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Se saprebbero parlare, cosa direbbero i cani?


di Castellozzo02
03.09.2024    |    8.868    |    33 9.5
"«Troia, troia, troia! Sei una troia, una grande, lurida, bastarda troia! Troia! Troia!» Galimberta godette di quella seconda inculata e attese di sentire..."
Robertiero Malvestiti uscì dall’ascensore al quinto piano e andò alla porta di casa.
Entrando trovò sua moglie sul divano che stava facendo zapping. Si era accomodata con le gambe piegate, appoggiata su un fianco allo schienale.
Indossava un paio di pantaloncini e una maglia elastica verde smeraldo che si intonava con i suoi occhi dello stesso colore.
«Com’è andata al convegno?» chiese la donna.
«Bah…» rispose Robertiero e le allungò la brochure, un foglio patinato piegato in tre.
Galimberta dovette leggere due volte il titolo dell’evento “Se saprebbero parlare, cosa direbbero i cani?”
Scoppiò in una risata «Ma non ci posso credere!» esclamò.
«Hai visto?» disse Robertiero dopo essersi tolte le scarpe.
La raggiunse sul divano e le mise una mano sulla spalla «Come ti è andata oggi?»
«È stato qui Gianpaolo. Te l’avevo detto?»
«Certo. È ben per questo che chiedo.»
«Il letto è ancora sfatto.»
Robertiero scattò in piedi e corse di là. Spalancò la porta e vide le lenzuola stropicciate, la coperta gettata ai piedi del letto e i cuscini buttati alla rinfusa.
Chiuse gli occhi e sfiorò col palmo della mano tremante la superficie del letto credendo di cogliere ancora il tepore dei due corpi avvinghiati nell’amplesso.
Li riaprì e notò ben due macchie, due aloni a dire il vero, a circa mezzo metro uno dall’altro. Si lasciò cadere in avanti allargando le braccia inspirando a fondo. Poi tornò in salotto.
«L’avete fatto due volte.» disse.
«Tre.» lo corresse lei.
«Ma ho visto solo due chiazze.»
«La seconda volta che è venuto, l’ho bevuto.»
Robertiero arrossì per l’eccitazione. «Tutto?»
«Tutto. Fino all’ultima goccia.» confermò lei.
Robertiero le mise una mano sulla coscia.
«Vuoi scopare la tua puttana?» sussurrò Galimberta.
«Da stamattina, mentre ero alla convention.»
«Mentre eri là, prima che arrivasse Gianpaolo ero sotto la doccia a masturbarmi immaginando il suo arrivo.»
«E a me, non hai pensato?»
«Certo. Ho pensato a quante volte ti avrei messo le corna oggi. E a quanto ti saresti ingrifato sapendolo.»
Robertiero strinse la coscia rovesciando gli occhi all’indietro.
«Ma quello che mi eccitava ancora di più era il pensiero che, una volta a casa, adesso, ti avrei avuto in mio potere. E tutt’ora sono indecisa se aprirti le gambe e fartelo mettere dove c’è ancora traccia del passaggio di un altro uomo.»
«Puttana! Puttana, puttana!» sibilò Robertiero strizzando gli occhi.
«Ma come ti permetti?» esclamò lei alzandosi e arretrando di qualche passo.
«No, ti prego. Perdonami. M’è scappato!» balbettò lui.
«Non ti è scappato! Tu lo pensi veramente, che io sia una puttana. Una puttana!» disse lei alzando via via la voce.
«Zitta! Che ti sentono, troia!» ringhiò lui con voce rauca, ormai paonazzo in viso.
«Se è per questo, mi hanno sentita bene mentre Gianpaolo mi montava a pecora dopo avermi infilato il cazzo nel culo!»
«Nel culo..?» disse Robertiero con un filo di voce.
«Sì, nel culo! Oggi gli ho voluto dare il culo. Se l’è meritato.»
Robertiero si era piegato su se stesso e sibilava tra i denti sputando saliva «Puttana, puttana, puttana, puttana!»
Galimberta si sfilò i pantaloncini sotto cui non indossava intimo. Mise il dito medio in bocca bagnandolo di saliva per tutta la lunghezza e si massaggiò il clitoride con movimenti circolari. «Guardami, stronzo!»
Lentamente Robertiero sollevò il capo, gli occhi fissi sul triangolo nero della moglie.
Lei si avvicinò e tolse il dito. «Dai, vieni qua. Vediamo se riesci a farmi godere. Stronzo!»
Robertiero le si inginocchiò davanti, sollevò il viso ed estrasse la lingua per infilargliela in figa.
«Bravo, assaggia la sborra avanzata del mio amante.»
Galimberta piegò le ginocchia abbassandosi per facilitare il lavoro a suo marito che era passato a leccare, baciare e succhiare il clitoride.
«Cazzo, lo sai che mi stai facendo venire voglia?» mormorò lei con tono quasi affettuoso. Afferrò la testa del marito premendola leggermente verso di sé. Poi si staccò.
«Seguimi.» gli disse. E lui obbedì andandole dietro a quattro zampe fino in camera da letto.
Non fu necessario parlarsi. Lei si mise a pecora inarcando la schiena.
Robertiero si sfilò solamente i pantaloni e salì sul letto. Si inginocchiò dietro di lei.
Con la punta scappellata le accarezzò per qualche istante le grandi labbra.
«Scopami, scopami…» lo esortò lei senza voltarsi con la testa bassa. Lui la penetrò e diede colpi di bacino concentrandosi sul suo piacere. Immaginò la moglie a smorzacandela su Gianpaolo, un aitante trentenne palestrato e tappezzato di tatuaggi che lavorava al marketing dell’agenzia che organizzava eventi.
Accelerò il ritmo. Si inumidì il dito medio e lasciò colare della saliva sul buco del culo della moglie. La udì dire sottovoce «…bastardo!» le infilò il dito facendogli compiere dei movimenti circolari. Poi tolse il cazzo dalla figa e lo poggiò contro lo sfintere. Incurante dei gemiti della moglie insisté nella penetrazione finché non fu dentro fino ai coglioni.
«Dai, che ti chiavo come quel bastardo!» ansimò e riprese a pomparla. «Troia, troia, troia! Sei una troia, una grande, lurida, bastarda troia! Troia! Troia!»
Galimberta godette di quella seconda inculata e attese di sentire la scarica calda nelle sue viscere che non si fece attendere molto.
I due coniugi, senza staccarsi, si distesero su un fianco per riprendere fiato.
Il cazzo di Robertiero scivolò poco dopo fuori dal culo di Galimberta nel momento in cui il sangue defluì dai corpi cavernosi. Al che lei si girò verso il marito.
«È bello esserci trovati.» sussurrò lei accarezzandogli la testa.
«Trovati?» si meravigliò lui senza aprire gli occhi.
«Sì, io così inevitabilmente troia e tu cuckold.»
Lui sorrise e annuì.
Quella sera ordinarono cinese.
Lui le versò del Vermentino ghiacciato nel bicchiere.
«A cosa brindiamo?» chiese Galimberta.
«A noi e a quel pagliaccio analfabeta di Gianpaolo.» disse lui e lei gli sorrise da dietro il calice.
«Ma come cazzo si fa: “Se saprebbero parlare, cosa direbbero i cani?”»
Scoppiarono a ridere insieme e bevvero.
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