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Al Valentino


di bube
01.07.2024    |    5.083    |    6 10.0
""Sì, è carino, solo che un nido sarebbe perfetto solo con una coppia…" "Non mi dire che non hai un compagno: bella, intelligente, sportiva;..."
Ci eravamo conosciute al parco del Valentino, correndo: facevamo lo stesso percorso, avevamo lo stesso passo, così fu naturale correre insieme scambiandoci qualche parola, e poi chiacchierare a fine allenamento. Lei abitava vicina al parco, sicché venne naturale, una volta che per il caldo - e per lo spirito di competizione - a fine corsa eravamo ambedue cotte, che lei mi invitasse a casa sua per rinfrescarmi.
"Ma non voglio disturbarti, Irene."
"Figurati Annina, che disturbo? Io vivo sola, sai; e un po' di compagnia giusta è un regalo per me."
Il suo monolocale era carinissimo: un mansardato luminoso, grazie a due ampi abbaini; arredo semplice ma di gusto, del resto era il suo lavoro, presso un grande negozio d'arredamento, suggerire e talvolta progettare l'arredamento di interi appartamenti.
L'angolo cucina lineare ma perfetto, un armadio-letto a scomparsa, un bagno con una grande doccia.
"Via le scarpe," mi intimò sulla soglia. Il pavimento era in rovere, un angolo soggiorno con un bel divano e due poltroncine su un tappeto spesso e morbido, un mobile bar, stereo e TV.
"Complimenti Irene! Casa tua è un nido perfetto!" Lei sospira. "Sì, è carino, solo che un nido sarebbe perfetto solo con una coppia…"
"Non mi dire che non hai un compagno: bella, intelligente, sportiva; forse certi maschi possono sentirsi inadeguati, ma ci sarà ben qualcuno giusto, no?" Irene sospira. "Caso mai qualcuna: che c'era, sì, ma... Me l'hanno portata via. Doveva sposarsi a tutti i costi con qualcuno 'degno di lei', per citare le parole della mammina. Come dire che io ero indegna per almeno un motivo grosso come una casa. Ma adesso basta, ci facciamo una bella doccia e poi una merendina, sì?"
Quindi Irene era lesbica. Non che la cosa mi infastidisse, solo non me l'aspettavo: si sa, i luoghi comuni ti fanno immaginare le persone come la gente dice, non come capisci conoscendole.
"Senti Annina, ti secca fare la doccia insieme? Sono mesi che desidero qualcuna che mi strofini la schiena! Naturalmente se non hai qualche pregiudizio…"
"Ma figurati, che pregiudizio?"
Ci spogliammo in un attimo, e via sotto il doccione a goderci il getto ampio, fresco come piaceva ad ambedue. Le strofinai la schiena col guanto di crine, cercando di non spellarla, mentre lei mi incitava: "forte, strofina forte… Mi piace così, dai…"
Poi fu il mio turno; ma la pregai di non usare il guanto, mi ero già un po' spellata al mare. Lei era dolcissima, attenta, tenera: una carezza più che un massaggio. Poi si accostò tutta a me, aderendomi col pube, col petto; e prese a massaggiarmi dolcemente il seno.
"Ti do fastidio?"
"No, no, anzi…"
I capezzoli mi si indurirono.
Pelle d'oca nel collo, sul petto.
"Irene ti prego no, no…"
Mi chiuse la bocca con una mano. Mi fece girare. "Annina ti prego sì, sì…"

La sua bocca sulla mia, la sua lingua morbida, succosa, profumata. E chiusi gli occhi, rispondendo al bacio.
Non l'avevo mai fatto, non mi era mai capitato, nemmeno da ragazzina, ma mi rendevo conto che un bacio è un bacio, ma non solo: quanto era più tenero, seducente, dolcemente erotico il bacio di un'altra donna. Poi si staccò, mi sorrise, chiuse l'acqua e sempre fissandomi recuperò un grande telo spugna; mi ci avvolse, me lo strofinò dolcemente addosso, mentre la guardavo inerte, occhi socchiusi e bocca aperta; quindi lo lasciò cadere sul piatto della doccia.
E mi baciò ancora.
Poi mi prese per mano e mi condusse sul divano. Mi ci sedetti chiudendo gli occhi; lei mi diede una piccola spinta e caddi sdraiata. Poi fu un crescendo di carezze, baci, io a sussurrare no, no, lei a ridere dolcemente e a chiudermi la bocca coi baci; dopo i baci scesero sul collo, facendomi rabbrividire di piacere e di voglie mai provate.
Dal collo alle ascelle, altri deliziosi brividi; e dalle ascelle sui seni; e la sua bocca che si chiudeva su un capezzolo, a succhiarlo, mentre tremavo e ansimavo, e mentre le sue dita, abili, sicure, erano fra le mie gambe a cercare e trovare il centro dei miei piaceri solitari: ma questi in paragone erano come lo champagne con l'acqua minerale.
Tremavo e ansimavo e sussultavo, mentre la sua bocca, la sua lingua, si erano ormai impadronite della mia vulva; le dita ne scostavano i labbri; la lingua cercava e stuzzicava il clitoride; le dita ora mi penetravano…
Dovette chiudermi la bocca con una mano, ridendo; poi tornò a baciarmi, a leccarmi, a succhiarmi e mi portò al piacere, un orgasmo che pareva non smettere mai.

Non so quanto tempo fosse passato, riaprii gli occhi e lei era qui a sorridermi, a coprirmi il viso di piccoli baci; fui io stavolta a prenderle la bocca con la mia, a succhiarle la lingua, a leccarle dolcemente le labbra, e fu la mia mano a cercare il suo nido. Lei mi prese la mano, se la portò dietro di sé, sulle natiche: "lì in mezzo, ti prego… Sono una sporcacciona, lo so, ma mi piace tanto…"
Mi bagnai le dita nella vagina che ancora stillava il suo miele acre. Cercai poi il suo bottoncino, che palpitava in attesa; "dentro, ti prego, dentro il mio culetto… due dita… Così, brava cucciolina, amore mio, oh che bello, di più, di più!"
Mentre la masturbavo così lei si dimenava strusciando ritmicamente la fica contro una mia coscia; e fu così che godette, gemendo, sussultando, inarcandosi.

Poi furono baci e tenerezze, e carezze tranquille, e piccole confidenze e rossori - da parte mia - mentre rispondevo alle sue domande e confessavo i piaceri provati, e sottovoce le domandavo se avremmo potuto ancora…
"Finché vorrai, cucciolina. Non sarò certo io a dirti di no."


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