzettati e con un apposito attrezzo nonché con abile manualità, frutto di anni di esercizio, tolgo la graffetta di metallo che li tiene insieme. Dopodiché li mischio un po’ come fossero le carte di scala quaranta e li passo al mio coordinatore che rimette tutto in ordine ripinzettando. Siamo una squadra vincente!
A volte, per farmi uno scherzo, Glauco si nasconde sotto alla mia scrivania e mi fa un pompino. Inizialmente la cosa mi aveva dato fastidio ma seguendo poi il suo consiglio, ovvero immaginare che la bocca non era la sua ma quella di una bella figa, la cosa risultava FINANCO piacevole.
Anche quel giorno Glauco era andato in “immersione”. Aveva appena preso in bocca il mio cazzo che fece un verso. Lo sentii anche sputare.
«Che succede?» gli chiesi.
«Ma tu hai già sborrato stamattina!» esclamò da sotto la scrivania. Proprio in quel momento era entrata Tramontana Euclide, una stagista di vent’anni che girava in minigonna senza niente sotto.
Lo sapevo perché una volta l’avevo vista chinarsi a raccogliere una penna. Peccato che di fianco a me, in quel momento, si fosse materializzato dal nulla il Dottor Conato che mi disse «Lì, gli impiegati non possono “parcheggiare”. Quello è un posto per soli dirigenti. Chiaro? Caro il mio minchiolino!»
«Però guardare, si può?» chiesi.
«Sì, però limiti poi il numero delle seghe. Che non l’abbiamo assunta per svuotarsi i coglioni durante l’orario di lavoro!»
«Dottore, io mi sego solo in pausa pranzo!»
«Bravo. Mi ricorderò di lei quando ci sarà da distribuire qualche moneta da cinque centesimi a fine anno! Adesso vada che mi è venuta voglia di gnocca!»

Capito che azienda? Ma non posso lamentarmi perché prima delle vacanze regalano anche dei preservativi che io poi rivendo sotto banco: per colpa di quella figa di legno di mia moglie, a me non servono!
Comunque, eravamo rimasti a Glauco che si era accorto della mia sborrata mattutina e Tramontana aveva udito tutto.
«A me il cazzo sborrato non fa schifo.» disse e raggiunse Glauco sotto alla scrivania. Li udii confabulare e poi ridacchiare.
«Che state combinando?» chiesi.
«Zitto e godi!» rispose Glauco.
Poi ebbi la piacevole sensazione del mio cazzo leccato da lingua sapiente. Sperai fosse quella della ragazza - alla faccia del Dottor Conato!
«Adesso ti chiavo!» era la voce soffocata di Glauco.
«Ma cosa state facendo?» chiesi.
«Ho infilato il cazzo nel culo di questa giovane troia che ti sta spompinando.»
«Ah, ok!» dissi tranquillizzato dal fatto che tutto procedeva come in un film porno.
«Sì, però se arriva qualcuno, avvisa!» aggiunse Glauco.
Tra la piacevole sensazione del pompino, tra immaginare Tramontana chiavata nel culo, non ci volle molto e mi accorsi che stavo emettendo fiotti di sborra. Speravo tanto che finissero tutti in bocca e poi giù per la gola della ragazza che stava emettendo gemiti soffocati.
Poi udii Glauco che godeva assieme a lei.
Questa storia potrei intitolarla: “Fai un threesome senza fare un threesome”.

I due emersero poco dopo. Si sistemarono i vestiti e ripresero fiato giusto in tempo prima che si affacciasse il Dottor Conato che annuì in approvazione con aria severa.
«Bravi giovani! Sempre sul pezzo.»
Evidentemente nulla indicava la maialata di poco prima. Forse giusto l’alito di Tramontana. Ma nemmeno quello perché si era saggiamente infilata in bocca tre caramelle al mentolo concentrato.
Il fatto che ne avesse con sé un’ampia scorta mi fece capire che la furbina fosse una “sommelier della sborra”!
Buono a sapersi.
Durante la pausa pranzo, lontano da orecchie indiscrete, chiamai Ghirlanda che mi raccontò diverse porcate a cui dedicai una sega senza venimento perché ero rimasto a secco di sperma.

- continua -
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