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Lui & Lei

Promiscuità - Parte tre


di HegelStrikesBack
09.12.2015    |    5.501    |    6 9.4
"Certo è un rischio, ma io lo devo correre..."
Cara Milano, hai visto che sono tornato da te alla fine?
Bene. Sappi che non mi sei mancata per niente e che ti trovo ancora insopportabile, ma tant’è che mi tocca vivere qui, quindi cercherò di apprezzarti al meglio anche questa volta.
Questo il mio pensiero mentre vado a prendere la metro gialla per fare un salto in redazione.
Venti minuti di metro, dieci di tram e il gioco è fatto.
Quando arrivo nel loft che ospita la redazione del blog vengo accolto dal sorrisone a cinquecento denti di Loredana, la mia vicina di scrivania. Una matta siciliana dalle forme procaci e dall’esperienza riguardante il web impressionante.
“Beppe dice che ti vuole vedere immediatamente nel suo studio, hai fatto centro questa volta.”
“Eh, magari… mi ci vorrebbe una soddisfazione ogni tanto. È successo qualcosa in mia assenza Lo?”
“Certo, la Russia ha dichiarato guerra agli americani, hanno scoperto che la nutella non fa ingrassare ma il sedano si e a Paolo Brosio sono apparsi i Daft Punk. Pigi, ma cu minchia m’addumannari! Nenti succedìri mai ccà!!”
“Hai ragione anche tu…”
Rido, per non piangere.
Salgo su nel soppalco del loft, adibito ad ufficio di Beppe, il nostro capo, in un tintinnare e scricchiolare di vetuste scale metalliche riverniciate e spacciate per pezzi di archeologia industriale.
Beppe, nella sua camicia a quadri, sembra non curarsi della mia presenza.
“Io vorrei sapere come hai fatto?”

“Come ho fatto cosa?”

“A portarti a casa un’intervista del genere. È sbalorditiva, ha risposto come a un vecchio amico. Se facessimo uno speciale sul loro tour che parte tra un mese, ti interesserebbe seguirlo? Ti spesiamo e ti fai tre o quattro date raccontando una specie di diario di bordo, che ne pensi?”
“Io penso che, beh, sì sarebbe una cosa interessante, sì.”
Ostento indifferenza, in realtà vorrei solo saltare addosso a quel collo taurino e ricoperto di folta barba, baciarlo e dirgli che in questo momento non potrebbe farmi un regalo più bello.
Ho una scusa, una giustificazione per stare con Nico.
Certo è un rischio, ma io lo devo correre. Per me.
Questa sera si festeggia, da solo, come nella migliore delle tradizioni.
Torno di sotto, il tempo di recuperare i nuovi dischi da recensire dalla mia scrivania e oggi me ne posso già tornare a casa e cominciare il mio weekend.
Durante i cinquanta minuti di tram che mi separano dal quartiere Isola, ho il tempo di controllare il cellulare: nessun messaggio, nessuna chiamata persa, e 44 notifiche su Facebook.
Sono tutti “mi piace” di Nicolò alla mie foto profilo, foto di copertina e post vari ed eventuali.
Sorrido inebetito fino quasi a perdermi la fermata.
Un salto al Carrefour di via Porro Lambertenghi a prendere una bottiglia buona di rosso da scolarmi stasera e rieccomi finalmente a casa.
L’ascensore è un deja-vu incredibile di quello di Roma e non posso fare a meno di sentire la mancanza fortissima degli occhi di Nico piantati dentro i miei.
Mi manca, terribilmente.
Sono solo le 19 quindi nemmeno 7 ore che ci siamo separati e già avverto un vuoto.
Non è un bel segno.
Entro in casa, c’è odore di pulito. Asunciòn sarà passata stamattina penso tra me e me mentre appoggio la busta del supermercato.
Mi metto comodo, che nel mio linguaggio in codice vuol dire che sono completamente nudo perchè a me a casa piace stare così e stappo il rosso.
Mi metto comodo sul divano, accendo un porno di sottofondo e…
Il citofono? Ma che cazz…
Arraffo le prime mutande che trovo in bagno e una t-shirt nera
“Chi è?”

“Sono il Tommi, apri giargiana che non sei altro!”
Tommi è il mio dirimpettaio da quando, da una stanza in un appartamento condiviso ai confini dello stato dell’emergenza igienico/sanitaria in Porta Genova, mi sono concesso il lusso di un mini-appartamento da solo nel rivalutato quartiere Isola. Tipo particolare, faccetta da nerd e un talento di scrittura incredibile.
Anche lui scrive, per la precisione è food reporter per un notissimo settimanale italiano che una volta pullulava di tette e adesso meno e infatti le vendite sono crollate.
“Entra, sfigato”
L’occhio cade immediatamente sul lucido display del MacBook dove un porno sta andando a tutta manetta.
“Uh vedi un po’ che qua siamo tornati alle seghette! Dai che stasera ti porto a figa!”
“Dai Tommi, per favore, rientro da due giorni davvero faticosi a Roma. Lasciami in pace…”
“Ok, ok. Facciamo così, stasera devo recensire un ristorante nuovo in Brera. Tu vieni con me, ceniamo a scrocco, io dico due boiate e poi torniamo a casa e per stasera ti risparmio il puttantour. Contento? Sono o non sono un amico?”
Non faccio in tempo a realizzare ciò che mi ha detto che comincia ad appoggiarmi al torace camicie prese dallo stand porta-abiti della mia camera da letto.
“Uhm… nera o bianca, facciamo bianca. Forza mettiti i pantaloni e i calzini, mica vorrai uscire così!”
Cedo. Per sfinimento.
E finisce con la giacca nera, i pantaloni neri e la camicia bianca.
“Facciamo due passi a piedi che dici?”

“Io dico che ho la macchina parcheggiata qui sotto.”
“Magnifico capo!”
Quando è così di buonumore lo odio.
Approfitto di un semaforo per leggere il whatsapp che mi è arrivato mentre percorrevo Via Melchiorre Gioia.
È Nico: “Ciao giovanotto! Che fai?”
Rispondo con un sorriso, in faccia e sul display.
Il ristorante che Tommi deve recensire è un temporary realizzato nell’ex atelier di un noto marchio di moda ora trasferitosi nei Navigli, atmosfere boriosamente minimal, pubblico insipido. Sotto il vestito (Tom Ford), niente.
Ordiniamo i menù degustazione e cominciamo a goderci la serata. Sarei rimasto a casa volentieri ma ammetto che uscire con Tommi è sempre divertente perchè non sai mai cosa ti aspetta.
Ad esempio, sempre per quel discorso che le cose che accadono inaspettatamente sono le migliori, a fine serata scopriamo che la chef artefice di tutto questo sfavillio di luci e piatti pirotecnici è la mia ex fidanzata del liceo, Giorgia.
“Pigi? Sei proprio tu?”

“Giò… ma che? Ma che ci fai a Milano? L’ultima volta che ho incontrato tuo fratello mi ha detto che vivevi a Los Angeles!”
“Sì, avevo un ristorante lì ma mi hanno offerto questo temporary quindi sono tornata provvisoriamente a Milano, dai aspettate la fine del servizio che facciamo due chiacchiere!”
E così ci ritroviamo a parlare delle nostre vite fino alle 03:30 del mattino. 
Tommi comincia a dare segni di cedimento e si chiama un taxi. Io no.
Io sono folgorato perchè è proprio vero che il passato a volte non passa per niente e Giorgia è ancora bella come il secondo giorno di liceo quando, preso da un raptus di coraggio, le chiesi di uscire e lei accettò.
All’epoca aveva i capelli lunghi e biondi e quell’aria da ragazza già grande e sicura di sè, questo mi ha sempre affascinato di lei. 
E adesso, sedici anni dopo me la ritrovo qui, chef affermata in attesa della stella Michelin che non tarderà ad arrivare si dice nell’ambiente.
Sempre bionda ma i lunghi capelli hanno lasciato il posto ad un taglio cortissimo alla Annie Lennox, gli occhi sempre penetranti e la voce sempre quella che mi ha detto forse le parole più belle che un ragazzo si possa sentir dire nella sua vita.
Ci raccontiamo tutto, o quasi, quello che ci siamo persi negli ultimi dodici anni in cui non ci siamo più visti.
Come allora ho una botta di coraggio improvvisa, calata dall’alto come un segnale che stavo facendo la cosa giusta. Le mie mani spostano il bicchiere di vino rosso da davanti alle sue labbra e la mia bocca, senza resistenza alcuna, trova la sua.
Il tempo non è passato e se è passato peggio per lui, perchè noi ci siamo ancora e di tempo ne abbiamo.
Il raptus ci porta nella cucina ormai deserta del suo temporary restaurant.
Ci spogliamo nella penombra: della sua divisa da chef non rimane che la lingerie in pizzo bianco da sciogliere e la mia giacca e la mia camicia sono per terra chissà dove.
La sdraio sul bancone metallico di quella cucina professionale.
Le spalanco le gambe. È calda e pulsante. È donna, è provocante, è dolce, sa di tutte le cose buone al mondo che ci fanno sentire a casa.
Sa di biscotti al pan di zenzero a Natale, di tende appena lavate, di bagnoschiuma, di rientro in porto quando il mare è in tempesta. Di acqua di fonte nell’arsura più completa.
È un'esperinza totale e la sento ancora mia, mentre geme e mi ripete parole antiche e senza età il cui suono non mi è nuovo.
Sono ubriaco di lei, di quella cucina e del caso che ordisce trame inverecondo sulle tele delle nostre esistenze.
La voglia era tanta e lei pure, otre infinito di marmellata in cui non mi stanco mai di tuffare le dita.
Vengo dentro, come ai tempi d’oro.
Il tempo non va mai all’indietro, eppure ogni tanto accade una strana magia per cui c’è un odore, un suono, un colore, una vista, un sapore, un ricordo che ci riporta indietro nel tempo e ci ricatapulta in avanti subito dopo.
Ecco, io questa notte sono tornato un ragazzino bolognese che faceva l’amore per la prima volta in una afosa mattinata di agosto del 2000.
Ci promettiamo maliziosi in un “a presto” e mi incammino verso la macchina.
Sono frastornato. Qualche ora prima stavo vivendo l’esperienza totalmente nuova e coinvolgente di fare sesso con un ragazzo ed ora mi ritrovo ad aprire le gambe di Giorgia con una passione che non ricordavo da tempo.
Forse è meglio se vado a dormire e a tutti questi pensieri mi dedico domattina, seduto nel piatto doccia del mio bagno.
Le lancette di notte però corrono veloci e la mattina arriva presto, ma comunque sia mi sveglio tardi.
Indugio in qualche rotolata in più sotto le coperte perchè si sa che ad aprile è dolce dormire. Tanto è sabato.
Milano fuori tira un po’ il fiato, dopo le sue corse frenetiche infrasettimanali e si concede la passeggiata al Parco Sempione, il brunch e la colazione ipercalorica di California Bakery.
Io, invece, mi siedo con la schiena appoggiata alla testiera del letto e mi accendo una muratti rossa.
Si dice che l’emisfero sinistro e l’emisfero destro del nostro cervello siano atti a due funzioni diverse: una più ingegneristica, analitica e una più poetica, emotiva.
Ed ecco che questo dualismo cerebrale si ripresenta anche nella mia vita.
Mi sembra di vederli tutti e due lì ai piedi del letto: all’emisfero sinistro c’è Giorgia, in divisa da chef, con il suo corpo sensuale e la sua voce capace di rievocare sentimenti sommersi nell’abisso degli anni che passano spietati, all’emisfero destro c’è Nicolò, col giubbotto di pelle, gli occhiali da sole e la camicia bianca un po’ aperta. La barba di un giorno e un sorriso disarmante.
Il tintinnio dei whatsapp sull’iPhone mi richiama alla realtà.
Nicolò.
“Buongiorno al blogger più figo del west”
“Buongiorno al frontman più bono de Roma”
“Senti, martedì salgo a Milano per parlare col tuo capo di un progetto per i live dei [censura]… ci vediamo vero?”
“Sì, ci sarò anche io all’incontro. Perchè non dormi da me? Non serve che ti prendi un albergo…”
“Mi sembra un’idea splendida. Ho voglia di noi.”
“Anche io. Vado a fare la doccia ci sentiamo dopo”.
Sasso batte forbici, forbici taglia carta, carta avvolge sasso.

Emisfero poeta batte emisfero ingegnere.
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