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Gay & Bisex

Dentro Marilyn


di HegelStrikesBack
29.06.2018    |    9.901    |    33 9.6
"C’è una vista bellissima e se tutto questo deve finire che almeno questo gran finale abbia a sfondo un bel teatro..."
Tanto lo sapevi che prima o poi sarebbe dovuto succedere.
Sì, qualche esperienza da giovane e da meno giovane l’avevi avuta con qualche ragazzo ma ora è diverso. Lì, bene o male, ti eri tirato fuori il cazzo dai pantaloni, te l’eri fatto succhiare o quando proprio il tipo ti prendeva bene lo prendevi in bocca, venivi, saluti e baci e te ne andavi. Non ti sei mai innamorato di nessuno di loro. Come non ti sei mai innamorato di Simona, delle sue grandi tette e dei suoi occhi chiari. Era la più figa del gruppo, ci stavi bene insieme, ma ti avevano detto che l’amore è un’altra cosa: ti fa battere il cuore e fare pazzie. E tu le pazzie non hai mai avuto voglia di farle, specie con lei. Poi Simona rimane incinta - e quella più che una pazzia è stata una cazzata - e allora ti sposi a 24 anni, poi durante la tua noiosa e conformista vita matrimoniale fai anche un altro figlio, Marco, che tutti dicono essere bello come te da giovane; compri un attico in un palazzo signorile di San Lazzaro, un bel SUV per Simona per andare a fare la spesa e una Jaguar per te per illuderti di non essere mai invecchiato, così come ti sei fatto tredici tatuaggi per illuderti di essere ancora il ragazzo ribelle che sei stato e non un cinquantenne con barba e capelli sale e pepe, con la pancia con meno tono muscolare di una volta e i pettorali che cominciano a risentire della forza di gravità. 
Nonostante tutto lotti e vai avanti, contro la vita e contro la realtà
In questa palestra hai cominciato a venirci da un paio d’anni. Non hai stretto amicizie, per te è un luogo di riflessione e di calma. Ci vieni tutti i giorni quando hai finito di lavorare nella tua tenuta agricola dove produci i migliori vini delle colline bolognesi e dintorni: il lunedì, il mercoledì e il venerdì ti alleni in sala macchine poi vai a nuotare un po’ nella piscina del centro benessere, il martedì e il giovedì dopo esserti allenato vai al corso di yoga a imparare come si fa a respirare per non impazzire.
A non impazzire quando torni a casa e Simona si lamenta di tutto, quando la vedi nuda, ingrassata dopo la seconda gravidanza e per scopartela quella volta al mese devi fare uno sforzo di immaginazione titanico, quando Marco ha fatto l’ennesima bravata e per quanto le abbia fatte anche tu le stesse cazzate alla sua età cerchi di evitargli più problemi possibili, quando pensi che Guendalina, tua figlia, l’unica persona al mondo che ti ha capito davvero e che ti chiama tutti i giorni su Skype per sapere come stai, sta a 1154 km da te a Londra a diventare grande senza di te.
Ma tanto lo sapevi che prima o poi sarebbe dovuto succedere, che avresti avuto anche tu quel battito che ti inverte il ritmo cardiaco.
E succede che quel paio d’occhi che ti fulminano li incontri lì, tra la chest press e la pectoral machine.
Quegli occhi ti sorridono, tu ti sforzi per quanto ti è possibile di autoconvincerti che non sorridevano a te, sorridevano e basta, che per quanto sei ancora un bell’uomo, in forma e piacente, uno così non può guardare te. E allora ti metti le cuffiette, alzi il volume dell’iPod che in quel momento ti fa partire gli Arctic Monkeys e mentre fai in modo che i tuoi pettorali risentano il meno possibile dell’invecchiamento e rimangano tonici, ti chiedi se l’infatuazione funziona così. Vorresti chiederlo al primo che passa per avere conferme. A sedici anni non avevi tempo per queste cose, ti allenavi e basta per diventare un calciatore di Serie A che poi non sei nemmeno mai diventato. Simona l’hai scelta perchè uno come te di buona famiglia, con quella faccia da stronzo e il sorriso da maledetto che facevano capitolare tutte doveva stare con la più figa. Una moglie scelta a tavolino insomma. E i ragazzi no, loro non ti avevano mai preso più di tanto. Ottime bocche da scopare, meglio di quelle delle donne, ma poi come sarebbe stata la vita come un uomo? Un’eterna vacanza con gli amici? O serate a passarsi la lima sulle unghie, darsi lo smalto e leggere Grazia?
Ma lui ti sembra diverso, per una volta ti fidi di una sensazione ma non ne sei nemmeno troppo sicuro.
Quella sensazione non ti abbandona nemmeno nei giorni seguenti quando ti sorride di nuovo e quando non lo vedi, che ti scopri ad immaginarlo nella sua quotidianità. Come si chiamerà? Che farà nella sua vita. Gli affibbi anche un nome provvisorio, ha la faccia da Matteo.
Sì, Matteo gli sta proprio bene.
Però sei anche un cinquantenne sposato e con figli, che diamine! Non puoi metterti a provarci con un ragazzo che avrà almeno vent’anni meno di te!
La vita si sa, a volte è una grandissima puttana e fa tutto da sola, e allora un pomeriggio della vita, di martedì, lo vedi arrivare al corso di Yoga, prendere un tappetino e mettersi di fianco a te. Non hai le cuffie, non hai difese, non puoi ignorarlo.
Si presenta, ti sorride, "Sono Emiliano” dice.
Pronostico del nome scazzato in pieno.
Nei post-lezione o nei pre-lezione ci chiaccheri, diventate amici, piccole sessioni di flirt di massimo cinque minuti l’una in cui tu non prendi mai l’iniziativa ma lasci sempre fare tutto a lui. Come hai sempre fatto nella vita, d’altronde. È dopo venti minuti di flirt, quindi tre pre-lezione e un post lezione che prendi la più grande botta di coraggio della tua intera esistenza e fai una cosa che te la cambierà per sempre.
Con fare disinvolto gli chiedi che fai stasera, magari ci potremmo mangiare una cosa dopo yoga, che finisce alle 20. Accetta, non sembra per niente stupito anzi, sembri molto più stupito tu che lui abbia detto sì senza battere ciglio. Mentre l’insegnante entra mandi un messaggio a tua moglie, dicendo che ceni con gli amici del gruppo di yoga e che fai tardi probabilmente. Non lo hai mai fatto, si chiederà cosa c’è sotto. E invece ti risponde solo “Ok. A dopo”.
Preghi che il corso finisca in fretta, questa volta non te ne frega niente di essere lì a farti le varie posizioni e non te ne frega neanche niente di respirare, anzi. Vorresti buttarti in apnea nella cena, vedere come si sta a fare una specie di primo appuntamento. Quello che in cinquant’anni precisi della tua vita non hai mai dato col cuore in gola a nessuno.
Gli dai appuntamento nella hall per le venti e trenta in modo da farti la doccia con calma, lavarti e profumarti e respirare forte.
Ti guardi allo specchio, non ti vedi male per niente e quasi non capisci se è un’opera di autoconvincimento per affrontare con più coraggio una cena con uno che è bello tre volte te o se effettivamente lo sei.
Per tua fortuna non sei vestito nè troppo formale, nè troppo “trasanda”. Camicia bianca, giacca sfoderata blu e un paio di jeans basic.
Appena vi vedete ti chiede dove lo porti.
“Dove ti porto?” chiedi sorridendo come un ebete. Vorresti chiedergli se è un appuntamento o una cena tra amici, un po’ temi la risposta, un po’ c’è un sacco di gente intorno.
Mentre vi incamminate nel parcheggio multipiano del centro commerciale proponi il nuovo ristorante-bistrò griffato Ducati che sta a poche centinaia di metri da lì, non ci sei ancora stato perchè Simona in un posto del genere si lamenterebbe che non c’è il tovagliato dal momento in cui entra al momento in cui esce - lamentandosi per di più - del conto “troooooppo salato”.
“Sì, è carino ci passo sempre davanti ma ancora non ci sono stato. Va benissimo.”
Quando poi vedi che non ha un auto ma una BMW R/80 GS vintage, senti proprio di aver fatto colpo.
Fa strada lui in moto, tu dietro con la macchina e ad ogni semaforo ti controlli i capelli, dai una strofinata alla barba per metterla in ordine, così come cerchi di sistemarti il colletto della camicia. Vuoi sembrare perfetto a tutti i costi quando in realtà lui ti sorride candido vedendoti con le tue magliette sudate mentre ti alleni e finisci anche a sentirti un po’ stupido.
Durante la cena vi conoscete meglio, non ci sono grandi confidenze, grossi segreti o verità mirabolanti da confessarvi. Fate due vite normali, gli racconti del tuo matrimonio uguale a tanti altri, lui ti racconta di una storia d’amore durata quattro anni, di una convivenza finita male. Ma di lei, o come tu sospetti e speri, di lui non parla mai. Vorresti chiedere ma hai paura di sembrare sgarbato, lui non dice perchè forse non capisce se ti sta solo simpatico o se sei veramente interessato a lui e quella fede al dito… beh quella non aiuta assolutamente.
Il tasto dolente lo tocca lui, senza pietà.
“A tua moglie cos’hai raccontato per uscire a cena con me? Che eri a cena con un amico?”.
Nei suoi occhi intravedi più di un pizzico di malizia, sta cominciando a provocarti per vedere se è tutto un film mentale nella sua testa o meno. Da un lato non vuoi dargli soddisfazione e non fargli capire quanto vorresti spostare quel tavolino e mettergli la lingua in bocca attaccandolo ad un muro, dall’altro vuoi fargli capire che ti interessa davvero.
Abbozzi qualcosa, rispondi che sì, una cosa del genere e che quando esci con una persona sei solo lì con la testa e non ti preoccupi del resto. Lo ha notato anche lui, dice che non hai mai tirato fuori l’iPhone dalla giacca da quando ti sei seduto al tavolo. Non sei stato inutilmente galante ma forse sei riuscito a farlo sentire speciale.
A cena finisce, tocca che qualcuno faccia un passo verso l’altro, tu l’hai già invitato a cena, ora sta a lui rilanciare. Non vuoi che la serata finisca, ma non vuoi nemmeno insistere quindi c’è solo che da sperare.
Prende un respiro e con la voce un po’ rotta dall’emozione e dalla paura di aver frainteso tutto ti invita da lui con la scusa di una buona bottiglia di gin che gli hanno regalato per il compleanno. Tu accetti, sperando che non ti stia invitando veramente per bere e basta.
Lo segui di nuovo, vorresti che fosse seduto di fianco a te sui sedili di morbida pelle Connolly, a dare un senso ad ogni semaforo rosso, baciandolo incurante delle macchine che s’affiancano, dei ragazzi su un furgone che ti avrebbero urlato froci, dei passanti allibiti. Se ci fosse stata una stradina di campagna avresti anche accostato e lo avresti scopato sul cofano.
Ma ce l’hai sulla moto davanti nel traffico di Via Stalingrado e grazie al giubbotto corto non riesci a fare a meno di guardarlo, a non desiderare di toccargli il culo, pensando che sia stupendo anche da dietro.
Casa non è lontanissima, in ascensore l’imbarazzo è palpabile.
Vorresti saltargli addosso ma Cristo, e se stessi equivocando tutto?
La casa è carina, 85 mq arredati Ikea, coi colori un po’ mischiati, zero tocco femminile in qualsiasi cosa e una tivvù enorme su cui guardare le partite.
Emiliano butta il giubbotto sul divano, lo imiti, ti appoggi a uno stipite mentre lui in cucina prepara i gin tonic con l’Hendrick’s, che lui non può saperlo, ma è il tuo preferito.
Ti passa il tuo, brindate senza dire a cosa, un sorso solo e poi appoggia i suoi baffetti ai tuoi.
È un bacio cortissimo ma è una scarica elettrica, sta per caderti il bicchiere perchè ci speravi e contemporaneamente non te l’aspettavi.
Istintivamente ti scosti, lui pensa di aver fatto una cazzata e si scusa.
Questa volta sei tu che prendi l’iniziativa, lo porti in cucina, appoggi sul piano di lavoro i bicchieri, lo sbatti contro al frigorifero tenendogli bloccate le mani e lo baci come si deve.
Quella sensazione lì non l’avevi mai sentita prima. Ti senti un adolescente con la casa libera da mamma e papà, lo baci che non smetteresti più, hai il cuore in gola, lui ti guarda negli occhi e ci leggi che non desiderava altro e te lo conferma pure quando vi staccate.
“È da quando ti ho visto la prima volta che desidero questo.”
Gli sorridi, vorresti dirgli che anche tu, anche tu dalla prima volta che l’hai visto vorresti baciarlo e farci l’amore, che lo pensi quando non lo vedi, che quando in palestra non c’è ti preoccupi, ma hai anche un senso di responsabilità nei suoi confronti. Ha solo ventinove anni cazzo, non puoi condannarlo a fare l’amante nella migliore delle ipotesi. Però, Dio mio quant’è bello sto ragazzo.
Provi a metterlo in guardia, “Guarda che sono un casino io, non sono roba per te, meriti di meglio, meriti di più…”, ma lui con aria di sfida ti risponde che no, lui ama incasinarsi la vita.
Ci vuole niente a finire in camera da letto.
Hai un’erezione imbarazzante, lui se ne accorge stringendoti e ti sorride ancora di più.
Capisci che sei fottuto, è un punto di non ritorno.
È lui, se esiste un lui, se c’è una possibilità di provare qualcosa, ecco forse è lì. Tra i baffetti e i denti bianchissimi di Emiliano.
Senza maglietta è ancora più bello, ha una pelle bellissima, profuma di buono, il fisico è perfetto. Non palestrato, ma tonico, sodo e ci passeresti le mani per settimane intere.
Le sue mani sbottonano la tua camicia sartoriale, le sue dita si mettono a giocare con i peli del tuo torace mentre la sua bocca non si stacca dal tuo collo.
Sei sul letto a pancia su, la camicia completamente sbottonata, lui che ride spogliandoti e non pensi a nulla se non a goderti il momento, non pensi a Simona a casa che guarda un’altra puntata di Masterchef senza aver mai messo piede in una cucina, non pensi a Guendalina lontana 1340 km e nemmeno a Marco che a quest’ora sarà strafatto in un parchetto coi suoi amici del basket. Pensi solo che Emiliano sta per regalarti il miglior servizietto della tua vita, il pompino che hai sempre desiderato, l’unica fellatio che hai mai sognato di ricevere perchè non hai mai desiderato carnalmente nessuno così. I bottoni dei tuoi jeans di Dolce & Gabbana sono quattro e li senti andare via uno dopo l’altro.
Il primo vicino alla cappella, poi il secondo e il terzo lungo l’asta e il quarto a ridosso dei coglioni e vedi improvvisamente i boxer farsi strada all’orizzonte e il tuo uccello svettare davanti al volto di Emiliano. Ti senti anche un filo egoista, così inerme sul letto, ma ha cominciato lui quel giorno a guardarti ed ora tocca a lui farti toccare il Paradiso. Lui ti ha portato qui. Lui deve fare ora.
È li, seduto sui talloni sul materasso a torso nudo con i jeans strappati e ammira la tua erezione ancora incellophanata dentro i boxer come i turisti in visita ad Agra ammirano l’architettura del Taj Mahal. Non ha il coraggio di abbassarteli o sta facendo di tutto per farti impazzire? Respiri per non impazzire, come hai imparato a yoga, e Dio santo se ce ne vuole di fiato.
Si butta su di te e tu lo tocchi, lo tocchi dappertutto, come a capire se è vero, se sta succedendo davvero a te.
Tanto lo sapevi che prima o poi sarebbe dovuto succedere.
Lo ribalti, ora sei tu che conduci il gioco, gli sfili pantaloni e mutande con un colpo solo.
Anche il ragazzo è ben messo, forse anche più di te. Hai capito il giovanotto?
Venti, forse ventuno centimetri di carne turgida si stagliano all’orizzonte.
Lo prendi in mano, scettro del potere, arma del piacere. Lui chiude gli occhi, geme. Cominci facendogli una sega, la sua cappella si bagna a dismisura. Il gioco comincia a piacerti parecchio.
Le parti si invertono nuovamente, adesso sei tu la preda. Adesso tocca a lui spogliarti.
Ti abbassa quei maledetti boxer, ora giocate ad armi pari. 
Comincia a succhiarlo, è un’esperienza ultraterrena.
Non hai il coraggio di dire nulla e nulla serve dire.
Stai per venire ma lo fermi. No, prima vuoi il suo culo e non hai mica più trent’anni che riesci a fare due round uno dietro l’altro.
Lo giri, lo avrai fatto decine di centinaia di volte con altri come lui o con la tua donna o con le amanti donne che hai avuto negli anni, non ti sei fatto mancare nulla, ma stavolta è diverso. È come se fosse la prima volta. Forse perchè è la prima volta che l’atto non è meccanico ma carnale. Hai sulla punta della lingua la locuzione “fare l’amore” ma è troppo imprudente da usare. Però di una cosa sei consapevole: vergini non si nasce, si diventa.
Fai piano, ti implora lui. Come tutti quelli prima di lui. Per la prima volta lo fai davvero, hai più paura di fargli male che di godere come un animale. È la persona che vorresti ferire di meno al mondo e quella da cui meno vorresti essere ferito.
Non dura molto, purtroppo, la performance. Vieni e ti accasci su di lui.
Ti senti inadeguato, ti senti vecchio, iperbolicamente anche inutile. Duri quindici minuti e poi la rumba è finita.
In maniera quasi involontaria ti trovi a fare questa riflessione a voce alta.
Lui ti guarda un po’ severo, ti chiede perchè ti colpevolizzi, cos’è questa malinconia. Non rispondi, non lo sai nemmeno tu, in fondo a quella malinconia ci sei abituato da sempre e non sei avvezzo al fatto che ti venga fatta notare. Ha premura nei tuoi confronti in ogni singolo gesto, è diverso da tutto quello che hai visto e conosciuto finora. Vi scambiate i numeri, lo salvi come Emiliano Palestra per non destare sospetti. Arrivi a casa, non è nemmeno troppo tardi, mezzanotte e qualcosa. Simona ha voglia di litigare, tu sei stato troppo bene per assecondarla, lei parla e tu non ascolti, ti limiti a buttare il borsone della palestra davanti alla porta della lavanderia e a incamminarti verso il bagno con la sola voglia di farti una doccia. Lei intanto chiede e incalza, non ti crede, pensa che tu abbia un’altra e tu sorridi sornione lasciandola nelle sue convinzioni. In doccia ci pensi a quello che è successo e ti sembra tutto surreale e bellissimo allo stesso tempo.
Ricevi un messaggio mentre sei in bagno, è di Emiliano Palestra. Scrive: “Grazie per la cena e della chiacchierata, la seduta di yoga di oggi mi ha fatto stare davvero bene”. Sul momento non capisci, cazzo centra lo yoga adesso, poi capisci che il ragazzo è furbo, che è un messaggio in codice per non farti sgamare in caso tua moglie avesse guardato il cellulare. Rispondi per le rime, il gioco ti diverte parecchio, parecchio a tal punto che lasci il messaggio in bella vista in modo che lei possa vederlo e capire che sei stato effettivamente a cena con Emiliano Palestra.
Durante la notte sei sveglio ma fai finta di dormire e la sgami che ti controlla il telefono e dentro ridi tantissimo quando pensi alla seduta di yoga, che equivarrebbe a dire Emiliano che ti penzola sui coglioni mentre gli apri il culo e lui geme come una cagna in calore, ridi ancora di più quando apre la foto profilo di whatsapp e lo vede in tutto il suo splendore appoggiato alla sua moto.
Nei giorni, settimane e mesi seguenti le cene aumentano e iniziano anche i weekend, le scopate fuori mano, all’aperto. Memorabili una più dell’altra, a te è sempre piaciuto scopare all’aperto. Ti senti furbo e invincibile nel continuare questo rapporto e non farle sospettare nulla. Anzi, glielo presenti, gli fai conoscere Marco e pure Guendalina quando torna dall’Inghilterra.
Dentro di te però qualcosa sta cambiando, una rivoluzione egocentrica.
Il sesso è cambiato molto, da quella volta che siete andati a vedere l’Inter a San Siro e avete fatto sesso in ogni angolo della stanza d’albergo le cose non sono state più le stesse. Gli ha chiesto di mettertelo nel culo e Dio solo sa quanto ti è costato chiederglielo. Non riuscivi neanche a dirlo, lui non capiva da tanto parlavi sottovoce. Alla fine lo hai quasi urlato e ti sei sentito perfino libero. Emi non se l’è fatto ripetere due volte, ti ha leccato il buco con la voracità con cui un naufrago assalterebbe una pizza e poi ha cominciato ad aprirlo con la cappella. Pieno di premure, premure a cui non sei abituato, non ti ha nemmeno fatto male. E se anche lo avesse fatto, era dentro di te. In tutti i sensi. Non solo analmente ma anche mentalmente. Lo pensi continuamente, ti rendi conto che è il primo pensiero della tua giornata, che ti svegli meglio, di buon umore.
Che lavori meglio, che hai più voglia di fare, che le giornate sono tutte diverse, che anche il vuoto di colpo diventa bellissimo perchè lo riempie lui. Ecco, sì, hai capito che finalmente stai provando quello che comunemente viene chiamato amore.
Glielo dici una sera, in un ristorante verso Modena dove nessuno vi conosce. Lo vai a prendere con un mazzo di fiori sotto casa, ti abbraccia incurante che qualcuno possa vedervi, lo porti in un posto bellissimo e a metà cena tiri fuori una scatolina, senza nessuna ricorrenza od occasione a richiederlo. È il tuo primo regalo per lui, è un orologio. Nemmeno blasonato ma bello, molto adatto al suo modo di vestire e di essere. Lui lo guarda incredulo, non capisce perchè. La tua risposta è semplice, diventi tutto rosso e dici semplicemente “Perchè ti amo”.
Lui si scioglie, ti sfiora le dita sul tavolo per due persone e ti dice “Anche io ti amo, avevo paura a dirtelo.”
Sapessi io, è l’unica cosa che ti viene da pensare in quel momento, preda di una pubertà a scoppio ritardato di circa trentacinque anni. Meglio tardi che mai.
L’amore però non è tutto rose e fiori stai scoprendo. A casa non ci sei mai, Simona non sospetta ma è comunque gelosa delle attenzioni che non le dedichi. Vorresti spiegarle che sono almeno dieci anni che non gliene dedichi e che il vostro matrimonio sta andando avanti per inerzia, ma no, pensi che non sia il caso anche se quell’attico di centottanta metri quadrati sta diventando una galera mentre gli ottantacinque metri quadrati dove vive Emi stanno diventando la tua ora d’aria.
Poi ti manca tutto, ti manca scrivergli il buongiorno appena ti svegli, dirgli ti amo, mandargli le emoticons dei cuoricini su whatsapp, fare quelle cose stupide che hai sempre visto nei film come lasciare i post-it sul frigorifero o mangiare schifezze sul divano guardando un film terribilmente melenso intervallando patatine fritte che annaspano nel ketchup e nella maionese con baci e risate.
Adesso lo yoga ti serve ad altro. Sì, sempre a respirare per non impazzire, ma a non impazzire per lui. Pensavi di saperla gestire a cinquant’anni tutta questa emotività, pensavi che avresti messo in crisi lui, non te stesso. Lui apparentemente è calmissimo e ha il pieno controllo della situazione. Mai una lamentela, mai una scenata di gelosia, sempre al suo posto, sa quando è il momento di chiamarti e scrivermi e quando è meglio di no. In pubblico sa gestire la sua voglia di saltarti addosso meglio di te che cerchi sempre un contatto fisico a tutti i costi. E tu questo suo sapere amarti lo invidi tantissimo. Invidi il suo modo di saperti stare accanto come se fosse una vita che state insieme, che poi davvero insieme non ci state in realtà, siete amanti, complici, chiamala come cazzo ti pare ma non siete una relazione normale anche se entrambi la vorreste.
Passa ancora qualche mese così, di clandestinità, quando finalmente una sera è Emiliano a uscire allo scoperto. Siete a cena da te, in terrazza. Simona alle terme con le amiche e voi a mangiare pizza e bere birra artigianale. Lì, in quel contesto quasi bucolico Emiliano scoppia. Vuole di più, ti vuole per sè, è stanco di fare l’amante. È stanco di amare in silenzio e sente che sta per esplodere per tutto questo amore. Litigate, litigate fortissimo. Dici qualcosa di sbagliato senza rendertene conto, lui si incazza e se ne va sbattendo la porta. Per la prima volta ti senti solo, anzi, più che solo ti senti abbandonato e piangi, confidando nel fatto che nessuno ti senta o ti veda.
Passano giorni senza che lui ti risponda ai messaggi o alle chiamate. In palestra non viene più.
Poi, finalmente, ti scrive. Senti un colpo al cuore, non hai il coraggio di aprire il messaggio ma lo fai lo stesso, appellandoti al tuo self-control. Vuole vederti, prima possibile.
Cerchi di metterti al meglio della tua figaggine per quanto i tuoi cinquant’anni ti permettano e gli dai appuntamento a San Michele in Monte. C’è una vista bellissima e se tutto questo deve finire che almeno questo gran finale abbia a sfondo un bel teatro.
Quando lo vedi non capisci più niente.
Spolverino blu, maglietta bianca e pantaloni attillati color khaki. È ancora più bello di come te lo ricordassi. Vi abbracciate subito, gli chiedi scusa per la milionesima volta anche se ancora non hai capito dove hai sbagliato ma qualcosa hai sicuramente sbagliato.
Parlate un sacco di quanto vi siete mancati, ci scappa pure qualche bacio finchè non ti dice che parte per qualche giorno, senza dirti dove va. Ma ti lascia un pacchetto.
È una busta con raffigurata sopra Marilyn, dentro Marilyn c’è un mazzo di chiavi e una vostra foto insieme a Monterosso con scritto dietro:



“Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?”

Eri stato tu a fargli conoscere “Verranno a chiederti del nostro amore” di De Andrè durante il weekend in Liguria ed ora toccava a te decidere.

Ti guardi allo specchio anche stasera, vedi la stessa faccia da stronzo di sempre.
Da dietro Emiliano ti abbraccia forte. I tuoi metri quadri da centottanta sono diminuiti a centoquindici, i suoi sono aumentati da ottantacinque a centoquindici. 
Stai affrontando un divorzio, hai un figlio su due che si rifiuta di parlarti, tua moglie ti ha giurato vendetta e che ti ridurrà in mutande. Però questa volta non sei solo, c’è qualcuno con te.
Nonostante tutto lotti e vai avanti, contro la vita e contro la realtà. 
Ma Cristo santo, dài che ce la puoi fare.
E stasera sei pure durato trentacinque minuti.
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