Gay & Bisex
Heimat - 2
di HegelStrikesBack
30.06.2024 |
9.237 |
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"Ci prendevano anche un po’ in giro a scuola per questo, senza malizia, ma era palese a chiunque che c’era una sintonia unica e che ogni occasione era buona..."
La notizia rimbalzò su tutti i televisori in pochi minuti, ed io la appresi appena rientrai a casa dalla lezione di pianoforte. Mia madre si precipitò giù dalla scala interna di casa che collegava l’ingresso col salotto: “Chicco, è successa una cosa tremenda”.Nel frattempo dal televisore, lasciato a volume stadio, la giornalista de “La vita in diretta” annunciava l’arresto per possesso e spaccio di cocaina del padre di Carlo.
Presi il mio Nokia 6600 dal taschino del giubbotto e feci istintivamente una chiamata a Carlo.
“Hey, come stai?”
“Una merda. Vieni?”
“Sì, dai, prendo la Vespa e arrivo…”
“Quando arrivi ti apro il cancello dei garage, fuori da casa ci sono già i giornalisti”
Spiegai ai miei che non potevo rimanere a cena, il mio amico aveva bisogno di me. Furono comprensivi, anche se spaventati dalla situazione.
Eseguii gli ordini impartiti da Carlo, entrai dal cancello che conduceva al vialetto dei garage. Carlo mi aspettava con gli occhi gonfi di lacrime, lasciammo la Vespa nel posteggio delle moto e salimmo in casa. Laura stava uscendo per recarsi in commissariato probabilmente o chissà dove.
“Stai vicino a Carlo per favore, sei l’unica persona che vuole accanto in questo momento, ok?”
Annuii e mi fece una carezza piena di gratitudine.
Ci buttammo sul divano, per la prima volta mi parlò di suo padre, del loro rapporto, di quando se n’era andato di casa con una russa di vent’anni, della droga e di tutto il resto. Era un fiume in piena e portava sulle spalle un peso e un dolore troppo grandi per la sua età.
Mi abbracciò istintivamente e mi disse:
“Mi sei rimasto solo tu, posso contare solo su di te”
“Ma cazzo dici Carlo, hai un sacco di amici e di persone che ti vogliono bene”
“Sì, ma solo tu mi capisci”
Rimasi un po’ interdetto da quella dichiarazione d’affetto così avventata, forse anche dettata dalla drammaticità del momento ma che comunque poggiava le sue basi su un solido fondo di verità. C’era un rapporto speciale tra noi, inspiegabile, un magnetismo atavico. Ci prendevano anche un po’ in giro a scuola per questo, senza malizia, ma era palese a chiunque che c’era una sintonia unica e che ogni occasione era buona per stare insieme: che fosse fare merenda all’intervallo appoggiati allo stesso termosifone dell’aula o fumare nel cortiletto fumatori, fare i compiti o qualsiasi altra attività. Eravamo davvero sempre insieme.
Scongelammo due pizze surgelate che erano nel congelatore e guardammo un film di Aldo, Giovanni e Giacomo per non intristirci troppo. Carlo si sforzava di ridere ma aveva gli occhi velati di una tristezza che non conoscevo.
Finito il film era ora di andare a dormire che il giorno dopo c’era da andare comunque a scuola.
“Dormi qua, Chicco?”
“Non lo so Charlie… non ho mai dormito fuori. Sento un secondo i miei…”
I miei acconsentirono, mi avrebbe prestato una felpa Carlo per dormire e il giorno dopo mio padre mi avrebbe portato lo zaino davanti a scuola.
Il piano di Carlo non prevedeva divani supplementari o camere degli ospiti: avremmo diviso il suo letto che per fortuna era matrimoniale.
Chiacchierammo un po’, poi la tristezza risalì e anche le lacrime.
“Posso abbracciarti?”
“Stasera puoi fare quello che vuoi, non lo diremo a nessuno”
“Ok allora”
Ci disponemmo a cucchiaio nel letto, nel fruscio di lenzuola fresche di stiro.
Il suo pacco a contatto col mio culo ebbe subito moto, un fremito, probabilmente involontario, chi lo sa. Si scostò leggermente, con quella ritrosia di chi teme di essere scoperto nel suo segreto più nefasto ma io, che null’altro più desideravo che quel contatto, spinsi il sedere indietro. Carlo era più alto di me e più muscoloso, sentivo tutto il suo corpo aderire al mio, sentivo il suo respiro sul mio collo e anche il mio cazzo reagì di conseguenza. Mi cingeva con le braccia e molto delicatamente portò il dorso della sua mano a contatto con la mia erezione, reclusa dall’acrilico della tuta che indossavo.
“Ti va se…” chiese con voce tremante accostando le labbra al mio orecchio.
“Sì.” risposi in un soffio.
Ci girammo l’uno verso l’altro, ci abbassammo i pantaloni scostando il piumone e ci prendemmo in mano l’uccello a vicenda. Com’era bella la sensazione di avere la sua carne pulsante in mano e come ci sapeva fare col mio. Sembrava di averlo fatto da sempre e invece era la prima volta che succedeva. Non ci fu nemmeno bisogno di eccitarsi con un porno o altro, ci bastò guardarci negli occhi, fronte contro fronte, come due animali in un recinto. Non scattarono baci o altro, il contatto visivo valse più di qualsiasi danza che le nostre lingue potessero compiere.
“Fammi venire” implorò in un grugnito.
Aumentai il ritmo cercando di applicare tutte le tecniche di variatio che avevo messo a punto nel masturbare Lorenzo e Marco, ma quello era per svuotarsi le palle e basta. Volevo far godere Carlo, volevo farlo stare bene, volevo regalargli l’orgasmo più intenso della sua vita.
Arrivò dopo poco più di un minuto, accompagnato da un urlo strozzato e da una serie di schizzi che nella penombra non ebbi modo di contare ma mi parvero un immensità. Prese un po’ dello sperma che gli era finita sul sottile istmo di peli che congiungeva l’ombelico al pube, lo spalmò sulla mia cappella a mo’ di lubrificante e anche lui mi fece venire. Il suo sguardo, fino a quel momento contrito e serio, si aprì in un sorriso che illuminava la notte.
Ci pulimmo alla bene e meglio con qualche fazzoletto trovato a tentoni nel buio, ci rimettemmo in posizione a cucchiaio e ci riaddormentammo come il programma prevedeva.
Nelle settimane successive Carlo era comprensibilmente un po’ perso e anche io faticavo a sintonizzarmi sulle sue frequenze. Studiammo ancora insieme, quasi tutti i giorni, ma improvvisamente fu interrotta ogni visione di contenuti pornografici e di quello che accadde la sera dell’arresto di suo padre nessuno ebbe il coraggio di parlare.
La cosa cominciava a starmi un po’ stretta, faticavo a capire Carlo, sì, ma faticavo anche a capire me che improvvisamente mi sentivo quasi piccato dal fatto che non mi fossero più rivolte quel tipo di attenzioni e che in qualche modo il mio amico si fosse raffreddato nei miei confronti. Che poi, parliamoci chiaro, amico? Ma chi volevo prendere in giro?
La Vale lo aveva capito subito, me lo disse azzannando un Buondì Motta a ricreazione con gli occhi severi che le venivano quando si trattava di questioni di cuore:
“Tanto tu ti sei innamorato di Carlo. Chicco, quando ammetterai che sei gay?”
“Ma Vale non lo so, non ci capisco più niente…”
“Chicco, ho visto come lo guardi, dài… ci conosciamo dall’asilo. Sei cotto, sei perso.”
Le sue parole risuonarono come l’eco in una vallata per settimane.
Dentro di me mi facevo tutti i discorsetti del caso, Chicco ma non hai nemmeno quindici anni ancora, ma cosa vuoi saperne tu dell’amore, delle cotte, dei gay… dài, che stai dicendo?
Eppure allo stesso tempo ero anche perfettamente consapevole che non mi era mai piaciuta una ragazza al punto di cercare di baciarla, che non mi interessava frequentarle se non come amiche, che quando guardavo i porno mi concentravo solo sui maschi.
Un pomeriggio che non studiavo con Carlo provai a guardare un porno gay su un sito di cui avevo sentito parlare: non avevo mai sborrato così tanto. Pensai che a quel punto forse la Vale avesse ragione e che non fosse solo una questione di confusione. Mi piacevano i maschi, e, in particolare, mi piaceva Carlo.
Carlo che con me era così espansivo e vicino ed ultimamente più contenuto… ma non è che anche lui ha capito che sono gay? Oddio. Panico.
Rimaneva una sola cosa da fare, prendere il toro per le corna e parlarne. Parlarne da adulti, che detto a quattordici anni fa soltanto ridere.
Ci trovammo a studiare come quasi ogni pomeriggio, finimmo anzitempo la versione di latino per il giorno dopo: il ragazzo era stato abbastanza collaborativo e ce la cavammo piuttosto bene. Ci concedemmo come premio due lattine di Coca-Cola. Presi il poco coraggio che avevo a quattro mani, come se ne avessi avute temporaneamente due supplementari:
“Senti, lo so che non ne abbiamo più parlato, però quello che è successo l’altra sera quando ho dormito qui…”
“Sì, è vero, non ne abbiamo più parlato”, disse imbarazzato, “però non so cosa ci sia da dire in realtà, cioè ci siamo fatti una sega a vicenda, può capitare, no?”
“Sì, sì, infatti… è che insomma, ecco, mi è piaciuto e pensavo che magari ogni tanto si potrebbe rifare, se ti va, se sei d’accordo…”
Gli uscì lo sbuffo di una risata nervosa, in maniera quasi involontaria, come la contrazione di un muscolo.
“Anche a me è piaciuto, certo, però… non lo so, mi sembra una cosa un po’ fuori luogo, mi capisci, un po’ da gay e… ti devo dire una cosa, però devi promettermi che rimane tra noi”
“Anche io devo dirti una cosa dopo”
“Ecco dicevo che è fuori luogo perché… sabato pomeriggio esco con Benedetta di 1°C, mi ha scritto nei giorni scorsi e… ho preso coraggio, le ho chiesto se le andava di andare a bere una cioccolata da Pancaldi in centro”.
Game over.
“E tu che volevi dirmi?”
“No, no. Niente niente figurati… sono contento che esci con Benedetta ti piace dall’inizio dell’anno…”
“Chicco, ti conosco. Che c’è?”
“Ma niente, smettila”
“Piace anche a te?”
“Ma chi?”
“Benedetta!”
“Ma smettila dai, figurati… no è che… insomma… vabbè diciamo che è un periodo di confusione”
“Mh, spiegati meglio”
“Forse mi piacciono anche i maschi”
“Ah, forse ti piacciono anche i maschi. E come te ne sei accorto?”
“Eh, comunque guardando i porno… guardando la gente…”
Mi abbracciò forte per darmi coraggio
“Chicco, ma chi se ne importa, l’importante è che tu stia bene e che sia sereno. Quando vuoi parlarne, se ti senti di parlarne io sono qua e ti supporterò sempre. E che nessuno si azzardi a trattarti male a scuola. Lo sa qualcun’altro a parte me?”
“La Vale…”
“Beh, e chi sennò! Sarà un segreto tra noi tre finché non ti sentirai pronto a parlarne con qualcun’altro. Ma… ti piace qualcuno?”
Ecco. E adesso? Che si fa?
“Mah, nì… boh, no piacere è una parola grossa…”
“Capito, vabbé datti tempo, la scuola è grande, magari trovi anche tu qualcuno con cui uscire… pensa che figo fare le uscite a quattro!”
Una meraviglia non poteva venirti idea migliore, cretino.
Signore e signori, ecco la prima crisi sentimentale di un adolescente omosessuale.
Sipario. Per ora.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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