Prime Esperienze
Viaggiatore
di maxxx13
13.05.2017 |
3.544 |
5
"Raggiunsi Rotterdam alla fine di un agosto molto caldo, appunto sotto forma di pacco postale, per l’ormai consueto appuntamento annuale del viaggio (vedi..."
C’è sempre stata, c’è e ci sarà una prima volta.Basta pensare alla vita: battesimo, primo giorno di scuola, cresima, comunione, maturità, laurea, matrimonio, il primo figlio e via via tra festeggiamenti e ricordi. C’è però anche un’altra prima volta, estremamente importante e diversa che, di per se, è una festa.
Fino a qualche tempo fa un tabù, un rito. Cose da uomini, in certe regioni d’Italia.
Sto parlando di quel particolare momento posto tra la seconda e la terza età, la fine della fanciullezza e l’inizio dell’adolescenza, dove si è già in grado di mettere al mondo dei figli. Periodo in cui iniziamo veramente a conoscere il nostro corpo, siamo più spensierati e viviamo pienamente ogni attimo della giornata.
Detto in termini più semplici, la prima volta dell’incontro con l’altro sesso.
La mia prima volta fu ad Amburgo, durante uno dei tanti viaggi con mio padre. Lei si chiamava Gertrud: alta, bionda, “di razza ariana”, più che ventenne. E dedita, di mestiere, ad elargire piacere a pagamento.
Io invece ero poco più che quattordicenne, con alle spalle esperienze che oggi chiamiamo di “petting”, dove ti dai un gran da fare ma poi non concludi niente.
Correva il 1960. La maggiore età scoccava per legge al compimento del ventunesimo anno. Gli spostamenti in treno oltre confine, per i minori non accompagnati come me, erano monitorati con una serie di cartellini, oggi chiamati badge, da timbrare di frontiera in frontiera, di stazione in stazione là dove era previsto il cambio del treno. Sempre atteso dal personale ferroviario o di dogana. Una singolare esperienza da pacco postale.
Raggiunsi Rotterdam alla fine di un agosto molto caldo, appunto sotto forma di pacco postale, per l’ormai consueto appuntamento annuale del viaggio (vedi qui) con mio padre. Lui era direttore di macchina di un cargo delle Linee Messina di stanza nel Mare del Nord e nel Mar Baltico a trasportare merce varia (oggi diremmo una nave porta-container)
Ad attendermi in stazione trovai però un allievo ufficiale, tal Antonio da Catania, per tutti Totò. Il designato come mio precettore all’iniziazione. Tutto era stato preparato, ovviamente a mia insaputa, con cura, precisione e meticolosità. A cominciare dalla cuccetta che sarebbe stato il mio letto: non il solito divano nell’alloggio di mio padre, ma il piano superiore di un letto a castello, nell’alloggio riservato agli allievi ufficiali. Per essere insieme a Totò, naturalmente, che aveva presisposto anche letture proibite sotto forma di riviste audaci, posizionate in punti nascosti ma non troppo.
Stavo insomma, senza saperlo, per iniziare un viaggio parallelo da vero marinaio: nei mari del Nord, con scali in cinque porti tra i più trafficati. Ricreazioni comprese.
Prima Rotterdam, già allora il porto più grande d’Europa. Cosmopolita, punto di arrivo di mercanzie in genere. La frase cult? “Dal porto di Rotterdam l’intero mondo è entrato in Olanda”. Poi Emden, nella baia di Ems, Bassa Sassonia: c’erano innumerevoli gru che spostavano merci e carbone e centinaia di navi si muovevano tra fiume e mare. Quindi Amburgo, la città della Lega Anseatica: ci si arrivò navigando lungo il grande estuario dell’Elba per circa 54 miglia marine (100 Km). Una città aperta al mare: Carlo Magno nell’879 vi fece erigere una fortezza che poi dette il nome alla città, Hammaburg. Ricordo che lì la vita non si fermava mai: luterana di giorno, frizzante di notte. In particolare nel popolare quartiere di Reeperbahnn.
Ecco, lì, appunto.
Nel distretto di St. Pauli c’è una lunga strada di nome Reeperbahn. Oggi così turistica da aver perduto il fascino di una volta. Allora invece, nel 1960, era ancora frequentata dai marinai di ogni parte del mondo. Essa rappresentava l’esplorazione, l’avventura, la scoperta. Curiosità e piacere della conoscenza.
Così sbarcammo e Totò, insieme ad altri due complici, in un tardo pomeriggio di settembre, quando la città si accese e ci offrì le luci sfolgoranti, mi portò in Reeperbahn. Furono le insegne colorate a svelare cosa dovevo sognare e a farmi capire il senso delle strane manovre dei giorni precedenti. Intanto era esplosa la notte, togliendomi parole e storie sarebbero ritornate all’alba, in un nuovo giorno da raccontare.
Gertrud stava in vetrina, sotto fasci di luce rosa, tra sorrisi e sguardi languidi.
Totò la salutò ed entrò, lasciandomi fuori coi compari. Ricomparve dopo pochi minuti di contrattazione e spiegazione, mi chiamò e mi disse: “Vai ora tocca a te. Pensa a tutto Gertrud”.
Lo ammetto: all’inizio giocò il fattore nervosismo. Gertrud se ne accorse. Mi spogliò lentamente. Poi mi aiutarono la sua perizia e la sua pelle liscia, vellutata, profumata. Le carezze mi sintonizzarono sulle emozioni. E l’incontro hot da subito perse l’effetto di “iniziazione” per diventare una nuova esperienza. Mi lasciai guidare, dominare e poi fu naturale prendere il comando fino alla fine.
Le luci dell’alba nordica non tardarono ad illuminare il giorno dopo. Tornammo tutti a bordo, in silenzio. Rimanevano appena due ore di riposo prima che la nave iniziasse le manovre di partenza. Ed ebbi quindi a disposizione solo qualche minuto per avvertire Totò che avrei gradito un “ripasso” anche nel porto successivo, quello di Goteborg, in Rosenlundsgatan.
Non fu come la prima volta, ma rimase un’esperienza “forte”.
La terza fu a Helsinki, in Alekis Kiven Katu.
E mio padre?
Non alluse mai a nulla. La prova più chiara che era stato il mandante.
Voleva che anch’io diventassi “navigato“.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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