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Prime Esperienze

La mattana - proseguimento 02 by Castellozzo


di Castellozzo02
27.10.2024    |    1.026    |    1 6.7
"» rispose la donna dello sconosciuto..."
Ho il nulla osta degli autori - Coppia-Curiosa90 - di proseguire con la mia elaborazione della loro idea iniziale.
gnegnegnè! :-D

«E allora?» disse la ragazza con l’inconfondibile accento dell’est Europa. Si era avvicinata venendo avanti ondeggiando sui grossi tacchi da zoccola. Una minigonna inguinale e un corpetto striminzito lasciavano poco margine all’immaginazione.
«Allora cosa?» rispose Giancarlo dal posto di guida scostandosi leggermente dal finestrino aperto a cui si era affacciata la giovane prostituta.
«È da mezz’ora che sei parcheggiato qui in questo angolino...» proseguì lei con la “elle” tipica slava. Era una bella ragazza e poteva avere vent’anni ma il suo modo di masticare la gomma americana la rendeva volgare. «Mi chiamo Irina.» disse.
«Molto piacere.» rispose Giancarlo guardando fuori dal parabrezza. «Dammi ancora cinque minuti.»
Irina emise una debole risata, gli lanciò un baciò e si allontanò per tornare dalle sue colleghe.
«Cazzo, non chiameranno mica il pappone, adesso!» esclamò Giancarlo. Scese dall’auto e chiamò la giovane.
Irina si voltò, inclinò la testa e sorrise. Giancarlo andò alla portiera del passeggero e la spalancò.
Fece salire la ragazza e stava girando attorno al cofano quando vide con la coda dell’occhio che lei stava tentando di spostarsi sul sedile di guida. Accelerò il passo e fece appena in tempo ad afferrare il braccio della prostituta prima che questa riuscisse a girare la chiave nel cruscotto.
«Che cazzo fai, puttana!» urlò e spinse via la ragazza che finì sul sedile del passeggero.
Giancarlo si mise al posto di guida e le urlò di scendere.
«Ma non si può neanche scherzare?» Irina rise in maniera innaturale.
«Scherzi del cazzo!»
«Dai, facciamo pace. Io so come.» Irina aveva abbassato il tono della voce e aveva messo una mano sulla coscia dell’uomo.
«Dove andiamo?» chiese lui.
«Motel?» propose lei.
«Motel...» mormorò lui. «Ok.» disse. Premette il pulsante delle serrature delle portiere e mise in moto.
«Hai paura che scappo?»
«No, ho paura che entrino le tue amiche!»
Irina scoppiò a ridere «Hai paura di non farcela con tutte, eh?»
“Ma vai a cagare!” pensò Giancarlo.
Lo “Skappel-Motel” (questo il luogo di perdizione dove erano diretti) era a cinque minuti di macchina.
L’impiegato riconobbe la ragazza ma finse di non vederla. Prese la carta d’identità di Giancarlo e gli consegnò la chiave della stanza diciassette.
«Non avrebbe un altro numero?» chiese Giancarlo.
Il portiere sbuffò e gli diede la ventotto.
Arrivati in stanza, Giancarlo e la ragazza si spogliarono. Lei attese che l’uomo si fosse disteso e poi gli prese il cazzo ancora moscio in mano. «’O cazz’ non vuole penzieri!» commentò.
«Questa dove l’hai sentita?»
«Un mio amico napoletano. Fa il camionista.»
«Un cliente abituale?»
«Geloso?»
«Tantissimo.»
Irina scappellò il cazzo di Giancarlo con due mani e prese a leccarlo fino a portarlo a erezione completa. Recuperò un preservativo e la crema lubrificante. Infilò il preservativo a Giancarlo e si spalmò la crema all’ingresso della passera e anche sul preservativo. Poi gli montò sopra e prese a cavalcarlo emettendo gemiti di piacere.
“Questa non è nemmeno capace di fare finta.” pensò Giancarlo. Poi volse i suoi pensieri lascivi a Carla, la sua collega, di cui aveva perso la foto perché una baby gang, che gli voleva rubare lo smartphone, glielo aveva fatto cadere nel Naviglio.
A occhi chiusi ripeteva a mente “Oh, sì, Carla, troia, prendi il mio cazzo. Godi, godi!” si eccitò a tal punto che esplose nel preservativo. «Oh, che bello...» disse con un filo di fiato.
«Sì, sei stato bravissimo!» gli fece eco Irina con gli occhi socchiusi mentre si mordeva il labbro inferiore.
“Cazzo, una moneta da sei euro e trenta sarebbe meno finta di te.” pensò. Ad alta voce disse «Dammi due minuti e poi mi rivesto e ti riporto là.»
«Non c’è problema.» Irina gli si distese di fianco e gli diede un bacio sfiorandogli le labbra.
Giancarlo si sforzò per non ritrarsi e decise di assecondare la commedia restituendolo.
Quando furono pronti a lasciare la stanza, le chiese quanto le dovesse.
«Sarebbero cinquanta. Dammi quaranta e va bene.»
«Hai da cambiare?» chiese Giancarlo allungandole una banconota da cinquanta euro.
Irina gli diede dieci euro di resto.
Quando arrivarono al gabbiotto, Irina disse «Ci penso io.» e scese dalla macchina. Parlò al receptionist che le consegnò il documento di Giancarlo.
«Tutto a posto.» disse Irina risalendo sulla vettura.
«Tutto a posto in che senso?» si meravigliò Giancarlo.
«Possiamo andare, è tutto a posto.» la ragazza gli sorrise. Fu un sorriso sincero.
«Allora ti ringrazio.» disse lui e partì.
Dopo che ebbe accostato vicino a un capannone nella zona industriale dove l’aveva caricata, le prese la mano e gliela strinse. «Buonanotte, Irina.» disse.
Lei gli posò un altro bacio asciutto sulla bocca e scese dirigendosi a passo spedito verso le sue colleghe.
Nessuno dei due aveva fatto caso alla station wagon bianca che recava sulle fiancate il logo azzurro di un’azienda farmaceutica. All’interno, un uomo e una donna, distesi nel bagagliaio avevano piazzato un piccolo cavalletto con in cima una macchina fotografica.
«Hai ripreso tutto?» chiese Carla.
«Sì, tutto!» rispose Marco con un sorriso. Staccò l’apparecchio dal supporto e premette “Play”.
Insieme alla moglie visionarono il filmato. Si sincerarono che la targa fosse ben visibile e che si capisse che su quella vettura fosse salita e scesa la stessa ragazza bionda.
«A casa faccio poi il montaggio.» disse Marco spegnendo la camera.
«La parola “montaggio” mi fa venire in mente cose zozze...» mormorò Carla.
«Del tipo?» fece lui con aria distratta.
«Tipo montare una vacca in calore.»
«Vieni qua!» Marco la tirò a sé e la baciò in profondità. Si avvinghiarono a vicenda con le gambe.
«Non qui.» bisbigliò Carla all’orecchio del marito.
«E dove?»
«Cerca una via chiusa e buia e poi mi sbatti all’impiedi o sul cofano. Voglio essere la tua puttana!»
Dovettero girare un po’, addentrandosi nel dedalo di quella zona industriale finché giunsero su un ampio parcheggio, praticamente deserto, in cui, sul fondo stavano alcune grandi e alte rubinie che occludevano la luce dei lampioni.
«Fermati lì sotto.» disse Carla.
Prima di scendere, abbassarono i finestrini e rimasero in ascolto. Il silenzio era rassicurante. «Ok, scendiamo.» disse Marco.
«Aspetta!» fece Carla. Tirò indietro il sedile per sfilare con maggiore comodità gli slip che gettò sui sedili posteriori. «Adesso possiamo andare!» dichiarò con aria allegra.
Scesero.
«Allora? Dove vuoi essere sbattuta, puttana?» le sussurrò Marco all’orecchio abbracciandola da dietro.
«In piedi, qui. Mi appoggio al cofano e tu mi scopi da dietro. Datti da fare, porco!»
Carla sollevò la minigonna esponendo il suo bel culo e la sua figa depilata. Posò le mani sul davanti della macchina e si piegò abbassando la testa in attesa di essere penetrata dal suo uomo.
Marco, a sua volta, aveva abbassato i pantaloni ed estratto il suo uccello semi scappellato. La punta era lucida di voglia. Strusciò la cappella contro le grandi labbra di Carla e poi non resistette ed entrò.
Iniziò lentamente e lei ne assecondò il ritmo emettendo dei versi a conferma del piacere che le stava dando. Si stavano trastullando in quel modo da circa due minuti quando udirono a una decina di metri il rumore di portiere che si aprivano. «Oh, cazzo!» disse Marco e si tirò su i pantaloni. Carla andò verso la portiera. Poi videro un uomo uscire dall’oscurità da un’altra zona in ombra. Era a torso nudo e si stava tenendo su i pantaloni con una mano, con l’altra li stava salutando. Si avvicinò con ritmo irregolare, un po’ camminando, un po’ correndo. A qualche metro di distanza, alle sue spalle, apparve una donna che indossava una camicia ma solo quella, sembrava.
«Salve.» disse l’uomo quando fu presso la station wagon di Marco e Carla.
«Salve.» disse Marco.
«Mi spiace aver interrotto la vostra scopata.»
Marco lo guardò con aria interrogativa.
«Io e la mia compagna stavamo facendo la stessa cosa. Però in macchina.»
Marco e Carla si scambiarono un’occhiata. Nel frattempo era arrivata anche la donna.
«Ci piacerebbe fare un gioco di esibizione.» proseguì l’uomo.
«Cioè?» chiese Carla.
«Voi scopate mentre noi scopiamo e ci guardiamo a vicenda.»
Calò il silenzio per alcuni istanti. Marco guardò Carla che poi guardò la coppia. «D’accordo.» disse lei alla fine.
«Come ci organizziamo?» chiese Marco.
«Le donne in piedi appoggiate al cofano e gli uomini che le chiavano.» rispose la donna dello sconosciuto.
«D’accordo. Facciamo questa follia!» disse Carla e tornò a mettersi come prima imitata dall’altra.
I due uomini non ci misero molto a far tonare turgidi i loro cazzi e chiavarono le loro donne scambiandosi sguardi.
Il primo a venire fu lo sconosciuto. Avvisò in tempo la sua donna che si voltò e si inginocchiò per farsi venire in bocca.
Quando fu il turno di Marco, Carla la imitò.
Poco dopo i quattro stavano appoggiati alla station wagon.
«Fate spesso di queste maialate?» chiese Carla e si presentò. L’altra coppia era composta da Flavio e Marta.
«No, non si può dire spesso. Ma, compatibilmente con gli impegni, ci piace creare situazioni, chiamiamole così, alternative.»
«Siete scambisti?» chiese Marco.
«Non sei uno che fa giri di parole, eh?» rise Flavio.
«No, infatti. È piuttosto diretto.» confermò Carla e rise a sua volta. Il ghiaccio era rotto.
Chiacchierarono per qualche minuto ancora e si scambiarono i numeri di telefono.
«Perché no?» aveva detto Flavio.
«Perché no?» aveva confermato Marco. Poi si salutarono.
Durante il tragitto Carla volle sapere da Marco cosa ne pensasse. «A me è piaciuto. L’ho trovato strano ma eccitante. Molto eccitante!»
«Ti piace Marta?»
Marco non rispose subito. «Sì.» disse poi. «Mi ha fatto sesso vederla a novanta col culo all’aria.»
«Te la scoperesti.» affermò Carla.
Marco si voltò verso di lei. «Sì, amore. Me la chiaverei! E tu?»
«Sì, anch’io.» poi Carla scoppiò a ridere imitata da Marco.
«Quindi ti faresti Flavio.» disse Marco con aria seria.
«Sì.» Carla si voltò verso il marito che la imitò.
Seguirono due minuti di silenzio finché lui disse «Li chiamiamo?»
Carla fece un profondo respiro, posò una mano sulla coscia di suo marito e disse «Sì!»

- continua -
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