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Consegna a domicilio


di bube
13.11.2024    |    48    |    0 6.0
"Quindi fa sdraiare Ivi bene aperta, ed ecco, me la prepara come una torta mariage da guarnire: fiocchi di panna sui capezzoli, una morbida striscia a..."
Mi avrebbero consegnato la spesa a casa, dopo aver fatto l'ordine per telefono. Nemmeno una mezz'ora dopo, suonavano al videocitofono: "signora, la sua spesa; che piano?" "Ultimo, sali."
Ed eccola, una ragazza con la maglietta del supermercato e due borse gonfie; con un bel sorriso mi chiede dove sistemare le cose; le faccio strada in cucina, le indico frigo e dispensa, e resto a guardarla, veloce ed efficiente, mentre ripone tutto. Me la godevo con gli occhi e mi chiedevo se sarebbe stata mai disposta a qualche extra; che tentazione di palparle quel bel culetto quando, piegata in due, sistemava le ultime cose!
Poi si tira su, mi chiede il badge del supermercato, legge il codice col suo marchingegno e poi si ferma un momento a guardarmi sorridendo; come se volesse quasi chiedermi qualcosa.
"Ti va un caffè, un tè, qualcos'altro?" Il suo sorriso si allarga.
"Ma lei signora mi legge nel pensiero? Un caffè lo prenderei molto molto volentieri!"
Sapessi invece cosa ti farei io, molto volentieri, penso mentre accendo la macchinetta espresso.
"Decaffeinato o normale?"
"Normale, grazie. Almeno nel caffè io sono normale."
E fa una risatina.
Più chiaro di così…
"Siediti un momento, per il caffè il servizio lo fornisco io."
Ci beviamo il caffè in silenzio, scambiandoci qualche sorriso; poi lei si alza, raccoglie le tazzine e le porta nell'acquaio per sciacquarle. Mi accosto a lei, le aderisco alla schiena, le infilo una mano nella scollatura e l'altra nei calzoncini. Lei sospira, geme sottovoce mentre le pizzico i capezzoli e le bacio il collo; lascia andare le tazzine e in un attimo siamo in camera da letto, dove l'ho trascinata di corsa tenendola per mano.
In pochi secondi è nuda; quanto a me, avevo indosso solo l'accappatoio, e subito ci troviamo avvinghiate sul letto a baciarci avide, mordendoci quasi le labbra. In un breve intervallo fra un bacio e l'altro le chiedo il suo nome: "Uccia... e lei?" "Marina, ma niente lei se no ti caccio via!"
Poi col cordone dell'accappatoio le lego i polsi alla testata del letto.
"Cosa vuole… Cosa vuoi farmi, Marina?"
"Torturarti un pochino, Uccia."
Le piace; potrebbe liberarsi facilmente i polsi, ma non lo fa; e si lascia mordicchiare i capezzoli sussultando, gemendo appena sottovoce. Poi ci baci e coi denti scendo giù lentamente, baci e morsi e leccatine, dal collo ai piccoli seni appuntiti, ai fianchi snelli; poi un grido appena ho raggiunto con la bocca l'inguine.
Prima si contorce, stringe le gambe come a difendersi, ma subito si arrende e ansimando, lentamente apre le cosce.
L'odore che emana è una carica afrodisiaca: pelle pulita, un lieve profumo, sudore, e soprattutto l'aroma eccitante della sua voglia.
Le lecco prima le pieghe morbide ai lati della vulva; poi le mordo appena i labbri teneri e carnosi; infine li apro lentamente con le dita: la sua giovane vagina palpita, si apre e si contrae, e lascia colare gocce dense di piacere.
Quando comincio a succhiarla al sommo della piega si inarca, trema, mi implora di farglielo, sì sì sì ti prego ti prego!
La lecco tutta: prima lentamente dal basso in alto, per tutta la lunghezza; poi accosto le labbra socchiuse al clitoride e vibro la lingua.
Uccia si inarca ancora, sussulta, e gridando gode bagnandomi il mento, piccoli getti densi, saporiti del suo orgasmo.
Le infilo due dita nella vagina, raccolgo i suoi umori, e glieli porgo in bocca.
Lecca e succhia mugolando; poi ci baciamo lingua a lingua, e sciolgo il nodo che le tiene i polsi fermi contro la testata.

Mi sorride con aria vogliosa, e mi domanda: "cosa vorresti ora da me?"
"Quello che vuoi. Fammi sentire intanto le dita, che ho ancora voglia di baciarti."
Ci baciamo a bocche semiaperte, lingue che si inseguono, saliva che cola, ed ecco le sue dita fra le mie natiche, mi cerca da sotto la fica e vi infila dentro due dita, a raccogliere il mio miele; che subito usa per lubrificarmi l'ano, e me lo penetra prima con un dito, interrogandomi in silenzio con lo sguardo. Le faccio cenno di sì. Due dita, che mi aprono lentamente e mi si infilano dentro.
Sento palpitare i muscoletti dello sfintere, mentre lei me lo masturba lentamente.
"Ti piace così, Marina?"
"Certo che sì, Uccia. Ma non essere timida, entra di più."
Mi infila le dita, ora mi pare che siano tre, ben dentro. Sottovoce mi chiede esitando se mi piacerebbe essere leccata lì.
"E cosa aspetti, angioletto?"
Mi scivola via da sotto, si rigira offrendomi il suo bel culetto, mentre io apro e sollevo bene le cosce. Ed ecco la sua lingua calda, succosa, veloce a tratti, lenta negli intervalli, che viaggia avanti e indietro; allora la afferro per i fianchi, la tiro verso di me, lei capisce a volo e mi si mette a cavalcioni del viso: ed è un delizioso sessantanove, ci succhiamo e ci lecchiamo a vicenda fica e culo, fino al piacere quasi simultaneo.
Io riprendo fiato, mentre lei dolcemente seguita a leccarmi per assaporare le ultime gocce del mio orgasmo; poi ecco, siamo ambedue soddisfatte e ci ritroviamo abbracciate mollemente a sussurrarci confidenze, impressioni, propositi per un prossimo incontro.
"Ma non così a scappa e fuggi, Uccia: tu sei libera la sera, o nei giorni di festa, quando ti fa comodo?"
"Sì, sì, lo troviamo il giorno giusto."
"Perché sai, non ti lascio mica scappare dopo questo incontro."
"Non voglio scappare."
"Fammi sapere una serata che sei libera: ti piacerebbe andare a cena in un posticino chic?"
"Moltissimo..."
"Me lo lasci il telefono?"
Le mando un messaggio WhatsApp, il contatto è attivato. Non oso, per ora, chiederle altro; se ha un moroso o una morosa, se vive sola o in famiglia; mi assicuro solo se il cell che mi ha dato sia per lei sicuro, e lei accenna di sì sorridendomi. Intanto si è rivestita, deve tornare al lavoro anche se per oggi non dovrebbe avere altre consegne.
Sulla soglia di casa ci salutiamo con un sorriso un po' timido; chissà, mi chiedo, se questo è solo un ciao, o un addio o un arrivederci?

* * * * *

Passano due o tre giorni, e una sera lei mi telefona.
"Ti disturbo, Marina?"
"Certo che no, dimmi."
"Quell'invito a cena di cui mi parlavi… Sarebbe valido anche per la mia sorellina?"
Resto un momento in silenzio; lei si rende conto, e: "scusa, mi sono spiegata male: io la chiamo sorellina, in realtà non lo è, è la figlia del compagno di mamma; siamo quasi cresciute insieme. E lo so, sono stata sfacciata ad approfittare della tua generosità, ma guarda che lei è un tesoro di ragazza, carina ed elegante, e mi piacerebbe fartela conoscere; la sua parte la pago io, non preoccuparti…"
La interrompo ridendo: "hai finito di dire stupidaggini? Figurati se le lascio pagare la cena, sei matta? Va bene, mandami magari una sua foto così comincio a conoscerla… Come si chiama la sorellina?"
"Ivana, ma noi la chiamiamo Ivi; scusami, sono stata un po' precipitosa, ma..."
"Piantala lì," la interrompo; "e mandami subito la foto, ma ti avverto che se non mi piace non la voglio!"
Termina la telefonata continuando a scusarsi e a ringraziarmi; poi stacchiamo e dopo due minuti ecco un suo messaggio con una serie di foto della 'sorellina': che sembra una deliziosa personcina, con un sorriso timido molto seducente, e un fisico ammirevole, come appare in diverse foto al mare, coperta - per così dire - solo da un minuscolo slip. Rispondo con un OK, e Uccia mi spedisce ancora una serie di altre foto, che mi affretto a scaricare sul PC per poterle guardare un po' meglio.

Poi arriva la sera della cena. Le 'sorelline' sono puntuali, dico loro di salire, voglio guardare Ivi al naturale con la luce: niente da dire, una bella ragazzina, poco più giovane di Uccia, sorridente e disinvolta; ha indosso un abitino corto, verde scuro, che si intona benissimo col suo colorito roseo di rossa autentica. Ci salutiamo con un bacio sulla bocca - lieve per ora - e poi via, al ristorante. Dove le due ragazze si comportano benissimo, hanno l'aria di essere a loro agio anche se non credo frequentino spesso ristoranti di questo livello.
Dopo propongo di andare ancora su da me per un brindisi, un caffè, quello che desiderano. E' sabato, domani Uccia non ha impegni di lavoro e Ivi meno ancora, lei che sta finendo le superiori.
Le sorelline sono allegre, merito anche di un bicchiere di troppo; Ivi si guarda intorno, mi fa i complimenti per la casa; "ma lei vive sola, signora?"
"Sì Ivi, e per favore non darmi del lei: io sono Marina col tu, come per Uccia."

Intanto Uccia ha messo su un po' di musica "di atmosfera". Buon segno, spero proprio che non abbiano intenzione di andarsene presto. Vado a preparare un cocktail non troppo alcoolico, e quando torno da loro le trovo che stanno ballando, abbracciate strette, muovendosi appena: sono scalze sul tappeto, Ivi danza in punta di piedi per essere allo stesso livello di Uccia, e mi rendo conto che non stanno perdendo tempo: si baciano continuando a muoversi morbidamente, e Uccia mi sorride ammiccando.
Poi scioglie il nodo che tiene su l'abito della sorellina.
Con un lieve fruscio il vestitino scivola giù.

Ivi resta con indosso solo un delizioso slippino traforato. Bacia ancora Uccia mentre le tira giù la zip che chiude la tunichetta nera; e questa, altro lieve fruscio, va a terra. Uccia ha una mutandina identica a quella di Ivi; riprendono lentamente a ballare, mentre Uccia bacia Ivi nel collo e Ivi infila una mano nello slip di Uccia. Colgo lo sguardo di Uccia; le faccio cenno di andare in camera mia, lei annuisce appena e se ne vanno a sdraiarsi sul mio comodo letto da 1,80.
Porto i cocktail di là, poso il vassoio e mi accomodo in una poltroncina dopo essermi liberata del vestito.
La stanza è quasi in penombra, avevo lasciato accesi i due abatjour abbassando le luci; intanto le sorelline non perdono tempo: gambe intrecciate, si baciano mugolando appena; poi Ivi sussurra qualcosa alla sorellina, che fa cenno di sì e si abbandona supina sul letto, lasciando che Uccia le sfili le mutandine.

Non ho mai assistito così dal vivo ad una scena d'amore lesbico. Le ragazze non fingono, ne sono certa.
Ivi trema, mormora qualcosa, socchiude le gambe sollevando un ginocchio.
Uccia le lecca lentamente il collo.
Lentamente scende poi coi baci.
La sua lingua è un serpentello che guizza veloce trovando i punti più sensibili, dalle orecchie al collo e poi, mentre Ivi geme sottovoce, eccola sui capezzoli rosa, che immediatamente rispondono, inturgidendosi, mentre lei ansima e sussurra qualcosa.
Mi sto masturbando con molto piacere; vorrei che loro due non smettessero, ma nello stesso tempo vorrei essere con loro; ma resto a godermi lo spettacolino, loro sono troppo eccitanti.
Ivi si arrende, si distende, occhi chiusi. Non posso più aspettare, mi accosto, salgo sul letto, mi accoccolo accanto a loro: Ivi adesso apre le gambe, in un muto invito. Uccia mi sorride, mi fa un piccolo cenno di intesa, e si sposta per lasciarmi spazio; ma non abbandona il gioco, ricomincia a succhiare dolcemente i capezzoli rosa di Ivi. Poi abbassa il viso in grembo alla sorellina; mi gira la testa, mi sento come ubriaca: e sì che credevo di avere una certa esperienza nell'amore con le ragazze, ma stavolta è una cosa speciale: Ivi è un misto di libidine e innocenza, non è certo una fanciullina eppure esprime con naturalezza il fuoco del desiderio, la sfacciataggine del sesso offerto senza riserve, con un'ombra di pudore, un senso di lieve vergogna, che la rendono ancor più desiderabile.

Uccia mi guarda, sorride e mi sussurra: "aspetta un momento, prima te la condisco." Non capisco cosa abbia in mente; lei salta giù dal letto, corre in cucina, apre il frigo poi torna ridendo, con in mano il flacone della panna montata spray. Quindi fa sdraiare Ivi bene aperta, ed ecco, me la prepara come una torta mariage da guarnire: fiocchi di panna sui capezzoli, una morbida striscia a zigzag dal seno al pube, e infine una specie di soffice mutandina candida.

Sapete come si dice certe volte: me la mangerei tutta? Mangiarla proprio no, ma succhiarmela tutta sì: e lentamente le lecco via la panna - che tra l'altro mi piace da matti - unendo così il piacere della gola a quella della mia fica, che palpita e gocciola frenetica, mentre percorro il dolce sentiero. Poi di panna non ce n'è più, ne è rimasto solo il profumo: mi chino fra le sue cosce aperte, aspiro a fondo il profumo erotico di una giovane vagina vogliosa, e poi poso le labbra aperte su quel dolcissimo nido e lecco, succhio, bacio, mentre lei trema e mugola e sussulta e mi incita chiedendomi ancora, di più, sì sì si ti prego amore…
Quando gode è una piccola tempesta: si inarca, grida, vibra tutta mentre la sua dolcissima topina spreme fuori il succo del suo piacere.
Dopo, la vorrei tutta per me: la abbraccio, la coccolo, la ninno come una bimba, mentre lei ride ricambiandomi baci e carezze.
E poi Uccia protesta: "e a me, nessuna pensa? Mi avete dimenticata?"
Allora lascio libera Ivi, che si affretta a consolare la sorella maggiore prodigandole carezze intime, baci succosi, tenere sconcezze sussurrate all'orecchio; e stuzzicandola abilmente fra le cosce, la porta ad un lento, romantico orgasmo.

Mi alzo per recuperare il vassoio dei cocktail: c'è venuta sete a tutt'e tre, e li beviamo ridendo.
Poi le ragazze confabulano scambiandosi non so se confidenze o commenti; ma no, parlavano di me. "Siamo state un po' egoiste, Marina… Ci puoi perdonare?"
"Dipende, ragazze: magari sì, basta che paghiate una penitenza."
"Sì, quello che vuoi!"
"Quello che vorrei è che mi dedicaste, tutt'e due insieme, baci e carezze: e che mi facciate godere, sarebbe il regalo più bello da voi due belle ninfette scatenate."

Ninfette: parola ormai vecchia, desueta; eppure dovrebbe essere sempre attuale, le ninfe erano divinità minori nelle religioni greca e latina di qualche secolo fa; ma loro hanno capito perfettamente.
"Mettiti come una cagnolina obbediente, e apri un po' le gambe" mi sussurra Uccia.
Non chiedo di meglio.
Uccia mi si infila sotto, offrendomi la fica, e senza perdere tempo comincia a leccarmi; Ivi - non la vedo ma la sento - mi raddoppia il piacere frullando la lingua sul mio buchino del culo.
Mi abbasso con la testa, infilo la lingua nella fica di Uccia cercando di ricambiare il piacere frenetico che mi stanno suscitando. Ivi mi lecca il culo alternando lente leccate con frenetici colpetti di lingua. Ogni tanto smettono tutt'e due, sentono il bisogno di baciarsi fra di loro, ed io trattengo il respiro sperando che ricomincino a deliziarmi.
E finalmente mi fanno godere, quasi sottomettendomi, infilandomi le dita in tutti i buchi ormai fradici della loro saliva e del mio piacere.
Quando per l'ennesima volta mi travolge un orgasmo che pare non smettere mai, mi sembra quasi di svenire, la testa mi gira, ansimo come se avessi corso per chilometri. Mi lascio andare giù, loro mi girano, mi si sdraiano accanto una per parte, mi coccolano a lungo, e poi mi coprono col piumone accorgendosi che sto tremando.
Lentamente mi lascio andare al dormiveglia, mentre loro due si carezzano, si baciano, si scambiano teneri pettegolezzi sottovoce.

E infine si infilano sotto il piumone accanto a me, una per parte, scaldandomi coi loro corpi nudi, ancora frementi, accompagnandomi nel sonno più tenero e rilassante che mai mi sia capitato di godere.
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