Gay & Bisex
Amici per le palle
di maxxx13
21.12.2016 |
4.792 |
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"Lo scopai in bocca fino alla gola, e mentre facevo ciò tutti i miei pensieri si annullarono; si girò supino e presi a segargli quel pezzo di carne duro come..."
L’acqua aveva appena terminato di gocciolare sul tetto di lamiera e già il sapore di bosco umido si era alzato dalla valle circostante. L’odore di pino silvestre fece capolino dalla finestra lasciata aperta completamente bagnata e rovinata dallo sferzare del vento. Qualche albero era stato sradicato e sulla strada giacevano quelli che erano i resti di un violento temporale estivo, mentre il torrente oramai in piena lo si udiva nettamente in lontananza.La casa era situata alla fine di una lunga strada fatta di abeti secolari con alcune case che diradavano verso la strada principale e raggiungevano il paese composto da una serie di abitazioni montane appartenute alle vecchie generazioni e caseggiati sparsi sulle colline rendevano ampio il panorama, regalando alla zona un vero e proprio paradiso proibito.
Sotto il tetto della baita il rumore dello scrosciare della doccia attirava la mia attenzione e, anche se con gli occhi chiusi potevo immaginare la scena di chi la stava utilizzando, il profumo di pulito proveniente da quella stanza si mescolava a quello proveniente della valle donandomi una sensazione di leggerezza mai provata prima facendo emergere pensieri roventi.
La camera da letto era un campo di battaglia, segno che anche in quella zona della casa un altro tipo di tempesta aveva fatto i suoi danni lasciando sui nostri corpi sudati gli effetti del suo passaggio. Effetti che forse era meglio cancellare ma non era mia intenzione, volevo che rimanessero impressi nella carne.
Si chiamava Roberto detto “Flex” per la sua capacità di far flettere il genere femminile e non solo!! Un vero spacca fighe come lo definivano i suoi amici maschi, un vero spacca culi per le donne della zona; abitava in quella casa alla fine della strada ma lavorava in città. Un personal trainer anonimo come c’è ne sono tanti nella giungla cittadina, il figlio del sindaco nella località bucolica.
Bastava scavare a fondo, magari chiacchierare al tavolo del bar o dare un’occhiata su un noto social network dove vi erano alcuni indizi. Ascoltando i racconti dei compaesani venivano poi fuori le storie di triangoli con la moglie del farmacista e il fattorino, delle lunghe gite in bici con il fidanzato della nipote del parroco, delle attenzioni particolari che alcune mogli annoiate della frazione davano al giovane quando andava a fare jogging e della passione per il tennis del marito della preside della scuola media. Ma questo lo venni sapere più tardi.
Lo conobbi per caso, tre giorni prima su un sentiero di montagna, dove il torrente rallenta la sua discesa e crea delle anse e lame abbastanza profonde per farci il bagno d’estate. Un posto incontaminato conosciuto da pochi e dalle coppiette che desiderano giocare lontano da occhi indiscreti.
.Mi trovavo in villeggiatura in quel piccolo paradiso incontaminato, ed ero deciso a disintossicarmi dalla frenetica vita della città e dalle innumerevoli grane lavorative per questo affittai una casa vicino frequentando le terme vicino al paese.
Roberto lo incontrai lungo un sentiero di montagna durante una sessione di jogging. La sua passione invece era la mountain bike ed in quel momento aveva bisogno di una mano, una delle ruote dava problemi e la catena si era inceppata.
Fui colpito dalla statura della persona, e nonostante fosse china sulla bicicletta, la tuta da ciclista attillata nero a righe fluorescenti lasciava intravedere la perfetta tonicità del suo fisico e della muscolatura; un corpo perfettamente allenato degno di un gladiatore dell’antica Roma.
Osservavo la stazza e potevo non ammirare i lineamenti mascolini del volto che nonostante il casco da ciclista erano evidenziati dalla barba perfettamente curata attorno alla bocca e dagli occhi neri come la pece i quali lo rendevano un vero sciupa femmine.
Il fisico non lasciava dubbi sulla sua attività da personal trainer e l’idea di possedere ed essere posseduto da quel ragazzo si era insinuata come un serpente nei meandri della mia anima ed il corpo incominciava a sentire lo stimolo soprattutto in mezzo ai pantaloni.
Ci presentammo, mi offrii per aiutarlo e in pochi minuti la bicicletta era a posto. Roberto fu entusiasta di come ero riuscito con poche mosse a risolvere il problema e si alzò in piedi sorridendo mettendo in risalto i suoi denti bianchi e lucenti. “Non solo sei figo, ma sei anche simpatico” mi dissi.
Lo squadrai completamente contraccambiando il suo sorriso, per la verità lo stavo spogliando con gli occhi, i quali non potevano non ammirare i perfetti pettorali con i capezzoli turgidi che si intravvedevano, passando per gli addominali esageratamente scolpiti ma che nell’insieme si vedevano che erano frutto di un intenso allenamento.
L’intero corpo era sostenuto da due gambe forti e perfettamente sviluppate coperte dalla tenuta da ciclismo, regalavano al ragazzo una piega nel mezzo che non lasciava nulla all’immaginazione. Sarà stata l’atmosfera che si era creata fra di noi ma riuscimmo ad diventare amici, anzi decise di abbandonare la bicicletta e proseguire la corsa con me.
Il sentiero proseguiva in un falso piano, costeggiando un crinale e poi risalire gradualmente verso un altura. La strada era abbastanza grande per poter contenere due persone e in quel momento vi era in corso una sfida tra due generazioni la mia e la sua.
Il testa a testa durò molto a lungo, e alla fine arrivammo quasi insieme al traguardo dopo il ponte, dove scoprii di aver trovato un vero avversario. Stavo ansimando per riprendere il fiato, e mi complimentai con lui perché ora avevo conosciuto “il nemico”.
Dopo quel ponte il sentiero si divideva e, mentre il primo raggiungeva il passo montano, il secondo digradava dolcemente verso il torrente dove un’ansa naturale dava vita a lame profonde, dove le sfumature di azzurro invitavano a tuffarsi dentro.
Non ci furono bisogno di parole e con uno sguardo d’intesa ci dirigemmo verso l’oasi di pace per ristorare le membra, anche se io oramai sopraffatto dal desiderio fisico avevo in mente altre cose peccaminose.
Avanzammo con celerità verso una piccola spiaggia riparata da una fitta boscaglia e tolsi la mia maglietta ora mai fradicia di sudore, il caldo incominciava a farsi sentire e rimanendo con gli short da corsa mi sdraiai sotto il sole. Anche Roberto fece lo stesso e per un attimo arrossii visibilmente: aveva veramente l’aspetto di un vero torno da monta.
Le gocce di sudore imperlavano la sua carnagione scura e, mentre alcune percorrevano le curve armoniose del suo corpo, le altre lo rendevano ancora più sensuale di quanto non era, il tatuaggio sul braccio gli dava quel aspetto di selvaggio ciò, a mio avviso, faceva tanto arrossire le femmine.
Seguendo il mio istinto mi abbassai i pantaloncini da corsa, rimanendo con le palle al vento e senza ritegno gli parlai della mia passione del nudismo. Non lo guardai neanche in faccia ma potevo immaginare la sua espressione mista di curiosità ed eccitazione.
Sotto il calore del sole, mi sdraiai supino con le palle e l’uccello al vento inforcai i miei occhiali da sole cercai di godere della pace e silenzio che quel posto mi stava regalando Mi sentivo osservato fu allora che riapri gli occhi e mi girai e lo vidi intento a toccare il pacco con forza oramai di notevole dimensioni “ Bhe!! Sai cosa piace invece a me…” “Penso di intuirlo” e feci il gesto di avvicinarsi.
Mi venne incontro e prese in mano il mio sesso, mentre con l’altra prese a stuzzicarmi il capezzolo e palpare il mio petto, potevo vedere il suo stupore mentre me lo menava e si ingrossava aumentando di volume fino a scappellarsi del tutto.
Ed io ricambiai il gesto di attenzione toccandogli il pacco sentendolo gemere al contatto con la mia mano. Si levò i vestiti e mi resi conto che avevo davanti un bel maschione pronto a tutto pur di soddisfare le sue voglie.
Continuava ad eccitare la mia virilità con la sua mano grossa e calda giocando con il pollice sul frenulo segno di una persona che sapeva far godere gli uomini, l’altra invece aveva iniziato un massaggio sensuale sui miei pettorali e sul profondo dell’addome lasciando i segni come il serpente sulla sabbia rovente del deserto.
L’atmosfera si era fatta rovente per l’appunto ed io continuavo a segarlo, mi avvicinai e presi a succhiargli l’uccello avidamente, un uccello che cresceva dentro la mia bocca spargendo i suoi umore e mandandomi in estasi.
Tutto intorno il silenzio era rotto solo dai rumori dei nostri corpi che si dibattevano sul suolo e dei gemiti che ogni tanto emettevamo. Come un coniglio, prese a succhiare il mio arnese oramai gonfio e quasi al limite mentre io presi a leccare la fessura tra le natiche muscolose.
Volevo possederlo, “Non qui, non ora” disse continuando nella sua opera. Prese a baciarmi come una cagna assaporando gli umori del mio cazzo, mentre costantemente gli segavo la sua verga oramai violacea e pronta a sparare.
“Se continui così rischio di venire” dissi e allora smise e ci fissammo, riprendendo fiato con uno sguardo di sfida mi schiaffeggiò la natica e giocammo con i nostri sessi tesi e roventi come due spadaccini senza sapere chi dei due avrebbe iniziato l’affondo. Ricambiai lo schiaffo sul suo fondoschiena e il suono forte e bollente mi eccitava ed era come se la gara non fosse mai terminata.
Si inchinò di nuovo a leccare la punta ma io non lo infilzai subito, presi a sbatterglielo in faccia con violenza e più aumentavo la forza più si eccitava e desiderava forse colto da una crisi di astinenza, sentirne il gradevole sapore in corpo. Lo scopai in bocca fino alla gola, e mentre facevo ciò tutti i miei pensieri si annullarono; si girò supino e presi a segargli quel pezzo di carne duro come il marmo fino a che il corpo non prese a muoversi in preda agli spasmi dell’orgasmo oramai vicino.
Sentivo il suo calore salire dal suo corpo partire dallo splendido addominale risalire dalle viscere ed incanalarsi lungo l’asta ed eruttare con potenti schizzi ricoprendolo tutto il suo corpo i quali vennero leccati dal sottoscritto. Non si era mai staccato dal mio uccello e io continuavo a cavalcarlo, finche durante lo sforzo non percepii il pizzicore che dal basso ventre stava per raggiungere l’asta.
Se ne accorse e aumentò il gioco con la lingua avviluppando il mio arnese ancora più a fondo per cui scaricai il contenuto dei miei coglioni dentro quella bocca assetata di sperma. Persi il conto degli schizzi ero troppo eccitato tutto intorno a me il tempo si era fermato. E fu con quella “bevuta” che suggellammo la nostra amicizia.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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