Racconti Erotici > lesbo > Suor Lucia
lesbo

Suor Lucia


di bube
10.06.2024    |    872    |    3 8.5
"Si era ripresa benissimo, il dolore quasi scomparso, almeno sopportabile, ed Erica si complimentava per la rapidità del miglioramento..."
Era il soprannome che le compagne di classe le avevano appioppato: non perché fosse particolarmente bigotta, ma per la sua timidezza, la sua ritrosia e la sua evidente castità: non aveva un ragazzo, nessuna delle sue compagne di liceo era mai riuscita a invitarla a una qualsiasi festicciola e i suoi abiti erano sempre modesti e irreprensibili. Qualcuna era stata a casa sua: Lucia viveva con una vecchia zia e la sua cameretta somigliava davvero a una cella monastica. Eppure era una ragazza davvero bella: senza bisogno di trucco né di abiti estrosi, la sua figura metteva in ombra perfino le più belle della classe. Le maligne sussurravano che doveva essere lesbica; ma con chi? Un'amante misteriosa? Forse la zia, improbabile vecchia seduttrice?
Lei viveva tranquilla, sorridente, amichevole: bravissima a scuola, sempre pronta ad aiutare chi glielo chiedesse, ma venne il giorno in cui fu lei ad aver bisogno d'aiuto: durante una impegnativa partita di volley, una spaccata per recuperare una palla imprendibile, e uno strappo all'adduttore di una coscia.
L'allenatore le aveva procurato una fisioterapista per i primi giorni, dato che Lucia non riusciva a stare in piedi nemmeno con le stampelle, per cui la prima parte della cura doveva per forza tenersi a domicilio.

Lucia fece immediatamente amicizia con Sabrina, una ragazza svelta, pratica, efficiente; sicché si era subito adattata alla parte della paziente obbediente e attenta.
Alla prima seduta di massaggio Lucia era riuscita a farsi prima un bagno mordendosi le labbra per non gridare dal dolore; ora, pallida e ansimante, era sdraiata sul letto mentre Sabrina preparava per il massaggio .
"Benissimo, il tuo letto è bello duro, non avremo bisogno del lettino; dai togliti il pigiama, almeno il sotto." Lucia non riusciva a piegarsi, ci pensò Erica a sfilarle i calzoni. E poi si fermò a guardarle le mutandine: bianche, di cotone, alte quasi fino alla vita. Incredibili. Si girò a farle un sorriso: "ma dove le hai pescate? Sono di tua zia?" E fece una risatina, mentre Lucia arrossiva. Sabrina arrossì a sua volta, capiva di averla umiliata. "Scusami Lucia, non volevo offenderti, ma sai, davvero questa biancheria nemmeno credevo che esistesse ancora."
Lucia fece una smorfietta cercando di sorridere. "Beh, lo so, sono piuttosto fuori moda, però sono comode, e... Insomma, è inutile fingere: la zia è povera in canna, giusto una pensione da fame; lei ha solo me, capisci, e finché non avrò finito il liceo non posso lavorare, mi limito a qualche ripetizione coi ragazzini delle medie, e... e..."
Non riusciva a continuare, le si riempivano gli occhi di lacrime. Sabrina la abbracciò con cautela, poi la strinse forte e la baciò amichevolmente. "Sei una ragazza davvero in gamba, e guarda, queste tue mutandine potrebbero essere una bandiera! Ma adesso basta, pensiamo a questo povero adduttore. Sdraiati, rilassati e tranquilla."

Le massaggiava la coscia destra lentamente, dolcemente, mentre Lucia tremava mordendosi un labbro. Un po' era per le fitte dolorose dello strappo muscolare, ma anche - se ne rendeva conto - per quel contatto così intimo. Non era mai stata da un dottore. Nemmeno la zia, che pure l'accudiva da sempre, osava vederla nuda, sapendo come fosse pudica. Certo, Sabrina la massaggiava per necessità, ma mostrarsi così scoperta! Si fece forza, aprì gli occhi e sorrise.
"Come va Lucia? Male, vero? Ma vedrai che domani andrà già meglio, hai una bella muscolatura tonica. Ancora un po' di pazienza."
Sabrina non poteva togliersi dalla testa quelle gambe perfette, quel tenero monte di Venera coperto da quella mutandine da bambina, che però per reazione le suscitavano un'eccitazione raramente provata. Lei era lesbica, e avventure con ragazze in sedute di fisioterapia ne aveva avute tante; ma con questa Lucia... Si rendeva conto, era una ragazza intoccabile da quel punto di vista; ma proprio per questo la eccitava.
"Apri un po' più le gambe e tira su piano quel ginocchio. Così, brava Lucia! Ora devo massaggiare l'adduttore proprio all'innesto col bacino, abbi pazienza, ti farà male."

Lucia resisteva eroicamente, con qualche piccolo gemito e dei tremiti incontrollabili. Le dita abili di Sabrina passavano proprio lì, mentre Lucia rabbrividiva e suo malgrado avvertiva non solo il dolore del muscolo stressato, ma anche quelle sensazioni che tante volte aveva provato nel dormiveglia, la sera, o addirittura nei suoi inconsci sogni erotici che cercava al risveglio di dimenticare.
Poi finalmente il massaggio ebbe fine. Sabrina tenne la mano ancora lì, si chinò sul viso di Lucia e la baciò lieve sulle labbra. "Sei stata bravissima, lo so bene quanto ti facesse male; ma vedrai che già domani andrà meglio." Le diede un altro bacio lieve, le pizzicò appena, amichevolmente, la pelle tenera dell'inguine e la aiutò a distendere la gamba, sistemandole poi la coperta. Si rendeva conto di essere tutta bagnata, non le era mai capitata una cosa simile: eccitarsi così per un massaggio del tutto professionale, desiderare così intensamente un contatto erotico che sapeva impossibile. E la sera, a casa, si masturbò rabbiosamente; cercando di evocare un piacere sognato, impossibile.

Intanto Lucia non riusciva a prendere sonno. Continuava a dirsi che il contatto era stato casuale, in fondo necessario; ma non riusciva ad ammettere che quella sensazione, non voluta certo, era stata indubbiamente erotica. Si carezzò lievemente il muscolo dolente. Si sfiorò la pelle tenera dell'inguine, subito oltre il muscolo... Poi si sentì arrossire, si dette della stupida e si impose di dormire.

Il pomeriggio successivo si incontrarono facendo finta di nulla; Sabrina si informava su come avesse passato la notte, Lucia parlava e parlava senza smettere, come se temesse il silenzio. Poi di nuovo il massaggio. Si era ripresa benissimo, il dolore quasi scomparso, almeno sopportabile, ed Erica si complimentava per la rapidità del miglioramento. Ed ecco di nuovo come la sera prima: i pantaloni del pigiama sfilati lentamente, le sue belle gambe nude, le mutandine bianche di cotone...
Non si scambiarono parole.
In silenzio Erica massaggiò lentamente il muscolo offeso; si limitavano a scambiarsi sorrisi e sguardi interrogativi; del resto non c'era bisogno di parlare, Erica si rendeva conto del progresso dalle reazioni istintive al massaggio. Poi le sorrise, tirò su la coperta ma senza togliere la mano dall'inguine di Lucia.
Poi le sussurrò: "stai andando benissimo, la settimana prossima potresti giocare già." Ma la mano era sempre lì.
E baciò Lucia sulla bocca.
Le fece sentire la lingua, dolcemente, timidamente.
Le labbra di Lucia si schiusero.
Si baciarono senza timore.
La mano di Erica si era insinuata dentro la mutandina, a cercare e trovare subito il caldo nido morbido, umido.
Allora Lucia abbracciò d'improvviso Erica, la baciò focosa, mugolando, dimenandosi alla carezza che ormai non si limitava più sui teneri bordi della vagina, ma entrava, stimolava, stuzzicava; e il pollice a roteare lì sopra, mentre Lucia sussurrava no no e tremava; fino a godere con un lungo gemito strozzato.

Restarono a lungo in silenzio; finché Erica la baciò nel collo e le disse sottovoce: "domani pomeriggio, alle cinque, da me in studio. Vengo a prenderti io."
Lucia arrossì. Fece cenno di sì più volte, senza una parola.

Quasi non aveva dormito. Sogni strani, risvegli bruschi, sudore freddo; finché la mattina presto aveva deciso di alzarsi. Obbedendo alle raccomandazioni usava la stampella per non sforzare la gamba offesa, ma sentiva che avrebbe anche potuto farne a meno. Preparò la colazione senza fare rumore, la zia ancora dormiva; poi indossò la tuta e le scarpe da volley, e si mise a ripassare latino.
Non poteva ancora andare a scuola, ma cercò di far passare le ore con lo studio.
E vennero le cinque. Puntuale, una scampanellata. Col cuore in gola si alzò, con un filo di voce parlò al citofono. La voce allegra di Erica le intimava di fare presto, che aveva l'auto in sosta vietata proprio davanti al portone. Lucia scese con l'ascensore, uscì in strada: Erica la salutò con un gran sorriso aprendole lo sportello, e poi l'aiutò a salire in macchina.
Il tragitto fino allo studio era breve; Lucia informò Erica su come lo strappo stesse migliorando, Erica le fece una carezza: "sono davvero contenta per te, sai? Ma è merito tuo, ti stai comportando bene e hai un fisico davvero ammirevole."
Poi il parcheggio sotterraneo nel condominio dov'era lo studio, e l'ascensore fino al piano.

Erica preparò il caffè e lo bevvero nella piccola cucina. Poi la prese per mano e se la portò in camera sua; dove c'era un letto a due piazze. Lucia non riusciva a parlare, le sembrava di vivere un sogno strano, un po' pauroso. Si trovò sdraiata nel letto senza sapere come, mentre Erica le sfilava i pantaloni della tuta parlando del più e del meno. "Qui siamo senz'altro più comode, sul tuo lettino c'era il rischio di non poterti massaggiare correttamente." Lucia stava per chiederle se massaggiasse lì le sue pazienti giovani, ma tacque, le pareva una battuta maligna e stupida.
"Lo sai Lucia? Mi stanno piacendo le tue mutandine da brava bambina!" E rideva. Poi cominciò il massaggio. Lucia tremava mentre le dita agili di Erica massaggiavano il muscolo fino all'inguine; ma le pareva che Erica non volesse andare oltre come l'altra volta, e se da una parte provava sollievo, dall'altra... Sei una stupida viziosa, si disse mentalmente, e con una vocina un po' tremolante chiese a Erica come le sembrasse.
"Stai andando benissimo piccola! Ancora qualche giorno di pazienza, ancora a riposo giusto per prudenza e poi sarai di nuovo come prima."

Si chino su di lei e la baciò lieve sulla bocca. "Lo sai? Ero già spersa di te, quasi quasi vorrei doverti ancora accudire, massaggiarti." E la baciò di nuovo, ma stavolta le fece sentire la lingua. Lucia si sentì rimescolare dentro, ma rispose al bacio; e poi le mancò il respiro, perché la mano di Erica si era infilata nelle mutandine e aveva cominciato quelle deliziose carezze. Chiuse gli occhi e sospirando si lasciò fare. Erica fece una risatina e le sussurrò: "cosa credevi, che ti avrei lasciata scappare già via?" E le infilò un dito nella fica, lentamente, muovendolo poi su e giù. "No, no, ti prego, cosa fai," mormorava Lucia, ma non faceva nulla per impedirglielo. E arrossiva, cercava di protestare, mentre Erica le sussurrava tenere sconcezze: "hai una fichina deliziosa, lo sai mia tenera verginella? Piccola, morbida, e così stretta povera topina... Ma adesso ci penserò io, sentirai."
"Erica ti prego! Smettila, mi vergogno tanto!"
"Più ti vergogni più mi piaci, sai angioletto? Ma non avevi mai... Mai mai?" Lucia scuoteva la testa, ansimando; ora erano due le dita che la penetravano dolcemente, su e giù, dentro e fuori, dentro fino al tenero ostacolo dell'imene, mentre il pollice stuzzicava il clitoride.
"Lasciati andare amore... Lasciati andare, non pensare a nulla, pensa solo che ti amo..."
Lucia si sentì presa da un'ondata di tenerezza e di eccitazione mai provata, e si abbandonò a quelle carezze senza pensare più a nulla; fino a sentirsi travolta da un'ondata di piacere che nasceva proprio da lì e si irradiava nella pancia, lungo la schiena, e si trovò a gridare quasi, inarcandosi, sussultando.
Poi poco per volta si riprese. Aprì gli occhi, Erica la guardava sorridendole; arrossì, chiuse gli occhi. E poi sussurrò: "Erica io... Io mai, sai, mai... Una cosa così..." Arrossiva, non riusciva a parlare e si mise a piangere, mentre Erica la consolava, le copriva il viso di bacini, le leccava le lacrime. "Ti voglio fare un regalino, angioletto. Una mutandina piccola, sfacciata, che copra appena appena questa tua topina... E la metterai tutte le volte che ci incontreremo... Sì, cucciolina?"
"No, no... Non devi spendere soldi per me..."
Tranquilla, non spenderò un centesimo: te ne regalo una delle mie." E le tappò la bocca con un bacio. "Ma adesso basta parlare, voglio baciarti ancora, voglio baciarti tutta, soprattutto la tua dolce fighetta."
"Erica ti prego, non parlare così!... Cosa mi fai fare, io non..."
Le chiude la bocca con una mano, dolcemente; "tu non, proprio questo è il tuo problema, amore. Tu non, tu vivi castigandoti, e guarda che per godersi la vita non servono necessariamente i soldi; servono cose che non costano niente ma che valgono tutto. Io non voglio forzarti, voglio solo farti conoscere qualcosa che forse non hai mai nemmeno immaginato. Forse poi non vorrai più vedermi, forse mi disprezzerai, ma..."
La baciò ancora, a lungo, infilò una mano sotto la maglia a carezzarle le tettine, stuzzicandole i capezzoli.
Lucia tremava. Sospirava. Gemeva sottovoce. Ma si lasciò togliere la maglia senza parlare. E si lasciò sfilare le mutandine bianche di cotone.
"Sei bellissima, mi fai impazzire, lo sai angioletto?" E poi abbassò il capo a baciarle il seno. Le succhiò dolcemente un capezzolo.
Lucia sussurrava qualcosa, si muoveva lentamente, ma non resisteva più al dolce assalto. Poi un attimo di pausa, mentre Erica si liberava rapidamente dei pochi indumenti che indossava; poi le si incollò addosso strofinandosi lentamente, seno contro seno, pube contro pube.
"Apri le gambe adesso." Un ordine sussurrato con tono tenero, ma un ordine: Lucia obbedì.
E da allora le parve di vivere un sogno, un incubo incredibile, eccitante, indescrivibile: la bocca di Erica, la sua lingua, che scorreva giù lungo i fianchi, scivolava nelle pieghe dell'inguine; e quando la sentì, calda e umida, proprio sulla vulva, non riuscì più a trattenersi: qualcosa stava esplodendo dentro di lei, era tutta aperta, muoveva ritmicamente il bacino contro quei baci incredibili, mai immaginati; finché fu travolta da un primo orgasmo, lungo, lento, una serie di fremiti e di contrazioni involontarie; e per ognuna era come una scossa elettrica di piacere, sensazioni mai provate, fino all'ultima lunga scossa che la lasciò esausta, molle, abbandonata in una specie di sogno.
Erica adesso la teneva abbracciata, le carezzava la nuca, il viso, la baciava dolcemente.
Lucia riaprì gli occhi. "Ma era tutto vero? Non l'ho sognato?"
"Era tutto vero, angioletto."
"Non dirmi angioletto! Ho fatto una cosa che..." Erica le tappa la bocca con un bacio.
"Hai fatto l'amore con me, solo quello; una cosa semplice, naturale. Non devi pensare altro, non devi condannarti; è la natura."

Lucia sospirò; poi sorrise, prese fra la mani il viso di Erica e la baciò. "Ma... potrà capitare ancora?"
"Tutte le volte che vorrai."

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 8.5
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Suor Lucia:

Altri Racconti Erotici in lesbo:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni