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Quasi grandi


di bube
10.09.2024    |    90    |    0 6.0
""Sei proprio bella, lo sai?" Le dissi sottovoce..."


Avevo quattordici anni quando mi successe per la prima volta. Avevo fatto amicizia con Vilma, un ragazza un po' più grande di me, che veniva dal Brasile. Era una ragazza affascinante, cantava e ballava benissimo e sapeva un sacco di cose. Un giorno, in spiaggia, mi stava raccontando di Rio de Janeiro e di Bahia: mi pareva incredibile pensare che lì era inverno! Poi d'un tratto, senza che ne stessimo parlando, mi chiese se avessi già baciato un ragazzo. Sì, le risposi. "E una ragazza?" La guardai un po' sbalordita, e come una scema le chiesi: "ma... ci si può baciare fra ragazze?" Lei si fece una bella risata, e poi: "mica è proibito, sai; i baci vanno e vengono, un bacio non fa male a nessuno e anzi."
Io replicai che mi ero espressa male, e che volevo dire se baciarsi fra donne fosse piacevole come baciarsi fra maschi e femmine. "E' piacevole sì, certo che lo è! Basta essere amiche, meglio se ci si vuole un po' di bene, e baciarsi è piacevolissimo. Per esempio, tu mi vuoi almeno un po' di bene?" "Ma... Sì, certo che sì." "E io anche: quindi dovresti provare." Mi sentii arrossire; "ma...Un bacio vero? Un bacio da innamorati?" "Certo, se no che bacio sarebbe? Il bacio della nonna? Coraggio!" "Ma qui ci vedono tutti." "E allora andiamo in cabina, dai!"
Si alzò, mi prese per mano, mi tirò su e mi portò nella sua cabina. E chiuse a chiave.
Mi batteva forte il cuore, ero stranamente eccitata, impaurita anche; Vilma mi abbracciò, mi sorrise; chiudi gli occhi, mi disse; e obbedii. Quindi sentii la sua bocca sulla mia, le sue labbra morbide; le aprì; mosse la lingua lentamente, come a cercare la via per entrare nella mia bocca, e io d'istinto socchiusi la mia. Era proprio il bacio che avevo immaginato; mi sentivo tremare, tutta calda e tutta fredda, e lei non smetteva, anzi mi stava carezzando il collo, poi la schiena, poi una sua mano si infilò nello slip. "Mi staccai; "no Vilma ti prego, cosa fai?" Lei rideva piano; accostò la bocca al mio orecchio: "una carezza, solo una carezza. Un bacio e una carezza stanno bene insieme." Mi baciò di nuovo, mentre le sue dita scivolavano lungo le natiche, si insinuavano, e io mi sentivo le gambe molli, faticavo a star dritta. Poi lei con l'altra mano mi aprì il fermaglio del reggiseno. Cercai di reagire, la spinsi indietro e la sgridai sottovoce, ma lei rideva, mi carezzava il viso, mi diceva lascialo andare questo stupido reggiseno, che non ne hai bisogno, hai due tettine così dolci e tenere, da baciare!
Scivolai giù a sedere sulla panca; lei si inginocchiò fra le mie gambe e mi baciò ancora. Non solo, ora mi carezzava il seno, mi stuzzicava i capezzoli, ma come faceva a sapere che ero molto sensibile lì, tanto che mi piaceva molto pizzicarmeli la sera a letto prima di dormire, quando mi carezzavo fra le gambe. Poi si staccò, mi prese per le braccia, mi fece alzare. Si liberò del reggiseno e dello slip; nella penombre vedevo il suo pube: tutto liscio, si depilava; e come niente fosse mi abbassò lo slip.
Eravamo ambedue nude; io tremavo, sentivo strani brividi ma non era freddo; mi baciò ancora, ma stavolta restituii il bacio, e lasciai che lei mi palpasse dappertutto. Ora il bacio mi eccitava, lo desideravo, volevo che non smettesse; e per fortuna mi teneva chiusa la bocca con la sua quando le sue dita si infilarono fra le mie cosce cercando la mia farfallina, come la chiamavo io; così il mio gemito restò soffocato fra le nostre bocche.
Adesso lei, in ginocchio sul pavimento, mi stava baciando il seno, e poi la pancia, e poi lì, non ci potevo credere, voleva baciarmi proprio lì? Mi abbandonai sospirando.
Lei mi aprì le gambe.
Sussurravo no, no, ti prego cosa vuoi fare Vilma... Sussurravo a voce bassissima, temevo che qualcuno passando fra le cabine mi sentisse.
Poi lei mi mise una mano sulla bocca. Per fortuna, perché quando sentii la sua lingua guizzare contro la mia topina mi scappò un gemito, mi sentii quasi svenire, scivolai un po' in avanti; così lei ebbe buon gioco a completare la sua dolce eccitante aggressione, e leccandomi mi portò a provare un piacere ben più intenso di quelli che riuscivo a ottenere dalle mie carezze solitarie.
Poi furono baci, teneri, dolcissimi; il primo sulla sommità della mia fica, poi uno qua e uno là sui miei capezzoli, e finalmente in bocca: lento, languido, dolcissimo.
"Allora amore: ti è piaciuto baciarsi fra ragazze?" Parlava sottovoce, all'orecchio, e intanto mi carezzava il seno, mi solleticava i capezzoli, che rispondevano alle sue carezze drizzandosi e indurendosi come chicchi d'uva passa. Sospirai, e all'orecchio le sussurrai che sì, mi era piaciuto, da morire; ma che non dovevamo farlo più!
"E perché mai, se ti è piaciuto tanto?"
"Ma come perché? Perché sono cose... atti impuri, no?" E lei rideva di nuovo. "Ma tu gli dai retta davvero alle stupidate che dicono i preti? Proprio loro, che di atti impuri, con i ragazzini soprattutto, ne fanno giorno e notte?"
"E tu che ne sai?" Protesto. "Mica lo vengono a raccontare a te!"
"I preti, no; i ragazzini sì, invece. Quelle sì che sono cose disgustose! Un vecchio, per di più prete, con ragazzini quasi ancora bambini! Ma ti rendi conto? L'amore è bellissimo, purché lo si faccia fra due che sono d'accordo e che si vogliono bene! E noi due ce ne vogliamo un po' di bene, no?"
"Sì, sì..."
"E non ti è piaciuto?"
"Ma sì, tanto..."
"E non ti piacerebbe rifarlo?"
Era un diavoletto tentatore. Abbassai il viso e sussurrai un sì quasi silenzioso. Vilma mi abbracciò, mi baciò teneramente.
"Però non qui dentro," sussurrai. "Siamo scomode, e ci possono sentire."
"E allora dove?"
"Potremmo andare da me... I miei sono via, tornano domani."
"Perfetto!" Esclamò, poi mi baciò nel collo pizzicandomi il seno. "Dai, vestiti che andiamo!"
Più o meno rivestite ce ne andammo a casa mia. Tremavo, mi immaginavo che tutti, guardandoci, sapessero cosa avevamo fatto e cosa stavamo per fare; meno male che lei chiacchierava disinvolta, come niente fosse. A casa, salii le scale col cuore in tumulto. "E se incontriamo qualcuno?" Sussurravo. " E se guardandoci capiscono cosa stiamo per fare? E se..."
Mi tappò la bocca. "E se la piantassi di dire scemate e ti rilassassi?" E rideva.
Fu lei ad aprire la porta, a me tremava la mano e non ci riuscivo; poi finalmente fummo al sicuro. Mi poggiò alla porta chiusa, mi baciò teneramente. "Allora, passata la paura?" "Sì, sì..."
Mi prese per mano, trovò la mia camera e mi spinse sul letto. Si spogliò in un attimo: la guardavo nuda con piacere e con un po' di invidia: lei ormai era una giovane donna con tutte le forme giuste, mentre io mi sentivo una adolescente ancora acerba. "Sei proprio bella, lo sai?" Le dissi sottovoce. "E tu invece sei bellissima, non te ne accorgi? Dai, spogliati da sola, lasciati guardare." Saltai giù dal letto; ora eravamo al sicuro, tutte le mie paure erano svanite. Mi sfilai lentamente la maglietta, sorridendole, ancheggiando molle; mi liberai delle ciabattine; e poi, pian piano, feci scivolare giù le mutandine, liberandomene poi con due passi di danza quando furono attorno alle caviglie.
Mi girava la testa. Mi sentivo davvero bella, per la prima volta; ma soprattutto mi sentivo audace, spregiudicata. Mi accostai a lei lentamente, gattonando sul letto.
Lei, poggiata con le spalle alla testata, tirò su le ginocchia e aprì le gambe.
Fissavo affascinata la sua bella fica morbida, liscia, libera dai peli.
E dopo un secondo mi ero abbassata col viso, e gliela baciavo. Bacini teneri dapprima, poi osai tirare fuori la lingua, e mentre lei gemeva e si dimenava lentamente, gliela baciai. No, gliela leccai, assaporando il gusto eccitante che emanava dalla sua vagina che si apriva, rosea, fra i labbri morbidi. Stavo leccando la fica di una ragazza, pensavo eccitata, sbalordita, vogliosa, incredula.
Un pensiero birichino mi traversò la mente: chissà quando lo racconterò al prete in confessione?
E poi nient'altro, baciavo e leccavo; la sua fica stillava gocciole dense che colavano giù, le raccolsi con le dita per non lasciare segni sulle lenzuola; senza volere passavo le dita sul suo buchino del culo, lei si inarcò, gemette incitandomi con tanti 'sì, sì' affannosi. Non ci pensai un attimo; le infilai un dito nel culetto, tutto dentro, lei gridò, si inarcò tremando e mi godette in bocca.
Ci trovammo poi abbracciate strette, lei che rideva, io a piangere di tenerezza, e lentamente scivolammo in un tenero dormiveglia.

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