Gay & Bisex
Love is in the air - Milano (Parte 3)
di HegelStrikesBack
14.11.2017 |
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“Ma figurati, anzi sono contenta che stiate legando, così quando io e Vale usciamo almeno siamo entrambe più tranquille che non siete a casa a fare la..."
Sono passate quasi tre settimane dal viaggio di ritorno da Parigi.Un viaggio di ritorno quasi in assoluto silenzio, con sguardi bassi e malinconici e pensieri completamente assenti.
Siamo tornati alla vita di sempre, io alla mia agenzia di comunicazione, lui all’azienda di famiglia, io con Sara e lui con Valeria.
Sara sta meglio, la prossima settimana le toglieranno il gesso.
Valeria passa spesso da noi a trovarla, di Sebastiano solo un paio di messaggi vaghi e senza alcun riferimento a quello che è successo a Parigi.
Non penso che se ne sia dimenticato, anzi, credo o spero semplicemente che la quotidianità lo abbia allontanato dalla trascendenza sentimentale e lo abbia riportato un po’ a terra.
Anche io mi sforzo di pensarci il meno possibile, altrimenti non lavoro. Mi verrebbe la tentazione di prendere le chiavi della macchina, raggiungerlo ovunque si trovi e portarlo via.
Ma alla fine, per un motivo o per l’altro, non lo faccio.
È il primo cassetto della scrivania a ricordarmi di Sebastiano, ogni volta che lo apro per cercare un qualsiasi oggetto di cancelleria. Lì tengo le due istantanee scattate a Parigi alla Cité de la Mode di Quai d’Austerlitz, una rapida occhiata giusto per inumidire un po’ le cornee e sorridere un po’ di più e il cassetto viene richiuso.
Come spesso accade dall’agenzia sono l’ultimo ad andare via.
Correggo i "compiti" degli stagisti, preparo il lavoro per il giorno dopo, finisco di rispondere alle mail e questa sera è davvero tanto tardi. Sono quasi le 21:30.
Un ultimo sguardo a quella foto, recupero la mia borsa, il MacBook e l’iPhone, spengo tutte le luci ed esco.
Ho trecento cose in mano, sto cercando nel cappotto le chiavi della macchina e mi suona pure il telefono.
Maremma ‘mpestata.
Rispondo senza neanche guardare chi chiama, scocciato come può esserlo uno alle 21:45 mentre sta cercando di rientrare a casa senza uccidere nessuno.
“Sì, pronto.”
“Cla? Ciao sono Seba.”
“Hey, come stai?”
“Regolare dai, senti… ho un problema: avevo prenotato con amici il campo da calcetto però uno di loro si è fatto male e sto cercando qualcuno che lo sostituisca, insomma… ci serve un centrocampista per essere giusti di numero.”
“Seba, non so. Non gioco da almeno dieci anni a calcetto, sono fuori forma… non ho voglia di fare una figura di merda e farti fare una figura di merda davanti ai tuoi amici, dai.”
“Per favore.”
Quel tono di voce, dolce come la sua voce a Parigi quando parlavamo delle più importanti futilità o di quando mi diceva quanto mi desiderasse, mi convinse. Sbuffai più di quanto mi imposi di fare.
“E va bene, ma che non diventi un’abitudine che già Sara è messa com’è messa, se mi faccio male pure io siamo spacciati.”
“Non ti succederà niente, vedrai.”
“Mandami la posizione del campo su WhatsApp e orario così lo metto in calendar…”
“Ok, buona serata!”
“Anche a te”
Non faccio in tempo ad aggiungere una cosa carina, tipo “Mi manchi” o “Ho voglia di vederti” che Sebastiano mette giù.
Quel clic uccide tutta la mia dolcezza. Più incazzato di prima premo la frizione, metto in moto e mi dirigo verso casa.
Sara mi aspetta sul divano bianco, dove l’avevo lasciata frettolosamente la mattina uscendo e dove ora frettolosamente la bacio.
“Amore scusa il ritardo, adesso preparo la cena. Scusami tantissimo…”
“Ma cos’è sta storia che domani sera vai a giocare con Sebastiano?”
“Non ti si può nascondere niente eh, Miss Marple?”
“Me l’ha detto Valeria, cerca di non farti male per favore. Sei vecchio ormai per queste cose.”
“Grazie per l’incoraggiamento eh, sei dolcissima.”
“Lo dico solo perchè ci tengo… non fare sempre il permaloso e brontolone dai…”
La serata la passiamo tranquilli sul divano, guardiamo il Trono di Spade. Poi la prendo in braccio e la porto a letto.
Ho voglia di scopare, ma le fa male dappertutto. Appena si addormenta torno nel mio studio, accendo il computer e faccio una gita istruttiva su YouPorn.
Confesso a me stesso di non aver mai visto un porno gay, nonostante abbia fatto sesso con un uomo, il che mi suona abbastanza divertente.
Butto un occhio nella category giusto per vedere che offre.
Il primo thumbnail che mi appare è “Smooth young son bounces on Daddy’s dick while camping” che tradotto sarebbe “Figlio giovane e glabro salta sul cazzo del papà durante il campeggio”.
Immediatamente mi torna in testa quella volta che io, mio padre e mio fratello andammo in campeggio all’Abetone e improvvisamente mi sale il vomito. Next, please.
“Hidden cam masturbation in shower.”
Hmmm. Interessante, un ragazzo ripreso sotto la doccia.
Mi assicuro di aver tolto il volume e dopo aver premuto play comincio ad allentare i laccetti dei pantaloni del pigiama.
La scena è molto sexy, un ragazzo sui 25 anni, muscoloso al punto giusto si insapona sotto la doccia, gli viene duro e si tira una bella sega. Un po’ quello che sto facendo io col video.
Mi riscopro però a non pensare affatto a quello che sto vedendo ma ho il film mentale di me e di Sebastiano sotto la doccia in hotel a Parigi.
A insaponarci, baciarci, farci il solletico, masturbarci e tirarci pompini. Vengo, cercando di schizzare sulla scrivania di cristallo che tutto sommato è la cosa più facilmente ripulibile.
Faccio sparire le prove, mi lavo sommariamente in bagno e mi ri-infilo nel letto.
La giornata al lavoro passa veloce, due riunioni con clienti non troppo impegnativi e poi posso dedicarmi alla preparazione per il calcetto.
Torno a casa anzitempo, faccio un po’ di stretching giusto per non arrivare completamente freddo e poi preparo il borsone da palestra. Nella cabina armadio, in una vecchia scatola ritrovo gli scarpini e il kit da calcio di Totti, quello dello scudetto del 2001.
Con mia malcelata soddisfazione vedo che ci sto ancora perfettamente dentro.
Mi giro, dietro di me, Sara appoggiata alla stampella, ride.
“Sei orribile così amore”
“Uff…”
“Ma abbassati un po’ quei pantaloncini dai, sembri Fantozzi!”
“Ecco, meglio così?”
“Diciamo di sì, dai…”
“Ti ho preparato due cose da mangiare stasera, mi spiace lasciarti sola ma ho sentito Seba proprio in difficoltà.”
“Ma figurati, anzi sono contenta che stiate legando, così quando io e Vale usciamo almeno siamo entrambe più tranquille che non siete a casa a fare la muffa da soli, ma che ve la passate anche magari, che andate al pub, che vi guardate la partita…”
“Già, sono contento anche io, è un bravissimo ragazzo.”
Infilo una tuta e mi avvio al campetto.
Va detto, sti ragazzi sono delle seghe totali. Io che ho 46 anni e non gioco da una decina d’anni corro più veloce di loro che si trovano tutti i giovedì sera e hanno quindici anni meno di me.
Sebastiano passa, dribblo, pennellata ed è dentro.
L’unico gol della partita lo segno io, ci abbracciamo.
Il contatto col suo corpo scatena reazioni ormonali improvvise ed imprevedibili, il freddo e la leggera pioggerellina aiutano a tenere il pisello a bada.
La partita noioissima finisce sull’uno a zero, tutti in spogliatoio a docciarsi.
Mentre apro l’armadietto vedo 11 chiamate perse, tutte di un cliente.
Richiamo mentre tutti si lavano e scherzano.
Rimaniamo solo io e Seba, gli altri scaglionati si dirigono verso casa.
“Uff… scusami, non volevo metterci tanto ma era fondamentale.”
“Tranquillo Cla, tanto mi son fatto lasciare le chiavi, chiudiamo noi poi domattina passo dal parroco a restituirle, lo conosco e non ci sono problemi”.
Cominciamo a spogliarci con tutta la tranquillità del mondo, chiacchierando del più e del meno, chiede come sta Sara, come va il lavoro. Chiacchiere da bar.
Siamo nudi, stiamo facendo la doccia normalmente.
“Cazzo, lo shampoo” esclama Seba.
Mi avvicino per porgergli il mio.
Non resisto, lo sbatto contro al muro e lo bacio, furiosamente.
Con la passione di chi ha vissuto qualcosa di indimenticabile a Parigi e la rabbia di chi si è sentito messo da parte al ritorno.
Tutto ricomincia da dove l’avevamo lasciato, ci tocchiamo, baciamo, insaponiamo, masturbiamo, spompiniamo. Veniamo quasi in contemporanea, l’uno addosso all’altro, mentre non riusciamo a smettere di baciarci.
Ci rivestiamo, un ultimo bacio e torniamo a casa.
Niente messaggini della buonanotte, niente smancerie.
Per non destare sospetti, è la mia scusa ufficiale. La sua?
Quando arrivo a casa, Sara dorme già da un po’, faccio piano per non svegliarla.
Mi metto il pigiama e mi infilo quatto quatto sotto le coperte. Lei dorme beata, io non riesco a chiudere occhio, penso solo a lui.
Ai suoi occhi, alla sua barbetta, alle sue mani grandi.
Fisso il soffitto e come un ragazzino in crisi sentimentale, prendo l’iPhone e comincio a controllare i suoi accessi di WhatsApp.
È online, mi piace pensare che anche lui sia sveglio a guardare il soffitto accanto a Valeria che dorme, che anche lui stia pensando a me, che anche lui abbia voglia di scrivermi ma gli manchi il coraggio.
Mi illudo, cosa che non fa mai bene, figurati alla mia età. Spengo il cellulare, mi giro sul fianco destro e spero di cadere presto nel sonno più profondo.
Anche il giorno successivo passa senza nessun segnale da parte del mio amante segreto, cerco di non pensarci altrimenti mi sale il nervoso, più di quanto già non lo abbia per il lavoro.
Nel rientrare a casa, l’autoradio fa le bizze, RTL102.5 si sente a scatti.
Sbuffo, tanto per far qualcosa di nuovo, con la mano sinistra reggo il volante in radica, con la destra giro la manopola per cambiare stazione. Va bene qualsiasi cosa, anche Radio Maria purchè non filodiffonda fruscii fastidiosi.
Radio Italia parrebbe prendere. La canzone che passa è “Ogni volta” di Antonello Venditti. Una di quelle canzoni che avrò sentito milioni di volte ma mai ascoltato. Le concedo questa possibilità.
È bellissima, parla di un amore finito.
Una frase istintivamente mi rapisce, apro WhatsApp al semaforo e la scrivo a Sebastiano.
“E stanotte la passi con lui / ma ogni cosa ti parla di noi / ogni frase, ogni gesto che fai / è già stato vissuto da noi / chiudi gli occhi e pensi che / le sue mani, la sua pelle / no, non sono me”
Mi sento un imbecille quanto meno per l’imprudenza commessa.
La risposta arriva quasi subito.
È una fila di punti interrogativi e arriva da Sara.
Cazzo, ho sbagliato conversazione. Maremma troia rotta di dietro.
Invento qualcosa tipo “Non me la ricordavo così bella questa canzone”, lei non risponde e soprattutto a casa non fa domande.
Mentre lavo i piatti mi assicuro di mandarla al destinatario giusto.
Risponde molto tardi, quasi a notte fonda, con una citazione della stessa canzone.
“Voglio te, fino all’ultimo istante, all’ultimo sguardo che avrò.”
Il cuore sta per scoppiare di felicità, screenshotto e mi invio sulla mail di lavoro lo screen. Cancello tutto e mi metto a dormire.
Al risveglio vengo informato da Sara, piacevolmente nuda nonostante il gesso, che a cena verranno a casa nostra Valeria e Sebastiano.
Rimango pietrificato. Sarà difficilissimo stare tutti lì intorno al tavolo apparecchiato senza tradire alcuna emozione e soprattutto senza sentirsi minimamente in colpa.
Chiedo a Sara di informarsi se il ragù di cinghiale piace a tutti. Se piace a tutti faccio i pici.
Piace a tutti e pici siano.
Vale e Seba arrivano puntuali alle 20, così intanto che la cena cuoce si fa un aperitivo. Faccio gli onori di casa, stappiamo la bottiglia di prosecco che ha portato Seba.
Durante le cena le chiacchiere spaziano sugli argomenti più vari. Nessuna domanda su Parigi, per fortuna.
In maniera del tutto inaspettata, forse per bearsi della mia romanticheria, Sara tira fuori la storia del messaggino con la canzone di Venditti.
Di fronte a me Sebastiano diventa bordeaux dalla rabbia, se avesse potuto tirarmi un pugno in faccia lo avrebbe sicuramente fatto.
Si svincola dalla faccenda chiedendo dove fosse il bagno, lo accompagno e dico che prendo dal ripostiglio una bottiglia di vino rosso.
“Sei proprio uno stronzo Claudio. Vaffanculo.”
“No, no. Questo non lo accetto scusami. Quel messaggio era per te, ho solo sbagliato chat. Mi sono pure dovuto inventare una scusa del cazzo per giustificarlo. Era per te, io pensavo a te.”
Lo accarezzo istintivamente.
Lui rimane impietrito.
“Non so se me la bevo questa.”
“Non è questione di bersela, è veramente così.”
Si chiude in bagno, io arraffo una bottiglia di Chianti e torno a tavola dalle nostre dolci signore.
Torna anche Seba, più rilassato di prima, ma che comunque mi guarda sospettoso.
“Tra dieci giorni mi tolgono il gesso, perchè non facciamo qualcosa per festeggiare?” chiede Sara.
Rilancio in maniera assolutamente azzardata.
“Perchè non andiamo a Montepulciano con Valeria e Seba? Io ho promesso a Sebastiano che gli avrei fatto fare un giro col mio vecchio Carrera e voi potreste farvi una giornata di relax alle terme a Bagno Vignoni, a te farebbe anche bene Sara per la riabilitazione…”
La notizia viene accolta da tutti con grande entusiasmo. Tra due settimane si parte.
Le ragazze si rilasseranno e io potrò stare un po’ con Sebastiano.
Questi quattordici giorni devono volare, altrimenti impazzirò.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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